L’archivio del tag «lavoro»

Importante e positivo

Fortunatamente, non era uno scherzo, ma una delle notizie più positive e importanti degli ultimi giorni: il ChatGPT sta diventando utilizzabile senza la necessità di registrarsi.

Suppongo che le persone realmente interessate a questo strumento (almeno a sperimentarlo) abbiano già trovato tempo fa le forze per superare la semplice registrazione. Ora, invece, spero che inizino a usarlo anche le persone pigre: per esempio, perché a ChatGPT si possono affidare tantissime operazioni digitagli più noiose (quelle dove spendete una mezza giornata solo per trovare la voglia di farle). Io, per esempio, da alcuni mesi gli affido la elaborazione e sistemazione macchinosa di vari dati e testi, per poi dedicare più tempo e forze possibile solo alla parte del lavoro sulla quale devo realmente ragionare io (e non, semplicemente, battere i tasti senza coinvolgere il cervello).
Voi, i vostri capi e i vostri clienti sarete contentissimi per la vostra produttività decollata. Finché il ChatGPT, per qualche strano motivo, non chiuda ahahahaha


Come potenziare il proprio PC

Questo post viene ripubblicato tutti gli anni l’ultimo venerdì di agosto.
Per la maggior parte dei miei lettori le vacanze (o il periodo di lavoro poco intenso) stanno per finire. Chi vuole iniziare la nuova stagione lavorativa senza gli inutili stress deve preparare bene i propri strumenti di lavoro per farli funzionare come si deve. Uno dei miei principali strumenti di lavoro è il computer, quindi oggi vi racconto cosa faccio io per migliorare le sue prestazioni. Si tratta di otto facili operazioni che ogni persona può fare da sé, quindi completamente gratis. Per alcune delle operazioni elencate serve la connessione a internet.
Parentesi aperta. Chi usa una OS di Apple vada pure a dire una preghiera a Steve Jobs. Chi usa Linux non ha bisogno dei miei consigli. Parentesi chiusa.
Per facilitare la comprensione del mio testo, lo divido in passaggi numerati e illustrati. Seguiteli proprio nell’ordine da me assegnato.
1. Passaggio primo. Pulite le ventole di raffreddamento del processore (e altre se presenti) e gli interni del computer dalla polvere. È una cosa relativamente semplice da fare sui desktop e sui vecchi modelli di portatili. Per i computer portatili più moderni chiedete a me o cercate delle video-istruzioni su YouTube: su alcuni modelli l’accesso alla ventola è un bel gioco di logica. Io, intanto, vi avviso che gli strumenti necessari sono un cacciavite sottile (di precisione), un aspirapolvere e 5 o 6 cotton fioc.

2. Passaggio secondo. Continuare la lettura di questo post »


Boston Dynamics: l’impiego pratico

È accaduto un evento epocale: i robot della Boston Dynamics non faranno più solo attori dei famosi (e realmente sorprendenti) video e non saranno impiegati (quasi per gioco) solo in alcune singole aziende o enti. Per la prima volta ho letto di una fornitura di massa dei robot della Boston Dynamics a una azienda concreta.
Ebbene, la Boston Dynamics ha annunciato di avere raggiunto un accordo con la DHL: fornirà una flotta di robot da impiegare nei magazzini statunitensi per lo scarico dei pacchi dai camion. I robot in questione si chiamano Stretch e consistono in un braccio robotico posizionato su una base mobile. Con sette gradi di libertà e ventose posizionate sulla estremità del braccio, il robot può «prendere» e spostare le scatole che pesano fino a 23 kg. Lo Stretch è dotato di telecamere e sensori per la navigazione e può funzionare fino a otto ore prima di dover essere messo in carica. Ma il vantaggio tecnico principale di questo robot consiste – pare – nella capacità di operare con le scatole di dimensioni diverse e con quelle accartocciate o danneggiate.
Il Boston Dynamics Stretch ha questo aspetto:

La DHL, a sua volta, comunica che col tempo questi robot saranno impiegati anche in altre fasi della gestione del magazzino.
Di fronte a questa notizia qualcuno potrebbe ricominciare a parlare dei posti di lavoro «rubati» agli umani. Questo qualcuno, però, sarà o un populista o una persona poco informata della realtà. Ma la realtà è molto curiosa: il settore logistico statunitense soffre da tempo un forte deficit della manodopera. L’anno scorso, per esempio, era stato raggiunto il record di 490 mila (!) posti vacanti nel settore. Di conseguenza, ma anche un po’ a sorpresa, le aziende sono costrette a robotizzare i magazzini. Aspettiamo di vedere cosa e come succede in questo ambito in Europa in generale e in Italia in particolare.


Osservare le statistiche

Come avete sicuramente letto, dal venerdì 15 ottobre al venerdì 31 dicembre (ehm, per ora) il green pass sarà obbligatorio per tutti i lavoratori dei settori pubblico e privato. Ultimamente mi sento un po’ più cattivo di prima e quindi ammetto di non essere particolarmente dispiaciuto per la sorte dei numerosi no-vax che dovranno inventarsi delle fonti di reddito alternative: il terrorismo biologico «deve» autofinanziarsi per morire soffrendo.
N.B.: non si tratta di una affermazione astratta perché conosco almeno una persona che è già passata a quelle condizioni con un buon anticipo. E so che è ben informata della mia posizione in merito.
L’aspetto che sarei particolarmente interessato a scoprire è una ricerca – magari anche solo di carattere statistico – sulla vitalità del mercato del lavoro italiano nel periodo in questione: dal 15 ottobre a fine anno. Non posso escludere che alcuni no-vax siano dei professionisti tanto preziosi da poter essere sicuri di una riassunzione alla fine dello stato di emergenza attuale, ma dubito che siano in tanti. Avrebbe infatti logico aspettarsi che le scarse capacità cognitive siano scarse in tutti gli aspetti della vita di ogni persona concreta. Quindi chissà se alla fine qualche persona mentalmente sana dovrà ringraziare il Covid e la stupidità altrui…


Lavorare quattro giorni? Boh…

Molto probabilmente è capitato anche a voi di leggere, nei giorni scorsi, della sperimentazione islandese sulla giornata lavorativa di quattro giorni proclamata riuscita.
Boh, io continuo ad avere dei grandi dubbi sulla opportunità di tutte le iniziative del genere. Prima di tutto perché nel lungo termine l’essere umano tende a minimizzare gli sforzi e quindi disperdere una parte del tempo dichiarato come lavorativo.
In secondo luogo, la produttività generale delle persone varia da una società all’altra (potete intendere il termine società in tutti i modi), quindi non vedo la possibilità di estendere la suddetta sperimentazione a tutto il mondo.
In terzo luogo, considero ormai superato da tempo il concetto stesso del tempo lavorativo. Nel mondo contemporaneo sempre più persone sono impiegate nelle professioni intellettuali (quindi spesso anche creative), dove lo strumento di lavoro chiamato cervello non si spegne alla fine di una giornata di lavoro come un macchinario industriale. In qualche misura continua a elaborare tutte le problematiche correnti e passate legate alla attività professionale del suo «portatore»: almeno in sottofondo. A volte, addirittura, spinge la persona ad accendere il computer di sera o in un giorno festivo per scrivere degli appunti o fare delle modifiche ai progetti di lavoro. Di conseguenza, ritengo che in un mondo evoluto ogni persona debba lavorare «solo» il tempo necessario per realizzare la propria parte del lavoro. Sei in grado di farlo bene in cinque minuti? Bravo: per il resto della giornata sei libero a fare quello che vuoi.
In ogni caso, però, potete provare a leggere il rapporto sulla sperimentazione islandese.


Per gli introversi veri

Con una certa sorpresa ho letto del boom di candidature al bando per la gestione di uno dei rifugi più isolati nelle Dolomiti. Si tratta del Nuvolau che si trova all’altezza di 2575 metri, è raggiungibile solo a piedi ed è, a quanto pare, poco servito anche delle risorse necessarie per la normale vita quotidiana.
Ma il primo dettaglio che ha attirato la mia attenzione in questo particolare momento, è la condizione dell’isolamento. Ero infatti abbastanza convinto che dopo il lockdown dell’anno scorso e tutti i periodi delle zone «rosse» e «arancioni», la gente abbia iniziato ad apprezzare di più la vita nella collettività. E dato che tale convinzione non è comunque esaurita, tendo a ipotizzare, diversamente dalla CAI, che il motivo di tante candidature non sia solo la scarsità del lavoro di questo periodo. Il motivo principale è la rassegnazione delle persone di fronte alla «gestione» della pandemia: sempre meno logica nelle misure scelte e accompagnata solo dalle affermazioni catastrofiche.
Spero che qualcuno se ne renda conto almeno in questi giorni delle consultazioni…

La mia speranza altrettanto forte riguarda il posto di lavoro di cui sopra: che vada assegnato a un vero introverso. Quindi a una persona che saprà realizzarsi professionalmente e, allo stesso tempo, trovare la pace interiore (invece di, semplicemente, andare da quelle parti solo per mandare tutto affanculo).


La casella personale

Più o meno da tutta la mia vita digitale detesto gli indirizzi email aziendali. Li detesto talmente tanto che non li utilizzo proprio: reindirizzo tutta la posta in entrata verso la mia casella personale. Fare in questo modo è più comodo per almeno due motivi. In primis, le caselle aziendali sono temporanee per definizione (come pure gli indirizzi fisici e i numeri di telefono). In secundis, non sono costretto a saltare da una casella all’altra per tutto il giorno.
Fortunatamente, negli ultimi dieci anni le tecnologie si sono evolute tanto da non costringerci più a inviare le informazioni sensibili via email. Quindi il mio amore verso la casella postale personale da tanto tempo non fa arrabbiare i tecnici. E, di conseguenza, non solo io posso permettermi di creare tante etichette nella mia gmail e far raccogliere in ognuna di esse la posta in entrata, filtrata secondo qualche criterio: per esempio, in base all’indirizzo dal quale la sto importando.
Il sistema ha un bonus importante: negli ultimi quindici anni non ho perso nemmeno un contatto. E, ovviamente, in qualsiasi momento posso riprendere qualsiasi conversazione.


Per i poveri ricercatori

Caro lettore!
Sei un povero ricercatore senza scrupoli?
Se la risposta è «sì», puoi continuare a leggere.
Se, invece, la risposta è «no», abbandona pure questa pagina e vai a leggere il post su… che ne so… il «lorem ipsum».

E ora che siamo rimasti soli, Continuare la lettura di questo post »


L’alternativa a Skype e altri

Nelle ultime settimane ho ricevuto più di una proposta di svolgere le tradizionali (per questo periodo particolare) riunioni video utilizzando un certo Whereby.
Qualcuno di voi conosceva questo strumento fino a cinque secondi fa?
Io l’ho scoperto solo a metà marzo grazie al suggerimento di un collega e ora posso raccontarne a voi.

Il servizio può essere utilizzato in due modi: Continuare la lettura di questo post »


La furbizia scientifica

Per esperienza so (e alcuni di voi forse si ricordano, ahahaha) che molti studenti sono altamente creativi nello stilare la bibliografia delle proprie tesi di laurea. Il sottoinsieme più ampio di questi studenti indica dei libri che in realtà non ha mai letto (hanno semplicemente trovato il titolo «bello» da qualche parte). Il sottoinsieme un po’ più ristretto indica dei libri rari che si trovano molto difficilmente in circolazione (non escludo che questi studenti possano essere molto fortunati nelle ricerche, ma, quando li sento parlare, spesso mi viene un lecito dubbio). E poi ci sono degli studenti che citano dei libri vecchi ma, per apparire aggiornati, nella bibliografia sostituiscono l’anno di pubblicazione del libro stesso (dal contenuto della citazione, però, a volte si scopre il trucco).
Agli studenti comuni si possono perdonare molte cose. Hanno fretta di sistemare certe formalità «noiose»; hanno tante cose interessanti da fare nella vita e la ricerca scientifica raramente è una di queste.
Però, cazius, ci sono degli autori, «ricercatori», che taroccano l’anno di pubblicazione di una opera citata senza accorgersi che nell’anno da loro riportato quella opera non è stata pubblicata.
E io che faccio? Spendo mezza mattina per cercare quella opera, mi rendo conto del trucco, mi sorprendo, bestemmio e scrivo un post per il sito.
Poi mi fermo, ragiono un po’ e esprimo un desiderio: voglio che per le bibliografie vegano resi obbligatori i link alle opere citate. Tanto, ormai, la maggior parte del patrimonio scientifico e culturale è già stato – nel peggiore dei casi – scannerizzato o fotografato.