Non so perché, ma per il post musicale di oggi ho voluto scegliere qualche altra sinfonia di Louis-Hector Berlioz. La «Harold en Italie» del 1834 potrebbe andare benissimo:
In questo specifico caso si tratta della interpretazione della Orchestra della Radio di Mosca (emittente non più esistente dal 1993), diretta da Vladimir Fedoseyev. Il primo violino è Yuri Bashmet. La registrazione è del 1985.
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Il mercoledì 24 novembre, come molto probabilmente sapete, era il trentesimo anniversario della morte di Freddie Mercury. Mi è sembrato quindi abbastanza logico ricordare quest’ultimo nella edizione odierna della mia rubrica musicale…
A questo punto ci terrei a precisare che la breve carriera da solista di Mercury non ha secondo me portato a dei risultati particolarmente interessanti. Così come gli altri membri dei Queen, pur essendo dei bravi musicisti, non hanno saputo produrre qualcosa di realmente originale al di fuori dal gruppo, anche Mercury, una delle voci rock più interessanti e – dal punto di vista accademico – coltivate, non ha trovato delle giuste ispirazioni fuori dal suo ambiente ideale. Anzi, la sua ben nota collaborazione con la Montserrat Caballé è stata, tecnicamente, un grande fallimento: la voce più forte della musica non classica faceva una impressione pietosa «accanto» a una delle più grandi voci dell’opera mondiale.
Di conseguenza, preferisco ricordare Freddie Mercury esclusivamente come una parte inseparabile dei veri Queen (anziché continuare a parassitare sul passato, i membri rimanenti del gruppo farebbero meglio a cercare la propria strada o ritirarsi). Ecco perché per il post commemorativo di oggi ho scelto due canzoni dell’ultimo album registrato in studio: «Made in Heaven» del 1995. Si tratta di un album composto da alcune canzoni dei Queen la cui registrazione è stata completata ormai dopo la morte di Mercury e le canzoni di Mercury stesso già pubblicate precedentemente (ma in parte re-registrate appositamente per questo ultimo album del gruppo).
La prima canzone scelta è «A Winter’s Tale» (ed è l’ultima canzone registrata in studio dall’ormai gravemente malato Mercury):
La seconda canzone scelta è «Mother Love» (l’ultima sua parte è cantata dal chitarrista Brian May perché Mercury era ormai impossibilitato di tornare in studio):
Ecco, oggi è andata così, mentre nella vita quotidiana ricordo Freddie Mercury e i Queen prevalentemente per altre canzoni.
Nella storia musicale sono rimasti alcuni vecchi celebri gruppi, la cui musica al giorno d’oggi sembra ormai abbastanza ingenua: quasi «da bambini». Per fortuna, non è sempre un motivo sufficiente per rimuovere quei gruppi dal mostro playlist: la musica di alcuni di quei gruppi può benissimo funzionare da sottofondo sonoro quando, per esempio, si ha bisogno di dare un certo ritmo alla nostra attività mentale (a me capita di utilizzarla in quel modo mentre formatto i testi già pronti nella loro parte significativa o sistemo grandi quantità di dati). E poi, a volte, quella musica aiuta a ereggere una sorta di barriera tra i pensieri e i suoni del mondo esterno…
Uno dei gruppi che spesso mi aiutano nel senso appena descritto sono The Shadows. Una volta, tanto tempo fa, mi era già capitato di postare due loro brani. Oggi posso proporne altri due.
Il primo brano scelto per oggi è «Atlantis»:
Il secondo brano scelto per oggi è «Geronimo»:
Il fiorentino Giovanni Battista Lulli arrivò in Francia nel 1646 come l’insegnante d’italiano di una famiglia nobile francese. Dopo la sconfitta della fronda parlamentare — la quale fu attivamente sostenuta dalla sua «datrice di lavoro» Duchessa di Montpensier — riuscì a entrare a far parte della corte di Luigi XIV e ottenere, nel 1653, l’incarico del «compositeur de la musique instrumentale». Proseguendo la propria carriera musicale alla corte, nel 1661 prese anche la cittadinanza francese e cambiò il nome in Jean-Baptiste Lully.
Ma — quello che ci interessa maggiormente — Lully è passato alla storia della musica come il fondatore dell’opera nazionale francese e uno dei principali rappresentanti della cultura musicale barocca francese.
Per il post musicale di oggi non seleziono alcuna parte delle opere liriche di Lully, ma due esempi della sua musica da ballo: quella che all’inizio del XXI secolo lo ha reso noto anche nella cultura popolare (attraverso un film francese).
Inizio con la «Passacaille»:
E poi metterei una delle sue sarabande:
Alla fine di ottobre è uscito il nuovo album di Joe Bonamassa: «Time Clocks»…
Questa tendenza di pubblicare un album all’anno inizia a preoccuparmi perché capisco benissimo che una simile frequenza può incidere troppo facilmente – in un modo negativo – sulla qualità dei contenuti. E, infatti, l’album dell’autunno scorso mi aveva in un certo senso deluso: mi era piaciuto molto meno di alcuni precedenti («Blues of Desperation» del 2016 e «Redemption» del 2018 sono tra i miei album preferiti in generale).
L’album di quest’anno – «Time Clocks», appunto – non supera in qualità gli esempi migliori, ma si salva grazie a un cambio del genere abbastanza forte: una maggiore tendenza verso il rock contribuisce alla sensazione di sentire qualcosa di nuovo.
Quindi pure questa volta seleziono due canzoni dal nuovo album.
La prima è «Notches»:
E la seconda è «Questions and Answers»:
Però spero che non continui a insistere con la frequenza annuale degli album nuovi: la qualità è più importante. Nel lungo periodo rende anche di più, ahahaha
Il compositore tedesco Robert Schumann fu, da giovane, un pianista promettente: il suo insegnante di musica Johann Gottlob Friedrich Wieck fu addirittura convinto che sarebbe diventato il miglior pianista d’Europa. A causa di una parziale perdita dell’uso della mano destra, Schumann dovette però abbandonare la carriera da musicista e dedicarsi solo alla composizione. La maggioranza delle sue composizioni musicali, comunque, è scritta esclusivamente per il pianoforte.
Per il post musicale di oggi ho dunque scelto un ciclo di otto brevi pièce per pianoforte di Schumann: «Novellette» (op. 21).
Lo strumento più famoso suonato da Robert Schumann fu il pianoforte a coda prodotto da Conrad Graf (un noto costruttore degli strumenti musicali), un regalo del maestro fatto in occasione del matrimonio di Robert e Clara Schumann nel 1839. Dopo la morte di Robert Schumann, il pianoforte fu consegnato, da parte della vedova Clara Schumann, a un amico di famiglia: il noto compositore Johannes Brahms.
Il chitarrista/cantante Leslie West (è uno pseudonimo, in realtà si chiama Leslie Weinstein) viene spesso elencato tra i musicisti che hanno influenzato, negli anni ’70, l’affermazione negli USA del hard-rock e del heavy metal. Questa definizione non deve però ingannarvi: lo stile musicale prevalente di Leslie West è sempre stato in qualche modo tendente al cosiddetto hard blues-rock.
La notorietà iniziale – ma non vorrei dire «principale» – di Leslie West è dovuta alla sua partecipazione al gruppo Mountain, ma oggi vorrei dedicare un post musicale a una parte della sua carriera da solista.
Il primo brano selezionato per oggi è «Sea of Fire» (dall’album «Alligator» del 1989):
Mentre in qualità del «side B» metterei il brano strumentale «All of Me» (sempre dallo stesso album):
Seguirà la continuazione…
P.S.: ieri Leslie West avrebbe compiuto 76 anni.
Scrivendo del compositore Nikolai Amani avevo pensato: perché non pubblico da così tanto tempo qualcosa di uno dei suoi maestri, Nikolai Rimskij-Korsakov? Solo una volta avevo postato la sua suite sinfonica «Shahrazād» diretta da Valerij Gergiev. Eppure, Rimskij-Korsakov è uno dei miei compositori preferiti.
È arrivato il momento di correggersi. Oggi vi propongo il quadro sinfonico «Sadkò» (del 1867), una delle prime composizioni orchestrali di Rimskij-Korsakov. L’idea di questo quadro sinfonico appartiene al critico musicale V. V. Stasov, il quale la propose in precedenza ad alcuni altri compositori, senza però riuscire a farli interessare.
Sadkò è il nome di un personaggio leggendario russo – sarebbe stato un commerciante e musicista del XII secolo – imprigionato dal fiabesco proprietario del lago nel suo regno subacqueo e liberatosi grazie all’aiuto di San Nikolai. Tra gli altri elementi musicali, nel suddetto quadro sinfonico sono presenti anche le melodie che intonano il suono di gusli, lo strumento musicale di Sadkò.
Venticinque anni più tardi Nikolai Rimskij-Korsakov utilizzò parzialmente le idee musicali di «Sadkò» per comporre la propria opera lirica chiamata sempre con lo stesso nome: «Sadkò».
Gregg Allman è prevalentemente noto come membro del gruppo The Allman Brothers Band (fondato con il fratello Duane), dove ha ricoperto il ruolo del cantante e del tastierista. Il gruppo aveva ottenuto un buon successo e lo stesso può essere detto anche di Gregg Allman da solista. In questo ultimo caso, in particolare, la musica di Gregg sembra essere di una stilistica più universalmente apprezzata – rispetto al gruppo – senza spesso perdere molto di qualità.
Ma, avendo riflettuto per un po’ di tempo sull’argomento, ho pensato di «far debuttare» Gregg Allman nella mia rubrica musicale proprio con delle canzoni stilisticamente potenzialmente più popolari.
Per esempio, la canzone di Gregg Allman solista più riuscita dal punto di vista commerciale è la «I’m No Angel» (dall’album «I’m No Angel» del 1987):
Dallo stesso album potrei selezionare la canzone «Evidence of Love» che spiega, secondo me, il successo commerciale del disco intero:
In ogni caso, penso di poter ancora tornare in futuro alla musica di Gregg Allman.
Come probabilmente sapete, la settimana scorsa in Germania si sono tenute le elezioni politiche. Indipendentemente dal loro risultato definitivo e dagli accordi successivi tra i partiti, sapevamo già da tempo che Angela Merkel non avrebbe continuato a fare la cancelliera dopo la formazione di un nuovo governo (anche se tecnicamente avrebbe potuto continuare). Vi state chiedendo come c’entra tutto questo con un post musicale? Ma è elementare!
Qualcuno dei presenti potrebbe anche sapere che il soprannome popolare di Angela Merkel è Mutter (madre in tedesco), quindi ho pensato di rendere onore ai quasi sedici anni di servizio della Mutter Angela con una canzone di un noto gruppo tedesco che si chiama proprio così…
Oggi propongo la canzone «Mutter» dei Rammstein (è contenuta nell’album «Mutter» del 2001):
In qualità della tradizionale seconda canzone del post musicale metterei la «Feuer Frei!» dallo stesso album. Non so come collegarla con gli eventi attuali: provate a farlo voi.
E poi non so se mi sarebbe mai capitata una occasione più opportuna per postare qualcosa dei Rammstein…