L’archivio della rubrica «Nel mondo»

L’arte di inventare gli schemi

La foto migliore dell’incontro in Alaska è quella dove il criminale di Cremlino sta raccontando – palesemente con successo – un’altra porzione di stronzate al credulone della Casa Bianca:

La migliore caricatura, poi, è questa:

Nel frattempo, secondo le informazioni trapelate dai media, dopo l’incontro con Putin, Trump avrebbe cercato di promuovere – nei colloqui telefonici con Zelensky e con i leader europei – l’idea dello scambio di territori ucraini proposta da Putin, con la quale lui stesso sarebbe d’accordo.
Lo scambio di territori dovrebbe consistere, secondo la proposta di Putin, nel trasferimento da parte dell’Ucraina alla Russia dei territori delle regioni di Donetsk e Luhansk che la Russia non controlla (insieme alle città, alle fortificazioni militari e, soprattutto, alla popolazione che vi risiede che vi risiede), in cambio della generosa rinuncia da parte della Russia a rivendicare i territori delle regioni di Zaporizhia e Kherson, che sempre essa non controlla. In altre parole, Putin ha proposto di cedergli ciò che non gli appartiene in cambio di ciò che non gli appartiene ancora di più.
Zelensky – che sorpresa – ha rifiutato.
Trump è molto indignato e irritato da tale intransigenza.
Questo è ciò che lui e Putin chiamano „l’arte di concludere accordi“.
Ma vedo che nelle teste di un grande numero di europei questa follia non trova posto. Non capiscono che si tratta di uno „scambio“ di qualcosa che non è di Putin con qualcosa che è ancora meno di Putin…


La lettura del sabato

In Alaska si sono veramente incontrati  Hitler e Roosevelt  (ma no, questo è un complimento troppo grande per entrambi), un criminale e un narcisista. Di cosa e perché abbiano parlato, io ancora non l’ho capito. Ma capisco, come avevo capito già prima del loro incontro, che entrambi sono rimasti molto soddisfatti del fatto stesso dell’incontro: per ciascuno di loro è stata una mossa pubblicitaria di grandissimo valore.
È stato molto più interessante, per diversi giorni antecedenti l’incontro, leggere e ascoltare come persone intelligenti cercavano di inventare ragioni logiche per definire l’incontro in Alaska un evento che avesse almeno un qualche significato e importanza. Uno dei partecipanti non ha l’intenzione di finire la guerra, il secondo non ha l’intenzione di intraprendere azioni significative e coerenti per costringere il primo alla pace, mentre la seconda parte in guerra non era nemmeno presente all’incontro. Allora perché sprecare energie mentali per costruire concetti astratti quando ci sono argomenti molto più concreti da affrontare? Un mistero!


Sto ridendo da alcune ore…

… mi sta già facendo male tutto, ma non riesco a smettere! Ascoltate questo genio e ricordatevi che il 15 agosto dovrebbe incontrarsi con un suo grande concorrente:

Non riuscite a seguire il modo trumpista di costruire le frasi? Allora, per aiutarvi, faccio un riassunto: «I russi avrebbero potuto raggiungere Kiev in quattro ore se avessero preso l’autostrada. Ma un generale russo „geniale“ ha deciso di attraversare la campagna».
Molto probabilmente Donald intendeva il «highway» M01 che nei primi giorni della guerra si presentava così:

Male, vado a riprendermi un po’…


Cosa e dove hanno firmato

Scrivendo dell’incontro dell’8 agosto (del quale avete probabilmente letto o sentito qualcosa), Trump ha ingannato molti menzionando sul suo Truth Social la «cerimonia ufficiale della firma della pace» tra l’Armenia e l’Azerbaijan («official Peace Signing Ceremony»). Di conseguenza, molti media mondiali, come Associated Press, CNBC, Euronews, hanno utilizzato proprio questa formulazione. In realtà, le parti hanno firmato solo una dichiarazione dal contenuto abbastanza semplice e banale, composta da sette punti.
Il primo di questi punti recita:

Noi e il Presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump abbiamo assistito alla firma del testo concordato dell’"Accordo per l’instaurazione della pace e delle relazioni interstatali tra la Repubblica dell’Azerbaigian e la Repubblica di Armenia" da parte dei ministri degli Affari esteri delle Parti. A questo proposito, abbiamo riconosciuto la necessità di proseguire le azioni volte alla firma e alla ratifica definitiva dell’Accordo e abbiamo sottolineato l’importanza di mantenere e rafforzare la pace tra i nostri due Paesi.

Insomma, potete immaginare la cosiddetta importanza dell’incontro.
Anzi, la sua importanza più grande consiste nel fatto che i due Presidenti caucasici sono andati non da Putin (che non ha più la possibilità fisica di apparire il «capo» della zona ex-sovietica) e non da Erdogan (il quale ha la reale influenza sui rapporti nella regione dove si trovano i due Stati menzionati), ma da Trump (il quale, come al solito, non ha fatto alcunché, ma vuole apparire un grande pacificatore). Non riesco proprio a immaginare degli esiti positivi…


La domanda più importante

Leggo sempre di più sul probabile incontro «dal vivo» tra Trump e Putin. Non si capisce ancora dove, quando e a quali condizioni, ma pare che entrambe le parti stiano considerando la possibilità di questo incontro.
Tutti scrivono e parlano dei dubbi di cui sopra, ma quasi nessuno scrive o parla del mistero principale: perché dovrebbero incontrarsi fisicamente? Cosa si potranno dire di diverso da quello che si sono già detti più volte via telefono? Possono fare qualcosa oltre a parlare? Ma Putin non gioca a golf e Trump non gioca a hockey…
N.B. tra parentesi: (per me l’espressione «hockey su ghiaccio» suona un po’ come «calcio su erba»). Parentesi chiusa.
L’unica utilità dell’ipotetico incontro «offline» tra Trump e Putin è fare molto contento Putin. Infatti, si sentirà ancora più accettato a livello internazionale, ammesso nei club dei veri personaggi importanti e potenti, riconosciuto come un grande leader. Ma siete sicuri che sia una concessione tanto utile?


Il cancello sul ponte

Sul «ponte dell’Amicizia» che collega la città estone di Narva e quella russa di Ivangorod, sono stati installati – da parete della Estonia – dei massicci cancelli metallici che bloccano la corsia automobilistica di attraversamento del confine. È inoltre prevista l’installazione di barriere metalliche retrattili che, se necessario, bloccheranno il traffico automobilistico su tutti i lati, sia all’ingresso che all’uscita dal valico di frontiera. La parte pedonale del ponte è ancora aperta al traffico, ma anche lì è prevista l’installazione di cancelli.

È abbastanza sorprendente che questa cosa sia stata fatta solo ora. Ma, allo stesso tempo, la trovo logica: da alcune settimane leggo articoli che parlano dei possibili preparativi dello Stato russo a iniziare una «operazione militare speciale» pure in qualche punto degli Stati baltici. In tale ottica le barriere sul ponte non saranno tanto utili, ma non averle è ancora peggio.
P.S.: il nome del ponte è già una barzelletta, potevo limitarmi a scrivere solo quello…


La lettura del sabato

Si può segnalare due articoli di fila sullo stesso argomento? Penso di sì: non conosco alcuna legge, umana o della natura, che me lo vieti.
E allora il testo segnalato oggi è una intervista sugli avvenimenti – già verificatisi e quelli ipotizzabili – legati alla strana scelta di Zelensky di tentare a mettere sotto il proprio controllo gli organi nazionali anti-corruzione. È vero che la nuova legge sulla indipendenza di quegli organi è stata già approvata il 31 luglio (perché Zelensky ha reagito prontamente alle proteste), ma la sua celta di prima rimane comunque molto strana: sicuramente resterà come una macchia nella sua biografia politica per sempre (o quasi), nonostante tutti i suoi meriti passati e futuri.


Il petrolio per l’India

La Reuters scrive, citando fonti del settore, che quattro compagnie petrolifere statali indiane hanno interrotto da una settimana gli acquisti di petrolio russo: si sono rivolte al mercato spot per forniture alternative. Si tratta delle compagnie Indian Oil Corp (IOC), Hindustan Petroleum Corp (HPCL), Bharat Petroleum Corp (BPCL) e Mangalore Refinery Petrochemical Ltd (MRPL).
Il contesto: Trump aveva «annunciato» che dal 1° agosto gli USA impongono all’India una «sanzione» per l’acquisto di attrezzature militari e fonti energetiche dalla Russia. Evidentemente, l’India ha preferito di non verificare se pure questa volta le parole di Trump sono solo parole. Ha cambiato il fornitore nonostante il fatto che acquistava dalla Russia con uno sconto molto utile per la propria economia (questo mostra anche quanto siano più importanti i rapporti con gli USA dei rapporti all’interno di quella stronzata del BRICS, ma quello è un altro argomento).
Quello che interessa a noi, invece, è il fatto che il petrolio russo rimarrà comunque sul mercato: chi prima comprava dai nuovi fornitori dell’India, ora lo deve fare da qualche altra parte. E non mi sembra una cosa tanto negativa nell’ottica delle sanzioni: i futuri acquirenti del petrolio russo sapranno che lo Stato russo ha tanto bisogno di vendere, quindi è disposto a fare degli sconti ancora più interessanti.
Non so se devo dispiacermi per l’India, ma, nel frattempo, mi senti positivamente sorpreso dal fatto che almeno un trucco di Trump ha funzionato.


Matvienko a Ginevra

È incredibile, ma la Presidente della Camera alta del «parlamento» russo (Consiglio Federale) Valentina Matvienko — una delle principali complici di Putin — è arrivata ieri a Ginevra per la Conferenza Mondiale dei Presidenti del Parlamento. Sarei molto curioso di scoprire chi di preciso l’abbia invitata e perché la Svizzera abbia deciso di dare un podio a dei criminali.
Nel frattempo, scopriamo che Valentina Matvienko e la sua delegazione sono arrivati a Ginevra per gli eventi organizzati dall’Unione interparlamentare, che si terranno dal 28 al 30 luglio. La discussione alla quale è già intervenuta Matvienko si intitola «Un mondo in fermento: la cooperazione parlamentare e l’approccio multilaterale alla soluzione dei problemi per la pace, la giustizia e la prosperità per tutti».
In particolare, dal palco ha ripetuto le solite stronzate della propaganda statale russa sulla difesa della popolazione di lingua russa nell’est della Ucraina (è stata addirittura applaudita, ma immagino che tra il pubblico ci fossero altri rappresentanti dello Stato russo).
E allora io ricordo che le statistiche su ciò che stava accadendo nel Donbas prima della attuale fase della guerra sono facilmente disponibili. Quanti civili sono morti lì, ad esempio, nel 2021, quando i «maledetti ucraini bombardavano continuamente i civili»? Secondo le statistiche dell’ONU e dell’OSCE, nel 2021 ci sono state 25 morti tra i civili, il numero più basso rispetto agli anni precedenti del conflitto, e oltre la metà di queste morti erano dovute a mine e ordigni inesplosi.
E quante persone sono morte nel Donbas quando sono arrivati i «liberatori» armati russi? Dall’inizio della invasione su larga scala da parte, iniziata il 24 febbraio 2022, l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ha registrato almeno 13.580 morti e 34.115 feriti tra i civili in tutta l’Ucraina (al 30 giugno 2025).
Per quanto riguarda le regioni di Donetsk e Luhansk (Donbas), quelle più colpite: all’inizio di giugno 2023, le Nazioni Unite hanno registrato almeno 2964 civili morti e 3683 civili feriti nel Donbas. Mentre gli attivisti internazionali per i diritti umani hanno contato, a dicembre 2022, un totale di circa 3978 morti e 5452 feriti nelle regioni di Donetsk e Luhansk. Di conseguenza, almeno tre o quattro mila civili sono stati uccisi e diverse altre migliaia sono rimaste ferite nel Donbas tra il febbraio 2022 e la metà del 2023. Questi numeri riflettono solo i casi confermati. Il numero reale è molto probabilmente più alto a causa delle difficoltà di accesso alle aree occupate e al fronte.
Valentina Matvienko, intanto, parla della pace e della difesa dei civili a Ginevra.


È stato Musk

Difficilmente qualcuno ne dubitava, ma Reuters ha avuto le conferme del fatto che era stato proprio Elon Musk a ordinare la disattivazione del servizio satellitare Starlink quando l’Ucraina aveva lanciato l’offensiva nel settembre del 2022.
Ovviamente non possiamo sapere come si sarebbe svolta quella offensiva e a quali risultati avrebbe portato, ma possiamo essere certi del fatto che la decisione di Musk aveva avuto una influenza negativo sull’andamento della operazione. Questa guerra è diventata una guerra praticamente di posizionamento lunga già più di tre anni anche grazie a Musk.
Ricordiamocelo. Anche la prossima volta che lui mostrerà la propria insoddisfazione per il prolungarsi eccessivo dei combattimenti.