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La musica del sabato

Come si intuisce facilmente anche dal nome, il gruppo The Allman Brothers Band si è formato attorno ai due fratelli Allman: Gregg e Duane. Inizialmente, negli anni ’60, Gregg era visto potenzialmente più «vendibile» dai produttori musicali, mentre Duane era già un musicista-turnista molto richiesto dai «grandi» del blues, jazz e soul. Al giorno d’oggi, invece, il gruppo formato dai fratelli e alcuni loro amici è considerato uno dei creatori del southen-rock americano: un genere che include alcuni elementi del blues, jazz e country.
Da parte mia posso confermare che la musica dei The Allman Brothers Band è effettivamente interessante, soprattutto quella composta negli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80. Nel post musicale di oggi, pensavo di concentrarmi esclusivamente sui primi anni ’70: il periodo nel quale entrambi i fratelli erano ancora in vita (Duane è morto in un incidente con la moto nel 1971), ma poi ho cambiato idea.
Metto dunque due canzoni che rappresentano due epoche diverse del gruppo (sciolto e riunito più volte).
La prima canzone selezionata per oggi è «One Way Out» (dall’album «Eat a Peach» uscito nel 1972):

E la seconda è «Come On in My Kitchen» (dall’album «Shades of Two Worlds» uscito nel 1990):


La musica del sabato

Non tutti (o non sempre) si ricordano che il famoso compositore Gaetano Donizetti – al quale avevo già dedicato un post – ebbe un fratello maggiore Giuseppe Donizetti, anche egli compositore: forse non grandissimo, ma sicuramente buono.
La vita da mercenario musicale nel senso stretto del termine aveva portato Giuseppe Donizetti a svolgere il ruolo del maestro della musica militare a corte di ben due sultani turchi nel periodo dal 1828 al 1856 (l’anno della morte di Giuseppe). Precedentemente, invece, aveva prestato il servizio militare-musicale nell’esercito napoleonico e poi in quello sabaudo.
Ma a noi oggi interessa il periodo turco di Giuseppe Donizetti. Perché i due inni nazionali turchi scritti dal nostro protagonista ci mostrano quanto erano importanti per la Turchia dell’epoca, nonostante le differenze estetiche, alcuni valori culturali occidentali. In una certa misura si potrebbe sostenere che oggi si manifesta un processo di direzione esattamente opposta.
Il primo inno nazionale scritto da Giuseppe Donizetti per l’Impero Ottomano è del 1829 e si chiama «La marcia di Mahmudiye» in onore dell’allora sultano Mahmud II:

Il secondo inno scritto da Giuseppe Donizetti per l’Impero Ottomano è del 1839 e si chiama «La marcia di Mecidiye» in onore del nuovo sultano Abdul Mejid I:

Avrei potuto provare a scrivere delle differenze tra i due inni, ma rischio di farlo troppo male pure del punto di vista dilettantistico. In ogni caso, alcune differenze fondamentali si sentono facilmente.


La musica del sabato

Il cantante statunitense Chubby Checker è stato probabilmente il più noto divulgatore del twist negli anni ’60 del secolo scorso. La popolarità del suddetto genere musicale, non per il merito di Chubby Checker, è durata relativamente poco (meno di un decennio), ma esso non è stato tra i peggiori fenomeni culturali della storia recente. Allo stesso tempo, anche Chubby Checker non ha saputo seguire l’evoluzione della musica e delle preferenze della gente, perdendo dunque la propria popolarità, ma è comunque rimasto nella storia della musica leggera come uno dei cantanti più interessanti della sua epoca. In un certo senso è anche meglio: sarebbe triste se tutti gli artisti facessero le stesse cose, cercando di soddisfare le preferenze della maggioranza.
Per il post musicale di oggi ho scelto le due canzoni più note di Chubby Checker.
La prima è «The Twist» (dall’album «Twist With Chubby Checker» del 1960, ma scritta e pubblicata già due anni prima da Hank Ballard):

E la seconda è «Let’s Twist Again» (dall’album «Let’s Twist Again» del 1961):

Forse ho iniziato a dedicarmi troppo alla musica «d’epoca»? Dovrei cercare a non farlo troppo spesso.


La musica del sabato

Tutta la biografia del compositore Gioachino Rossini sembra confermare quel strano stereotipo secondo il quale le persone apparentemente più allegre sarebbero in realtà fortemente depresse dentro. Così, Rossini scriveva la musica molto ritmica e quasi sempre allegra, non nascondeva il proprio amore verso la bella vita, ma allo stesso tempo manifestava spesso dei visibili sbalzi di umore nella vita quotidiana e ha sofferto sempre più la depressione negli ultimi anni della propria vita.
Però ancora oggi la sua musica fa stare bene gli altri (almeno io lo ringrazio e ascolto ahahaha).
La prima delle sue composizioni selezionate per il post di oggi è la Sonata I in Sol maggiore (la prima delle sei sonate scritte per due violini, un violoncello e un contrabasso nel 1804):

E la seconda è la Serenata (scritta nel 1823):


La musica del sabato

Il cantante e musicista Little Richard appare oggi come un grande romanzo classico: tutti lo conoscono, ma quasi nessuno lo legge ascolta. Oppure lo dico solo perché non sono abbastanza anziano? Boh… In ogni caso, non è possibile negare che Little Richard sia stato uno dei primi rocker «praticanti» al mondo: sia dal punto di vista musicale che quello estetico rappresenta la versione canonica del rock l’n roll. Di quel rock l’n roll che all’ascoltatore di oggi potrebbe sembrare un po’ ingenuo e quasi primitivo.
Purtroppo, Little Richard non ha saputo tenere il passo della evoluzione della musica in generale e del suo genere preferito in particolare. Di conseguenza, viene prevalentemente ricordato come una leggenda degli anni ’50 del secolo scorso.
Ma tutto questo non significa che non dobbiamo conoscere le origini di uno dei generi musicali più fortunati della storia. Quindi per il post musicale di oggi ho scelto due canzoni abbastanza scontate.
La prima è la «Long Tall Sally» (dall’album «Here’s Little Richard» del 1957):

E la seconda è la «Keep A Knockin’» (dall’album «Little Richard» del 1958):


La musica del sabato

A volte si potrebbe mettere anche qualcosa di più leggero nel tradizionale post musicale del sabato. Per esempio, qualche composizione suonata dalla orchestra moscovita «Kush»…
Non so per quale motivo non abbiano tradotto il loro sito almeno in inglese (eppure sono giovani), ma le loro caratteristiche musicali non dipendono dalla lingua. Quindi scrivo solo che l’orchestra suona la musica propria e uno dei soliti suona la balalaika. Mi sorprendo ogni volta che sento produrre qualcosa di originale con questo strumento primitivo.

Un altro esempio della musica della stessa orchestra è una composizione che riprende in modo interessante i motivi spagnoli:

Proverò a seguirli.


La musica del sabato

Il settembre del 2020 è il mese di un grande anniversario: cinquant’anni fa era uscita, ancora sotto la forma di un album, la prima versione della opera rock di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice «Jesus Christ Superstar». Purtroppo, non posso indicare il giorno preciso della pubblicazione perché le varie fonti da me consultate indicano delle date diverse. Ma un giorno in più o un giorno in meno non influiscono particolarmente sul fatto stesso: è incedibile, ma è già passato mezzo secolo.
In questi decenni il «Jesus Christ Superstar» è stato rappresentato in tantissimi teatri di tutto il mondo, è stato registrato più volte in audio e almeno per due volte è diventato un film.
Ma io, per la mia enorme fortuna, circa venticinque anni avevo scoperto questa opera epocale proprio nella sua prima – secondo me la migliore – versione. Quella versione-album del 1970 dove il ruolo di Gesù è interpretato (oppure è meglio dire cantato?) dal cantante dei Deep Purple Ian Gillan. Quest’ultimo è stato bravo quanto tutti gli altri cantanti — spesso meno famosi — impegnati nella registrazione.
E ora provate a indovinare da quale album proviene il brano che ho scelto per il post musicale di oggi…
Io metterei l’aria di Gesù-Gillan «Gethsemane (i only want to say)». Il filmato è fatto male, ma a noi interessa l’audio:

Le persone che hanno vorranno ascoltare l’opera intera e preferiranno farlo su YouTube, potranno servirsi del video seguente:


I cinque ragazzi su questa foto del 1959 sono i membri del gruppo musicale scolastico indiano The Hectics.

Il gruppo suonava il rock and roll alle feste scolastiche, «discoteche» dell’epoca e piccole feste.
Al centro della foto è il cantante del gruppo Farrokh Bulsara, arrivato per motivi di studio da Zanzibar. Poco più di due anni dopo lo scatto della foto, Farrokh fu bocciato agli esami e, non potendo accedere al livello successivo degli studi, tornò dai genitori sull’isola natale. Dopo altri due anni su Zanzibar iniziò la rivoluzione e la famiglia Bulsara fu costretta a fuggire in Gran Bretagna con il bagaglio costituito solo da due valigie di vestiti.
Ricordatevi questa «storia triste» ogni volta che il destino sembra essere contro di voi.
Ma ricordatevi anche che non bisogna stare sempre in una attesa passiva.


La musica del sabato

Giuseppe Verdi è stato un grandissimo compositore ma, secondo la mia opinione personale, la sua eredità musicale è un po’ abusata nell’Italia contemporanea. La sua musica viene ficcata da tutte le parti anche quando si potrebbe tranquillamente farne a meno. Così, per esempio, l’importanza di Verdi non verrebbe assolutamente sminuita se qualcuno osasse di fare una Prima in meno con qualche sua composizione. Anche tra i soli compositori italiani possiamo facilmente ricordare diversi candidati altrettanto validi.
Considerato tutto questo, direi ci tenevo tantissimo a postare qualche composizione strumentale di Giuseppe Verdi meno conosciuta delle altre. O, almeno, meno conosciuta al pubblico «comune»…
Insomma, per oggi ho scelto il Quartetto per archi in mi minore (composto nel 1873):

Bene, finalmente mi sono anche espresso in merito.


La musica del sabato

Oggi il gruppo britannico The Swinging Blue Jeans viene spesso definito come «il gruppo di una hit». Questa definizione, però, non è del tutto corretta. In primo luogo, oltre alla canzone più famosa canta da loro, anche alcune altre avevano raggiunto una certa popolarità verso la metà degli anni ’60. In secondo luogo, bisogna riconoscere che tutte le canzoni meglio riuscite al gruppo – compresa quella più famosa – erano originariamente scritte e/o interpretate da altri gruppi o cantanti (spesso molto più noti e professionalmente più longevi).
Di conseguenza, sarebbe forse più opportuno dire che The Swinging Blue Jeans sia stato un gruppo composto dalle persone capaci ma sfortunato con i manager. Questi ultimi, infatti, non hanno saputo organizzare bene il lavoro del gruppo e procurare del materiale musicale di valore, utile nella dura missione di fare la concorrenza a The Beatles (popolarissimi proprio in quel periodo storico).
In ogni caso, bisogna riconoscere il ruolo del gruppo nella storia della musica leggera del XX secolo.
La prima canzone scelta per il post di oggi è quella unica che oggi viene associata al nome del gruppo: «Hippy Hippy Shakes» (dall’album «Hippy Hippy Shakes» del 1960).

E la seconda è la «Don’t Make Me Over» (dall’album «Don’t Make Me Over» del 1966):