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Le scorte degli armamenti

L’agenzia Bloomberg scrive – citando delle fonti del governo degli USA e dell’intelligence europea – che alla fine di luglio la nave mercantile russa «Sparta II» sarebbe arrivata a Novorossiysk da Tartus (Siria) trasportando delle attrezzature militari. E avrebbe portato in Russia almeno 11 pezzi di attrezzature militari.
Il dettaglio più interessante di questa notizia non sta nel fatto che una nave mercantile sarebbe stata utilizzata, furbamente, per il trasporto segreto di armi attraverso gli stretti pacifici. Il dettaglio più interessante della notizia è la comprensione del fatto che l’esercito russo sembra ormai essere costretto a raccogliere le armi serie dalle basi più lontane, e non solo dai vecchi depositi sovietici. È quindi su questo dettaglio che si possono basare alcune speranze di una fine relativamente rapida (o almeno in una diminuzione) della guerra tradizionale sul territorio dell’Ucraina.
Inoltre, si potrebbe capire molto sullo stato dell’industria degli armamenti russa, ma questo è un grande argomento tecnico a parte.
E, in più, si può presumere che sul «fronte Siriano» ci saranno ora meno opportunità di coprire l’Israele un tempo quasi alleato. Di conseguenza, anche se l’amico di qualcuno Netanyahu dovesse riuscire a tornare al potere, sarà comunque politicamente grato solo per il passato sempre più distante, ma non per gli aiuti di oggi. Ma questo è un altro grande argomento separato.


Ha sbagliato il segno

Igor Konashenkov, il portavoce del Ministero della Difesa, ha dichiarato che gli Stati Uniti sarebbero direttamente coinvolti nella guerra in Ucraina perché fornirebbero a Kiev le indicazioni sugli obiettivi da colpire con i sistemi missilistici HIMARS. Konashenkov ha poi precisato che l’amministrazione del presidente USA sarebbe responsabile «di tutti gli attacchi missilistici approvati da Kiev su aree residenziali e infrastrutture civili», i quali avrebbero provocato la morte di massa di civili.
Non ricoprendo alcun ruolo nella amministrazione di Joe Biden, non posso commentare in modo argomentato le stronzate dichiarate da Konashenkov. Però posso ricordare – a tutte quelle persone che si sono in qualche modo imbattute nelle sue recenti dichiarazioni – che gli USA forniscono all’Ucraina gli armamenti a lungo raggio con una condizione: che non vengano usati per colpire il territorio russo o la Crimea.
Di conseguenza, Igor Konashenkov e tutti suoi superiori (ma anche i colleghi) dovrebbero pregare poiché gli USA continuino a essere «direttamente coinvolti».


L’inno al Bayraktar

Il video di oggi è stato pubblicato più di due mesi fa, ma io l’ho scoperto solo questa settimana. Si tratta di una canzone ucraina (da ascoltare con i sottotitoli inglesi) dedicata ai mitici Bayraktar:

Al video partecipa un noto politico russo, il suo «ministro degli esteri» e alcuni dei peggiori propagandisti televisivi russi (dei quali, prima o poi, scriverò su questo blog).
Probabilmente riuscite a capire la logica secondo la quale non ho inserito la canzone in questione nella mia rubrica musicale del sabato.


Il presidente turco Recep Erdoğan ha dichiarato che il presidente russo Vladimir Putin gli avrebbe detto di voler collaborare con Baykar, il produttore di droni Bayraktar. Secondo il canale televisivo CNN Turk (traduttore online vi aiuti), Erdoğan ha fatto questa dichiarazione durante una riunione del Comitato esecutivo centrale del partito.
Leggendo tale notizia non dobbiamo limitarci a ridere delle fantasie di Putin circa la disponibilità di un membro della NATO di andare incontro a una serie delle sanzioni occidentali. Dobbiamo invece immaginare quante bestemmie islamiche ha pronunciato – almeno mentalmente – Erdoğan facendo la dichiarazione di cui sopra. Infatti, dopo il tentativo di Putin di acquistare qualche centinaio di droni dall’Iran, la fabbrica iraniana è stata quasi immediatamente distrutta dalla aviazione israeliana. Non tento di immaginare chi e come possa intervenire con la stessa efficienza in Turchia, ma sono sicuro che Erdoğan non sia molto disponibile a mettere la propria fortuna in questo modo. Anche se non escludo che possa tentare di trasformare il «rischio» della collaborazione con Putin in uno delle trattative con l’Occidente.


La sociologia da arsenale

Non è la prima notizia del genere che mi capita di leggere e di condividere con voi, ma questo aspetto non la rende meno interessante.
In Polonia dal 28 giugno sta continuando la raccolta dei fondi per l’acquisto dei «Bayraktar» da donare alla Ucraina. La campagna di crowdfunding è in corso sulla piattaforma Zrzutka.pl, dove oltre 200 mila persone in meno di un mese hanno già raccolto quasi 5 milioni di euro (più di 23 milioni di złoty). La raccolta dei fondi è stata promossa da Slawomir Sierakowski, un giornalista e politologo polacco, il quale ha detto che essa – la campagna – continuerà ancora per diversi giorni, nonostante l’obiettivo inizialmente dichiarato sia già stato raggiunto: perché «c’è un gran numero di persone desiderose ad aderire». I soldi raccolti oltre l’obiettivo prefissato saranno trasferiti sul conto delle Forze Armate dell’Ucraina presso la Banca Nazionale Ucraina.

A questo punto penso che la raccolta dei fondi per l’acquisto degli armamenti costosi da donare alla Ucraina possa anche essere trasformata in una forma di ricerca sociologica. Una ricerca avente per l’obiettivo rispondere alla domanda «quanti residenti/cittadini dello Stato X sono disposti a sostenere attivamente l’Ucraina?». Probabilmente, molte persone vedranno per la prima volta nella vita l’utilità pratica della sociologia (anche se in realtà è utile anche in tanti altri sensi).


L’effetto HIMARS

È bello confrontare due mappe: quella a sinistra che illustra i bombardamenti dell’8 luglio (da dove provenivano i bombardamenti), e quella destra che illustra la situazione dopo la distruzione dei depositi russi il 12 luglio. Il numero di bombardamenti è diminuito di dieci volte. Non ci sono più munizioni e non si sa quando verranno portati quelli nuovi.

Potrebbe essere la migliore spiegazione del perché fornire gli armamenti all’Ucraina.


Fortunatamente, non troppe persone si sono preoccupate dell’avvertimento di Vladimir Putin, secondo il quale «Non abbiamo ancora cominciato». Capisco che qualche persona particolarmente emotiva avrebbe potuto pensare alla presunta constatazione del fatto che Putin non ha ancora cominciato a usare le armi di distruzione di massa o qualcosa del genere… Ma in realtà la situazione è molto più tranquilla: non solo perché vediamo — per fortuna! — che l’esercito russo si confronta a fatica con quello ucraino, ma anche, per esempio, perché potremmo ricordare il messaggio di Putin alle Camere riunite del Parlamento russo pronunciato il 1 marzo 2018. Quel messaggio nel quale per la prima volta si era parlato degli armamenti russi super innovativi e nel corso del quale erano stati mostrati dei cartoni animati sul funzionamento degli armamenti in questione.
Ebbene, vediamo i «risultati» di quel messaggio di oltre quattro mesi fa.
Secondo Putin, i missili «Sarmat» erano all’epoca del discorso in fase di sperimentazione attiva. Ora, a quanto pare, sono in una fase di sperimentazione iperattiva: non sono ancora in servizio regolare.
Il sottomarino autonomo «Poseidon»: il vettore non è ancora pronto, ma è promesso per il 2027.
Il missile a propulsione nucleare «Burevestnik»: nel corso delle sperimentazioni c’è stato un incidente radioattivo, sono morte di diverse persone, la conclusione dei lavori è promessa per il 2025.
Le armi laser: è stato annunciato che il «Peresvet» sarebbe stato realizzato, ma non si sa nulla della sua applicazione pratica.
Il missile supersonico «Zirkon»: i test sono in corso.
Il missile supersonico «Pugnale»: usato una volta. Non ci sono più stati dei tentativi di utilizzarlo.
Il sistema missilistico ipersonico «Avangard»: Putin si è vantato del presunto fatto che con i 27 Mach di tale sistema l’esercito russo sarebbe in vantaggio rispetto a tutti gli altri nell’ipersonico. Non si ha ancora alcuna prova di questa cosa.
Il carro armato «Armata»: si dice che ne siano stati prodotti ben 30 esemplari. Nella realtà che ormai conosciamo quei cari armati sarebbero stati sufficienti per alcuni giorni di operazioni di combattimento. Ma gli «Armata» non sono stati proprio visti in Ucraina. Al loro posto combattono i rottami T-62 prodotti negli anni ’60 e ’70.
Il caccia di quinta generazione: è stato prodotto un solo aereo (sì, 1). Non ha mai raggiunto la zona di difesa aerea, probabilmente perché si ha troppa paura di perderlo…
A questo punto dovrebbe essere evidente a tutti che, effettivamente, Putin e i suoi complici non hanno ancora cominciato: a costruire un esercito temibile. Se poi ripensate a tutto quello che avete letto negli ultimi quattro mesi e mezzo sulla organizzazione dell’attuale esercito russo, vi rasserenate ancora di più.


Il Dipartimento della Difesa statunitense ha comunicato, quali materiali bellici sono già stati forniti all’esercito ucrano dall’inizio della guerra:
— Oltre 1400 sistemi antiaerei Stinger;
— Oltre 6500 sistemi anti-corazza Javelin;
— Oltre 20.000 altri sistemi anti-corazza;
— Oltre 700 sistemi aerei tattici senza pilota Switchblade;
— 108 obici da 155 mm e oltre 220.000 proiettili d’artiglieria da 155 mm;
— 90 veicoli tattici per il traino degli obici da 155 mm;
— 15 veicoli tattici per il recupero delle attrezzature;
— Sistemi missilistici di artiglieria ad alta mobilità e munizioni;
— 20 elicotteri Mi-17;
— Centinaia di veicoli blindati multiuso ad alta mobilità;
— 200 veicoli corazzati M113;
— Oltre 7000 armi leggere;
— Oltre 50.000.000 di munizioni per armi leggere;
— 75.000 set di armature ed elmetti;
— 121 sistemi aerei tattici senza pilota Phoenix Ghost;
— Sistemi missilistici a guida laser;
— Sistemi aerei senza pilota Puma;
— Navi da difesa costiera senza equipaggio;
— 22 radar di contro artiglieria;
— Quattro radar di contro-mortificazione;
— Quattro radar di sorveglianza aerea;
— Munizioni antiuomo M18A1 Claymore;
— Esplosivi C-4 e attrezzature di demolizione per la rimozione degli ostacoli;
— Sistemi di comunicazione tattici sicuri;
— Dispositivi di visione notturna, sistemi di immagini termiche, ottiche e telemetri laser;
— Servizi commerciali di immagini satellitari;
— Dispositivi di protezione per lo smaltimento di ordigni esplosivi;
— Attrezzature di protezione chimica, biologica, radiologica e nucleare;
— Forniture mediche, compresi i kit di pronto soccorso;
— Apparecchiature di disturbo elettronico;
— Attrezzature da campo e parti di ricambio.
In generale, direi che si tratta di una buona fonte non solo diretta, ma anche comodamente sintetica. Quindi tutte le persone interessate all’argomento la possono seguire senza un particolare impegno.


Un breve esempio dei costi

Ogni qualvolta sentite o leggete (per esempio, sulle pagine di questo sito) che bisogna cercare di lasciare Vladimir Putin senza le risorse per continuare la guerra, molto probabilmente non riuscite a immaginare, in concreto, di quali somme debba essere privato attraverso le sanzioni.
Io, finalmente, sono pronto a fare un primo piccolo esempio pratico. Oggi scrivo molto brevemente dei costi legati all’utilizzo dei missili più «comuni».
Il costo di un razzo per il lanciarazzi BM-21 Grad (calibro è di 122 mm) è di circa mille dollari americani. In una salva un BM-21 Grad lancia 40 missili: quarantamila dollari in appena venti secondi. La precisione di questo elemento di artiglieria è molto scarsa anche perché si tratta di una macchina progettata nei primi anni ’60. In sostanza, si «spara» quasi a caso sperando di colpire qualcosa o qualcuno.

Il lanciarazzi pesante 9K57 Uragan: il calibro 220 mm, 16 razzi. Ogni razzo costa circa 12.000 dollari americani, quindi una salva costa 192.000 dollari.

Il lanciarazzi 9K58 Smerch: il calibro 300 mm. È capace di colpire a distanze molto lunghe (fino a 120 km) e danneggiare delle aree molto vaste: fino 672 mila metri quadrati. La precisione di questo sistema è dello 0,3% della distanza. La capienza è di 12 razzi, ognuno dei quali costa circa 80.000 dollari. In 40 secondi vengono quindi lanciati (e «bruciati») circa 960.000 dollari.

Un colpo di una «semplice» obice 2A65 da 152 mm costa dai 300 ai 400 dollari. Un colpo di un carro armato costa tra i 300 e i 1000 dollari. Questi sono i costi per le munizioni ordinarie, ma quelle a carica sagomata (ZBK29M o 3BK31) arrivano a costare anche 5000 dollari. Se si tratta di lanciare dei missili guidati (per esempio 3UBK20 INVAR) il costo di ogni singolo lancio è di diverse decine di migliaia di dollari. Oltre alle munizioni, poi, bisogna considerare anche le spese – altissime! – per il carburante, la manutenzione, le riparazioni, il deposito, gli stipendi dei militari e le armi stesse.
Ah, e poi ci sono i missili tattici: per esempio, il K79 Tochka che ha colpito la stazione ferroviaria di Kramatorsk. Quello costa 300.000 dollari… Etc. etc…
Ora dovrebbe essere un po’ più chiaro a cosa serve – in questo momento storico – non far guadagnare lo Stato russo con le risorse naturali.


L’antiquariato bellico

Molti analisti militari (russi, ucraini e di altri Stati) hanno più volte sottolineato che l’esercito russo, aspettandosi una vittoria facile e veloce in Ucraina, ha speso la maggior parte dei propri armamenti moderni nei primi giorni della guerra e, dovendo ora sostenere un conflitto militare prolungato, si sta organizzando in due modi. In parte sta utilizzando degli strumenti poco adatti alle necessità correnti (avevo già scritto di un esempio). E in parte è costretto a recuperare dai magazzini degli armamenti vecchi (non utilizzati da anni o decenni), aggiornarli e inviarli al fronte. Molte di quelle apparecchiature – in un certo senso possono essere definite museali – semplicemente non funzionano, o funzionano molto male.
La settimana scorsa, per esempio, si è scoperto che la fabbrica di riparazione dei mezzi blindati di Ekaterinburg ha iniziato a modernizzare – naturalmente su ordine statale – più di duecento veicoli militari obsoleti. È la conseguenza dei due lotti del valore complessivo di oltre 85 milioni di rubli apparsi sul sito degli appalti governativi. L’oggetto dell’acquisto è «Accessori per carri armati e altri veicoli corazzati da combattimento». Come risulta dalla documentazione, la fabbrica deve fornire 53 mila articoli. In base al prezzo unitario e al profilo dell’azienda, agli analisti è chiaro che devono essere forniti i container di protezione dinamica «Contact-1». I container acquistati nell’ambito di questo contratto saranno sufficienti a fornire protezione a circa 230 carri armati. Ma i carri armati moderni dovrebbero essere dotati di tali container dal momento della fabbricazione, quindi è evidente che si tratta dell’aggiornamento dei modelli degli anni ’70 e ’80 non dotati della protezione dinamica (che impedisce ai proiettili a carica sagomata dell’artiglieria di bruciare la corazza). Inoltre, bisogna ricordare che il «Contact-1» è una protezione obsoleta: il modello successivo «Contact-5» è stato sviluppato nel 1985.
Insomma, ora avete qualche idea in più sulla gravità della situazione. Soprattutto se considerate le informazioni appena apprese parallelamente a quelle sul Land-Lease Act riproposto a favore della Ucraina.
Nel frattempo, secondo me, in qualche ufficio del Ministero della Difesa russo si sta discutendo della opportunità di ridare vita alla cavalleria dei tempi della Prima guerra mondiale: in una guerra del XXI secolo sarà utile più o meno quanto i carri armati…