L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Nel frattempo, ieri la Procura ucraina ha sollevato per la prima volta sospetti nel caso del massacro di Bucha contro il comandante russo. Il sospettato è il comandante del plotone della 76ma Divisione d’assalto aviotrasportata dell’esercito russo, Yury Kim: in particolare, è sospettato di essere coinvolto in 17 omicidi e quattro casi di maltrattamenti deliberatamente commessi dai suoi subordinati a Bucha. Si tratta del primo caso in cui un ufficiale diventa ufficialmente sospettato: in precedenza, nel caso Bucha erano stati sospettati solo ufficiali militari ordinari.
A questo punto bisogna precisare, per i meno informati, che l’apertura dei sospetti è un passaggio previsto dalla procedura penale in Ucraina: dopo di esso può essere emesso un mandato d’arresto. Il vice procuratore generale ucraino Andriy Leshchenko ha dichiarato: «Questo è un passo fondamentale verso la giustizia per i crimini di guerra sistematici e massicci commessi a Bucha».
Io, invece, dichiaro che si tratta di uno dei pochissimi casi in cui spero che un ufficiale russo coinvolto nella guerra in Ucraina sopravviva fino alla fine dei combattimenti e a tutto ciò che ne seguirà. È molto probabile che in quel momento storico diventi un testimone scomodo per certi gruppi di persone, ma io spero comunque che sopravviva assieme a certi suoi «colleghi». Sarà impossibile trovare e condannare tutti (è un lavoro enorme che richiederebbe decenni, dunque poco utile dal punto di vista pratico), ma voglio che il processo a quelli trovati diventi un nuovo processo storico, pubblicizzato e studiato. Sarà utile – spero! – dal punto di vista educativo e didattico.


Ma è sempre la stessa storia

Axios, citando fonti anonime tra funzionari americani e russi, riferisce che l’amministrazione Trump si sta consultando segretamente con la Russia in merito alla risoluzione del «conflitto» in Ucraina. Il piano sarebbe composto da 28 punti e sarebbe «ispirato dai risultati ottenuti da Trump nell’accordo su Gaza». Secondo le fonti di Axios, i 28 punti del piano sono suddivisi in quattro blocchi: pace in Ucraina, garanzie di sicurezza, sicurezza in Europa e futuro delle relazioni degli Stati Uniti con la Russia e l’Ucraina. La preparazione del piano è guidata dall’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witcoff, che, secondo i funzionari, lo sta discutendo attivamente con il rappresentante russo Kirill Dmitriev.
Dimentichiamo per ora che i risultati ottenuti da Trump nel raggiungimento dell’accordo a Gaza sono molto dubbi: nel complesso, il suo piano non ha funzionato.
Concentriamoci sulla parte principale della «notizia» sopra riportata. Se tutto ciò che è scritto lì è vero, allora questa storia entra nel centesimo giro: Trump e i suoi assistenti hanno nuovamente iniziato a elaborare un modo per rifilare alla Ucraina tutte le richieste principali di Putin. In modo che, complessivamente, a Putin venga dato tutto ciò che egli vuole, e lui in cambio non faccia ciò che non può fare. Ha già rifilato con successo le sue richieste a Witcoff, il quale non riesce ad ammettere a se stesso di essere stato ingannato (non orientandosi affatto nella questione) e, a quanto pare, continua a dire a Trump di aver «raggiunto accordi preliminari con Putin».
Quindi non capisco proprio cosa ci possa essere di segreto in tali consultazioni.
Non può essere un segreto nemmeno il fatto che l’Ucraina respingerà giustamente gran parte dei risultati. E senza il consenso della Ucraina, la «risoluzione del conflitto in Ucraina» non sembra ancora molto possibile.


Due notizie correlate

Secondo le stime dei funzionari dell’UE, sono necessari circa quarantacinque giorni per spostare truppe ed equipaggiamenti della NATO dai porti strategici dell’Europa occidentale al fianco orientale al confine con Russia e Ucraina. Secondo il quotidiano Financial Times, il 19 novembre le autorità dell’UE intendono presentare una nuova proposta sulla «mobilità militare» dei Paesi-membri della NATO. Secondo le fonti del quotidiano, l’obiettivo è quello di ridurre i tempi di spostamento delle truppe dall’ovest all’est dell’Europa a tre-cinque giorni. Secondo le fonti interne del mio cervello, si tratta di un obiettivo abbastanza logico, anche se non posso dire quanto sia realistico.
Ma l’importante è che la suddetta notizia va letta assieme a un’altra: il primo ministro polacco Donald Tusk ha annunciato durante una seduta del Sejm (parlamento) che sono state accertate le identità dei due sospettati di sabotaggio ferroviario in Polonia del 16 novembre: si tratta di cittadini ucraini che agivano su incarico della Russia e che erano entrati in Polonia dalla Bielorussia. Il punto fondamentale è «l’incarico della Russia», perché la necessità di velocizzare gli spostamenti delle forze facenti parte della NATO si discute non da ieri e nemmeno da una settimana, mentre Putin ha iniziato l’aggressione militare ai confini occidentali nel 2014. Sicuramente in qualche misura pensa alle possibili conseguenze, anche se ultimamente sembra che si sia convinto della non-intenzione/capacità della NATO a reagire adeguatamente alle sue provocazioni.
Ma anche se si cercherà di non farlo arrabbiare, non smetterà.


Che scoperta!

Il Politico, basandosi su fonti dell’ambiente diplomatico europeo, scrive che l’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Steven Witkoff, che ha condotto i negoziati con Vladimir Putin, non ha alcuna comprensione del conflitto ucraino.
Negli USA e nell’UE ci sono, stranamente, tantissime persone che non hanno ancora alcuna comprensione del conflitto ucraino, ma Witkoff è un caso fenomenale: non ha alcuna comprensione nemmeno del lavoro diplomatico. Per esempio, non si era preoccupato di chi avrebbe fatto da interprete durante il suo incontro con Putin a Mosca: e gli hanno affiancato una tipa che lavora alla FSB… Inoltre, ha creduto cecamente a tutte le stronzate raccontate da Putin, presentandole poi come un successo ottenuto.
Sono le cose note da tempo a tutti tranne la redazione di Politico…


Make Penny Great Again

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha ufficialmente cessato l’emissione delle monete da un centesimo. Mercoledì 12 novembre, la Zecca di Filadelfia (l’ultima delle quattro Zecche statunitensi esistenti ora) ha coniato l’ultimo penny. Le ultime monete coniate saranno, come scrive la CNN, vendute all’asta. Il costo di conio di un penny era pari a 3,7 centesimi, superiore al valore della moneta stessa. Dieci anni fa il costo di produzione era pari alla metà dell’attuale. Nel febbraio di quest’anno, Trump ha ordinato di cessare l’emissione di nuove monete da un centesimo, adducendo come motivazione il costo elevato della loro produzione. L’ultimo penny è stato coniato a Filadelfia alla presenza del tesoriere degli Stati Uniti Brandon Beach. Secondo la sua affermazione, le ultime monete saranno vendute all’asta. Il penny è stata una delle prime monete statunitensi, coniata per la prima volta nel 1787. La loro produzione in serie è iniziata sei anni dopo, nel 1793, con la fondazione della Zecca. La moneta è stata coniata per 238 anni.
Come probabilmente sapete, tutte le monete (come tutte le banconote) statunitensi sono accettate come strumento di pagamento indipendentemente dal loro anno di emissione. Aggiungiamo a questo fatto la stima secondo la quale attualmente negli Stati Uniti sono in circolazione circa 300 miliardi di monete da un penny, poco meno di 9 dollari per ogni abitante del Paese. Tutte quelle monete appartengono a 12 tipi che si distinguono tra loro per design e per i metalli utilizzati. I primi sei tipi (per semplificare, diciamo che sono quelli cognati prima del 1958) saranno un po’ difficili da trovare in circolazione, ma ora non importa (io ho un esemplare del 1955 ahahaha).
La mia grande domanda è: come faccio ora a trovare almeno una parte di quei 300 miliardi di monete da un penny? Ora che iniziano, molto probabilmente, a ritirarle dalla circolazione o nascondere nelle case private come un ricordo… Perché nella mia collezione mancano 5 delle versioni cognate nel XXI secolo (alcune appartengono alle edizioni commemorative). Mi sa che devo trovare il modo di far mettere nella testa di Trump lo slogan «make penny great again».


La lettura del sabato

L’articolo segnalato questo sabato è dedicato a una grande innovazione tecnica che lo Stato russo ha deciso di adottare per lottare contro i droni militari ucraini.
L’uso efficace di tali droni è uno dei pochi ambiti nei quali l’esercito ucraino prevale nettamente ormai da anni sull’esercito russo: in particolare, i droni ucraini entrano nel territorio russo e provocano dei danni sensibili alla infrastruttura militare (complicando la logistica russa) e alle raffinerei petrolifere (creando dei danni economici).
La recente invenzione russa, invece, consiste nel bloccare per un giorno il funzionamento di tutte le SIM che entrano sul territorio russo o «si svegliano» dopo un certo periodo di inattività. Perché le SIM? Perché potrebbero essere utilizzate, per esempio, per garantire l’orientamento del singolo drone con i dati presi dall’interne mobile…
Ma questo punto vi lascio alla lettura dell’articolo.


Un po’ meno propaganda putiniana

Il Ministero degli Esteri russo sostiene che il quotidiano italiano Corriere della Sera abbia rifiutato di pubblicare l’intervista al ministro Sergey Lavrov. Il ministero ha definito questo gesto un atto di «censura scandalosa» e ha pubblicato sia la versione «integrale» che quella «modificata» dal quotidiano. Nell’intervista originale Lavrov parla del nazismo che «sta rialzando la testa in Europa» e del «regime terroristico» a Kiev. Secondo la versione del ministero degli Esteri russo, i rappresentanti del dicastero hanno proposto al quotidiano di realizzare un’intervista esclusiva al ministro «per fermare in qualche modo il flusso di menzogne» diffuse dai giornali italiani e dai loro articoli sulla Russia. Secondo il ministero, la redazione del quotidiano «ha accettato con entusiasmo» e ha inviato le domande a Lavrov, ma poi ha rifiutato di pubblicarle.
Che la redazione del Corriere della Sera abbia rifiutato di pubblicare le farneticazioni propagandistiche di Lavrov è positivo e comprensibile. Non è particolarmente interessante parlarne.
È interessante invece come il ministero degli Esteri russo si orienti nella stampa italiana. Il Corriere della Sera è uno dei quotidiani italiani più seri e la pubblicazione di un’intervista a Lavrov sarebbe stata un grande successo per il regime di Putin. Ma il ministero degli Esteri non ha tenuto conto di due cose…
In primo luogo, anche se pagate generosamente, le stronzate propagandistiche sono molto difficili da pubblicare sulle testate europee più autorevoli, proprio perché sono testate autorevoli. Bisognava puntare su testate marginali di destra e di sinistra, che hanno bisogno di soldi e pubblicano regolarmente ogni sorta di stronzate. Non citerò i nomi delle testate, non voglio aiutare nessuno.
In secondo luogo, sembra che al Ministero degli Esteri russo non sappiano quanto sia scadente il sito web del serio quotidiano Corriere della Sera. È incredibilmente lento e continua a coprire le proprie pagine con la richiesta di disattivare il blocco degli annunci pubblicitari, anche quando questo non è nemmeno installato sul computer (io non utilizzo blocchi pubblicitari perché non mi piace privare gli autori dei siti web dei loro guadagni). Di conseguenza, il loro sito è praticamente inutilizzabile e la sua audience è molto più ridotta di quanto potrebbe essere.
Ma al Ministero degli Esteri russo, a quanto pare, conoscono la stampa straniera solo in modo molto approssimativo. E questo non mi sorprende affatto: per esempio, so per certo che ai funzionari consolari è vietato comunicare con gli aborigeni fuori dall’orario di lavoro. Di conseguenza, conoscono a malapena la lingua del Paese in cui lavorano e parlano come se avessero semplicemente imparato alcune parole di base dal dizionario. È chiaro che in tali condizioni non hanno la possibilità di studiare le peculiarità della stampa locale. Si può logicamente supporre che i funzionari dell’ambasciata non siano molto diversi da quelli consolari in questo senso e quindi non siano nemmeno in grado di fornire consulenza al proprio ministero.


Rapire il soldato russo

Il centro delle relazioni pubbliche della FSB ha reso noto un tentativo da parte dei servizi segreti ucraini di reclutare piloti russi per dirottare un caccia MiG-31 equipaggiato con un missile ipersonico «Kinzhal». Il comunicato stampa dell’agenzia afferma che i servizi segreti ucraini hanno agito in collaborazione con «curatori britannici». Ai piloti che hanno cercato di coinvolgere nella operazione è stato promesso un compenso di tre milioni di dollari. La FSB sostiene che il caccia dirottato sarebbe stato diretto verso la base aerea NATO di Costanza (in Romania) per poi essere abbattuto dalla difesa aerea; l’obiettivo dell’operazione sarebbe stata una «provocazione su larga scala» contro la Russia.
A cosa serve una «provocazione» del genere non è stato specificato, e almeno in questo momento non ci interessa. Inoltre, diciamo pure che questo comunicato della FSB è una palese invenzione, mirata a diffondere l’idea che la Russia sarebbe circondata da nemici disposti a tutto (e, come obiettivo secondario, comunicare alla propria popolazione che il Billingcat sarebbe una azienda che partecipa alla guerra: mentre in realtà essa smaschera le varie porcate che il «Cremlino» organizza in giro per il mondo).
Mentre io, in realtà, non escludo che i tentativi di indurre i militari russi alla resa assieme alle loro attrezzature siano veramente numerose. Sicuramente (e logicamente) ci sono i tentativi ucraini. Molto probabilmente ci sono anche i tentativi degli altri Stati. Per me sono delle azioni positive e necessarie, ma al quarto anno della guerra ormai quasi inutili: tutti quei militari che volevano scappare o, almeno, evitare di combattere in questa guerra inutile, lo hanno già fatto nei primi mesi o anni. Attualmente ha molto più senso dedicare gli sforzi principali all’aiuto di tutti quei giovani che vogliono scappare dal servizio della leva forzatamente trasformato in contratto con l’esercito russo (di casi ce ne sono tantissimi) o dalla mobilitazione. Per esempio, farli entrare nei propri territori quando fuggono e non negare a loro l’asilo politico: invece di farli tornare in Russia dove li aspettano una condanna penale e il secondo invio al fronte.


Quasti hanno azzeccato il motivo

Il direttore generale della BBC Tim Davie e il capo della divisione notizie della BBC News Deborah Turness hanno rassegnato le dimissioni a causa dello scandalo relativo al discorso modificato di Donald Trump: secondo una nota interna della BBC, il programma Panorama ha montato due parti del discorso di Trump in modo da dare l’impressione che egli incoraggiasse apertamente i disordini al Campidoglio nel gennaio 2021.
Io, come uno spettatore occasionale, ma, allo stesso tempo, di lunga data dei notiziari della BBC, posso dire che la questione del discorso di Trump non è l’unico e non è il più grave dei problemi dell’intero «settore notizie» della azienda. Prima di tutto, per oltre due anni — dal 7 ottobre 2023 — i «giornalisti» della BBC si sono impegnati (e stanno ancora continuando a farlo ora) a diffondere intensamente la propaganda di Hamas e ad alimentare i sentimenti peggiori delle grandi masse dei propri spettatori: di quegli spettatori che per mancanza della informazione vera (e del tempo necessario per cercarla) si sono convinti di essere dalla parte del più debole. Ma dovevano essere proprio i giornalisti della BBC (ok, non solo quelli della BBC) a raccontare che è l’aggressore — fanatico religioso e nazista — a spacciarsi per più debole, a fingere di essere una vittima. E invece sono stati dalla sua parte, a diffondere la sua [censored] propaganda.
Già per quello avrebbero dovuto essere cacciati assieme ai loro capi Davie e Turness. Ma è andata come è andata. Ora voglio vedere se la politica redazionale in qualche modo cambia.


Non mi intendo dei concorsi di bellezza (e non voglio intendermene: mi sembrano delle fiere di allevamento), quindi non so bene se «Miss Mundo Chile 2025» sia in realtà l’edizione di quest’anno della «semplice» Miss Chile… Ma non importa. L’importante è che alla semifinale una delle concorrenti ha deciso di esibirsi in un modo non tradizionale:

Ecco, i concorsi di bellezza così avrei provato a vederli. Perché la bellezza fisica dura pochi secondi: fino al momento in cui scopri che la tipa non ha nient’altro (i tipi non mi interessano).
P.S.: si chiama Ignacia Fernández ed è la cantante del gruppo progressive death-metal cileno Decessus; è passata in finale. Comunque vada, spero che faccia in tempo a imparare di cantare normalmente, non solo con la gola.