Secondo l’agenzia Bloomberg, le maggiori banche d’investimento statunitensi JPMorgan Chase & Co. e Bank of America Corp. avrebbero deciso di riprendere a negoziare le obbligazioni dello Stato russo. Tale scelta sarebbe stata presa a favore degli investitori che desiderano disfarsi dei titoli russi. Infatti, all’inizio di giugno il Ministero delle finanze statunitense ha vietato agli americani di acquistare le obbligazioni e azioni russe. Allo stesso tempo, gli americani continuare a possedere i titoli che già acquistati in precedenza o venderli agli stranieri.
Ecco, io evito di dare dei consigli finanziari a chiunque (almeno perché nel caso in questione immagino che lo Stato russo potrebbe incontrare molti problemi tecnici nel pagare). Ma non posso non farvi notare che sull’orizzonte è comparsa la possibilità di acquistare a dei prezzi abbastanza bassi alcuni «pezzi di carta» da collezione: tra qualche decennio potrebbero arrivare a valere tanto ahahaha… Raccontatelo al vostro zio miliardario!
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
Ieri a Berlino è morto il pittore russo Dmitry Vrubel, noto nell’Occidente prevalentemente per il graffiti «Mio Dio, aiutami a sopravvivere a questo amore mortale» (realizzato nel 1990 e restaurato sempre da egli nel 2009 dopo la distruzione):
Vrubel aveva il Covid-19 da circa due mesi… Per morire di Covid nella seconda metà del 2022 ci vuole una sfortuna enorme, ma in realtà non volevo commentare proprio questo aspetto.
Volevo solo osservare che nella morte di Dmitry Vrubel avvenuta proprio in questo periodo c’è qualcosa di infinitamente simbolico. Nel senso che si sta concludendo quel ciclo della storia, all’inizio del quale è diventato famoso come artista. Quindi a una nuova tappa della storia non sarà lui a realizzare un NFT sui resti del muro invisibile che si sta alzando ora. Vedremo chi sarà.
RIP Dmitry Vrubel
La lettura che vi consiglio per questo sabato è una inchiesta della «Novaya Gazeta» su chi, come, perché e tra quali elementi sociali conduce in Russia l’arruolamento nei battaglioni da spedire alla guerra contro l’Ucraina. Si potrebbe dire che si tratta di una mobilitazione di fatto (ma almeno per ora non di massa) che fa preoccupare, tra l’altro, anche per le sue conseguenze sociali future.
Capisco benissimo che gli organizzatori di questo arruolamento sperano tanto nella morte in guerra di tutti gli elementi ingaggiati. Proprio per questo i battaglioni dei «volontari» vengono utilizzati per «testare» con i loro corpi le direzioni degli attacchi da tentare. Ma, allo stesso tempo, capisco che diversi di quei criminali – armati ed esperti della guerra – un giorno vorranno e riusciranno a tornare in Russia. Dopo la sconfitta in guerra dovranno tornare. A quel punto si evidenzierà un problema serio che dovrà essere osservato e risolto ormai non da chi lo ha creato.
C’è chi continua a scrivere della proposta del presidente ucraino Zelensky di non rilasciare più ai russi dei visti di ingresso nell’UE (e in altri Stati occidentali). Lo avrebbe detto nel corso di una «lunga intervista» al giornale statunitense «Washington Post»…
Non ho ancora deciso se mi conviene commentare tale proposta palesemente stupida (probabilmente formulata in un momento di stanchezza o di esaurimento nervoso, sicuramente inserita in qualche contesto più o meno complesso), ma nel frattempo il problema si sta risolvendo da solo.
Infatti, a distanza di giorni dall’annuncio, non ho ancora visto tracce di quella intervista. È proprio questa assenza che mi sembra tanto strana. Mi sa che qualcuno sta rielaborando seriamente il testo, quindi anche gli altri non dovrebbero avere troppa fretta con i commenti. Ci sarà qualche sorpresa rispetto all’annuncio.
L’agenzia Bloomberg scrive – citando delle fonti del governo degli USA e dell’intelligence europea – che alla fine di luglio la nave mercantile russa «Sparta II» sarebbe arrivata a Novorossiysk da Tartus (Siria) trasportando delle attrezzature militari. E avrebbe portato in Russia almeno 11 pezzi di attrezzature militari.
Il dettaglio più interessante di questa notizia non sta nel fatto che una nave mercantile sarebbe stata utilizzata, furbamente, per il trasporto segreto di armi attraverso gli stretti pacifici. Il dettaglio più interessante della notizia è la comprensione del fatto che l’esercito russo sembra ormai essere costretto a raccogliere le armi serie dalle basi più lontane, e non solo dai vecchi depositi sovietici. È quindi su questo dettaglio che si possono basare alcune speranze di una fine relativamente rapida (o almeno in una diminuzione) della guerra tradizionale sul territorio dell’Ucraina.
Inoltre, si potrebbe capire molto sullo stato dell’industria degli armamenti russa, ma questo è un grande argomento tecnico a parte.
E, in più, si può presumere che sul «fronte Siriano» ci saranno ora meno opportunità di coprire l’Israele un tempo quasi alleato. Di conseguenza, anche se l’amico di qualcuno Netanyahu dovesse riuscire a tornare al potere, sarà comunque politicamente grato solo per il passato sempre più distante, ma non per gli aiuti di oggi. Ma questo è un altro grande argomento separato.
Alla fine di maggio l’Unione Europea aveva approvato un embargo parziale sulle importazioni del petrolio russo. Una eccezione era stata fatta solo per le forniture di petrolio attraverso il ramo meridionale dell’oleodotto «Druzhba» verso Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia (i tre Stati più dipendenti dalle forniture russe).
Il 10 agosto l’azienda ucraina Ukrtransnafta ha interrotto il pompaggio di petrolio dalla Russia all’Ungheria, alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia attraverso il ramo meridionale dell’oleodotto «Druzhba». È successo perché l’azienda ucraina fornisce i servizi di trasporto del petrolio con pagamento anticipato al 100%, mentre l’azienda russa Transneft non è stata in grado di effettuare un nuovo pagamento a causa delle sanzioni contenute nel «settimo pacchetto» adottate dall’Unione Europea alla fine di luglio.
Capisco l’utilità e il senso delle sanzioni, ma allo stesso tempo spero che i dettagli come quello appena illustrato vengano inseriti sui manuali di storia dell’UE. Prima o poi qualcuno riuscirà imparare qualcosa dalla storia?
L’Amnesty International è conosciuta da anni prevalentemente per due cose: 1) per la difesa dei vari terroristi e personaggi molto dubbi; 2) per la «misteriosa» incapacità di vedere le vere violazioni dei diritti umani. In aggiunta, da qualche tempo sospettavo fortemente che fosse pure sponsorizzata dal regime politico russo attuale: perché difende la fonte della propaganda statale russa Assange, perché si è rifiutata di riconoscere Navalny come un prigioniero politico, perché diffonde un rapporto pieno di omissioni e di falsità sulla guerra in Ucraina che si rivela un regalo grandissimo alla propaganda russa.
Ecco, mi sembra che con l’ultimo dettaglio sia stato oltrepassato l’ultimo confine del tollerabile. Da ora ogni citazione, ogni riferimento alla attività dell’Amnesty International dovrebbe essere considerata, nonostante tutto, come una presa di posizione e non semplicemente come una manifestazione del cattivo gusto (o della incapacità di analizzare le informazioni ricevute). Fortunatamente, per ora sto riuscendo a eliminare dalla mia vita tutte quelle persone che ignorano, giustificano e/o appoggiano l’aggressione putiniana in Ucraina. Ma non smetterò di aspettare l’occasione per scoprire quanto è costato l’acquisto dell’Amnesty International (milioni? decine di milioni?). Non escludo di riuscire a scoprirlo abbastanza presto.
Un documento video interessante: la registrazione della diretta trasmessa su Youtube la notte tra il 3 e il 4 marzo 2022 dalla centrale nucleare di Zaporižžja. Quindi si tratta proprio del periodo dei combattimenti proprio per quell’impianto.
Da oltre cinque mesi mi capita, con una certa regolarità, di leggere dei sondaggi riguardanti la guerra in Ucraina commissionati dagli abitanti del Cremlino, ma mai pubblicati a causa dei risultati «sbagliati». Qualora quei risultati dovessero esistere veramente, io ne sarei molto sorpreso: in Russia i cittadini hanno spesso paura di rispondere quello pensano agli intervistatori sconosciuti. Preferiscono dare una risposta neutrale o pro-governativa per non rischiare e/o per essere lasciati stare prima possibile. In più, i risultati di un qualsiasi sondaggio possono essere manipolati (con molta più facilità dei risultati delle varie «elezioni»).
Ma, in ogni caso, ogni lettura dei risultati sgradevoli a Putin è – nel peggiore dei casi – una fonte di speranza e di buon (relativamente) umore. Quindi per oggi vi consiglio una bella lettura su un recente sondaggio condotto tra gli abitanti delle zone ucraine già/ancora occupate dall’esercito russo. L’obiettivo del sondaggio: capire la prontezza delle persone alla annessione delle loro zone alla Russia.
L’altro ieri, il 3 agosto, il cancelliere Olaf Scholz «è andato a trovare» la turbina Siemens della Gazprom riparata, ha fatto tanti complimenti all’oggetto visto e si è pure fatto fotografare in sua compagnia. Lo spettacolo sembra un po’ ridicolo – cosa può capire un politico dei meccanismi del genere e perché dovrebbe dare a loro una visita di Stato? – ma in realtà è abbastanza sensato: Scholz sta cercando di comunicare ai propri elettori (ma anche agli europei) che sta cercando di fare tutto il possibile per riavviare le forniture del gas russo.
Ovviamente, i lettori di questo post capiscono benissimo il concetto descritto prima. Quindi io proporrei di passare al mistero seguente: la Gazprom (si legge Cremlino) non sta accettando la turbina riparata perché a) vorrebbe una decisione europea sull’annullamento delle sanzioni riguardanti il settore delle materie prime, oppure b) si sta vendicando per il lunghissimo perditempo tedesco sulla decisione circa l’attivazione del «Nord Stream 2» (verificatosi in estate-autunno 2021).
Conoscendo lo stato intellettuale di certi funzionari russi, non posso escludere del tutto la seconda opzione…