La lettura del sabato

Pochi giorni fa su Mediazona è uscito un testo abbastanza interessante: il racconto del proprio servizio militare di un uomo che disegnava, professionalmente e per lavoro, quelle mappe militari regolarmente che vengono regolarmente mostrate dalla propaganda del Cremlino (al mondo intero) e, a quanto pare, anche dallo stesso Putin ai suoi interlocutori più o meno creduloni. Mappe con tutte quelle frecce, aree colorate e centri [un tempo] abitati conquistati (a volte non proprio).
Il racconto è interessante soprattutto perché costituisce una ulteriore testimonianza oculare dell’organizzazione interna della parte dell’esercito russo che combatte in Ucraina.


Il primo ufficiale russo sospettato per Bucha

Nel frattempo, ieri la Procura ucraina ha sollevato per la prima volta sospetti nel caso del massacro di Bucha contro il comandante russo. Il sospettato è il comandante del plotone della 76ma Divisione d’assalto aviotrasportata dell’esercito russo, Yury Kim: in particolare, è sospettato di essere coinvolto in 17 omicidi e quattro casi di maltrattamenti deliberatamente commessi dai suoi subordinati a Bucha. Si tratta del primo caso in cui un ufficiale diventa ufficialmente sospettato: in precedenza, nel caso Bucha erano stati sospettati solo ufficiali militari ordinari.
A questo punto bisogna precisare, per i meno informati, che l’apertura dei sospetti è un passaggio previsto dalla procedura penale in Ucraina: dopo di esso può essere emesso un mandato d’arresto. Il vice procuratore generale ucraino Andriy Leshchenko ha dichiarato: «Questo è un passo fondamentale verso la giustizia per i crimini di guerra sistematici e massicci commessi a Bucha».
Io, invece, dichiaro che si tratta di uno dei pochissimi casi in cui spero che un ufficiale russo coinvolto nella guerra in Ucraina sopravviva fino alla fine dei combattimenti e a tutto ciò che ne seguirà. È molto probabile che in quel momento storico diventi un testimone scomodo per certi gruppi di persone, ma io spero comunque che sopravviva assieme a certi suoi «colleghi». Sarà impossibile trovare e condannare tutti (è un lavoro enorme che richiederebbe decenni, dunque poco utile dal punto di vista pratico), ma voglio che il processo a quelli trovati diventi un nuovo processo storico, pubblicizzato e studiato. Sarà utile – spero! – dal punto di vista educativo e didattico.


Ma è sempre la stessa storia

Axios, citando fonti anonime tra funzionari americani e russi, riferisce che l’amministrazione Trump si sta consultando segretamente con la Russia in merito alla risoluzione del «conflitto» in Ucraina. Il piano sarebbe composto da 28 punti e sarebbe «ispirato dai risultati ottenuti da Trump nell’accordo su Gaza». Secondo le fonti di Axios, i 28 punti del piano sono suddivisi in quattro blocchi: pace in Ucraina, garanzie di sicurezza, sicurezza in Europa e futuro delle relazioni degli Stati Uniti con la Russia e l’Ucraina. La preparazione del piano è guidata dall’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witcoff, che, secondo i funzionari, lo sta discutendo attivamente con il rappresentante russo Kirill Dmitriev.
Dimentichiamo per ora che i risultati ottenuti da Trump nel raggiungimento dell’accordo a Gaza sono molto dubbi: nel complesso, il suo piano non ha funzionato.
Concentriamoci sulla parte principale della «notizia» sopra riportata. Se tutto ciò che è scritto lì è vero, allora questa storia entra nel centesimo giro: Trump e i suoi assistenti hanno nuovamente iniziato a elaborare un modo per rifilare alla Ucraina tutte le richieste principali di Putin. In modo che, complessivamente, a Putin venga dato tutto ciò che egli vuole, e lui in cambio non faccia ciò che non può fare. Ha già rifilato con successo le sue richieste a Witcoff, il quale non riesce ad ammettere a se stesso di essere stato ingannato (non orientandosi affatto nella questione) e, a quanto pare, continua a dire a Trump di aver «raggiunto accordi preliminari con Putin».
Quindi non capisco proprio cosa ci possa essere di segreto in tali consultazioni.
Non può essere un segreto nemmeno il fatto che l’Ucraina respingerà giustamente gran parte dei risultati. E senza il consenso della Ucraina, la «risoluzione del conflitto in Ucraina» non sembra ancora molto possibile.


Due notizie correlate

Secondo le stime dei funzionari dell’UE, sono necessari circa quarantacinque giorni per spostare truppe ed equipaggiamenti della NATO dai porti strategici dell’Europa occidentale al fianco orientale al confine con Russia e Ucraina. Secondo il quotidiano Financial Times, il 19 novembre le autorità dell’UE intendono presentare una nuova proposta sulla «mobilità militare» dei Paesi-membri della NATO. Secondo le fonti del quotidiano, l’obiettivo è quello di ridurre i tempi di spostamento delle truppe dall’ovest all’est dell’Europa a tre-cinque giorni. Secondo le fonti interne del mio cervello, si tratta di un obiettivo abbastanza logico, anche se non posso dire quanto sia realistico.
Ma l’importante è che la suddetta notizia va letta assieme a un’altra: il primo ministro polacco Donald Tusk ha annunciato durante una seduta del Sejm (parlamento) che sono state accertate le identità dei due sospettati di sabotaggio ferroviario in Polonia del 16 novembre: si tratta di cittadini ucraini che agivano su incarico della Russia e che erano entrati in Polonia dalla Bielorussia. Il punto fondamentale è «l’incarico della Russia», perché la necessità di velocizzare gli spostamenti delle forze facenti parte della NATO si discute non da ieri e nemmeno da una settimana, mentre Putin ha iniziato l’aggressione militare ai confini occidentali nel 2014. Sicuramente in qualche misura pensa alle possibili conseguenze, anche se ultimamente sembra che si sia convinto della non-intenzione/capacità della NATO a reagire adeguatamente alle sue provocazioni.
Ma anche se si cercherà di non farlo arrabbiare, non smetterà.


Che scoperta!

Il Politico, basandosi su fonti dell’ambiente diplomatico europeo, scrive che l’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Steven Witkoff, che ha condotto i negoziati con Vladimir Putin, non ha alcuna comprensione del conflitto ucraino.
Negli USA e nell’UE ci sono, stranamente, tantissime persone che non hanno ancora alcuna comprensione del conflitto ucraino, ma Witkoff è un caso fenomenale: non ha alcuna comprensione nemmeno del lavoro diplomatico. Per esempio, non si era preoccupato di chi avrebbe fatto da interprete durante il suo incontro con Putin a Mosca: e gli hanno affiancato una tipa che lavora alla FSB… Inoltre, ha creduto cecamente a tutte le stronzate raccontate da Putin, presentandole poi come un successo ottenuto.
Sono le cose note da tempo a tutti tranne la redazione di Politico…


Make Penny Great Again

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha ufficialmente cessato l’emissione delle monete da un centesimo. Mercoledì 12 novembre, la Zecca di Filadelfia (l’ultima delle quattro Zecche statunitensi esistenti ora) ha coniato l’ultimo penny. Le ultime monete coniate saranno, come scrive la CNN, vendute all’asta. Il costo di conio di un penny era pari a 3,7 centesimi, superiore al valore della moneta stessa. Dieci anni fa il costo di produzione era pari alla metà dell’attuale. Nel febbraio di quest’anno, Trump ha ordinato di cessare l’emissione di nuove monete da un centesimo, adducendo come motivazione il costo elevato della loro produzione. L’ultimo penny è stato coniato a Filadelfia alla presenza del tesoriere degli Stati Uniti Brandon Beach. Secondo la sua affermazione, le ultime monete saranno vendute all’asta. Il penny è stata una delle prime monete statunitensi, coniata per la prima volta nel 1787. La loro produzione in serie è iniziata sei anni dopo, nel 1793, con la fondazione della Zecca. La moneta è stata coniata per 238 anni.
Come probabilmente sapete, tutte le monete (come tutte le banconote) statunitensi sono accettate come strumento di pagamento indipendentemente dal loro anno di emissione. Aggiungiamo a questo fatto la stima secondo la quale attualmente negli Stati Uniti sono in circolazione circa 300 miliardi di monete da un penny, poco meno di 9 dollari per ogni abitante del Paese. Tutte quelle monete appartengono a 12 tipi che si distinguono tra loro per design e per i metalli utilizzati. I primi sei tipi (per semplificare, diciamo che sono quelli cognati prima del 1958) saranno un po’ difficili da trovare in circolazione, ma ora non importa (io ho un esemplare del 1955 ahahaha).
La mia grande domanda è: come faccio ora a trovare almeno una parte di quei 300 miliardi di monete da un penny? Ora che iniziano, molto probabilmente, a ritirarle dalla circolazione o nascondere nelle case private come un ricordo… Perché nella mia collezione mancano 5 delle versioni cognate nel XXI secolo (alcune appartengono alle edizioni commemorative). Mi sa che devo trovare il modo di far mettere nella testa di Trump lo slogan «make penny great again».


Due umanoidi a confronto

Nel corso del 2025 AI Day (5 novembre 2025) l’azienda cinese Xpeng aveva presentato il proprio robot umanoide Iron di nuova. Il robot aveva un aspetto e movimenti così realistici che molti si sono chiesti se l’azienda non avesse nascosto una persona reale all’interno del prototipo dimostrativo, tanto che l’assistente del direttore generale dell’azienda, He Xiaopeng, ha dovuto mostrare al pubblico cosa si nascondeva sotto il rivestimento del robot:

Ebbene, una settimana dopo a Mosca è stato presentato un robot antropomorfo russo Idol. La presentazione ha riscosso un successo senza precedenti!

Almeno si vede che il robot russo è realmente russo: sembra un uomo che ha bevuto un letro di vodka un mezz’ora…


La musica del sabato

Il compositore austriaco Karl Michael Ziehrer (1843–1922) fu, per la propria epoca, quasi un artista pop: componeva prevalentemente le operette e i balli di vari tipi. Però si potrebbe dire che la sua musica fu il «pop di fascia alta», di qualità superiore alla media delle composizioni del genere. E, infatti, Ziehrer e la sua musica non sono stati dimenticati con il passare del tempo.
Io, personalmente, ricordo Karl Michael Ziehrer nella edizione odierna della mia rubrica musicale con due suoi valzer. Il primo è «Regentropfen» («Gocce di pioggia» composto nel 1901, op. 514):

Il secondo valzer di Karl Michael Ziehrer che ho selezionato per oggi è il «Seculo nuovo, vita nuova» (composto nel 1900, op. 498):

Ma sconsiglio di ballarli sotto la pioggia.


La lettura del sabato

L’articolo segnalato questo sabato è dedicato a una grande innovazione tecnica che lo Stato russo ha deciso di adottare per lottare contro i droni militari ucraini.
L’uso efficace di tali droni è uno dei pochi ambiti nei quali l’esercito ucraino prevale nettamente ormai da anni sull’esercito russo: in particolare, i droni ucraini entrano nel territorio russo e provocano dei danni sensibili alla infrastruttura militare (complicando la logistica russa) e alle raffinerei petrolifere (creando dei danni economici).
La recente invenzione russa, invece, consiste nel bloccare per un giorno il funzionamento di tutte le SIM che entrano sul territorio russo o «si svegliano» dopo un certo periodo di inattività. Perché le SIM? Perché potrebbero essere utilizzate, per esempio, per garantire l’orientamento del singolo drone con i dati presi dall’interne mobile…
Ma questo punto vi lascio alla lettura dell’articolo.


Un po’ meno propaganda putiniana

Il Ministero degli Esteri russo sostiene che il quotidiano italiano Corriere della Sera abbia rifiutato di pubblicare l’intervista al ministro Sergey Lavrov. Il ministero ha definito questo gesto un atto di «censura scandalosa» e ha pubblicato sia la versione «integrale» che quella «modificata» dal quotidiano. Nell’intervista originale Lavrov parla del nazismo che «sta rialzando la testa in Europa» e del «regime terroristico» a Kiev. Secondo la versione del ministero degli Esteri russo, i rappresentanti del dicastero hanno proposto al quotidiano di realizzare un’intervista esclusiva al ministro «per fermare in qualche modo il flusso di menzogne» diffuse dai giornali italiani e dai loro articoli sulla Russia. Secondo il ministero, la redazione del quotidiano «ha accettato con entusiasmo» e ha inviato le domande a Lavrov, ma poi ha rifiutato di pubblicarle.
Che la redazione del Corriere della Sera abbia rifiutato di pubblicare le farneticazioni propagandistiche di Lavrov è positivo e comprensibile. Non è particolarmente interessante parlarne.
È interessante invece come il ministero degli Esteri russo si orienti nella stampa italiana. Il Corriere della Sera è uno dei quotidiani italiani più seri e la pubblicazione di un’intervista a Lavrov sarebbe stata un grande successo per il regime di Putin. Ma il ministero degli Esteri non ha tenuto conto di due cose…
In primo luogo, anche se pagate generosamente, le stronzate propagandistiche sono molto difficili da pubblicare sulle testate europee più autorevoli, proprio perché sono testate autorevoli. Bisognava puntare su testate marginali di destra e di sinistra, che hanno bisogno di soldi e pubblicano regolarmente ogni sorta di stronzate. Non citerò i nomi delle testate, non voglio aiutare nessuno.
In secondo luogo, sembra che al Ministero degli Esteri russo non sappiano quanto sia scadente il sito web del serio quotidiano Corriere della Sera. È incredibilmente lento e continua a coprire le proprie pagine con la richiesta di disattivare il blocco degli annunci pubblicitari, anche quando questo non è nemmeno installato sul computer (io non utilizzo blocchi pubblicitari perché non mi piace privare gli autori dei siti web dei loro guadagni). Di conseguenza, il loro sito è praticamente inutilizzabile e la sua audience è molto più ridotta di quanto potrebbe essere.
Ma al Ministero degli Esteri russo, a quanto pare, conoscono la stampa straniera solo in modo molto approssimativo. E questo non mi sorprende affatto: per esempio, so per certo che ai funzionari consolari è vietato comunicare con gli aborigeni fuori dall’orario di lavoro. Di conseguenza, conoscono a malapena la lingua del Paese in cui lavorano e parlano come se avessero semplicemente imparato alcune parole di base dal dizionario. È chiaro che in tali condizioni non hanno la possibilità di studiare le peculiarità della stampa locale. Si può logicamente supporre che i funzionari dell’ambasciata non siano molto diversi da quelli consolari in questo senso e quindi non siano nemmeno in grado di fornire consulenza al proprio ministero.