Non so come, ma all’epoca mi ero perso la notizia: nel novembre del 2016 il Parlamento del Tagikistan escluse il 1° maggio dalla lista delle giornate festive non lavorative. Si tratta di un caso incredibile e unico nel quale tutto il mondo dovrebbe prendere l’esempio da uno Stato non particolarmente distinto per il benessere dei lavoratori (Tagikistan è una delle fonti principali della manodopera non qualificata a bassissimo costo per la Russia).
Secondo l’ideologia grazie alla diffusione della quale divenne possibile l’esistenza stessa della Festa del lavoro, è proprio nel lavoro che un essere umano si realizza, si forma, si guadagna il proprio posto nella comunità. È una visione della realtà parziale, ma condivisibile. Proprio per questo trovo assolutamente illogico privare le persone del lavoro esattamente nella data in cui esso si festeggia.
Il 1° maggio deve essere sempre e per tutti una giornata lavorativa. Anche quando cade di domenica. Per cazzeggiare (o sognare di poterlo fare) ci sono tutti gli altri giorni dell’anno.
P.S.: in Kazakistan a partire dal 1996 ogni 1° maggio si festeggia non la Festa del lavoro, ma la Festa della unità del popolo di Kazakistan. Il nome della nuova festa è una pesantissima presa in giro politico-sociale, ma ne parlerò, prima o poi, in un testo apposito.
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