L’archivio del tag «ucraina»

Lo humor imprenditoriale

Il Financial Times ha pubblicato un articolo su come gli abitanti dell’Ucraina si stanno adattando ai regolari blackout dovuti agli attacchi russi alle infrastrutture energetiche del Paese. Tra le altre cose, il giornale racconta la storia di Oleksandr Bentsa, un imprenditore trentenne di Kiev che ha riorientato la propria attività nel contesto della crisi energetica. Per diversi anni Bentsa ha acquistato auto elettriche Tesla incidentale alle aste assicurative negli USA e le ha portate in Ucraina, dove i suoi meccanici le hanno restaurate e rivendute.
Dalla primavera del 2024, quando l’Ucraina ha iniziato a subire blackout regolari e prolungati, gli operai di Bentsa hanno fabbricato sistemi di alimentazione ricaricabili sulla base delle batterie Tesla. «Una vecchia Tesla, comprese le spese di spedizione, costerebbe quasi 10.000 dollari. È possibile trasformarla in 12 batterie ricaricabili e venderne i restanti pezzi di ricambio», ha dichiarato l’imprenditore.
Ogni sistema del tipo prodotto da Bentsa, con una capacità di cinque kilowatt, può mantenere in funzione le luci e gli elettrodomestici di un «tipico appartamento di Kiev» per un massimo di dieci ore. Bentsa vende alcuni di questi sistemi all’esercito ucraino al solo costo di produzione, ma la maggior parte dei suoi clienti sono civili. Negli ultimi mesi la domanda per questi sistemi di alimentazione è cresciuta «da quasi zero a un livello esorbitante» e l’imprenditore prevede che aumenterà ancora con l’avvicinarsi dell’inverno.
Ecco, di fronte a tutta questa notizia il mio primo pensiero è stato quello sulla imprenditoria nel corso di una guerra difensiva, ma per ora lo tengo per me. Mentre nel presente post volevo scrivere che mi sono piaciuti due aspetti della suddetta notizia. In primo luogo, apprezzo l’inventiva imprenditoriale e tecnica di Oleksandr Bentsa: effettivamente, ha trovato una buona soluzione al momento giusto. In secondo luogo, sono infinitamente contento (cioè rido come un matto) per il fatto che gli effetti distruttivi degli attacchi russi vengono affrontati con dei prodotti ricavati dai prodotti di quel Elon Musk che da parecchio tempo sostiene, di fatto, che l’Ucraina dovrebbe arrendersi alla Russia putiniana.
Oleksandr Bentsa ha trovato un bel modo di mandare Musk laddove quest’ultimo dovrebbe stare. E già per questo sarei portato di considerare Oleksandr Bentsa un mito!


La lettura del sabato

Visto che questa rubrica serve per far comprendere meglio gli argomenti di importanza grande e durevole, la posso utilizzare anche per presentare delle persone importanti nei loro ambiti e, allo stesso tempo, in una parte considerevole del mondo.
Per esempio: chi è Andrij Jermak, il capo dell’Ufficio del Presidente dell’Ucraina, che in meno di cinque anni è riuscito a diventare il funzionario numero due (dopo il presidente Zelensky) in Ucraina. Durante il vertice di pace di giugno in Svizzera, tra l’altro, si è comportato come un membro a pieno titolo del tandem al potere…


Aspettando la mossa di Biden

Mi sembra abbastanza evidente che dopo l’attentato del 13 luglio le probabilità che Donald Trump diventi di nuovo Presidente degli USA si siano avvicinati allo status di una certezza. In tal senso è rilevante – come se fosse un nuovo grande passo – anche il fatto che ieri Trump ha ottenuto un numero sufficiente di voti alla Convention nazionale del Partito Repubblicano a Milwaukee per diventare ufficialmente il candidato alla presidenza nelle prossime elezioni. In poco meno di quattro mesi potrebbe succedere qualsiasi cosa (considerate la quantità dei possibili fattori esterni e l’età dei candidati), ma per ora mi sembra, appunto, quasi una certezza.
Questa certezza può comportare una infinità di cose, ma io in questo momento non posso evitare di pensare a una ben precisa: la sfortuna per l’Ucraina.
Infatti, il ragionamento è semplice ma realistico: i «democratici» statunitensi, indipendentemente dal fatto che riescano o meno a mandare in pensione Biden, ora stanno sicuramente cercando il modo di mostrare ai votanti qualche grande risultato, magari un grande risultato anche nella politica internazionale… Certo, a un cittadino americano medio la politica internazionale interessa poco, ma la sua mente in qualche misura si ricorda comunque della alternanza dei successi / insuccessi citati dai media. Dunque, vanno sfruttati nella campagna elettorale. A questo punto potremmo chiederci: Biden ha qualche possibilità di risolvere i principali problemi internazionali prima delle elezioni americane? Può, per esempio, fare in tempo a sconfiggere la Russia e Hamas? Secondo me no: nemmeno se invia, di colpo, nelle zone interessate tutte le truppe e tutte le armi americane. Sa pure lui di non poter fare in tempo. E allora potrà tentare una veloce «soluzione diplomatica»: fare la pressione sulla Ucraina poiché quest’ultima inizi a «trattare per la pace» con la Russia. Ovviamente, uno Stato aggredito può iniziare a trattare solo accettando le richieste dell’aggressore: altrimenti quello continua a sparare anche quando l’aggredito ha già smesso di farlo.
Ecco, di fatto ora Biden potrebbe iniziare a premere su Zelensky per la resa al solo fine di poter sperare di vincere le elezioni presidenziali americane. Poi non è detto che vinca (anzi), ma intanto fa il danno. E chissà cosa combinerà il vincitore che arriverà…


Arrivano gli F-16

I leader degli Stati Uniti, Paesi Bassi e Danimarca comunicano, sul sito web della Casa Bianca, che i rispettivi Governi «si trovano nel processo di donazione» alla Ucraina dei caccia F-16 statunitensi. Nel comunicato si dice che l’Ucraina inizierà a utilizzare gli F-16 già questa estate.
Come al solito, una notizia del genere va interpretata in un modo corretto. Trasferire dal punto A al punto B di una qualsiasi quantità rilevante degli F-16 senza farli notare subito dal nemico (che si aspetta di vederli e, magari, intervenire in qualche modo) è impossibile. O quasi impossibile. Questo significa che almeno una parte degli aerei si trova già dove si deve trovare. Mentre i piloti ucraini, per poter usare gli F-16 già questa estate, sicuramente li conoscono già abbastanza bene.
E meno male.
Anche se non penso che esista una arma magica che da sola possa permettere di invertire l’andamento di questa guerra.


Leggere la stessa notizia

La mattina dell’8 luglio l’esercito russo esegue uno dei più grandi attacchi missilistici su Kiev. Un missile russo, in particolare, colpisce un ospedale pediatrico: è stata colpita la parte dell’edificio dove i bambini stavano ricevendo la dialisi (depurazione del sangue per l’insufficienza renale).
Sempre nella mattinata dell’8 luglio l’agenzia di stampa governativa russa TASS comunica: un attacco missilistico russo ha colpito un magazzino dello stabilimento militare Artem di Kiev. L’impianto Artem produce missili aria-aria e attrezzature per aerei.
Certi russi – ma per fortuna non tutti! – continuano chiedersi: «perché l’esercito ucraino ci colpisce?».

È solo uno dei 865 giorni della guerra (il numero si riferisce alla data di ieri). Continuare la lettura di questo post »


Il ruolo perso da Lukashenko

Il martedì 2 luglio il premier ungherese Viktor Orban era andato a Kiev per presentare a Zelensky il proprio «piano di pace»: cessare il fuoco e cercare di trattare con Putin. Tradotto nel linguaggio degli esseri umani: smettere di opporre resistenza (perché non ha iniziato l’Ucraina a fare la guerra) e accettare le condizioni di Putin per la «pace» (la quale, come sospettiamo, non sarà assolutamente duratura). Zelensky aveva trovato le forze per rispondere a Orban in un modo diplomatico.
Il venerdì 5 luglio, invece, il premier ungherese Viktor Orban si è presentato a Mosca da Putin per «continuare la missione di pace». Dalle dichiarazioni pubbliche di Orban e Putin, però, non sono riuscito a capire quale «piano» il primo abbia presentato al secondo. Putin ha ripetuto il proprio vecchio mantra secondo il quale «è sempre disposto a trattare» (tradotto nel linguaggio umano: disposto a imporre le proprie condizioni alla Ucraina), mentre il suo portavoce Peskov ha dichiarato che Orban avrebbe iniziato i suoi viaggi di pace per l’iniziativa propria.
Ecco: la politica estera del premier Orban esercitata nel corso degli anni mi fa sospettare fortemente che il contenuto delle sue «proposte di pace» non sia nato nella sua testa. Perché, appunto, coincide troppo con i desideri di Putin. Allo stesso tempo, non escludo che l’iniziativa di viaggiare in giro per il mondo con le suddette proposte sia realmente sua. Infatti, potrebbe avere capito di avere una chance di aumentare il proprio peso politico in Europa, assumendosi il ruolo perso da Lukashenko. Il ruolo di una persona che ha ancora la voglia e la capacità di parlare con tutti, compresi gli esponenti peggiori della politica internazionale (cioè Putin). L’"ultimo dittatore d’Europa" Lukashenko ha esagerato un po’ con le repressioni interne e non viene più accettato in Europa nemmeno in qualità di un addetto allo spurgo diplomatico. Orban, invece, vede la possibilità di guadagnarci qualcosa (non importa se politicamente o economicamente) da tutte le parti: da suo amico Putin e in Europa che pensa di rappresentare.
C’è solo un piccolo dettaglio da precisare: i suoi sforzi difficilmente porteranno a dei risultati utili nell’ottica della pace, e prima o poi se ne accorgeranno tutti.


Il vero obiettivo centrato

Un cannone antiaereo sovietico S-60 montato su un veicolo trasporto truppe cingolato MT-LB e carico di munizioni coreane fa un effetto bellissimo:


Se fosse sempre così…


Troppo spaventato?

Vladimir Zelensky non ha escluso, nella recente intervista, che Vladimir Putin possa essere invitato al prossimo vertice di pace organizzato dall’Ucraina. Secondo Zelensky, se la Russia e l’Ucraina riusciranno a trovare un modo per sedersi al tavolo dei negoziati, non egli si aspetta che Putin vi partecipi «nel prossimo futuro» perché ritiene che il presidente russo sia «troppo spaventato per venire».
Indipendentemente da quello che intende Zelensky con quanto appena riportato, sospetto che Putin potrebbe avere paura di presentarsi al summit di pace per il banale motivo della sicurezza personale. Infatti, non ha paura della guerra perché – purtroppo, non senza motivo pensa che l’Occidente non abbia il coraggio di entrare in conflitto serio con lui; non ha paura che le sue richieste territoriali folli (le cosiddette «condizioni di pace») non vengano soddisfatte perché tale negazione non incide in alcun modo sulle sue condizioni attuali; non ha paura di essere costretto a fare qualcosa perché, ripetiamo ancora una volta, vede che l’Occidente non fa alcun tentativo di serio di farlo nemmeno con la forza.
Invece il mandato di arresto internazionale non è considerato un scherzo. L’Occidente «debole» ha paura, per una serie di motivi, di usare la forza militare, ma potrebbe non avere paura a mandare dieci persone fisicamente preparate a immobilizzare le guardie del corpo di Putin.
C’è un modo di contrastare questa paura / non paura di Putin? È un altro argomento enorme.


Il primo successo di Trump

Da mesi, se non da anni, sentiamo Donald Trump promettere di riuscire a fare qualcosa prima ancora di essere eletto Presidente. Ogni volta gli diamo dell’idiota (beh, almeno io spesso tendo a farlo) e in pochi giorni ci dimentichiamo della sua ennesima promessa.
Ma non è sempre un comportamento corretto! Dobbiamo essere obiettivi anche quando ci troviamo di fronte a un personaggio molto particolare come Trump. Dobbiamo riconoscere i suoi meriti.
Per esempio: ieri, prima ancora di essere eletto (sicuramente non dopo, ahahaha) è riuscito a rendere la NATO un po’ meno dipendente dagli USA! Infatti, The Wall Street Journal comunica che ne contesto del rafforzamento delle posizioni dei partiti di destra in Europa e della possibile vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi, gli Stati-membri della NATO hanno preparato una serie di misure volte a sostenere l’Ucraina a lungo termine.
In particolare, la NATO intende inviare in Ucraina un funzionario civile di alto livello che sarà responsabile del coordinamento delle forniture militari. Inoltre, la NATO intende istituire un nuovo comando nella città tedesca di Wiesbaden per coordinare la consegna di attrezzature militari e armi, nonché l’addestramento dei soldati dell’esercito ucraino. L’ex rappresentante permanente degli USA presso la NATO, Ivo H. Daalder, ha spiegato che l’Alleanza stessa sarà ora responsabile di fornire aiuti all’Ucraina: «Quindi, anche se gli Stati Uniti riducono o smettono di sostenere questi sforzi, essi non scompariranno».
Grande Trump. Make NATO great again!


L’alternativa alla cupola

Il Financial Times scrive che gli USA, l’Israele e l’Ucraina stanno negoziando il trasferimento a Kyiv di un massimo di otto sistemi di difesa aerea Patriot: si tratta del numero di sistemi che Israele aveva previsto di dismettere perché avevano superato i 30 anni di vita utile. Era prevista la sostituzione dei sistemi dismessi con altri nuovi, ma sulla pratica non sono ancora stati dismessi. Il giornale attribuisce questo fatto al timore di Israele che le tensioni con Hezbollah in Libano possano degenerare in una guerra attiva.
A questo punto, mi sono ricordato le domande di molte persone che mi era capitato di sentire all’inizio della invasione russa della Ucraina: perché l’Israele non aiuti l’Ucraina con la costruzione di un analogo locale della «Cupola di Ferro». Gli esperti militari avevano spiegato tale fatto con tre motivi (o forse erano di più? io me ne ricordo tre…):
1) per costruire un sistema del genere ci vuole del tempo;
2) è stato progettato per respingere gli attacchi con i missili primitivi costruiti «in casa»;
3) si ha paura che il segreto del sistema venga spiato dalla Russia e passato a immaginiamo chi.
Già questi tre motivi mi sembrano logici e sufficienti.
Allo stesso tempo, mi sembra logico che pure l’Israele ha molte armi «quasi scadute» da regalare. Purtroppo, è arrivato il momento in cui lo si può organizzare anche dal punto di vista pratico: sia per effetti diplomatici, sia per la crescente necessità di rinnovare le armi utilizzate.