L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Dicotomia militare

A volte è curioso leggere delle notizie che dimostrerebbero l’esistenza di almeno due mondi paralleli nelle teste di certe persone. Per esempio…
Il New York Times sostiene che la Russia avrebbe iniziato a fornire all’Iran radar moderni e attrezzature per la difesa aerea. Il giornale cita due funzionari iraniani, uno dei quali fa parte del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche. Le fonti del New York Times hanno definito il fatto come parte dei preparativi per un attacco a Israele. L’altroieri, inoltre, l’ex ministro della «Difesa» russo Sergei Shoigu – ora segretario del Consiglio di sicurezza russo – ha visitato l’Iran. Secondo l’agenzia di stampa iraniana Tasnim, ha incontrato il capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate e il nuovo presidente iraniano. Durante l’incontro, il presidente Massoud Pezeshkian ha promesso di rispondere a Haniyeh.
In Russia, intanto, un automobilista è rimasto ucciso nel villaggio di Komarovka (nella regione di Kursk) nel pomeriggio di ieri a causa di un attacco di droni ucraini. È stata la terza notizia della morte di un civile nella regione di Kursk in 24 ore; nello stesso periodo altre 13 persone, tra cui cinque bambini, sono rimaste ferite. Inoltre, la FSB e il Ministero della «Difesa» hanno dichiarato che diverse centinaia di soldati dell’esercito ucraino hanno attaccato le posizioni della guardia di frontiera russa la mattina del 6 agosto, dando luogo a combattimenti sul confine. Il Ministero della «Difesa» ha dichiarato che «riserve del gruppo di truppe russe» sono state inviate nell’area degli scontri.
Non scrivo tutto questo per approvare l’invio del materiale bellico all’Iran (non mi piace il destinatario e non mi piace ciò che starebbe per fare) e/o per lamentarmi contro le azioni dell’esercito ucraino (non hanno iniziato loro questa guerra).
Mi incuriosisce il fatto che lo stesso personaggio ben noto a voi e a me pensa di poter condurre due guerre con due metà dello stesso strumento: in una guerra pensa di poter solo attaccare, e nell’altra solo difendersi.
Ma spero che in questo modo perda più velocemente.


La difesa degli F-16

La domenica 4 agosto, quando l’Ucraina ha celebrato la Giornata delle Forze aeree dell’esercito, Vladimir Zelensky e i media ucraini hanno diffuso le immagini della cerimonia di ricezione dei primi – pare dieci – F-16. Io ne posto solo una:

Ora, come scrivono gli esperti, l’obiettivo principale dell’esercito ucraino è quello di assicurarsi che quegli aerei non vengano persi a terra. Lo si può fare in due modi: coprire il campo d’aviazione con massicce difese aeree o trasferire permanentemente gli aerei da un campo d’aviazione all’altro. La seconda opzione è però resa difficile dal fatto che non tutti i campi ucraini sono tecnicamente adatti per ospitare gli F-16.
Ed ecco che, finalmente, pure un tonto come me ha capito perché si scrive da mesi che gli F-16 consegnati alla Ucraina dovrebbero basarsi sui territori degli Stati vicini: per motivi tecnici e di sicurezza. Mentre gli altri tonti dovrebbero finalmente accettare il fatto che pure tecnicamente questa guerra non può rimanere «un conflitto tra la Russia e l’Ucraina».


Da molti anni mi incuriosiscono alcune categorie di persone. Per esempio, quelle persone che palesemente vivono in un mondo parallelo al nostro. Oppure quelle persone che puntano tutto sulla possibilità di vivere in un contesto che palesemente è destinato a finire relativamente in breve e finire pure male.
Faccio subito un esempio concreto.
Nei giorni scorsi la più grande e storica banca statale russa Sber ha comunicato di avere creato una nuova unità di gestione per i propri progetti di costruzione edilizia. L’unità sarà guidata dall’architetto (oppure è meglio scrivere «architetto»?) italiano Lanfranco Cirillo, il quale avrà l’incarico di vicepresidente senior della banca.
Per chi non lo sapesse ancora: si tratta di un personaggio noto per le proprie presunte qualità professionali solo a Vladimir Putin. Proprio per Putin avrebbe costruito quella residenza mega-trash (per gli standard del XXI secolo) a Gelendžik, sul Mar Nero. Lavora in Russia dagli anni ’90, nel 2014 gli è stata concessa la cittadinanza russa. Come possiamo vedere ora, nemmeno gli avvenimenti degli ultimi due anni e mezzo sono riusciti a fargli cambiare l’idea sulla opportunità di legare la propria vita allo Stato russo.
Ecco: non bisogna essere un genio per capire che il regime di Putin prima o poi finirà, almeno per le naturali cause biologiche. Non è assolutamente detto che il giorno dopo lo Stato russo si trasformi in una democrazia (non mi ricordo degli esempi storici del genere), ma è altamente probabile che i forti cambiamenti politici eliminino dalle scene i collaboratori principali dell’attuale regime. Quell’architetto che ora ha 65 anni come pensa di passare il resto della propria vita? Eliminato dal territorio dove è stato tanto fortunato, considerato come collaboratore di un dittatore in occidente e, quasi sicuramente, privato di tutte le ricchezze guadagnate in un modo da considerare «sporco».
Boh, forse conta di poter passare gratis una vecchiaia tranquilla in una struttura comoda dove sarà l’oggetto di studio da parte degli uomini in camice bianco.
P.S.: alcune immagini di quel palazzo di Putin. Continuare la lettura di questo post »


Ancora sullo scambio

Tra i numerosi video sul noto scambio dei detenuti del 1° agosto che ho visto in questi giorni, in un modo particolare mi ha incuriosito questo:

Sembra una operazione speciale da film. Mentre in realtà è una dimostrazione visiva del fatto che un residente del Cremlino di Mosca e tanti suoi colleghi amano trasformare qualsiasi cosa in una operazione speciale di proporzioni gigantesche: un po’ perché si sono convinti di essere realmente dei grandi agenti delle strutture potentissime e un po’ perché hanno visto troppi film «fighi» sulle spie che sono stati girati su ordine di loro stessi.


La lettura del sabato

Come ho promesso ieri (ma come avreste potuto immaginare anche da voi), oggi vi segnalo un bel articolo sullo scambio dei detenuti tra lo Stato russo e l’Occidente.
In particolare, l’articolo descrive come sono state condotte le trattative, chi sono i personaggi ottenuti dallo Stato russo e chi sono i prigionieri politici consegnati dallo Stato russo all’Occidente. Spero che ora molte cose vi diventino più chiare: anche perché vedo che i media italiani spesso scrivono delle cose superficiali o non del tutto corrispondenti alla realtà.


Lo scambio

Come avrete letto o sentito, molto probabilmente anche più volte, c’è stato uno scambio di detenuti tra lo Stato russo da una parte e l’Occidente dall’altra. Lo Stato russo ha consegnato 16 persone, tra le quali detenuti politici russi (condannati a diversi anni di reclusione per la manifestazione della contrarietà alla guerra) e cittadini tedeschi e americani ritenuti e condannati come spie (utilizzo questa espressione per non farvi pensare che siano realmente delle spie). L’Occidente, invece, ha consegnato 8 persone (tutti cittadini russi), tra le quali un esponente dei servizi segreti russi condannato per l’assassinio di un oppositore ceceno a Berlino e sette spie e/o imbroglioni di livello medio-basso (il primo degli otto è quello che interessava a Putin più di tutti: tenete in mente questa cosa che ci sarà utile tra poco).
I testi più significatici che ho apprezzato io saranno segnalati nel post di domani. Oggi, invece, volevo precisare tre principi base.
1) Perché lo Stato russo ha scambiato alcuni russi per alcuni russi? Lo ha fatto per sbarazzarsi di oppositori e dissidenti politici che poteva anche uccidere senza alcun problema, ma ha avuto l’occasione di sfruttarli per la propria utilità del momento (riavere indietro le persone ideologicamente vicine). Inoltre, in tal modo ha privato – o ha tentato di privare – i politici di opposizione scambiati del loro peso politico interno. Nella inevitabile Russia post-putiniana avranno più peso politico – tra gli elettori e tra le élite – quelli che hanno lottato dentro e non quelli che hanno fatto delle dichiarazioni sui social stando al sicuro nell’UE o negli USA: sono due categorie di persone percepite in un modo molto diverso.
Certo, la legislazione russa in materia vieterebbe consegnare i cittadini russi agli altri Stati, ma Putin usa le leggi solo quando deve fare una determinata operazione in bagno.
2) Perché lo Stato russo ha scambiato alcuni non-russi per alcuni russi? Perché sa che, logicamente, gli Stati occidentali sono prima di tutto interessati al salvataggio dei propri cittadini. Gli ostaggi occidentali nelle carceri russe sono, di fatto, una valuta forte. Ogni occidentale che va in Russia ai tempi di Putin deve comprendere questo rischio: può essere arrestato con una qualsiasi accusa ridicola per diventare una «moneta» della valuta forte, una merce di scambio.
3) Perché Putin voleva tanto liberare l’agente dei servizi segreti Vadim Krasikov? No, non per riutilizzarlo in altre missioni. E non per permettere a quel personaggio di trasmettere agli altri le sue ipotetiche altissime capacità da spia. Evidentemente, voleva liberare Krasikov per dare un messaggio agli altri agenti: lavorate, fate quello che vi diciamo e se qualcosa dovesse andare male non parlate troppo, noi faremo di tutto per tirarvi fuori. Sparate i nostri nemici nei centri delle città europee, mettete il veleno sulle maniglie delle porte, piazzate le bombe, hackerate i database e fate tutto il resto con la massima tranquillità: se vi arrestano, noi organizziamo un altro scambio. Anche perché, effettivamente, nelle carceri russe rimangono centinaia di altri detenuti politici.
Ecco, i tre principi appena elencati non sono una semplice informazione per le persone che si interessano di ciò che succede nelle terre lontane. È un avvertimento.
È un avvertimento del fatto che ora gli agenti dei servizi segreti russi hanno avuto una conferma di quanto menzionato nel terzo principio: possono fare qualsiasi cosa senza preoccuparsi troppo dell’eventuale arresto.
Io sono molto contento per tutte le persone – russi e non – liberate dallo Stato russo nel corso dello scambio di ieri: il carcere russo è uno dei peggiori posti sul nostro pianeta, da non augurare nemmeno ai peggiori nemici. Ma la loro liberazione potrebbe costare la vita a diverse persone che vivono nell’UE o negli USA.


Gli F-16 in Ucraina

L’agenzia Bloomberg – che in realtà negli ultimi tempi troppo spesso si inventa le notizie da clickbait – scrive che la prima partita dei caccia F-16 statunitensi è arrivata in Ucraina. Si tratterrebbe di una «quantità piccola» degli aerei, ma sarebbe stata rispettata la scadenza promessa di fine luglio.
Ora non sappiamo quanti piloti ucraini siano già pronti a guidare gli F-16 e quando (e quanti) arrivano gli altri aerei. Però possiamo logicamente presumere che l’arrivo (o, almeno, una nuova promessa concreta) di altri aerei rafforza la posizione ucraina anche nelle cosiddette trattative, delle quale parlano sempre più politici in giro per il mondo. Io, per esempio, ho sentito molti ucraini che anche nei discorsi pubblici hanno dichiarato: «in questa fase l’escalation ci conviene». Perché, in effetti, per loro l’«escalation» è una maggiore quantità e qualità degli aiuti che permettono di difendersi meglio e rendere la parte russa più disponibile a valutare le proprie possibilità di continuare questa guerra.


Strubb sulle trattative

Il presidente finlandese Alexander Strubb in una intervista a Le Monde ha dichiarato che dopo la prima fase delle trattative sulla pace in Ucraina, si sta avvicinando la fase in cui dovrebbero iniziare i negoziati con la Russia. Allo stesso tempo, secondo il suo parere, il ritiro delle truppe russe dai territori ucraini non può essere considerato una precondizione per l’avvio dei suddetti negoziati.
Direi che si tratta di una «proposta» non più comprensibile di quella di Trump. Vuole che il ritiro completo dell’esercito russo sia il risultato delle trattative? Ma allora c’è il rischio che l’Ucraina non ottenga la riparazione russa dei danni causati dalla guerra (Putin potrebbe dire di avere già concesso tanto). Oppure, addirittura, vuole che si discuta dai quali territori ucraini si debba ritirare l’esercito russo e dai quali no? In questo caso si tratta dei negoziati sulla pesantezza della resa da parte della Ucraina (e gli ucraini, logicamente, si chiederanno per cosa hanno combattuto per tutto questo tempo). Oppure intendeva qualche altra opzione? Boh…
Insomma, se qualcuno dovesse avere un piano per i negoziati tra l’Ucraina e la Russia, sarebbe meglio che lo esponga per intero. Altrimenti fa la figura di una persona non particolarmente intelligente.


Quale quadro era

Per puro caso ho scoperto che «L’Ultima cena dei drug queen alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi» della quale si lamentano i deficienti di tutto il mondo sarebbe questa:

Ehm, è una delle pochissime scene della cerimonia che mi è capitato di vedere (domenica ho pure postato il relativo video), ma senza il suggerimento dei suddetti deficienti non avrei mai immaginato che si trattasse di una imitazione de «L’Ultima Cena»… Evidentemente non ho abbastanza fantasia e/o conoscenze in materia. Per me, tanta gente vestita in modo strano seduta a un lato di un lungo tavolo nelle pose non tipiche non richiama in alcun modo la famosa opera d’arte; il personaggio sdraiato sul tavolo non sembra proprio appartenere al cristianesimo (per i più tonti nella descrizione è chiamato Dioniso); non si capisce cosa c’entri «L’Ultima Cena» con il contesto generale della cerimonia e/o delle Olimpiadi.
A questo punto sono andato a informarmi e ho fatto una bella scoperta: Continuare la lettura di questo post »


Le nuove prove indirette

Come molto probabilmente sapete (o facilmente immaginate) lo Stato russo solitamente tende a negare o ridimensionare verso il basso tutte le notizie sulle sue perdite militari in Ucraina diffuse dalla parte ucraina e/o occidentale. In una certa misura è un comportamento comprensibile (allo stesso tempo non so se è sempre giusto), ma questo non significa che non ci debba interessare la portata reale delle perdite.
Per esempio, ieri sera ho letto che il servizio russo della BBC ha trovato una nuova, facile e interessante prova indiretta che confermerebbe i comunicati ucraini su una parte delle perdite russe: nessuna delle navi militari russe che l’Ucraina ha dichiarato di aver danneggiato o distrutto nell’ultimo anno ha preso parte alla parata navale in onore della Giornata della Marina russa.
Dal 2022, l’esercito ucraino ha attaccato più di 20 navi e imbarcazioni di supporto russe, di cui almeno sette sarebbero state distrutte. Secondo i calcoli dei giornalisti, solo dall’agosto 2023 sono state attaccate 11 navi e imbarcazioni.
Nel 2024, la trasmissione ha mostrato parate a San Pietroburgo, Baltiysk, Vladivostok, Severomorsk, Kaspiysk e alla base russa di Tartus in Siria. Secondo la BBC, durante la trasmissione della parata navale principale tenutasi a San Pietroburgo, sono state mostrate solo due navi della Flotta del Mar Nero. Si trattava della corvetta «Mercury», che dal 2024 svolge missioni presso la base russa di Tartus, e della fregata «Admiral Grigorovich». La stessa Flotta del Mar Nero è stata menzionata due volte durante le relazioni dei comandanti della flotta.
Bene, ora siamo un po’ più informati e ci fidiamo un po’ di più (almeno io) delle dichiarazioni ucraine.