Un aiuto sostitutivo

(17 Giugno 2022)

Non molto tempo fa – il 31 maggio – Mario Draghi aveva dichiarato che quasi tutti gli Stati-membri più grandi dell’UE sarebbero contrari all’idea di concedere alla Ucraina dello status del candidato alla Unione europea. Dal punto di vista puramente politico, era una situazione comprensibile: la prospettiva di avere uno nuovo Stato-membro grande ma povero significa perdere una parte dei seggi nel Parlamento europeo e/o dei flussi finanziari europei (perché gli Stati-membri attualmente considerati poveri diventeranno relativamente ricchi).
Ieri, però, in occasione della visita di Draghi, Macron, Scholz e Iohannis a Kiev abbiamo scoperto che almeno i quattro Stati-membri da loro rappresentati sarebbero favorevoli allo status del candidato per l’Ucraina. La contraddizione è, secondo me, solo apparente. Infatti, il «cambio dell’idea» potrebbe essere il risultato di una classica trattativa diplomatica. Francia e Germania (prima di tutto loro) sulla pratica non si sono dimostrati tanto disponibili a fornire gli aiuti militari alla Ucraina. Potrebbero avere tantissimi motivi interni per tenere tale comportamento (anche se di fatto in questo modo stanno contribuendo al prolungamento del conflitto), ma allo stesso tempo devono dimostrare di sostenere in qualche modo lo Stato aggredito. Di conseguenza, per bilanciare gli aiuti militari mancati si sono «arresi» all’ipotesi dello status del candidato.
Quello status sarà sicuramente utile alla Ucraina durante il processo della ricostruzione (almeno perché ci sarà un migliore controllo sull’uso dei fondi), ma a essa bisogna anche arrivarci. Quindi nonostante tutto bisogna cercare nuovi modi di non far abituare i vertici europei alla situazione di guerra. La percezione di impunità e di successo sentita da Putin porterà, prima o poi, alle nuove guerre in Europa.

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