Purtroppo, capita anche questo… I mass media ucraini hanno pubblicato il filmato di una fuga dall’ufficio di reclutamento militare nella città ucraina di Mukachevo, nella regione della Transcarpazia:
Non si capisce se il tipo sia alla fine stato raggiunto dal militare che si era messo a rincorrerlo, ma ora non importa. Volevo solo sottolineare che il fuggitivo è in una ottima forma fisica, un po’ come certi «profughi» ucraini che vedo in Italia (e che alcuni miei amici e conoscenti hanno visto in altri Stati europei). Allo stesso tempo, so che non è proprio un fenomeno di massa, ma solo un modo in cui alcuni «fenomeni» singoli cercano di arrivare ai tempi migliori. Pensando che a loro non verrà chiesto nulla.
Il nome del gruppo statunitense Double Trouble – attivo nei generi di blues rock e rock strumentale – viene spesso nominato come un gruppo di accompagnamento del chitarrista blues Stevie Ray Vaughan. Io non sono del tutto sicuro che sia giusto nominarlo in quel modo: significherebbe sminuire la bravura e il ruolo dei musicisti che nel corso degli anni si sono impegnati quanto Vaughan e hanno contribuito a far emergere tutta la sua grandezza. Formalmente, poi, «Double Trouble» è il nome assunto dal gruppo Triple Threat dopo l’abbandono della cantante Lou Ann Barton e l’inizio della leadership di Vaughan già membro del gruppo…
Dunque, io dico che oggi posto due canzoni del gruppo Double Trouble tratte da uno dei loro album migliori: il «Soul To Soul» del 1985. Si tratta di uno dei tre album registrati nel periodo più fortunato del gruppo, quindi dei tempi quando i Double Trouble erano composti da Stevie Ray Vaughan (morto nel 1990), Tommy Shannon, Chris Layton e Reese Wynans.
La prima canzone dell’album che ho scelto per questo post è la «Ain’t Gone ’n’ Give Up on Love»:
Mentre la seconda canzone scelta è la «Empty Arms»:
È sempre soddisfacente diffondere la conoscenza di una cosa bella.
Uno delle mie recenti scoperte più strane relative alla guerra putiniana in Ucraina consiste nel fatto che il settore aereo russo – non solo l’aeronautica militare, ma anche quella civile – continua tuttora a ricevere delle importanti quantità di pezzi di ricambio dalla Ucraina.
In base a quello che ho letto negli ultimi mesi sullo stato del parco aereo impegnato nel trasporto passeggeri sulle linee interne russe (dove si usano ancora molti velivoli di produzione della fabbrica ucraina Antonov, spesso vecchi più di cinquant’anni), le quantità dei pezzi in arrivo dalla Ucraina non sono assolutamente sufficienti per poter fare la manutenzione di tutti gli aerei in funzione, ma non importa. Mi ha stupito proprio il fatto che alcuni personaggi ucraini abbiano trovato le forze morali e il semplice coraggio di rischiare tutto (la stima da parte degli altri, la libertà e il benessere personali) per continuare ad avere i rapporti commerciali con la Russia e farlo in ambito strategicamente importante.
Anche se capisco benissimo che in ogni Stato e in tutte le epoche esistono delle persone da qualità abbastanza particolari: nel migliore dei casi danno sempre la priorità assoluta ai soldi.
La Reuters scrive che gli Stati-membri della OPEC+ avrebbero raggiunto un accordo provvisorio per tagliare — al fine di mantenere il livello dei prezzi — la produzione di oltre un milione di barili di petrolio al giorno nel primo quarto del prossimo anno. Attualmente i membri dell’OPEC+, tra cui Arabia Saudita e Russia, producono oltre il 40% del petrolio mondiale (circa 43 milioni di barili al giorno).
Se l’accordo dovesse essere formalizzato, comporterebbe almeno due cose ovvie. In primo luogo, le solite conseguenze possibili del petrolio più costoso del possibile sui prezzi che alla fine vedono i consumatori privati un po’ in tutto il mondo. In secondo luogo, lo Stato russo continuerà a guadagnare i soldi necessari per la continuazione della sua politica aggressiva (vi ricordo che l’imposizione del prezzo massimo del petrolio russo non funziona bene quanto previsto: nei primi nove mesi del 2023 il prezzo medio del petrolio Urals è sceso solo del 26%).
Il secondo punto, in particolare, confermerebbe ancora una volta la tesi secondo la quale è impossibile sconfiggere/punire il regime putiniano smettendo di finanziarlo con l’acquisto delle materie prime: in parte perché è abbastanza difficile influire sul comportamento di una organizzazione come l’OPEC+ e in parte perché, obiettivamente, per ora è tecnicamente impossibile togliere le materie prime russe dal mercato mondiale (se compri da un’altra parte, qualcun’altro sarà costretto comprare dalla Russia). Di conseguenza, gli Stati occidentali democratici hanno due opzioni: sconfiggere l’esercito russo con le mani ucraine fornendo le tecnologie necessarie oppure ammettere, prima o poi, la propria sconfitta. Anche se, purtroppo, prevedo che secondo la demagogia politica perderà solo l’Ucraina, mentre gli altri Stati faranno finta di non c’entrare nulla con quanto successo…
Ho finalmente pubblicato il rapporto fotografico sulla mia visita a Iseo del 16 agosto 2023.
La maggioranza di voi ha – oppure ha avuto per un periodo della vita – in tasca almeno un oggetto che porta il nome di questo paese sul lago d’Iseo. Vi confermo che quell’oggetto è veramente stato prodotto vicino a Iseo, ma, allo stesso tempo, avviso che la relativa industria è una delle pochissime «attrazioni» note del paese che non tratto nel racconto. Mi sono bastate quelle tradizionali.
Presumo che più o meno tutte le persone interessate hanno già letto l’intervista del Presidente ceco Petr Pavel pubblicata l’altro ieri dal Corriere della Sera. In sostanza, quella intervista ripete una serie di concetti che mi sembrano ovvi praticamente dall’inizio della guerra (e ne ho scritto più volte), il più importante di essi è: la sconfitta della Ucraina – ma in realtà anche una «pausa» nella guerra – equivale alla continuazione della guerra da parte di Putin. la continuazione che avrà luogo su altri territori, in tempi non lontani, con le forze e le risorse rinnovate e, non per ultima, con la convinzione di poter fare, indisturbato, qualsiasi cosa.
Quello di Petr Pavel non è un allarmismo del vicino geografico della Russia (anche se la vicinanza a volte permette di vedere certe cose) e non [solo?] una visione della realtà con gli occhi da ex generale. Purtroppo o per fortuna, è una analisi corretta della situazione. Di conseguenza, avrei potuto semplicemente copiare il testo della suddetta intervista anziché pubblicare un post proprio. Ma preferisco ricordarvi dell’originale: anche i giornali devono guadagnare con la pubblicità, ahahaha
Non è la prima volta che presto la mia attenzione alla scelta della parola dell’anno, ma oggi lo faccio non perché vorrei apparire un esperto in materia. Il fatto è che l’ultima scelta resa pubblica mi sembra troppo strana…
Gli autori del dizionario americano Merriam-Webster Collegiate Dictionary hanno annunciato l’aggettivo «autentico» («authentic») come la parola dell’anno 2023. Come si legge sul Merriam-Webster, la parola «autentico» nel 2023 è diventata molto più frequente nelle ricerche su internet sullo sfondo dell’interesse verso l’intelligenza artificiale, la cultura delle celebrità e l’identità.
Capisco che molte persone in giro per il mondo hanno imparato a controllare l’autenticità delle cose che vedono sull’internet anche per scoprire se certe immagini non siano state create da qualche AI (una delle spinte più note è stata quella immagine del Papa con piumino bianco), ma, allo stesso tempo, non mi sembra che per ora sia una preoccupazione tanto forte da determinare la parola dell’anno.
Oppure percepisco la realtà in un modo troppo limitato? Boh, non saprei…
Il Ministero della Difesa britannico ipotizza che la Russia potrebbe aver spostato i suoi sistemi di difesa aerea S-400 Triumf, strategicamente importanti, dalla regione-enclave Kaliningrad (circondata da tre Stati-membri della NATO) alla zona di guerra in Ucraina. Tale spostamento dovrebbe essere causato dalla carenza (dunque anche la perdita) dei sistemi di questo tipo sul fronte ucraino.
Se dovesse essere vero, potremmo vedere la suddetta notizia anche in un senso positivo, quello che mi era già venuto mente nel corso dell’intervento massiccio russo in Siria negli anni 2015–2017: l’esercito russo sta raccogliendo da tutte le parti le proprie scorte militari (accumulate nei decenni) per perderle per sempre (consumandole). L’aspetto negativo, molto più pesante, consiste nel fatto che lo sta facendo a spese della popolazione di un altro Stato.
L’aspetto utile, invece, è la comprensione del fatto che le future sanzioni internazionali dovrebbero essere mirate all’impedire allo Stato russo di rinnovare le proprie scorte belliche. E non all’acquisto di chissà quali merci russe o alla fornitura alla Russia di chissà quali merci di destinazione palesemente civile.
Le immagini del lancio del satellite «spia» nordcoreano non hanno tanto di particolare per quelli di noi che hanno visto dei lanci molto più importanti. Dunque io spero l’amore nordcoreano verso la pubblicizzazione dei propri «grandi successi» lo porti anche farci vedere cosa è riuscito a «spiare» con quel satellite: riusciremmo a capire qualcosa sull’attuale livello tecnologico nordcoreano.
Anche se potrebbero capire il rischio di farci ridere…
È da troppo tempo che nella mia rubrica musicale non compare il grande compositore norvegese Edvard Hagerup Grieg. Ma oggi rimedio postando la Sonata per violino e pianoforte in fa maggiore (op. 8) composta nel 1865.
Si tratta di una composizione quasi giovanile (Grieg la scrisse a 22 anni), appartenente al periodo iniziale della vita professionale del compositore – quando la divulgazione della cultura nazionale fu una delle sue passioni più grandi – ma comunque di un certo interesse musicale. Almeno per me.
Per postare le composizioni più note di Grieg c’è ancora abbastanza tempo. Spero.