L’agenzia Reuters, dopo aver esaminato un telegramma interno del Dipartimento di Stato americano del 2 ottobre di quest’anno, ha scritto che le autorità statunitensi hanno incaricato i propri diplomatici di esortare gli alleati a votare contro la risoluzione dell’ONU che chiede la revoca dell’embargo contro Cuba, utilizzando come argomento il fatto che migliaia di cubani stanno combattendo tra le fila dell’esercito della Russia nella guerra contro l’Ucraina. Tuttavia, il Dipartimento di Stato si è rifiutato di fornire a Reuters dettagli sui mercenari cubani in Ucraina.
Si può dire molto sulla qualità dei dati e sul modo in cui vengono utilizzati dall’amministrazione Trump: spesso anche in termini giustamente negativi. Ma anche senza avere accesso alle statistiche ufficiali, è facile credere alla versione secondo cui un grande numero di cubani sta combattendo a fianco della Russia: vengono da un Paese molto povero e senza prospettive, il che significa che è molto facile attirarli con la promessa di guadagni elevati (secondo i loro criteri) anche in una guerra reale in un Paese lontano e freddo. Allo stesso modo, come ricorderete, centinaia di persone provenienti dall’India, dall’Africa e da altri luoghi sono già state attirate in guerra negli ultimi anni.
Eppure: la logica è una cosa buona, ma sarebbe bello avere dati un po’ più dettagliati e verificabili. Infatti, sulla base di questi dati si dovranno formulare accuse e scrivere la storia.
Trump ha dichiarato che la proposta di Putin di continuare ad attenersi alle restrizioni previste dal trattato sulle misure per l’ulteriore riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive (START III), che scadrà il 5 febbraio 2026, «sembra una buona idea».
Sicuramente vi ricordate che lo START III è un accordo tra Russia e Stati Uniti sulle misure per l’ulteriore riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive, firmato dai presidenti Dmitry Medvedev e Barack Obama nel 2010. L’accordo limita il numero di testate nucleari di ciascuna parte a 1550 e il numero di missili balistici intercontinentali, missili balistici su sottomarini e bombardieri pesanti a 700. Nel 2021 Putin e Biden avevano concordato di prorogare l’accordo per altri cinque anni.
Sicuramente potete immaginare anche quale schema sembra «una buona idea» a Putin: non prorogare l’accordo; proporre a Trump di rispettare l’accordo non prorogato; fare di nascosto quello che si vuole; ridere di Trump che sta rispettando da solo l’accordo non prorogato. Non sono sicuro al 100% che andrà così, ma sarebbe il comportamento tipico di Putin.
Mentre la dichiarazione «sembra una buona idea» di Trump è l’ennesima manifestazione del vecchissimo problema dell’Occidente nei rapporti con Putin: credere a quello che dice. Forse Trump è uno degli ultimi a non averlo ancora capito.
Invidio un po’ la Georgia, anche se un deepfake della Sandu ci aveva quasi azzeccato chiamandola una «colonia russa». La invidio perché quelli del Caucaso mediamente reagiscono in un modo più emotivo alle cose che succedono attorno, spero che proprio questo sia la loro salvezza:
Il duo canoro statunitense Carpenters (spesso erroneamente indicato con l’articolo «the») negli anni ’70 del XX secolo era molto popolare tra il pubblico e, allo stesso tempo, considerato portatore di uno stile musicale obsoleto dai critici (effettivamente, erano gli anni del dominio del rock). Avremmo potuto chiederci, a questo punto, a cosa servono i critici nelle forme d’arte popolari / commerciali, ma evitiamo: quasi la totalità dei loro nomi viene dimenticata dopo la chiusura della pagina con i loro articoli, mentre la musica criticata rimane con noi per decenni o secoli.
Pure la musica dei Carpenters, più di quaranta due anni dopo la fine della esistenza del gruppo (a causa della morte di Karen Carpenter, sorella e collega di Richard), a volte continua a capitarmi nelle varie fonti. Pur non essendo un grande fan del soft/pop rock e del pop, a volte trovo ascoltabile qualche loro canzone. Quindi oggi dedico a loro il post musicale del sabato.
Il motivo per il quale mi sono ricordato dei Carpenters proprio ora è la loro canzone «We’ve Only Just Begun» (dall’album «Close to You» del 1970) postata in una delle mie fonti musicali preferite.
In qualità della seconda canzone del post ho scelto una delle più famose del duo: la «(They Long to Be) Close to You» (sempre dall’album «Close to You»):
Ed ecco che vi siete un po’ aggiornati sulla storia della musica leggera dei tempi del dominio del rock…
Il governo russo ha approvato il progetto di bilancio federale per il periodo 2026–2028 (la «finanziaria» triennale è una vecchia praticolarità russa, viene approvata ogni anno). Il pacchetto completo di documenti non è ancora stato pubblicato, ma i principali parametri di bilancio e le modifiche fiscali annunciate dal Ministero delle Finanze ci permettono di trarre una conclusione sui piani del Cremlino: 1200 miliardi di rubli (quasi 12,5 miliardi di euro) saranno prelevati dalle tasche della popolazione nel 2026 e ridistribuiti a favore del bilancio e della guerra a scapito del benessere dei cittadini e delle imprese private.
E dato che sono inevitabili — in tutto il mondo — le notizie del tipo «la Russia spenderà di più per la guerra» (in un certa misura sicuramente vere), è importante capire quanto saranno utili a Putin quei soldi in più e quali effetti sulla economia russa potrebbero produrre quelle tasse in più. proprio a questo è dedicato l’articolo segnalato questo sabato.
Citando fonti ucraine e occidentali, il Financial Times scrive: la Russia ha probabilmente modificato i missili balistici che usa per colpire l’Ucraina, in modo che possano aggirare il sistema di difesa aerea Patriot. A giudicare dalle statistiche, negli ultimi mesi l’Ucraina ha intercettato molto meno spesso i missili balistici russi: se in agosto la difesa aerea ha intercettato il 37% dei missili, in settembre solo il 6%.
Non sono assolutamente un esperto di missili balistici e difesa aerea. Allo stesso tempo, ho una normale capacità di osservazione e logica, che mi hanno portato a pormi un’altra domanda retorica: era proprio necessario aspettare questo momento storico? È chiaro che in ogni guerra entrambi gli eserciti imparano rapidamente ed efficacemente qualcosa dalla pratica. Ma questa non è una scoperta del XXI secolo, e all’inizio della guerra in Ucraina si sarebbe potuto sostenere uno degli eserciti-allievi e schiacciare l’altro con la massa. Almeno con la massa delle armi, dei proiettili. E invece no: hanno aspettato tanto, fino alla modifica dei missili balistici russi. E ora sarà ancora più difficile aiutare.
Recentemente ho scoperto che il 4 ottobre di ogni anno – pare, a partire dal 1925 – si celebra la Giornata mondiale degli animali (World Animal Day). Proprio questa mia scoperta mi ha fatto ricordare un mio vecchio dubbio che ora ho trasformato in un sondaggio:

Mi piace cercare sempre una logica negli eventi. Anche se, per esempio, la mia visione delle pellicce nel XXI secolo è determinata dai motivi diversi da quelli degli animalisti.
N.B.: il sondaggio è anonimo per i votanti non registrati o non loggati sul sito. Il sondaggio più recente è sempre visibile sulla prima pagina del sito. Tutti i miei sondaggi sono raccolti su una apposita pagina.
La sera del 29 settembre sono iniziate a circolare notizie secondo le quali in tutto l’Afghanistan Internet è ora completamente «spento». Martedì 1° ottobre, poi, il movimento talebano al potere in Afghanistan ha annunciato che l’interruzione di Internet nel Paese è dovuta alla «distruzione dell’infrastruttura in fibra ottica». Attualmente le reti in fibra ottica sarebbero in fase di sostituzione, ma non è chiaro quando e se l’accesso a Internet verrà ripristinato.
Non voglio certo dare consigli a nessuno (e chi mai, a quei livelli, mi chiederebbe consigli?), ma il Governo russo ha molto da imparare dai suoi amici talebani, che siano da esso considerati terroristi o meno.
Supponiamo che un drone ucraino sia arrivato in una Regione russa: ormai possono raggiungere quasi tutte le zone della Russia. Raggiunge il bersaglio (secondo il linguaggio dei funzionari russi viene abbattuto dalla difesa aerea) e i detriti cadono a terra (non possono mica cadere verso l’alto!). I detriti possono essere di diverse dimensioni e a volte anche bruciare, quindi causano sicuramente dei danni. Questo è sufficiente: «l’infrastruttura in fibra ottica nella zona è distrutta» e non sappiamo quando sarà riparata. C’è qualcuno a chi dare la «colpa» e non è necessario inventare motivi per le interruzioni (come invece avviene negli ultimi mesi).
È vero, senza Internet è più difficile diffondere la propaganda, e i «criminali» più temibili ora si trovano lì (quelli che chiamano la guerra con la parola guerra). Ma di queste questioni ci si può occupare separatamente, più tardi.
Insomma, seguite le notizie.
Vladimir Zelensky comunica: i militari ucraini hanno iniziato una missione in Danimarca per diffondere l’esperienza nella difesa contro i droni. Sono arrivati per partecipare a esercitazioni congiunte (con i partner), che potrebbero diventare la base per un nuovo sistema di contrasto ai droni russi (e, teoricamente, non solo quelli russi).
L’UE, da parte sua, prevede di spendere 6 miliardi di euro per creare un sistema di difesa al confine orientale, utilizzando le tecnologie ucraine. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato che l’Ucraina riceverà 2 miliardi di euro per la produzione di droni e che il progetto sarà sviluppato in collaborazione con Kiev e la NATO.
Ecco, io che non sono Zelensky e non dipendo in alcun modo dagli aiuti europei (passati, presenti o futuri) posso mettere in evidenza una cosa banalissima: la situazione appena descritta è incredibile. Mentre l’UE — e l’Occidente in generale — continua a pensare come minimizzare gli sforzi per aiutare l’Ucraina nella sua battaglia difensiva, l’Ucraina inizia ad aiutare l’UE, in un nuovo modo, nella difesa contro l’aggressore pazzo dell’Est. Come se non bastasse che sta già combattendo. Non so se Ursula von der Leyen e i suoi colleghi se ne rendono conto.
L’altro ieri alle elezioni parlamentari in Moldavia il partito pro-europeo della presidente Maia Sandu ha vinto con il 50,17% dei voti: un po’ meno della volta scorsa, ma comunque abbastanza per formare un Governo di maggioranza. Il partito filo-russo (nel contesto attuale è da definire filo-putiniano) ha preso il 24,18% dei voti.
Potrebbe sembrare un po’ strano che proprio nel caso della minuscola e lontana Moldavia si parli tanto della interferenza russa nelle elezioni politiche. Ma in realtà le spiegazioni sono banalissime. In primo luogo, in uno Stato con circa 3,5 milioni di elettori per i «tecnici» della influenza è abbastanza facile ottenere un risultato visibile e quindi giustificare i propri stipendi. In secondo luogo, la Moldavia si trova in una posizione geografica attualmente molto interessante: dalla parte opposta (rispetto alla Russia) della Ucraina. Non ha molte possibilità di opporsi fisicamente all’esercito russo eventualmente intenzionato di passarci, ma almeno per ora mantiene la possibilità di opporsi politicamente.
Non solo la possibilità, ma anche l’intenzione. E allora faccio tutti i complimenti possibili agli eletori moldavi e a Maia Sandu.