L’archivio del tag «guerra»

Un po’ di cronologia…

A volte è bello scoprire che su questo pianeta ci sono delle persone dotate della pazienza sufficiente per stilare, giorno per giorno, la cronologia dei piccoli avvenimenti accumunati da qualche elemento comune. Pensiamo, per esempio, alla opposizione dei russi alla guerra putiniana in Ucraina nel mese di maggio…
1 maggio: un incendio alla fabbrica di polvere da sparo della città di Perm;
3 maggio: 40 camion in fiamme vicino alla città di Tver;
4 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare di Nizhnevartovsk;
5 maggio: 7 vagoni cisterna diretti verso il confine occidentale deragliano in Bashkiria;
6 maggio: un treno merci diretto verso il confine occidentale è deragliato nella regione di Perm;
8 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare di Cherepovets;
9 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare a Balashikha;
11 maggio: 10 vagoni diretti verso il confine occidentale deragliati vicino a Smolensk;
12 maggio: una esplosione in una unità militare nel territorio di Khabarovsk;
13 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare di Omsk;
13 maggio: un incendio doloso di un ufficio di registrazione e arruolamento militare nella regione di Rostov;
14 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare nella regione di Ryazan;
15 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare di Volgograd;
17 maggio: una locomotiva diesel e 17 vagoni aperti diretti verso il confine occidentale sono deragliati sulla ferrovia di Gorki;
18 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare nella regione di Mosca;
20 maggio: diversi vagoni diretti verso il confine occidentale deragliano a Orenburg;
21 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare in Udmurtia;
23 maggio: diversi vagoni diretti verso il confine occidentale sono deragliati nella regione di Krasnoyarsk…
La cronologia riportata è parziale. E il mese di maggio non è ancora finito.
La guerra, purtroppo, continua. E la protesta anonima, per fortuna, pure.


Una delle tante somiglianze – certamente relative – tra Vladimir Zelensky e Winston Churchill è il futuro inevitabile crollo di popolarità alla fine di questa guerra o nel caso di un temporaneo armistizio (quando la condizione bellica diventerà abituale ma priva delle difficoltà comuni da affrontare). Succederà perché le persone più categoriche criticheranno le scelte non abbastanza forti / radicali o la disponibilità a trattare su alcune questioni. Succederà perché le persone che non si sono mai trovate nelle condizioni di dover governare nemmeno un condominio criticheranno i preparativi insufficienti alla invasione russa. Nel migliore dei casi succederà perché contrariamente alle attese di certi geni alternativi – dei quali il nostro mondo è pieno – dopo la fine della guerra l’Ucraina non tornerà di colpo alla vita normale di prima.
Di conseguenza, sono inevitabili anche le critiche per la resa (la «vendita», il «tradimento» etc. etc.) dei soldati del battaglione «Azov» dopo due mesi di difesa della acciaieria Azovstal di Mariupol. La posizione attuale in merito di Vladimir Zelensky – «gli eroi ci servono vivi» – è però molto più vicina alla realtà di ogni possibile critica. Infatti, durante le settimane di resistenza all’assedio i militari dell’"Azov" sono diventati uno dei simboli più importanti per entrambe le parti della guerra. Per l’Ucraina sono, appunto, degli eroi, mentre per la propaganda russa sono un simbolo unico del «nazismo ucraino» (avete letto tanto dei famosi tatuaggi? ahahaha, prendete un qualsiasi esercito del mondo e provate a contare quanti grandi intellettuali con il passato radioso ne fanno parte!). Lo status del simbolo – indipendentemente dal segno che potremmo mettere davanti a tale termine – è per me la migliore garanzia della salvezza di tutti i militari dell’«Azov». Certo, qualcuno dei feriti gravi potrebbe anche non sopravvivere per dei motivi puramente medici, ma, in ogni caso, tutti i militari che si sono consegnati all’esercito russo costituiscono ora una preziosissima «merce di scambio». Saranno utilizzati nelle diverse trattative dove il governo russo vorrà ottenere qualcosa più o meno importante.
Quanto appena scritto non significa che non venga fatto un cosiddetto «processo» ad alcuni militari dell’«Azov» (nei territori del Donbass controllati dalla Russia è tecnicamente possibile praticare di tutto), ma quella sarà solo una questione di propaganda. Che precluderà lo status di «merce» dei militari ucraini.


Il piano della pace putiniana

Se io non conoscessi il partito di appartenenza del ministro di Maio, avrei pensato che il suo «piano per la pace in Ucraina» fosse la manifestazione di un improvviso colpo di pazzia (probabilmente dovuta al caldo di questi giorni). Infatti, è riuscito a esprimere – in soli quattro punti – un curioso mix tra gli «accordi di Minsk» (i quali sembravano essere scritti apposta per rimanere impossibili da rispettare) e le iniziali «proposte» della Russia per le trattative bilaterali Russia – Ucraina (proposte/richieste poi fortemente ridimensionate con l’emergere delle difficoltà dell’esercito russo nell’avanzare sul territorio ucraino).
Il «piano» presentato da di Maio sembra dunque molto più favorevole alla Russia che alla Ucraina. La prima avrà la possibilità di sostenere di avere raggiunto l’obbiettivo di scongiurare l’ingresso della Ucraina nella NATO… Ora trascuriamo pure due semplici fatti: 1) la NATO non voleva l’Ucraina prima del 24 febbraio; 2) non si capisce perché qualcuno debba decidere per uno Stato sovrano terzo sulla sua eventuale adesione alle alleanze varie.
L’Ucraina, invece, dovrebbe perdere – in base al «piano» italiano – il controllo su altri territori e la speranza di riavere il controllo sulla Crimea.
Io, in questo momento, non posso fare delle previsioni sulla reazione di Zelensky e di Putin di fronte a quei quattro punti. Ma posso prevedere altre due cose: 1) per una notevole parte del popolo ucraino l’accettazione di quel piano sarà una forma di resa; 2) il tentativo di fare contento Putin è una soluzione molto temporanea del problema. Infatti, accumulare le forze in uno Stato non democratico per una nuova guerra è molto più facile che ricostruire uno Stato di qualsiasi tipo distrutto dalla invasione militare già avvenuta.
E la nuova invasione chissà dove e quando inizia. Ma sicuramente inizia. Perché, per esempio, non è stato raggiunto l’obiettivo minimo putiniano di conquistare il passaggio via terra verso la Crimea «russa».
P.S.: capisco benissimo che di Maio non poteva proporre un qualsiasi piano in piena autonomia dal Governo. Mi stupisce quindi la grande ingenuità con la quale è stato accettato.


Le strane richieste russe

L’organo del potere esecutivo russo Roskomnadzor (Servizio federale per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media) ha preteso ieri che la Wikimedia Foundation cancelli dalla Wikipedia inglese due articoli: quello sulla invasione russa della Ucrainaquello sul rascismo. Infatti, secondo la Procura generale russa si tratterrebbe dei materiali «contenenti informazioni inesatte sullo scopo e la forma della operazione militare speciale delle Forze armate della Federazione russa sul territorio della Ucraina».
È abbastanza facile prevedere che il Roskomnadzor venga serenamente mandato affanculo dalla Wikipedia – la quale non guadagna tanto nemmeno in Russia – e si senta dunque autorizzato a bloccare l’intera enciclopedia sul territorio russo (tra l’altro, è una delle possibili conseguenze tecniche dell’uso del protocollo https). Qualora vi dovesse dunque capitare delle «notizie» sulle richieste russe del genere, non dovete assolutamente preoccuparvi per una delle vostre fonti preferite…
Quello che mi sembra invece molto divertente è la totale mancanza di attenzione verso i rispettivi articoli in tutte le altre [decine] di lingue utilizzate sulla Wikipedia. Tutte quelle lingue che complessivamente sono molto più diffuse dell’inglese e, in ogni caso, conosciute in tutto il mondo sviluppato.


La foto dell’anno (o una delle)

Ci ho azzeccato diverse volte nella vita, quindi ci provo ancora…
Questa foto scattata dal militare ucraino Dmitrij Kazatskij negli interni di Azovstal (a Mariupol) avrebbe potuto meritare di vincere il premio World Press Photo.

Ma, dato che l’autore non è un giornalista, – quindi la sola nomina diventa un po’ più difficile – mi limito a predire che entrerà presto nei manuali di fotografia. Non per esprimere qualche sentimento nei confronti della Ucraina, ma per motivi puramente tecnici.


L’arte durante la guerra

Da quando è iniziata questa guerra, non ho più pubblicato dei post del sabato dedicati all’arte: anche perché mi sembravano un po’ inopportuni. Con l’allungarsi della guerra, però, la comunicazione visiva ha assunto – almeno sui territori di due Stati – una nuova importanza e, a volte, delle nuove forme. Quindi è giunto il momento di pubblicare una piccola raccolta di opere comprensibili a tutti i lettori.
La scultura «Putler Zparati» di Dmitro Iv. installata nel centro di Kiev:

Un piccolo murale da qualche parte in Russia: Continuare la lettura di questo post »


Come sicuramente vi ricordate, con l’inizio della invasione russa della Ucraina alcune aziende occidentali hanno deciso di limitare o addirittura abbandonare l’utilizzo dei loro logo con la «Z» (perché la lettera è diventata un simbolo dell’esercito russo, una mezza-svastica). In tal senso, l’esempio più noto è della compagnia assicurativa Zurich Insurance.

Io, nel frattempo, solo oggi ho saputo del diffondersi in Russia di un interessante fenomeno sociale. Ho scoperto che diverse persone rinunciano a indossare le scarpe della New Balance: perché sui piedi in movimento il logo della azienda ricorda la «Z».

In uno Stato sempre più totalitario anche questo è un modo valido per prendere le distanze dalla politica del colonnello impazzito. (Voi, probabilmente, non lo sapete, ma per le scarpe e/o vestiti sui quali sono presenti i colori, anche «di fabbrica», della bandiera ucraina in Russia si rischiano — altamente — 10 giorni di carcere.)
ora si potrebbe fare delle scommesse: la New Balance cambia il proprio logo o abbandona il mercato russo?


L’antiquariato bellico

Molti analisti militari (russi, ucraini e di altri Stati) hanno più volte sottolineato che l’esercito russo, aspettandosi una vittoria facile e veloce in Ucraina, ha speso la maggior parte dei propri armamenti moderni nei primi giorni della guerra e, dovendo ora sostenere un conflitto militare prolungato, si sta organizzando in due modi. In parte sta utilizzando degli strumenti poco adatti alle necessità correnti (avevo già scritto di un esempio). E in parte è costretto a recuperare dai magazzini degli armamenti vecchi (non utilizzati da anni o decenni), aggiornarli e inviarli al fronte. Molte di quelle apparecchiature – in un certo senso possono essere definite museali – semplicemente non funzionano, o funzionano molto male.
La settimana scorsa, per esempio, si è scoperto che la fabbrica di riparazione dei mezzi blindati di Ekaterinburg ha iniziato a modernizzare – naturalmente su ordine statale – più di duecento veicoli militari obsoleti. È la conseguenza dei due lotti del valore complessivo di oltre 85 milioni di rubli apparsi sul sito degli appalti governativi. L’oggetto dell’acquisto è «Accessori per carri armati e altri veicoli corazzati da combattimento». Come risulta dalla documentazione, la fabbrica deve fornire 53 mila articoli. In base al prezzo unitario e al profilo dell’azienda, agli analisti è chiaro che devono essere forniti i container di protezione dinamica «Contact-1». I container acquistati nell’ambito di questo contratto saranno sufficienti a fornire protezione a circa 230 carri armati. Ma i carri armati moderni dovrebbero essere dotati di tali container dal momento della fabbricazione, quindi è evidente che si tratta dell’aggiornamento dei modelli degli anni ’70 e ’80 non dotati della protezione dinamica (che impedisce ai proiettili a carica sagomata dell’artiglieria di bruciare la corazza). Inoltre, bisogna ricordare che il «Contact-1» è una protezione obsoleta: il modello successivo «Contact-5» è stato sviluppato nel 1985.
Insomma, ora avete qualche idea in più sulla gravità della situazione. Soprattutto se considerate le informazioni appena apprese parallelamente a quelle sul Land-Lease Act riproposto a favore della Ucraina.
Nel frattempo, secondo me, in qualche ufficio del Ministero della Difesa russo si sta discutendo della opportunità di ridare vita alla cavalleria dei tempi della Prima guerra mondiale: in una guerra del XXI secolo sarà utile più o meno quanto i carri armati…


La festa della guerra

Ormai tutti sanno che oggi Vladimir Putin ha un po’ «deluso» le attese più pessimiste di molti analisti: tenendo il discorso alla parata militare per la Giornata della Vittoria non ha dichiarato la guerra alla Ucraina e al mondo, non ha dato il via alla mobilitazione di massa e non ha nemmeno detto di avere vinto qualche altra guerra o battaglia importante. Ha solo ribadito le proprie fantasie perverse sulla Russia circondata dai nemici.
L’aspetto preoccupante è un altro: ha ufficialmente e definitivamente trasformato una festa importante (anche se troppo militarizzata, statalizzata e storicamente un po’ artificiale) in una festa della guerra permanente tra la Russia e il mondo circostante. Da quasi vent’anni la propaganda statale sosteneva che l’URSS non avrebbe avuto degli alleati nella Seconda guerra mondiale e avrebbe «fatto tutto da sola». Ora quegli ex alleati – ai quali in realtà dovremmo essere grati per gli aiuti importantissimi – vengono apertamente accusati della politica aggressiva durante e dopo la «guerra fredda».
Di conseguenza, posso constatare che con la fine della Russia putiniana finirà inevitabilmente anche l’epoca della Giornata della Vittoria. Fino a pochi anni c’erano ancora delle persone che sognavano di trasformare quella festa militare in una giornata pacifica di lutto e di memoria. Ma ora che è diventata una festa di nuova aggressione nazista (perlopiù contro i territori che hanno già sofferto tanto durante la Seconda guerra mondiale), dovrà necessariamente essere cancellata nella futura Russia normale.
A questo punto, l’unica cosa costante è: la sola festa non ancora rovinata che la Russia ha ereditato dal passato è il 12 aprile, la Giornata della Cosmonautica.


L’arte che anticipa la realtà

Il 21 aprile nei cinema russi è uscito un nuovo film di guerra che non ho visto e, in realtà, non so nemmeno se vedrò (per i film su quella tematica solitamente aspetto i commenti degli esperti di fiducia). Ma ho comunque un motivo per scriverne già ora.
Il nome del suddetto – «Il primo Oscar» – si riferisce palesemente alla storia del primo premio Oscar ricevuto dagli autori sovietici: quello per il documentario «La disfatta delle truppe tedesche vicino a Mosca» girato nel 1942 dai cine-cronisti militari sovietici.
Il nuovo film del 2022 dedicato a quella storia potrebbe anche essere bello (non lo so ancora). Sicuramente parla di alcuni episodi di vero eroismo. Sicuramente è stato concepito, girato e montato prima del 24 febbraio 2022. Sicuramente pure il suo poster è stato concepito e realizzato prima della guerra con l’Ucraina. Ma, comunque, come ci si può liberare – ora che abbiamo visto e letto di tutto sulla guerra in corso – della sensazione che un soldato sovietico stia portando una lavatrice fuori dalla battaglia?

Probabilmente è per questo che Yandex ha rimosso quasi completamente il vecchio poster dai suoi risultati di ricerca (sostituendolo con altri poster per non imbarazzare la gente), mentre Google non si è preoccupato di nulla e mostra ancora una schermata intera di queste lavatrici.