L’archivio della rubrica «Russia»

Avrà sbagliato il mese

Proverei iniziare il nuovo anno con una barzelletta politica…
Ieri, il 1 gennaio, Vladimir Putin ha fatto visita in un ospedale militare vicino a Mosca per fare gli auguri di buon anno nuovo alle — come si dichiara ufficialmente — persone rimaste ferite nella guerra che lui ha iniziato in Ucraina. E, tra le altre cose, ha commentato l’attacco ucraino alla città russa di Belgorod del venerdì 29 dicembre:

Quello che è successo a Belgorod è senza dubbio un atto terroristico. Perché sotto la copertura di due razzi, hanno usato lanciarazzi multipli, MLRS. Come militari, sapete cosa sono gli MLRS. Sono armi indiscriminate che colpiscono le aree. E hanno usato queste armi per colpire il centro della città. Un attacco mirato alla popolazione civile

E poi ha aggiunto che l’esercito russo «risponde» agli attacchi del genere colpendo esclusivamente obiettivi militari…

Loro [gli ucraini] vogliono intimidirci e creare insicurezza nel Paese. Intensificheremo i nostri attacchi. Nessun crimine contro i civili resterà impunito

Ah, no: quello che ho appena descritto è successo veramente. Non so se funziona bene come una barzelletta, anche se politica.


La lettura del sabato

A quale argomento potrei dedicare l’ultima «lettura del sabato» segnalata ai visitatori? Per esempio, potrei dedicarla all’arte, più precisamente alla poesia…
Il giovedì 28 dicembre a Mosca i poeti Artem Kamardin e Yegor Shtovba sono stati condannati, rispettivamente, a 7 e a 6,5 anni di reclusione perché giudicati colpevoli di «incitamento di gruppo all’odio» nei confronti dei membri delle formazioni armate delle autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Lugansk, nonché di invito ad attività contro la sicurezza dello Stato. I reati sarebbero stati commessi il 25 settembre 2022 in una delle piazze centrali di Mosca, un luogo tradizionale delle letture pubbliche delle poesie da parte dei poeti dissidenti.
È da qualche decennio che i poeti russi non vengono condannati per le poesie, quindi non potevo assolutamente farvi ignorare questo raro evento. E pubblico il link ai testi dei discorsi che hanno pronunciato i due poeti condannati nel corso dell’ultima udienza in tribunale (quella che precede la pronuncia del verdetto). Non sono dei discorsi lunghi.


Un regalo di Putin un po’ scarso

Il quotidiano finanziario giapponese Nikkei scrive, basandosi sulle fonti proprie, che nel marzo 2023, durante la visita di Xi Jinping a Mosca, Vladimir Putin ha detto al Capo di Stato cinese che la Russia intende continuare la guerra in Ucraina per almeno cinque anni. Sulla base di queste parole, il Nikkei conclude che «non si dovrebbe dare valore» ai segnali di Putin, trasmessi attraverso i canali diplomatici, sulla disponibilità a negoziare un cessate il fuoco.
Ebbene, noi (a differenza del Nikkei) sappiamo da tempo che Putin parla della guerra come di una nuova realtà permanente, non come di un evento che può avere una fine almeno all’orizzonte. Di conseguenza, sarebbe molto interessante sapere perché Putin abbia deciso di scegliere, per i «partner cinesi», proprio la cifra 5 e non qualsiasi altro numero. Un tale lasso di tempo si adatta alla sua idea di pianificazione a lungo termine? Per esempio: cari fornitori cinesi di qualsiasi cosa di questo mondo, guardate per quanti anni siamo generosamente disposti a dare il nostro intero mercato nazionale solo a voi?
Non sono sicurissimo che Xi Jinping possa essere felice di una simile promessa: i buoni rapporti con il resto del mondo sono chiaramente per lui più importanti dei cinque anni di piena «fedeltà» della povera e sottoposta alle sanzioni Russia.


Fino a quale fine

Dopo quasi due anni di guerra l’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrel ha finalmente iniziato a capire qualcosa e ha dichiarato, in una intervista a The Guardian:

Putin cannot be satisfied with a piece of Ukraine and to let the rest of Ukraine belong to the European Union, but he cannot be satisfied with a limited territorial victory. He will not give up the war, especially not before the American election, which may present him with a much more favourable scenario. So we must prepare for a conflict of high intensity for a long time.

Si vede che l’impegno di alcuni politici d’opposizione russi esiliati ha iniziato a produrre i suoi primi risultati positivi… Ma ci sono ancora delle cose da spiegare qualche migliaio di volte. Infatti, nella stessa intervista Borrel dice:

Putin has decided to continue the war until the final victory.

Il problema che nel corso di tutti i propri discorsi pubblici Putin — ma anche i suoi complici più o meno stretti — ha di fatto mostrato tre cose:
1) gli obbiettivi dello Stato russo nella guerra in Ucraina mutano nel corso del tempo (resistono solo la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina);
2) non è mai stato definito il concetto della vittoria (la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina non possono essere dei sinonimi della vittoria perché, se ci pensate bene, sono due fenomeni non misurabili);
3) da quanto la conquista di Kiev in pochi giorni è diventata un obbiettivo irraggiungibile, parla della guerra come di una condizione di vita permanente.
Di conseguenza, Putin non continuerà la guerra fino alla vittoria. Continuerà la guerra fino alla fine. Bisogna solo vedere se fino alla fine della vita propria, della Russia, dell’Occidente o del pianeta. L’opzione destinata a realizzarsi dipende anche dall’impegno di Borrel.


La lettura del sabato

Prima delle festività di qualsiasi genere il mondo non diventa più buono, dunque nemmeno l’articolo che segnalo questo sabato è tanto «festivo». E, sicuramente, non è natalizio: parla dei numerosi immigrati russi che sono scappati dal rischio di essere mandati in guerra e dalla generale politica putiniana in Serbia, ma si sono trovati di fronte a delle nuove forme di repressione e di caccia. Repressione da parte delle autorità e dei cittadini locali e caccia da parte dei servizi russi.
Un lettore europeo medio potrebbe chiedere: ma perché hanno scelto proprio la Serbia? La risposta includerebbe diversi fattori: alcune somiglianze culturali, una certa facilità nell’ottenere e rinnovare i documenti per il soggiorno, la presenza delle filiali di alcune aziende russe (dunque, molte persone non hanno dovuto inventare dei nuovi modi di lavorare anche in presenza). Insomma, per tante persone era molto più facile andare in Serbia che in qualche Stato dell’UE.
Io, invece, mi chiedo: perché le autorità serbe non sono state abbastanza furbe per sfruttare la situazione creatasi e guadagnare con l’ingresso di tanti «cervelli» e la loro capacità di creare nuova ricchezza. Il regime putiniano che cerca di essere amico con i «fratelli slavi» non è eterno, mentre i vantaggi economici e politici avrebbero potuto essere a un termine molto più lungo.


Una occasione preziosa

La redazione del programma televisivo olandese EenVandaag scrive che Igor Salikov, l’ex istruttore della PMC Wagner e uno dei comandanti della PMC Redut (controllata dal Ministero della «Difesa» russo), è arrivato nei Paesi Bassi e si è detto pronto a rilasciare una dichiarazione alla Corte penale internazionale sui crimini di guerra della Russia. In base alle sue dichiarazioni, Salikov avrebbe preso parte ai combattimenti nell’est dell’Ucraina negli anni 2014–2015. Ai giornalisti dell’EenVandaag Salikov ha raccontato che, quando era nell’esercito si è rifiutato di eseguire un ordine di uccidere dei civili, dopo di che è stato deferito alla corte marziale ma è riuscito a fuggire dalla Russia.
Ovviamente, in questo momento non posso dire se il personaggio stia raccontando la verità e, nel caso di una risposta positiva, non so se possa anche provare le proprie dichiarazioni. Ma posso dire che si tratta di una grande occasione per la Corte penale internazionale e per l’Europa in generale. Infatti, hanno avuto la prima possibilità di dimostrare pubblicamente che ogni militare o militante russo può contare sulla protezione e sulla non-sottoposizione alle sanzioni occidentali in cambio delle informazioni utili (ovviamente veritiere e documentate) sulle azioni dell’esercito russo sul territorio ucraino. Dimostrandolo, riusciranno a incentivare anche le altre persone a lasciare la parte del male: meglio tardi che mai.
In questo modo potremmo sperare di avvicinare almeno per un po’ la sconfitta dell’esercito putiniano.


L’Agenzia ucraina per la prevenzione della corruzione ha annunciato la sospensione della inclusione della Raiffeisen Bank dalla lista degli «sponsor internazionali della guerra» (tale banca è oggi l’unica occidentale a continuare a operare, con delle notevoli limitazioni autoimposte, in Russia). In risposta, secondo le fonti di Reuters, le autorità austriache hanno accettato di approvare il dodicesimo pacchetto delle sanzioni contro la Russia.
A un lettore occidentale non particolarmente informato dei dettagli questo evento potrebbe sembrare puramente tecnico, puramente politico o puramente mercantile. Ma in realtà è infinitamente più importante per la vita quotidiana di molti russi contrari alla guerra e, in una certa misura, per l’andamento della guerra. Infatti, il Governo austriaco – non importa se volontariamente e/o consapevolmente o meno – ha lasciato ai russi in fuga dal regime putiniano quella ultima possibilità di portarsi via anche i propri soldi che ancora avevano. Il trasferimento dei soldi verso l’Occidente attraverso la Raiffeisen Bank è una possibilità abbastanza scomoda e costosa (le commissioni e le somme minime trasferibili sono alte), ma ancora in qualche modo funzionante. Permette di non lasciare le proprie finanze nel sistema interno russo e di garantirsi qualche periodo di stabilità economica nello Stato verso il quale si intende scappare.
Il togliere a Putin i soldi e le persone più attive e capaci dovrebbe essere il vero obbiettivo delle sanzioni occidentali. Di fatto, l’Austria, con la sua insistenza, ha contribuito un po’ al raggiungimento di questo obbiettivo. Da persone educate e da tifosi della Ucraina, dobbiamo ringraziare.


Chi è a favore della candidatura?

Un po’ di trash leggero: un «gruppo di elettori volontari» si è riunito per sostenere e promuovere la partecipazione di un candidato indipendente alla Presidenza russa. Vediamo quanti sono a favore…

Maggioranza raggiunta.
P.S.: moltissime delle persone inquadrate agiscono in tal modo veramente per la propria volontà: evidentemente, sono convinte che il regime che le protegge sia eterno.
P.P.S.: non c’è bisogno che scriva il nome del candidato, vero?


Il giovedì 14 dicembre si era tenuta l’ennesima (ma la prima dall’inizio della invasione della Ucraina) «linea diretta» con Vladimir Putin: un mix tra una grande conferenza stampa annuale e una sessione delle risposte pubbliche ai singoli sudditi privati. Questa volta è durata poco più di quattro ore ed è stata priva di grandi dichiarazioni di rilievo da parte del protagonista o di domande scomode da parte dei giornalisti presenti (questo ultimo aspetto non è una grandissima sorpresa ormai da qualche anno).
Ma se volete comunque scoprire quali sono gli argomenti realmente importanti per Putin (compresi quelli esistenti nella sua realtà immaginaria), potete leggere il riassunto delle sue risposte alle domande concordate (sì, tutte) in anticipo con i giornalisti presenti. Molto probabilmente scoprirete qualcosa di nuovo – per voi – su Putin.


Il modo di contare le perdite

Reuters e CNN riportano, citando un rapporto declassificato dell’intelligence statunitense, che le perdite della Russia nella guerra con l’Ucraina sarebbero pari a 315 mila militari uccisi e feriti: tale numero corrisponde all’87% del personale che il Ministero della «Difesa» russo aveva a disposizione alla data del 24 febbraio 2022. Le fonti dei media che conoscono i dati in questione (il testo completo del rapporto non è ancora pubblico), sostengono che le perdite russe in termini di personale e veicoli blindati hanno portato la modernizzazione militare della Russia indietro di 18 anni.
Quello appena citato è un vero esempio di come non comunicare le notizie. Perché le statistiche in sé possono essere interessanti, ma la loro interpretazione sembra per ora essere in parte un po’ stupida e approssimativa. Per esempio, non è assolutamente chiaro perché gli uccisi e i feriti debbano essere riuniti in un unico insieme chiamato «perdite»: ci possono essere diversi tipi di feriti e quando è possibile il comando dell’esercito russo cerca di rimandarli al fronte il prima possibile (mi è capitato di recente leggere un articolo dettagliato sui cittadini russi mobilitati feriti, ma fatti tornare al fronte abbastanza velocemente e spesso indipendentemente dalle loro condizioni fisiche e psichiche).
Inoltre, non capisco la metodologia di calcolo del deterioramento del livello di modernizzazione dell’esercito russo. Da un lato, sappiamo che già da mesi l’esercito russo porta al fronte i carri armati e i camion addirittura dei tempi della Seconda Guerra Mondiale (perché i veicoli più recenti sono stati distrutti o persi in altri modi). Dall’altro lato, la «rottamazione» attraverso la distruzione di ogni sorta di rottame militare russo al fronte dovrebbe, in teoria, influenzare il livello di modernizzazione nella direzione opposta.
Insomma, bisogna aspettare il testo completo del rapporto per chiarire diversi dubbi.
Non scrivo tutto questo per accusare qualcuno di sminuire la «grandezza» dell’esercito russo: la guerra in Ucraina ha dimostrato che non esiste in nessun senso possibile. Volevo solo sottolineare che le notizie come quella riportata sopra creano negli oppositori della guerra un ottimismo non del tutto fondato.
Tutti i miei dubbi non mi impediscono di augurare alla Ucraina una vittoria più veloce possibile.