Ieri, parlando dell’attentato al Krokus Hall City del 22 marzo, Putin ha detto che «la Russia non può essere l’obiettivo degli attacchi terroristici dei fondamentalisti islamici» perché secondo le sue «fonti» i terroristi avrebbero avuto l’obiettivo di «danneggiare l’unità nazionale russa» (di uno enorme Stato multinazionale? Boh…).
Insomma, fa di tutto per non ammettere di essere stato avvisato dell’attentato con settimane di anticipo dagli americani. Allo stesso tempo, io sono sorpreso dal fatto che nel corso delle due settimane passate dal giorno dell’attentato non abbia accusato l’Ucraina con quella intensità che tanti si aspettavano. Nei primi giorni tale fenomeno poteva anche essere spiegato con un alto grado di disorientamento mentale del personaggio. Mentre nel periodo successivo avrebbe anche potuto inventare dei cosiddetti «risultati delle indagini»: ma non abbiamo visto nulla di particolare.
Altrettanto interessante, però, è il fatto che tutti gli altri solo grazie a quell’attentato si sono accorti di avere una visione molto limitata del mondo. Negli ultimi due anni ci siamo abituati ad avere al centro della nostra attenzione le guerre in Ucraina e in Israele, ma ci siamo dimenticati che per i terroristi dell’ISIS rimaniamo (noi, tutti gli occidentali) degli infedeli che, per esempio, non hanno mai lasciato la Siria agli islamisti. E, di conseguenza, che «andiamo puniti». Putin, poi, per una varietà di motivi era realmente convinto di essere l’ultimo a rischiare: per esempio, perché da anni cerca di fare l’amicizia con i vari gruppi estremisti in giro per il mondo.
Ma se ignoriamo il (o ci dimentichiamo del) problema, esso non sparisce.
L’archivio del tag «isis»
05/04/2024 alle 13:25