L’archivio del tag «ucraina»

L’uranio alla putiniana

Tra tutte le materie scolastiche che mi è capitato di affrontare ai tempi debiti, la mia «meno amata» era la chimica (N.B.: non considero l’educazione fisica una materia scolastica, ero riuscito a liberarmene in un modo poco legale ma efficace, spero che venga abrogata presto in tutto il mondo). Ma, nonostante tutto, in certe occasioni pure a me vengono dei forti dubbi circa la preparazione di alcuni personaggi anche in chimica (avranno comprato il loro diploma scolastico?). Per esempio…
Ieri  il noto ricercato internazionale  Vladimir Putin ha dichiarato che l’Occidente sta iniziando a fornire alla Ucraina delle munizioni all’uranio impoverito, definendole «armi con una componente nucleare». Evidentemente, questo analfabeta chimico non sa di cosa sta parlando. Vale anche per i suoi eventuali assistenti che gli preparano i discorsi pubblici.
L’uranio è un metallo bianco-argenteo con numero atomico 92. Non si tratta di una magia, stregoneria o delle componenti nucleari. Quel metallo, per la sua natura, è poco radioattivo. L’uranio si distingue per una densità elevata, superiore due volte e mezzo a quella del ferro. Proprio per questo esso viene utilizzato per i proiettili perforanti. Proprio per questo gli americani aggiungono l’uranio impoverito alla corazza dei loro carri armati. Non per danneggiare gli equipaggi dei propri carri armati, ma per proteggerli.
Un normalissimo Boeing 747 può contenere diverse centinaia di chilogrammi di uranio impoverito, utilizzato come peso di bilanciamento. Può anche trovarsi nella chiglia di un aliante o nelle protezioni per i raggi X. Etc. etc..
Non mi dispiace assolutamente che Putin sia un ignorante: grazie a tale sua caratteristica perderà un po’ prima del normale. Mi dispiace che sia ascoltato – anche in Europa – dalle persone che non verificano ciò che sentono.


I sosia impossibili

La notte tra il 18 e il 19 marzo il neo-ricercato Putin avrebbe visitato Marupol: la città che l’esercito russo ha distrutto prima di annettere. Si è trattato di una visita stranissima: un giorno prima dell’importante incontro con Xi Jinping avrebbe deciso di fare per la prima volta un giro in una località vicinissima al fronte. Sarebbe andato con pochissimi uomini scorta, avrebbe guidato in prima persona in mezzo a un traffico «normale», avrebbe trovato un tavolo apparecchiato durante una visita notturna a sorpresa in una abitazione privata, avrebbe stretto la mano a delle persone sconosciute (anche se solitamente fa stare in quarantena e/o a una buona distanza anche quelle conosciute) etc. etc.
Di conseguenza, oltre a scandalizzarsi per il solo fatto della visita, qualcuno tra i commentatori russi ha rireso il discorso sulla esistenza di almeno un sosia di Putin…
In realtà Russia (e non solo) si dice spesso e già da molto tempo che Vladimir Putin abbia almeno un sosia (o forse più di uno) che lo sostituisce in varie occasioni pubbliche.
Una cosa del genere si diceva, anni fa, anche di Iosif Stalin, il quale avrebbe lasciato un proprio «sostituto» a Mosca quasi assediata durante gli anni peggiori della Seconda guerra mondiale.
A mio autorevolissimo parere, le voci del genere non sembrano tanto realistiche (anche se ultimamente inizio ad avere qualche dubbio pure io). Le persone paranoiche non possono avere dei sosia.
Un sosia del Capo dello Stato è ideale per i cospiratori: permette di eliminare silenziosamente l’originale, di piazzare il sosia al suo posto e di governare mascherandosi con la figura obbediente di quest’ultimo.
Le voci sulla esistenza di un sosia sono ideali per i servizi segreti: permettono di definire come inutile la sola idea di ogni ipotetico attentato alla vita dell’originale. «Non sparate, non abbattete l’aereo, non lanciate le bombe contro l’auto perché al massimo uccidereste il sosia».
La comprensione della inesistenza del sosia conviene a noi perché ci aiuta a non intasare la testa con delle informazioni inutili.


Il mandato di arresto…

… sapete bene di chi…
Non tutti i giuristi – ma solo alcuni – hanno trovato le forze per dire pubblicamente una verità semplice e apparentemente scioccante: se quei bambini ucraini fossero stati uccisi e buttati in un fosso assieme agli adulti (invece di essere rubati e portati sul territorio russo), il mandato di arresto internazionale della Corte Penale Internazionale non avrebbe avuto luogo. O, almeno, non avrebbe avuto luogo ora.
Perché? Perché i vari crimini di guerra, comprese le uccisioni dei civili come quelle di Bucha etc., vanno analizzate in dettaglio: vanno identificate le vittime, raccolte le testimonianze, identificati i singoli esecutori, identificati i mandanti di vario livello etc. etc… Ci vorranno tanto tempo, tante persone e tantissimi soldi, quindi chissà quando si arriva a un livello sufficiente delle prove per poter emettere un mandato di arresto per qualcuno. Con il fatto dei bambini deportati, invece, è tutto più semplice: i vari rappresentanti dello Stato russo hanno già ammesso il fatto e lo hanno commentato pubblicamente più volte, confermando di fatto le denunce della parte ucraina. Di conseguenza, da punto di vista tecnico è molto più facile e veloce iniziare proprio dalla questione dei bambini.
Dei bambini che sono rimasti vivi, ma che spesso si trovano non si sa bene dove e in quali condizioni fisiche e psicologiche.
Ecco, meno male che ci sono io a trasmettervi alcuni concetti.
Resta da aggiungere solo una grande banalità: si tratta solo di un primo piccolo passo sulla strada della formulazione delle accuse. Si tratta di un «piccolo buco nella diga che si allagherà piano-piano fino farla crollare» (© un noto avvocato russo-ucraino).
P.S.: se volete fare delle analogie storiche, fatele pure: esistono anche quelle dirette.
P.P.S.: vedere Adolf che viene «incastrato» come Alphonse Gabriel è comunque un po’ «buffo»…


I due destini

A volte capitano, contemporaneamente, delle notizie belle da leggere insieme. Per esempio…
Ieri il Presidente ucraino Vladimir Zelensky ha firmato i decreti di licenziamento dei capi di tre amministrazioni regionali: quelle di Lugansk, Odessa e Khmelnytskyy. In particolare, Serhiy Gayday è stato licenziato da capo dell’amministrazione regionale di Lugansk: la stampa ucraina sostiene che dovrebbe essere presto nominato l’ambasciatore ucraino in Kazakistan.
Sempre ieri Vladimir Putin ha nominato Vladislav Kuznetsov, l’ex vice primo ministro della autoproclamata «Repubblica Popolare di Lugansk», capo del distretto autonomo della Chukotka («in cu… al mondo»).

Ma non dovrebbero essere i «conquistatori dei territori» a fare una carriera politica migliore? Ahahaha


Le auto lettone per l’Ucraina

In Lettonia esiste una legge in base alla quale le automobili sequestrate ai guidatori ubriachi (con il tasso alcolico superiore a 0,15%) vengono vendute all’asta o smontate per i pezzi di ricambio. Si tratta di un modo severo e allo stesso modo abbastanza curioso di affrontare un problema serio e diffuso: si potrebbe scrivere tante considerazioni in merito.
Ma oggi ne scrivo perché pure il fenomeno in questione è stato trasformato in una forma di aiuto all’Ucraina aggredita. Infatti, a febbraio il Parlamento lettone ha approvato un emendamento a una legge sul sostegno all’Ucraina, che consente il trasferimento a essa delle auto di proprietà statale. Dunque, anche delle auto sequestrate ai guidatori ubriachi: una volta arrivate, quelle auto saranno utilizzati per gli scopi militari e medici.
L’idea non è male, anche se a questo punto ho qualche dubbio sulla futura popolarità della causa ucraina tra gli automobilisti lettoni… Anche se non dovrei preoccuparmi della opinione di vari deficienti, compresi quelli che si ubriacano prima di guidare.


Bakhmut vista dall’alto

Quello di oggi è un breve video sullo stato attuale della città di Bakhmut. In teoria sapevamo già degli effetti della guerra in corso, ma dopo la visione di questo video sembra ancora più inconcepibile il fatto che rimangano ancora ben quattromila civili in città (su 70 mila dei tempi della pace).

E, ovviamente, non dimentichiamo che almeno all’inizio tutto questo si chiamava «liberazione».


L’ultima immagine

Ho notato che pure in Italia si è diffusa la notizia di quel video che mostra un altro militare ucraino fatto prigioniero e poi ucciso dagli invasori russi. Purtroppo, non è il primo. Purtroppo, non sarà l’ultimo. Ma, almeno, ora conosciamo il suo nome: Timofei Shadura Aleksandr Matsievskij. Le sue ultime parole sono state «Viva ‘Ucraina».
La morte di Timofei è la conseguenza di uno dei tantissimi crimini (sì, è un crimine nettamente descritto dalle norme internazionali e nazionali) che in un futuro non tanto lontano verranno esaminati da chi ne sarà competente.

In attesa dei suddetti eventi, condivido con voi una «rima storica»: Continuare la lettura di questo post »


L’umorismo apprezzato

Del video odierno volevo mostrarvi prima di tutto quei circa 15 secondi che iniziano nel punto dal quale lo faccio partire. Preciso che è accaduto in India, uno Stato che sta cercando di apparire neutrale e guadagna bene acquistando il petrolio russo a prezzi bassissimi.

E poi vi ricordo che il ministro Lavrov ha semplicemente ripetuto uno dei concetti che il suo capo pronuncia da oltre un anno.


La bellezza degli esempi

Purtroppo, solo ieri sera ho saputo di una iniziativa «artistica» interessante… In realtà, non so bene con quale espressione definire quella azione: probabilmente, rientrerebbe nell’ambito dell’art action. In sostanza, però, è stato un modo molto interessante – e secondo me efficace – di provare a spiegare a un europeo medio che cosa sia la guerra.
Il 24 febbraio lo staff del Berlin Story Bunker Museum e gli attivisti tedeschi Enno Lenzse e Wieland Giebel hanno piazzato davanti alla ambasciata russa a Berlino un carro armato russo distrutto dall’esercito ucraino nei pressi di Kiev durante i primi giorni della guerra. Si tratta di un carro armato russo T-72 prodotto nel 1985 e, nel corso della guerra in Ucraina, danneggiato da una mina anticarro durante la battaglia per Kiev nei pressi del villaggio di Dmitrovka, vicino a Bucha. Sul sito del museo si precisa che la macchina ha partecipato attivamente alle operazioni di combattimento e presenta una serie di fori provocati da armi di vario calibro: la piastra di protezione del dispositivo di puntamento Sosna-U del mitragliere è stata tagliata e ci sono una serie di segni dei colpi di armi leggere su tutta la parte sinistra del carro.
L’installazione è rimasta al suo posto fino alla mattina dell’1 marzo.
Ma il dettaglio più importante è che questo rottame (ormai lo è) è stato uno strumento di aggressione, una causa della morte e, come potete immaginare, un luogo della morte. È un pezzo «fresco» della guerra in corso che si può vedere e toccare.
Purtroppo, in Europa ci sono ancora dei cretini secondo i quali la guerra finisce se alla Ucraina vengono tolti o negati i mezzi di difesa e di contrattacco (sempre secondo gli stessi cretini sarebbe una fine normale, accettabile, della guerra). No, non finisce. Dal fronte orientale continueranno arrivare i carri armati dell’aggressore che si sentirà capace e autorizzato a invadere tutti quegli Stati che per qualche motivo non gli sono piaciuti. Spero che l’installazione berlinese abbia avvicinato almeno di un passo la comprensione di tale concetto.


La Cina elimina i dubbi

Le persone che seguono poco la politica internazionale (oppure non la capiscono) di fronte a ogni notizia circa le sanzioni contro la Russia – da anni, non solo nell’occasione di questa guerra – spensieratamente dicono: «Beh, tanto c’è la Cina…»
Lo stato reale delle cose ha già dimostrato una infinità di volte che la Cina non ha alcun interesse e alcuna intenzione di aiutare la Russia. Non le conviene economicamente perché è un mercato piccolo e povero. Non le conviene politicamente perché non vuole litigare troppo fortemente con gli USA e l’Europa (molto più potenti e ricchi). Può provare di sfruttare le risorse naturali e i territori russi, può utilizzare il territorio russo come una strada di passaggio verso l’Europa, ma non è disposta di rischiare facendosi coinvolgere in relazioni politiche o economiche troppo strette.
L’ultima testimonianza di tale concetto è il documento «La posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina» pubblicato il 24 febbraio dal Ministero degli Esteri cinese. Il documento è pieno di espressioni molto-molto diplomatiche… Talmente diplomatiche che non si capisce che senso abbia avuto pubblicarle.
L’unica dichiarazione da senso preciso e ben determinabile è contenuta al primo punto. Con quel punto la Cina, in sostanza, sta dicendo alla Russia: «uscite dal territorio ucraino internazionalmente riconosciuto e solo dopo parliamo di tutto il resto». La posizione mi sembra molto chiara:

1. Respecting the sovereignty of all countries. Universally recognized international law, including the purposes and principles of the United Nations Charter, must be strictly observed. The sovereignty, independence and territorial integrity of all countries must be effectively upheld. All countries, big or small, strong or weak, rich or poor, are equal members of the international community. All parties should jointly uphold the basic norms governing international relations and defend international fairness and justice. Equal and uniform application of international law should be promoted, while double standards must be rejected.

Meno male che c’è la Cina. E meno male che è riuscita mostrare le proprie reali intenzioni non solo ai dirigenti dello Stato russo, ma anche al pubblico internazionale.
P.S.: l’immagine con la quale posso illustrare al meglio il presente post è stata suggerita, involontariamente, dallo staff di Vladimir Putin. Vi ricordate il suo mega-tavolo diventato famoso poco prima della guerra? Ebbene, guardate come viene utilizzato da Putin quando egli si trova a parlare con un diplomatico dal quale vuole realmente qualcosa:

Che tristezza ridicola…