Ieri The New York Times ha scritto, riferendosi alle fonti governative, che il Joe Biden avrebbe dato alla Ucraina il permesso di utilizzare i missili ATACMS a lungo raggio di cui dispone per proteggere le unità dell’esercito ucraino che partecipano alla operazione nella regione russa di Kursk. La Francia e il Regno Unito hanno prontamente seguito l’esempio e hanno autorizzato l’Ucraina a utilizzare allo stesso modo i loro missili a lungo raggio SCALP e Storm Shadow.
Purtroppo, è come al solito una notizia positiva a metà.
Perché autorizzare l’utilizzo degli ATACMS solo nella regione di Kursk mentre la logistica militare russa è diffusa su tutto il territorio statale? Come negli anni precedenti, diventa solo una misura difensiva e non di prevenzione, dunque anche di una utilità minima.
Ora saranno forniti più ATACMS? Boh… Anche se ci fosse tale possibilità tecnica, non mi sono molto chiare le intenzioni.
Ci saranno altri tipi di autorizzazione nelle prossime settimane? Non so nemmeno questo.
Gli Stati europei non vogliono fare dei nuovi passi seri prima degli USA? La risposta a questa domanda, purtroppo, è per l’ennesima volta affermativa.
In conclusione, non posso non sottolineare che l’interpretazione della mossa di Biden come un avvertimento alla Corea del Nord è veramente ridicola: per Kim Jong-un la vita dei suoi sudditi-militari vale ancora meno che la vita di un qualsiasi essere umano per Putin (anche se sembra impossibile).
Di conseguenza, dico che si tratta di una misura minima tra tutte quelle che Biden poteva prendere alla fine della propria Presidenza, in un periodo in cui è politicamente libero di fare praticamente qualsiasi cosa.
L’archivio del tag «ucraina»
L’altro ieri The Washington Post ha scritto, riferendosi alle «proprie fonti», che Putin e Trump avrebbero avuto una conversazione telefonica il 7 novembre, nel corso della si è parlato anche della guerra russo-ucraina. Gli interlocutori del giornale hanno affermato che durante la conversazione il Presidente eletto degli USA ha messo in guardia Vladimir Putin da un’escalation in Ucraina.
Dmitry Peskov – il portavoce di Putin – ha da parte sua dichiarato che la telefonata in questione non ha avuto luogo.
Ebbene, le dichiarazioni di Peskov non ci interessano in quanto solitamente sono, nel migliore dei casi, di segno opposto alla realtà. L’argomento dichiarato della telefonata, invece, è molto curioso: cosa poteva intendere Trump per «una escalation in Ucraina»? Dopo tutto quello che ha fatto e sta facendo l’esercito russo in Ucraina, l’escalation può avere solo la forma di qualche arma di distruzione di massa. Quindi le presunte parole di Trump possono essere interpretate come «vai avanti così come lo stai facendo ora».
Poteva Trump dire una cosa del genere? Conoscendo il suo modo di esprimersi, direi che poteva.
Putin, invece, non poteva e non può ammettere che qualcuno gli abbia dato degli ordini su cosa e come fare. In generale, si sa che non gli piace essere sotto pressione. Allo stesso tempo, non sente di essere in grado di discutere pubblicamente con Trump. Di conseguenza, negherà quella telefonata in ogni caso, indipendentemente dal fatto che sia avvenuta o meno.
Ovviamente, ammesso che Trump si sia realmente dimenticato delle particolarità psicologiche di Putin.
Andriy Kovalenko, il capo del Centro per la lotta alla disinformazione del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale, ha dichiarato che il servizio Google Maps ha pubblicato immagini satellitari delle strutture militari ucraine dopo un aggiornamento delle mappe:
Immaginate la situazione. Google pubblica immagini aggiornate sulle mappe che mostrano il posizionamento dei nostri sistemi militari (non specificherò). Ci appelliamo a loro per risolvere il problema in fretta, ma c’è il finesettimana. Hanno altro per la testa.
Secondo Kovalenko, i rappresentanti di Google hanno però contattato le autorità ucraine dopo la reazione del pubblico alle immagini satellitari aggiornate.
Io non vado nemmeno a cercare quelle immagini pubblicate – sicuramente per sbaglio – da Google, non invito a cercarle nemmeno voi. Però utilizzo questo epic fail (che rischia di avere delle brutte conseguenze, anche se i militari russi hanno altre fonti delle informazioni) per ricordarvi uno dei principi-base degli sviluppatori: non pubblicare degli aggiornamenti importanti di venerdì (o di sera) se non sei disposto a lavorarci sopra per tutto il finesettimana (o per tutta la notte). È un principio che ho imparato ancora a scuola e mi sorprendo per il fatto che alla Google qualcuno è stato così sicuro di sé…
P.S.: so benissimo che non siete tutti degli sviluppatori, ma suppongo che il principio valga anche per molte altre professioni. Che ne so… uno il venerdì sera pubblica i dati finanziari sbagliati online, spegne il telefono e se ne va da qualche parte per il finesettimana / ponte…
Spesso è importante e interessante mostrare quelle immagini della guerra che nemmeno una persona intelligente e istruita avrebbe potuto immaginare: perché ci sono degli aspetti della vita alle quali una persona abituata ai decenni della pace non pensa proprio (ed è in un certo senso normale). Per esempio: la foto sottostante illustra come si preparano i palazzi per gli uffici ucraini al terzo inverno di guerra, quindi anche al terzo inverno dei bombardamenti della infrastruttura energetica ucraina da parte dell’esercito russo.
Per il terzo inverno consecutivo si parlerà, tra tantissime altre cose, anche del fatto che a causa della guerra l’Ucraina perderà una parte significativa del proprio patrimonio arboreo: perché, appunto, la gente – indipendentemente dal fatto che viva in città o in campagna – è molto spesso costretta scaldarsi, cucinare e produrre l’acqua calda utilizzando i «metodi di una volta». In alternativa a quelli più tecnologici ma messi fuori uso dalla guerra.
Non è il problema più grave legato alla guerra, ma è sempre uno dei tantissimi problemi creati.
Luke Pollard, il vice-ministro della Difesa del Regno Unito, ha dichiarato che 200 piloti ucraini che piloteranno gli F-16 hanno completato l’addestramento iniziale. La fase successiva sarà l’addestramento avanzato dei piloti di jet e la riqualificazione dei piloti sugli F-16 con la partecipazione dei Paesi partner.
È una notizia positiva? Sicuramente sì.
E ora proviamo a fare un piccolo (e banale) esercizio logico. Per ora l’esercito ucraino ha pochi F-16 (si sa che sono pochi, ma non si sa di preciso quanti). Istruire un pilota dell’F-16 costa sicuramente non poco, di conseguenza l’addestramento non è stato fatto senza motivo o per divertimento di entrambe le parti. Per pochi F-16 sono necessari 200 piloti? Anche se ipotizziamo che per lavorare sulla stessa macchina si daranno il cambio più persone, 200 persone sarebbero tante. Per 200 piloti sono necessari 200 aerei F-16? Molto probabilmente no, ma sicuramente ne servono molti più di «pochi». Le abilità di pilotaggio di un F-16 possono essere perse se non praticate? Sicuramente sì, come tutte le altre abilità.
Da tutto questo possiamo dedurre che sono arrivo (e a breve) tanti altri F-16 per l’Ucraina. Non si sa quali tecnologie avranno a bordo, ma sicuramente sono in arrivo.
Un’altra domanda da fare è: i soli F-16 sono sufficienti per cambiare radicalmente l’andamento della guerra? Purtroppo, la risposta è no.
Dmitry Peskov, il portavoce di Putin, ha dichiarato che il Cremlino considera il «piano di vittoria» di Vladimir Zelensky «miope» e «sconsiderato»:
Lo sfondo principale del ’piano’ è che lui [Zelensky] vuole formalizzare il coinvolgimento diretto della NATO nel conflitto sull’Ucraina. Questa è l’essenza di ciò che è stato almeno delineato, ciò che ha raggiunto la comunità mondiale. Quindi sta dicendo: sì, ragazzi, siete stati coinvolti prima, ma in modo non ufficiale. Ora rendiamolo ufficiale, facciamo in modo che la NATO sia qui. Questo è miope, sconsiderato, illogico nella sua situazione.
Io, a questo punto, non so se applaudire o ridere (ma forse non è il caso di fare due cose insieme). Da una parte, sono contento che Peskov ne abbia finalmente indovinata una. Dopo oltre tre anni e mezzo di guerra si è finalmente accorto del fatto che Zelensky spera in un aiuto più consistente della NATO. Dall’altra parte, tale speranza di Zelensky sarebbe stata «miope» e «sconsiderato» solo se Zelensky stesso fosse un agente russo infiltrato nel governo della Ucraina. Ma dato che non lo è, l’eventuale coinvolgimento diretta della NATO sarebbe stato uno dei suoi strumenti migliori per il raggiungimento della vittoria.
Vabbè, almeno Peskov mi ha fatto divertire un’altra volta…
Il candidato cancelliere tedesco Friedrich Merz (del CDU) ha proposto di dare un ultimatum a Putin: «Se la Russia non smette di bombardare l’Ucraina entro 24 ore, la Germania fornirà alla Ucraina armi a lungo raggio».
Triplo ahahaha: che idea geniale, Putin sicuramente si spaventerà e si darà alla fuga dopo avere sentito una (qualsiasi) minaccia.
Allo stesso tempo, bisogna riconoscere che una idea del genere non apparirebbe tanto ingenua se fosse stata espressa al momento giusto: alla fine di febbraio del 2024. Perché non era stato detto subito a Putin: «O tu, bastardo, ritiri immediatamente tutte le tue truppe o noi daremo alla Ucraina qualsiasi arma. In qualsiasi quantità»? Perché lui, effettivamente, aveva iniziato la guerra non solo essendo stato sicuro di poter vincere in pochi giorni, ma anche nella assoluta certezza che «l’Occidente non ha le palle per aiutare l’Ucraina». La realtà odierna dimostra che almeno sul secondo punto non sbagliava del tutto…
Il consigliere del capo dell’ufficio del presidente ucraino Serhiy Leshchenko ha dichiarato che i politici statunitensi di entrambi i partiti (democratico e repubblicano) stanno esercitando pressioni su Vladimir Zelensky per mobilitare uomini di età compresa tra i 18 e i 25 anni. «L’argomentazione dei partner è la seguente: quando c’è stata la guerra degli Stati Uniti in Vietnam, vi hanno preso le persone a partire dall’età di 19 anni. Quindi gli americani stanno suggerendo: le armi occidentali da sole non bastano, abbiamo bisogno di una mobilitazione a partire dai 18 anni».
Leshchenko ha aggiunto di poter confermare l’autenticità delle informazioni sulle pressioni esercitate su Zelensky, in quanto esse sarebbero «emerse». Ma non ha specificato in cosa si esprimono tali pressioni.
Boh… Supponiamo che esistano realmente le suddette pressioni e che non sia un tentativo di attribuire agli americani la colpa della mobilitazione dei più giovani. Allora nella logica americana descritta c’è un evidente difetto. Le armi accidentali non bastano non perché i giovani non sono chiamati in massa a combattere (e, spesso, a utilizzare le armi moderne che richiedono un alto livello di preparazione), ma perché sono quelle armi ad arrivare lentamente e in quantità scarse.
Insomma, in ogni caso si tenterebbe di scaricare la responsabilità sugli altri. E la squadra di Zelensky, purtroppo, deve abituarsi ancora di più all’idea di dover risolvere tutto con le proprie forze. Spero che ci riesca, ma non posso esserne sicuro.
L’altro ieri, nel corso del tradizionale discorso televisivo serale, Vladimir Zelensky ha dichiarato che la Corea del Nord non solo trasferisce armi alla Russia, ma invia pure i propri cittadini a combattere in Ucraina nelle fila truppe russe. In precedenza, The Washington Post aveva già citato funzionari ucraini e sudcoreani secondo i quali i militari della RPDC stanno già combattendo al fianco della Russia, mentre altre migliaia di soldati nordcoreani si stanno addestrando per andare a combattere in Ucraina in un secondo momento.
L’unica cosa che mi stupisce in questa quasi-notizia è il fatto che la pratica di mandare in guerra gli schiavi nordcoreani – in sostanza sono degli schiavi che sono passati da un padrone all’altro – non sia stata adottata molto prima. Infatti, a differenza dei nepalesi o degli indiani (o di tanti altri) mandati a combattere con l’inganno, i nordcoreani a) non saranno mai difesi dal proprio governo e b) non devono essere portati in Russia con degli schemi particolarmente fantasiosi.
Vanno dunque considerati pure loro delle vittime di questa guerra.
L’articolo che segnalo questo sabato è dedicato alla storia di una singola – ma una delle tantissime – persona: la detenuta e prigioniera (in tutti i sensi) politica Irina Navalnaya. È una ragazza ucraina di 26 anni fermata (in italiano si legge rapita) dai militari russi nell’area occupata di Mariupol e accusata di preparare un attacco terroristico durante il «referendum» sull’adesione della regione alla Russia.
Non è una parente di Alexey Navalny, anche se porta lo stesso cognome (al femminile): proviene da una zona dove quel cognome è abbastanza diffuso, ma non tutti i suoi portatori sono dei parenti tra loro. Allo stesso tempo, anche grazie al cognome famoso il caso di Irina è diventato largamente noto: non so se nel breve periodo la notorietà si rivelerà un fattore positivo nel suo destino, ma, almeno, oggi ci permette di scoprire alcuni altri dettagli della storia degli ultimi anni.