L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Libere 123 persone

Ieri in Bielorussia sono stati liberati 123 prigionieri politici, tra cui i leader delle proteste del 2020 (cioè delle proteste per il non riconoscimento della vittoria della Tikhanoskaya alle elezioni presidenziali). Alexander Lukashenko ha preso questa decisione nell’ambito degli accordi con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e su sua richiesta, «in relazione alla revoca delle sanzioni illegali contro l’industria del potassio». Io, semplicemente, sono contento per questa notizia.

Anche se capisco che in Bielorussia di Lukashenko – come nella Russia di Putin – le scorte dei prigionieri politici si rinnovano molto facilmente in base alle necessità del momento. A volte sono una merce di scambio buona.


La lettura del sabato

«Mediazona» continua a pubblicare, in collaborazione con il servizio russo della BBC e un team di volontari, un elenco nominativo aggiornato dei militari russi deceduti. L’elenco viene redatto sulla base di fonti pubbliche e verificabili, quali post sui social media pubblicati da parenti, notizie riportate dai media locali e dichiarazioni delle autorità regionali. Ovviamente, l’elenco non è esaustivo, poiché non tutti i decessi vengono resi pubblici.
Ma a noi interessa la statistica, la tendenza. Ci interessa ancora di più quando si tenta di parlare o di non parlare della cessazione dei combattimenti.


Il monumento a un americano

The Insider riferisce che nella scuola n. 115 di Donetsk sono stati inaugurati monumenti dedicati a due partecipanti alla «operazione militare speciale»: il caporale Ivan Kokovin e il soldato semplice Michael Gloss (nella foto, il suo monumento è a destra). Kokovin ha partecipato all’assalto alla città, mentre non sono state fornite precisazioni su Gloss.

La madre di Michael Gloss, Julian Gallina, ricopre la carica di vicedirettrice della CIA, mentre il padre, Larry Gloss, veterano della Marina degli Stati Uniti, è a capo della Security Information Systems, una società che sviluppa software, anche per il Pentagono. Michael Gloss è entrato nell’esercito russo nel 2023 dopo diversi mesi di viaggi. Come stabilito dai giornalisti di «Important Stories», ha lasciato gli Stati Uniti non più tardi dell’inverno del 2023, abbandonando gli studi universitari. Inizialmente ha vissuto in Italia, poi si è recato in Israele, da dove è stato espulso. Successivamente ha trascorso alcuni mesi in Turchia. Secondo i giornalisti, nel 2023 ha firmato un contratto con il Ministero della «Difesa» russo e successivamente si è ritrovato al fronte come membro delle forze aviotrasportate russe.
Immagino quanto siano «felici» ora i genitori di Michael Gloss: le «gesta» del loro figlio dalla parte del male sono ora ricordate non solo dagli archivi dei media, ma anche da una grande statua di bronzo. Un solo pensiero dovrebbe confortarli: tutti questi monumenti agli invasori, agli assassini, agli stupratori e ai saccheggiatori saranno abbattuti non appena sarà ripristinato il normale ordine delle cose. E nessuno farà un processo – purtroppo o per fortuna – ai soldati semplici uccisi, qualunque sia l’esito della guerra.


Di nuovo fa il portavoce di Putin

Trump ha recentemente ribadito il suo sostegno all’idea delle elezioni presidenziali in Ucraina. Rispondendo a una domanda di una giornalista di Politico, ha dichiarato:

Yeah. I think so. It’s been a long time. It’s, uh … hasn’t been doing particularly well. Yeah, I think it’s time. I think it’s an important time to hold an election. They’re using war not to hold an election, but, uh, I would think the Ukrainian people would … should have that choice. And maybe Zelenskyy would win. I don’t know who would win. But they haven’t had an election in a long time. You know, they talk about a democracy, but it gets to a point where it’s not a democracy anymore.

Tutti tranne Trump hanno già imparato in quattro anni che, secondo la legge ucraina adottata ancora prima dell’arrivo di Zelensky in politica, durante lo stato di guerra le elezioni, comprese quelle presidenziali e parlamentari, vengono sospese. Lo stato di guerra è stato dichiarato in Ucraina nel febbraio 2022 dopo l’invasione delle truppe russe e viene regolarmente prorogato. Inoltre, tutte le persone capaci di ragionare comprendono che in condizioni di guerra è impossibile tenere elezioni trasparenti nei territori occupati e garantire la partecipazione al voto a tutti gli ucraini che sono fuggiti in massa dalla guerra: il valore politico e democratico di tali elezioni sarebbe molto basso.
Non posso affermare con certezza che Trump non sappia e non capisca tutto questo. Però vedo che ha ripetuto pubblicamente, ancora una volta, uno dei principali desideri di Putin: rimuovere dalla politica ucraina Zelensky, che sarebbe secondo Putin «illegittimo». In realtà, la guerra di Putin non è stata iniziata per i territori e non per difendere qualcuno o qualcosa, ma contro l’attuale sistema politico occidentale, che gli è estraneo. E lui personalmente non sopporta Zelensky, contro il quale sta combattendo.
E Trump ha deciso ancora una volta di aiutarlo. Putin, purtroppo.


Chi pagherà?

Le autorità francesi, sostenendo l’idea di concedere all’Ucraina un credito di riparazione, si oppongono allo schema che prevede l’utilizzo dei beni russi depositati nelle banche commerciali. E, di conseguenza, si rifiutano di rivelare i nomi delle banche francesi in cui sono depositati 18 miliardi di euro appartenenti al governo russo.
Allo stesso tempo, da quanto ho letto e sentito, sembra che ci sia una certa pressione sulla Belgio, dove sono depositati complessivamente 192 miliardi di euro (la maggior parte dei quali presso il depositario Euroclear). Questo perché c’è l’idea di utilizzare per il credito il denaro della Banca Centrale della Federazione Russa «proveniente» da Euroclear. Le autorità belghe si oppongono all’utilizzo degli stessi beni, poiché temono, logicamente, che se le sanzioni contro la Russia venissero revocate e questa richiedesse la restituzione dei propri beni, il Belgio dovrebbe restituirli attingendo alle proprie risorse (oltre a perdere la fiducia della comunità internazionale).
Tutta questa storia significa solo una cosa: molti politici responsabili vogliono aiutare l’Ucraina, ma non riescono a mettersi d’accordo su chi pagherà per questo aiuto. Tutti vogliono che sia qualcun altro a pagare: se non gli Stati Uniti, allora qualcun altro.
Con questo atteggiamento, possono incontrarsi e discutere all’infinito. E questo mi rattrista molto.


La lettura del lunedì

Mi sono accorto solo ieri che il 29 novembre il media online ucraino Liga.net ha pubblicato un articolo dell’ambasciatore ucraino a Londra ed ex comandante in capo delle Forze armate ucraine Valery Zaluzhny intitolato «Politica e guerra. La realtà contro le aspettative». L’articolo che Zaluzhny aveva concepito già alla fine del 2023, ovvero prima delle sue dimissioni dalla carica di comandante in capo l’8 febbraio 2024. In questo articolo ha cercato di formulare una strategia militare per il 2024, tenendo conto del fatto che alla fine del 2023 la natura della guerra era completamente cambiata. A differenza dei precedenti testi di Zaluzhny, dedicati esclusivamente a questioni militari, il nuovo articolo affronta anche il tema della politica.
Per noi, lettori non ucraini e non militari della fine del 2025, l’articolo può essere interessante perché in Ucraina Zaluzhny è considerato uno dei principali candidati alla Presidenza nelle prime elezioni del dopoguerra, anche se non ha ancora fatto dichiarazioni ufficiali sull’inizio della sua carriera politica. E, come probabilmente sapete, Zaluzhny è uno di quei personaggi [potenzialmente] politici ucraini che non sono in pieno accordo politico con Zelensky, ma che sanno dare la priorità agli obiettivi utili al Paese (la fine non drammatica della guerra) invece che alla loro carriera politica personale.


Il premio della pace assegnato

Ho per caso scoperto che alla fine Donald Trump ce l’ha fatta a ottenere il Premio della Pace!
Però è un premio a) della FIFA e b) creato appositamente per lui. Però ce l’ha fatta ed è felicissimo:

Ora mi chiedo: ma l’anno prossimo (e tutti quelli seguenti) il premio verrà assegnato? Oppure la FIFA si dimenticherà felicemente di questa propria ulteriore caduta? Oppure premieranno Trump tutti gli anni?


Questo è un tentativo valido

Il presidente del Consiglio europeo António Costa ha dichiarato, dopo l’incontro con il Presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev il 4 dicembre, che questa settimana a Bruxelles sono stati avviati i negoziati per un accordo sulla semplificazione del regime dei visti tra l’UE e il Kazakistan. Secondo Costa, dopo la firma dell’accordo sarà più facile per i cittadini di entrambe le parti incontrarsi, ricevere un’istruzione, fare affari e investire.
Non conosco le reali ragioni di questa mossa diplomatica né i risultati che porterà nella realtà. Però vedo in essa molti più vantaggi e obiettivi politici che il semplice miglioramento della vita della popolazione dei due territori. La semplificazione del regime dei visti è un buon tentativo di indebolire i legami del Kazakistan con la Russia di Putin. E questi legami attualmente si basano non solo sulla vicinanza territoriale, ma anche su legami economici di vario tipo: per esempio, attraverso il Kazakistan arriva in Russia una parte significativa delle importazioni di merci soggette alle sanzioni. La semplificazione del regime dei visti potrebbe rendere economicamente più vantaggiosa una cooperazione più stretta con l’Europa piuttosto che con la Russia.
Ma non so se tale misura sarà sufficiente: dai legami con i vicini fisici non si può comunque prescindere.


Ha deciso di apparire un idiota

La Bloomberg scrive che Antonio Tajani, vice primo ministro e ministro degli Esteri italiano, ha definito prematura la partecipazione del Paese al programma NATO per l’acquisto di armi americane per l’Ucraina:

Se raggiungeremo un accordo e i combattimenti cesseranno, non ci sarà più bisogno di armi. Serviranno invece altre cose, come garanzie di sicurezza.

(È la prima volta che un governo europeo propone apertamente di non fornire ulteriori armi all’Ucraina durante i negoziati per il cessate il fuoco).
È veramente interessante: quali garanzie di sicurezza ha deciso di fornire Tajani al posto delle armi? Fermare con le proprie mani l’esercito russo quando inizierà una nuova aggressione da qualche parte? Mandare una spia che rubi a Putin il telefono con il quale dà l’ordine di una nuova guerra? Solo dichiarazioni verbali sulla necessità di credere nella pacificità di Putin?
È chiaro che con Putin vivo, i combattimenti cesseranno solo per un periodo di tempo molto limitato. E poi riprenderanno, perché solo con la guerra Putin può spiegare tutte le difficoltà interne al Paese e tutte le proprie azioni politiche. E solo durante la guerra non deve pensare a cosa fare con le conseguenze economiche e sociali della guerra. Una guerra permanente gli conviene. E una temporanea cessazione dei combattimenti lo aiuterà solo a riorganizzare le forze per un nuovo attacco.
È strano che certe persone apparentemente adulte non capiscano ancora cose così ovvie…


The Wall Street Journal scrive che il governo militare del Sudan ha proposto alla Russia di stipulare un accordo di cooperazione della durata di 25 anni che prevede la creazione di una base militare russa sulla costa del Mar Rosso. In base alla proposta, la Russia potrà schierare nel Paese fino a 300 militari e fino a quattro navi da guerra, comprese quelle «atomiche». Si propone di organizzare la base a Port Sudan o in un altro luogo, ancora non specificato. Inoltre, le autorità sudanesi offrono alla Russia l’accesso alle concessioni minerarie in Sudan, considerato il terzo produttore di oro in Africa. In cambio, le autorità sudanesi vorrebbero ottenere sistemi avanzati di difesa aerea russi e altre armi a prezzi agevolati, hanno riferito fonti del quotidiano.
Il motivo di tale offerta generosa: il regime militare sudanese, che sta combattendo contro i combattenti del gruppo «Forze di reazione rapida», si trova in una situazione difficile.
Tale notizia ci aiuta a comprendere ben due concetti che altrimenti avremmo scoperto tra chissà quanto tempo. In primo luogo, scopriamo che la Cina – che sta «colonizzando» il continente africano da anni – non è interessata ad aiutare militarmente nemmeno l’Africa (e non solo la Russia putiniana). Evidentemente, è interessata solo ai guadagni provenienti dalle attività civili.
In secondo luogo, «scopriamo» – ma lo potevamo immaginare facilmente anche prima – che negli Stati africani c’è un interesse scarsissimo alla comprensione delle problematiche delle lontane terre europee. Il governo militare sudanese, per esempio, non si rende conto del fatto che lo Stato russo da quasi quattro anni sta disperatamente cercando di raccogliere più armi possibile per continuare la guerra in Ucraina e non alcunché da regalare a un governo africano in difficoltà. Anche se l’interesse politico a fare un’altra base militare all’estero è altissimo.