L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Che scoperta!

Il Politico, basandosi su fonti dell’ambiente diplomatico europeo, scrive che l’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Steven Witkoff, che ha condotto i negoziati con Vladimir Putin, non ha alcuna comprensione del conflitto ucraino.
Negli USA e nell’UE ci sono, stranamente, tantissime persone che non hanno ancora alcuna comprensione del conflitto ucraino, ma Witkoff è un caso fenomenale: non ha alcuna comprensione nemmeno del lavoro diplomatico. Per esempio, non si era preoccupato di chi avrebbe fatto da interprete durante il suo incontro con Putin a Mosca: e gli hanno affiancato una tipa che lavora alla FSB… Inoltre, ha creduto cecamente a tutte le stronzate raccontate da Putin, presentandole poi come un successo ottenuto.
Sono le cose note da tempo a tutti tranne la redazione di Politico…


Make Penny Great Again

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha ufficialmente cessato l’emissione delle monete da un centesimo. Mercoledì 12 novembre, la Zecca di Filadelfia (l’ultima delle quattro Zecche statunitensi esistenti ora) ha coniato l’ultimo penny. Le ultime monete coniate saranno, come scrive la CNN, vendute all’asta. Il costo di conio di un penny era pari a 3,7 centesimi, superiore al valore della moneta stessa. Dieci anni fa il costo di produzione era pari alla metà dell’attuale. Nel febbraio di quest’anno, Trump ha ordinato di cessare l’emissione di nuove monete da un centesimo, adducendo come motivazione il costo elevato della loro produzione. L’ultimo penny è stato coniato a Filadelfia alla presenza del tesoriere degli Stati Uniti Brandon Beach. Secondo la sua affermazione, le ultime monete saranno vendute all’asta. Il penny è stata una delle prime monete statunitensi, coniata per la prima volta nel 1787. La loro produzione in serie è iniziata sei anni dopo, nel 1793, con la fondazione della Zecca. La moneta è stata coniata per 238 anni.
Come probabilmente sapete, tutte le monete (come tutte le banconote) statunitensi sono accettate come strumento di pagamento indipendentemente dal loro anno di emissione. Aggiungiamo a questo fatto la stima secondo la quale attualmente negli Stati Uniti sono in circolazione circa 300 miliardi di monete da un penny, poco meno di 9 dollari per ogni abitante del Paese. Tutte quelle monete appartengono a 12 tipi che si distinguono tra loro per design e per i metalli utilizzati. I primi sei tipi (per semplificare, diciamo che sono quelli cognati prima del 1958) saranno un po’ difficili da trovare in circolazione, ma ora non importa (io ho un esemplare del 1955 ahahaha).
La mia grande domanda è: come faccio ora a trovare almeno una parte di quei 300 miliardi di monete da un penny? Ora che iniziano, molto probabilmente, a ritirarle dalla circolazione o nascondere nelle case private come un ricordo… Perché nella mia collezione mancano 5 delle versioni cognate nel XXI secolo (alcune appartengono alle edizioni commemorative). Mi sa che devo trovare il modo di far mettere nella testa di Trump lo slogan «make penny great again».


La lettura del sabato

L’articolo segnalato questo sabato è dedicato a una grande innovazione tecnica che lo Stato russo ha deciso di adottare per lottare contro i droni militari ucraini.
L’uso efficace di tali droni è uno dei pochi ambiti nei quali l’esercito ucraino prevale nettamente ormai da anni sull’esercito russo: in particolare, i droni ucraini entrano nel territorio russo e provocano dei danni sensibili alla infrastruttura militare (complicando la logistica russa) e alle raffinerei petrolifere (creando dei danni economici).
La recente invenzione russa, invece, consiste nel bloccare per un giorno il funzionamento di tutte le SIM che entrano sul territorio russo o «si svegliano» dopo un certo periodo di inattività. Perché le SIM? Perché potrebbero essere utilizzate, per esempio, per garantire l’orientamento del singolo drone con i dati presi dall’interne mobile…
Ma questo punto vi lascio alla lettura dell’articolo.


Un po’ meno propaganda putiniana

Il Ministero degli Esteri russo sostiene che il quotidiano italiano Corriere della Sera abbia rifiutato di pubblicare l’intervista al ministro Sergey Lavrov. Il ministero ha definito questo gesto un atto di «censura scandalosa» e ha pubblicato sia la versione «integrale» che quella «modificata» dal quotidiano. Nell’intervista originale Lavrov parla del nazismo che «sta rialzando la testa in Europa» e del «regime terroristico» a Kiev. Secondo la versione del ministero degli Esteri russo, i rappresentanti del dicastero hanno proposto al quotidiano di realizzare un’intervista esclusiva al ministro «per fermare in qualche modo il flusso di menzogne» diffuse dai giornali italiani e dai loro articoli sulla Russia. Secondo il ministero, la redazione del quotidiano «ha accettato con entusiasmo» e ha inviato le domande a Lavrov, ma poi ha rifiutato di pubblicarle.
Che la redazione del Corriere della Sera abbia rifiutato di pubblicare le farneticazioni propagandistiche di Lavrov è positivo e comprensibile. Non è particolarmente interessante parlarne.
È interessante invece come il ministero degli Esteri russo si orienti nella stampa italiana. Il Corriere della Sera è uno dei quotidiani italiani più seri e la pubblicazione di un’intervista a Lavrov sarebbe stata un grande successo per il regime di Putin. Ma il ministero degli Esteri non ha tenuto conto di due cose…
In primo luogo, anche se pagate generosamente, le stronzate propagandistiche sono molto difficili da pubblicare sulle testate europee più autorevoli, proprio perché sono testate autorevoli. Bisognava puntare su testate marginali di destra e di sinistra, che hanno bisogno di soldi e pubblicano regolarmente ogni sorta di stronzate. Non citerò i nomi delle testate, non voglio aiutare nessuno.
In secondo luogo, sembra che al Ministero degli Esteri russo non sappiano quanto sia scadente il sito web del serio quotidiano Corriere della Sera. È incredibilmente lento e continua a coprire le proprie pagine con la richiesta di disattivare il blocco degli annunci pubblicitari, anche quando questo non è nemmeno installato sul computer (io non utilizzo blocchi pubblicitari perché non mi piace privare gli autori dei siti web dei loro guadagni). Di conseguenza, il loro sito è praticamente inutilizzabile e la sua audience è molto più ridotta di quanto potrebbe essere.
Ma al Ministero degli Esteri russo, a quanto pare, conoscono la stampa straniera solo in modo molto approssimativo. E questo non mi sorprende affatto: per esempio, so per certo che ai funzionari consolari è vietato comunicare con gli aborigeni fuori dall’orario di lavoro. Di conseguenza, conoscono a malapena la lingua del Paese in cui lavorano e parlano come se avessero semplicemente imparato alcune parole di base dal dizionario. È chiaro che in tali condizioni non hanno la possibilità di studiare le peculiarità della stampa locale. Si può logicamente supporre che i funzionari dell’ambasciata non siano molto diversi da quelli consolari in questo senso e quindi non siano nemmeno in grado di fornire consulenza al proprio ministero.


Rapire il soldato russo

Il centro delle relazioni pubbliche della FSB ha reso noto un tentativo da parte dei servizi segreti ucraini di reclutare piloti russi per dirottare un caccia MiG-31 equipaggiato con un missile ipersonico «Kinzhal». Il comunicato stampa dell’agenzia afferma che i servizi segreti ucraini hanno agito in collaborazione con «curatori britannici». Ai piloti che hanno cercato di coinvolgere nella operazione è stato promesso un compenso di tre milioni di dollari. La FSB sostiene che il caccia dirottato sarebbe stato diretto verso la base aerea NATO di Costanza (in Romania) per poi essere abbattuto dalla difesa aerea; l’obiettivo dell’operazione sarebbe stata una «provocazione su larga scala» contro la Russia.
A cosa serve una «provocazione» del genere non è stato specificato, e almeno in questo momento non ci interessa. Inoltre, diciamo pure che questo comunicato della FSB è una palese invenzione, mirata a diffondere l’idea che la Russia sarebbe circondata da nemici disposti a tutto (e, come obiettivo secondario, comunicare alla propria popolazione che il Billingcat sarebbe una azienda che partecipa alla guerra: mentre in realtà essa smaschera le varie porcate che il «Cremlino» organizza in giro per il mondo).
Mentre io, in realtà, non escludo che i tentativi di indurre i militari russi alla resa assieme alle loro attrezzature siano veramente numerose. Sicuramente (e logicamente) ci sono i tentativi ucraini. Molto probabilmente ci sono anche i tentativi degli altri Stati. Per me sono delle azioni positive e necessarie, ma al quarto anno della guerra ormai quasi inutili: tutti quei militari che volevano scappare o, almeno, evitare di combattere in questa guerra inutile, lo hanno già fatto nei primi mesi o anni. Attualmente ha molto più senso dedicare gli sforzi principali all’aiuto di tutti quei giovani che vogliono scappare dal servizio della leva forzatamente trasformato in contratto con l’esercito russo (di casi ce ne sono tantissimi) o dalla mobilitazione. Per esempio, farli entrare nei propri territori quando fuggono e non negare a loro l’asilo politico: invece di farli tornare in Russia dove li aspettano una condanna penale e il secondo invio al fronte.


Quasti hanno azzeccato il motivo

Il direttore generale della BBC Tim Davie e il capo della divisione notizie della BBC News Deborah Turness hanno rassegnato le dimissioni a causa dello scandalo relativo al discorso modificato di Donald Trump: secondo una nota interna della BBC, il programma Panorama ha montato due parti del discorso di Trump in modo da dare l’impressione che egli incoraggiasse apertamente i disordini al Campidoglio nel gennaio 2021.
Io, come uno spettatore occasionale, ma, allo stesso tempo, di lunga data dei notiziari della BBC, posso dire che la questione del discorso di Trump non è l’unico e non è il più grave dei problemi dell’intero «settore notizie» della azienda. Prima di tutto, per oltre due anni — dal 7 ottobre 2023 — i «giornalisti» della BBC si sono impegnati (e stanno ancora continuando a farlo ora) a diffondere intensamente la propaganda di Hamas e ad alimentare i sentimenti peggiori delle grandi masse dei propri spettatori: di quegli spettatori che per mancanza della informazione vera (e del tempo necessario per cercarla) si sono convinti di essere dalla parte del più debole. Ma dovevano essere proprio i giornalisti della BBC (ok, non solo quelli della BBC) a raccontare che è l’aggressore — fanatico religioso e nazista — a spacciarsi per più debole, a fingere di essere una vittima. E invece sono stati dalla sua parte, a diffondere la sua [censored] propaganda.
Già per quello avrebbero dovuto essere cacciati assieme ai loro capi Davie e Turness. Ma è andata come è andata. Ora voglio vedere se la politica redazionale in qualche modo cambia.


Non mi intendo dei concorsi di bellezza (e non voglio intendermene: mi sembrano delle fiere di allevamento), quindi non so bene se «Miss Mundo Chile 2025» sia in realtà l’edizione di quest’anno della «semplice» Miss Chile… Ma non importa. L’importante è che alla semifinale una delle concorrenti ha deciso di esibirsi in un modo non tradizionale:

Ecco, i concorsi di bellezza così avrei provato a vederli. Perché la bellezza fisica dura pochi secondi: fino al momento in cui scopri che la tipa non ha nient’altro (i tipi non mi interessano).
P.S.: si chiama Ignacia Fernández ed è la cantante del gruppo progressive death-metal cileno Decessus; è passata in finale. Comunque vada, spero che faccia in tempo a imparare di cantare normalmente, non solo con la gola.


La lettura del sabato

L’articolo segnalato di questo sabato è dedicato a un argomento non particolarmente originale, ma, purtroppo, sempre attuale e in una continua evoluzione: a quali livelli sono le perdite umane degli eserciti ucraino e russo. L’argomento secondario (o collaterale) è la numerosità dei due eserciti.
Naturalmente, si tratta di stime perché entrambi gli eserciti non diffondono — per ovvi motivi — la statistica completa. Però ci sono i giornalisti e i vari esperti militari che sanno fare delle ipotesi spiegabili. Meno male, direi.


Le voci sui visti

Ieri il Politico ha riportato che l’Unione Europea intende inasprire le norme in materia di visti per i cittadini russi, sospendendo di fatto il rilascio di visti Schengen multipli nella maggior parte dei casi (ma non mi è del tutto chiaro come l’Unione Europea possa decidere una questione del genere per tutti i Paesi-membri).
L’ambasciata francese a Mosca, rispondendo a una domanda in materia del media russo RBC, ha definito «infondate» notizie come quella riportata sopra.
E la Commissione europea, commentando le possibili restrizioni, ha dichiarato di non poter vietare il rilascio dei visti ai russi, il che è logico.
Allo stesso tempo, una raccomandazione (userò questo termine generico mondano) di sospendere o limitare il rilascio di visti Schengen multipli sarebbe perfettamente in linea con la politica sanzionatoria dell’Unione Europea degli ultimi anni. Durante tutti gli anni di guerra, quasi fin dall’inizio, si è osservata la tendenza dei burocrati europei a dimostrare una tipica attività frenetica (quella che si tiene solo per dimostrare che si fa qualcosa), non basata su sforzi intellettuali o amministrativi. È necessario creare l’apparenza di una resistenza all’aggressore? Introduciamo sanzioni contro coloro che sono più facili da colpire: i comuni cittadini russi. Ma molti dei comuni cittadini russi che viaggiano in Europa non hanno mai sostenuto la guerra e Putin. Anzi, l’elezione di Putin alla presidenza e tutta la sua politica non dipendono in alcun modo dai comuni cittadini russi, ma questo è difficile da spiegare ai burocrati europei. Hanno già dimenticato che nella vita reale questo può succedere.
Boh, vedremo.


Cosa trasportavano

Il vicecapo del consiglio di sorveglianza di Ukrzaliznytsia (l’azienda ucraina che si occupa dei trasporti ferroviari) Sergey Leshchenko, durante le audizioni alla Verkhovna Rada ha dichiarato che negli anni di guerra le ferrovie ucraine hanno perso quasi la metà dei trasporti merci. Secondo Leshchenko, dal 2021 al 2025 il volume delle merci trasportate è diminuito del 49%, soprattutto a causa della distruzione delle infrastrutture e della perdita delle regioni industriali nella parte orientale del Paese.
È positivo che abbia specificato «soprattutto», ma sarebbe ancora meglio conoscere un dettaglio: quanto hanno perso le ferrovie ucraine a causa della cessazione dei trasporti di merci da/verso la Russia (non importa se di transito o trasportate tra l’Ucraina e la Russia). Mi è chiaro che qualsiasi riferimento alle relazioni commerciali (anche ex) con l’aggressore potrebbe essere molto impopolare in questo momento. È meglio non menzionare proprio la riduzione o la cessazione di queste relazioni come causa dei problemi dell’azienda ucraina. Ma per lo scopo di avere dati statistici interessanti, si sarebbe potuto esprimersi in un modo diplomatico: del tipo, certo, noi perdiamo qualcosa in termini economici, ma la Russia perde tanto…
Insomma, sarebbe stato interessante.