Nel corso di queste [prime] tre settimane di guerra Vladimir Putin ha «raggiunto» alcuni risultati quasi sorprendenti. Ora non intendo alla catastrofe umanitaria, mi riferisco ad altro. Per esempio, ha portato al massimo il livello dell’unità nazionale ucraina, ha dato l’avvio alla fine della Russia che conoscevamo fino al 23 febbraio, ha ridotto al minimo la quantità degli scenari possibili della propria uscita dalla politica, ha indotto tantissimi ucraini e russi (e non solo, presumo) ad augurare apertamente la morte a una persona concreta… Tra i risultati meno traumatici c’è anche la trasformazione di Joe Biden – in un anno esatto – in un politico capace di dare le risposte concrete, intenzionalmente non diplomatiche: «Oh I think he is a war criminal».
In ogni caso, spero che non tenti nemmeno a raggiungere altri risultati di qualsiasi genere.
L’archivio del tag «ucraina»
Più o meno tutti conoscono la bandiera russa contemporanea, quella con tre strisce orizzontali di colori bianco, blu e rosso. Ufficialmente a quei colori non è stato attributo alcun significato, mentre diverse persone cercano di interpretarli secondo le proprie preferenze politiche o in base alla propria concezione del bello. Dal punto di vista araldico, tutte quelle interpretazioni sono di natura non vincolante, delle semplici fantasie.
Quasi tutti, ormai conoscono anche la bandiera Continuare la lettura di questo post »
La settima dell’8 marzo si potrebbe postare alcune foto tematiche che arrivano dall’Ucraina…
Tamara e Maria di Kiev, più giovani degli strumenti che si sono trovate a dover tenere tra le mani.
«Madonna dell’Ucraina».
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Di solito non piace la pubblicizzazione dell’aiuto, indipendentemente dal destinatario, dall’autore e dalle motivazioni di quest’ultimo. La compassione e altri sentimenti altrettanto positivi dovrebbero essere tra le doti basilari di una persona e quindi non costituiscono un motivo sufficiente per comprarsi un po’ di auto-pubblicità. Per distinguersi tra gli altri bisogna andare oltre a essere solo una brava persona.
Ma ieri ho saputo di una delle rarissime eccezioni: tre famosi e popolari personaggi russi hanno organizzato una raccolta fondi a favore dei cittadini ucraini che in questo periodo stanno fuggendo dalla guerra voluta da Vladimir Putin. Tale proposta di raccogliere i soldi è rivolta ai cittadini russi e ha due obiettivi. Il primo obiettivo è ovviamente quello di aiutare le persone che ora si trovano in una delle peggiori difficoltà possibili. Il secondo obiettivo è quello di dimostrare ancora una volta a sé stessi e al mondo che la vera Russia è meglio del presidente che ha voluto macchiare con la propria scelta criminale e personale tutti i concittadini.
Ecco, io vi racconto della iniziativa «True Russia» proprio per questo motivo. Per ricordare ancora una volta che la guerra in Ucraina è stata avviata dalle persone che non rappresentano i russi normali. Mentre i russi normali esistono, non sono pochi, sono contrari a questa guerra e stanno cercando di fare qualcosa con i mezzi disponibili ma limitati.
Gli organizzatori della «True Russia» sono:
Boris Akunin, uno famoso scrittore russo (ma non sono sicuro che i suoi libri migliori siano stati tradotti in italiano). Attualmente vive tra l’UK e la Francia.
Mikhail Baryshnikov, ballerino e coreografo che sicuramente conoscete almeno per sentito dire. Attualmente vive negli USA.
Sergey Guriev, professore di economia all’Istituto di studi politici di Parigi (Sciences Po) e l’ex chief economist all’European Bank for Reconstruction and Development (dal 2016 al 2019). Attualmente vive in Francia.
Il nostro pianeta è popolato, purtroppo, di persone con il senso dell’ammissibile molto vario, quindi è logico presumere che qualcuno possa anche tentare di guadagnare sulla guerra (qualsiasi guerra) e sulla crisi umanitaria connessa. C’è chi tenta di guadagnare non [solo] in soldi, ma ora mi concentro solo sull’aspetto economico. Infatti, avrebbe senso pubblicare quei link verificati dove vengono realmente raccolti i soldi per l’Ucraina e non per la Ferrari nuova di un ipotetico Tizio Caio. In questo modo le persone intenzionate di sostenere attivamente il primo Stato europeo aggredito possono avere la certezza di non sprecare le risorse.
I primi link verificati che posso proporre alla attenzione di tutti gli interessati:
– la pagina ufficiale per la raccolta fondi per l’esercito ucraino (si tratta del sito della banca nazionale ucraina);
– le informazioni su come è possibile aiutare i profughi ucraini in arrivo in Italia.
E poi vedete voi se conoscete qualche organizzazione o personaggio singolo affidabile…
Ogni sera, da alcuni giorni ormai, passando in piazza Duomo (a Milano) verso le 19:15, vedo questa piccola manifestazione contro la guerra in Ucraina. Si tratta di poche decine di persone (una trentina o poco più? boh, non si capisce molto) con una lunga bandiera ucraina e pochi slogan esclamati in italiano, in russo e in ucraino (a giudicare dall’accento, sono prevalentemente gli ucraini).
Un po’ mi dispiace che siano in pochi a manifestare, anche se capisco benissimo che la sera di un giorno feriale non è il momento ideale per aspettare una ampia partecipazione delle persone impegnate in quella vita quotidiana che rimane sempre importante per i singoli e per la collettività.
Allo stesso tempo, spero che un giorno si ripetano delle grandi manifestazioni che abbiamo visto in giro per il mondo nel fine settimana passato. Anche se osservando da anni il mondo posso constatare che la partecipazione alle manifestazioni può solo diminuire. Però qualche altra grande manifestazione sarebbe stata utile: perché una delle cose che infastidiscono maggiormente Putin è l’amore non condiviso da parte dell’Occidente (in tutte le sue forme, cominciando dalla comunità dei leader politici). Se il termine amore vi pare poco appropriato nel contesto delle relazioni internazionali, sostituitelo pure con l’amicizia. Ma la sostanza è la stessa: in oltre ventitré anni Putin ha percorso la strada da un politico orientato ai buoni rapporti con l’UE e la Nato a un politico che inizia una guerra di conquista in Europa proprio perché si sente – almeno a partire dal 2008 – una persona rifiutata. Una persona rifiutata dalla collettività la cui attenzione e benevolenza ha cercato di conquistare con tutta la sincerità e (oppure «ma»?) con tutti i modi a egli noti. Una persona rifiutata che ora si è arrabbiata e quindi tira le pietre contro le finestre chi lo ha rifiutato.
(Una tristissima curiosità: si dice che ora sarebbe depresso per il fatto che il suo esercito «liberatore» non sia accolto con gioia dagli ucraini!)
Ci vogliono – forse – diverse e intense manifestazioni per convincere definitivamente Putin o almeno una persona della sua cerchia (sì, ne basterebbe una ma coraggiosa) che non ha più senso insistere.
I numerosi «esperti» della politica internazionale amano appellarsi alla famosa citazione del generale e teorico militare prussiano Carl von Clausewitz:
La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.
Molto probabilmente l’autore di queste parole soffriva di una specie di malformazione professionale e tendeva, dunque, a elevare la guerra – il proprio ambito di studio – al rango dello strumento più importante tra quelli a egli noti.
Tutti gli altri, però, non dovrebbero sentirsi obbligati ad attenersi alla opinione di una sola, concreta, personalità vissuta secoli fa. Alle persone dotate di una minima capacità di analisi basterebbe ripensare alla storia mondiale – anche a livello delle conoscenze scolastiche – per accorgersi che la situazione reale sia di segno opposto alle parole di von Clausewitz: in realtà la politica a essere la continuazione della guerra. Infatti, tutti i governanti (Principi) si sono serviti della politica dopo avere vinto o perso una guerra. Nel primo caso non ne avevamo momentaneamente più bisogno, nel secondo caso non avevano le forze per continuarla (o iniziarne una nuova). Ma ogni qualvolta ce ne fosse la possibilità, si faceva la guerra.
Tantissimi studiosi autorevoli non se ne sono però accorti. Si sono accorti solo di alcuni aspetti formali, quasi estetici: per esempio, del fatto che nel mondo contemporaneo le guerre inizino senza una dichiarazione. Oppure del fatto che sia mutato il concetto del campo di battaglia. In pochi si sono accorti del fatto che la guerra può manifestarsi senza uno diretto scontro armato tra le due parti. Di conseguenza, in pochi si sono accorti che la Terza guerra mondiale ci sia già stata: è durata approssimativamente dal giorno del discorso di Fulton fino al giorno di caduta dell’URSS. E, infine, in pochi hanno notato che la Quarta guerra mondiale sia iniziata anni fa con la cosiddetta guerra ibrida (l’inizio della Seconda era stato in un certo senso simile). Iniziata per il volere di un leader che mentalmente vive ancora in un mondo che a) spartito in aree di influenza decise in base ai risultati della Seconda guerra mondiale; b) non è più necessario fare lo sforzo di continuare la guerra con la politica (diversamente da quanto hanno deciso gli Stati contemporanei).
Da tutto quello che mi è capitato di leggere in questi giorni non sono riuscito a capire bene quanto sia larga la comprensione di un principio preoccupante. La guerra attualmente in corso sul territorio ucraino ha le potenzialità per trasformarsi in una guerra mondiale di aspetto tradizionale, facilmente comprensibile a tutti. È importante capire che la guerra in Ucraina non è iniziata per finire in Ucraina. È importante capire che la vittoria – indipendentemente dai suoi costi – in questa guerra sarà un chiaro segnale per chi l’ha iniziata: «è un modo di fare praticabile», «si può rifarlo ancora». Si può rifarlo come si può rifare tutte le altre imprese passate impunite: per esempio, la guerra in Georgia nel 2008 o l’annessione della Crimea nel 2008. Dove rifarlo? Da qualsiasi altra parte: per esempio, in Finlandia (la quale ha fatto parte dell’Impero russo, quindi ci sarebbe il solito pretesto «storico»).
La Finlandia vi sembra «più europea» della Ucraina? Quindi iniziate a sentire più vicino il pericolo? Bene, molto bene!
Certo, si potrebbe anche prendere l’esempio da Chamberlain e tentare di non infastidire troppo quel tipo pazzo… Ma ci ricordiamo bene come si era sviluppata la cosa.
A causa di una certa sproporzione nelle dimensioni dell’aggressore e della vittima (ma pure nelle due propagande circa la potenza dei rispettivi eserciti), nessuno poteva immaginare che già il secondo giorno di guerra – già venerdì 25 febbraio – si potesse vedere le colonne dei mezzi russi danneggiati e abbandonati sulle strade ucraine:
È assolutamente giusto e doveroso parlare prima di tutto dei danni fatti alla vittima della aggressione. Ma è altrettanto interessante notare che l’esercito russo sta nascondendo – come lo ha sempre fatto – la portata delle proprie perdite. Non sono sicuro che ci sia solo uno (o quello principale?) motivo determinante di tale comportamento. Forse si ha paura di manifestare la debolezza o di dуmoralizzare i propri sostenitori? Boh, non sono pronto ad affrontare un argomento che per ora mi sembra abbastanza difficile.
E poi vediamo pure un video di un mezzo militare russo che investe un’auto civile. Probabilmente, voleva solo salvarla dai neonazisti. Il pensionato che era al volante si è salvato per miracolo.
Nell’autunno del 1862 l’etnografo, folclorista e poeta ucraino Pavlo Čubynskyj scrisse la poesia patriottica «Non è ancora morta l’Ucraina» («Ще не вмерла Україна»). All’inzio del 1863 la poesia venne pubblicata sulla rivista «Meta» di Leopoli e divenne quasi subito molto popolare. Nel periodo tra il 1862 e il 1864, poi, il compositore e sacerdote ucraino Mykhailo Verbytsky scrisse la musica per trasformare la suddetta poesia in una canzone. Non si conosce un periodo più preciso della composizione della musica, ma si ritiene che la prima esecuzione pubblica della canzone fosse avvenuta il 10 marzo 1865 durante un concerto dedicato alla memoria del poeta-simbolo ucraino Taras Ševčenko (morto il 10 marzo 1861). La canzone divenne in Ucraina ancora più popolare della poesia, tanto popolare da essere ritenuta da molti — in un periodo iniziale — di origini popolari.
Nel 1917, con la caduta dell’Impero russo e il sorgere della illusione di una imminente indipendenza dell’Ucraina, la canzone «Non è ancora morta l’Ucraina» divenne uno dei potenziali inni ucraini. Con la nascita e l’affermazione dell’URSS, però, l’adozione di una canzone patriottica del genere in qualità dell’inno divenne nuovamente impossibile. Solo il 15 gennaio 1992 il Parlamento della Ucraina finalmente indipendente adottò ufficialmente la musica di Mykhailo Verbytsky. E solo il 6 marzo 2003 in qualità dell’inno fu adottato pure il testo di Pavlo Čubynskyj.
Questa è la lunga storia del giovane inno ucraino ufficiale. Eccolo:
Esiste pure la versione rock dell’inno: è stata arrangiata dal musicista Mikita Rubčenko:
Spero tanto che questo inno torni presto a suonare nelle occasioni positive.
Alex Lourie, un fotografo del National Geographic, si trova in Ucraina e quindi ha la possibilità (è un po’ strano usare questa parola) di postare sul Twitter le proprie testimonianze fotografiche di quanto sta accadendo.
Russia has invaded Ukraine. They bombed a civilian apartment complex in Chuhuiv, near Kharkiv. pic.twitter.com/ZqSPYGm2iz
— Alexander Lourie (@AlexanderLouri4) February 24, 2022
La visione di tutte le foto non sarà un passatempo tanto allegro, ma viviamo in un mondo che è fatto così.