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Imparare storia online

Non mi capita proprio tutti i giorni, quindi ogni volta è una «bella» sorpresa: alcuni siti italiani di fatto mi impediscono la registrazione (o l’accesso ad alcuni servizi) perché sospettano una divergenza insuperabile tra i miei dati anagrafici e il mio codice fiscale.
Vi chiederete se io sia capace di inserire correttamente i propri dati?
Ahahaha triplo… No, siete voi che avete la fantasia un po’ povera!
Il motivo reale è molto più interessante: i creatori di molti siti italiani (ma in realtà anche dei database aziendali e istituzionali) non sanno che da qualche parte del nostro pianeta fino al 1991 è esistito uno staterello chiamato URSS. Uno staterello dove in quasi settant’anni di storia sono nate un po’ di persone. E, soprattutto, molte di queste persone continuano a spargersi per tutto il mondo. Nonostante tutto, molte di quelle persone nate (me compreso) in uno Stato non più esistente sono ancora in vita e devono in qualche modo interagire con le aziende e le istituzioni… Ed ecco che, molto spesso, non avendo alcuna possibilità tecnica di inserire (o scegliere dalla lista) in una form di registrazione il nome dello Stato dove mi ricordavo di essere nato – la form lo segna come nome di Stato sbagliato –, mi trovo costretto ad ammettere: nel lontano 1983 avevo già previsto tutto ed ero nato nella Federazione Russa ancora inesistente!
Purtroppo, i siti (e/o i vari database) non si accontentano di questa mia concessione alla storia moderna e al diritto internazionale e dicono:  «ah, ti abbiamo beccato!»  «ma allora il tuo codice fiscale è sbagliato!». Beh, effettivamente, nel mio codice fiscale lo Stato di nascita codificato è, giustamente, l’URSS e non la Federazione Russa…
A questo punto io, ormai totalmente confuso nelle mie conoscenze di storia, diritto e logica, ho solo due opzioni: andare a litigare con un operatore umano (il quale, come me, non ha alcun potere di raggirare le pretese della form) o falsificare il mio codice fiscale (codificando la Federazione Russa al posto dell’URSS). Con la pandemia del Covid ancora in corso, la prima opzione è molto meno praticabile di una volta: non per le mie fobie (non ne ho), ma perché lo hanno deciso le aziende e gli enti.
Non so ancora quale sia la morale di tutto questo. Devo essere contento per avere fatto delle scoperte storiche o per avere saputo della propria capacità di viaggiare nel tempo? Boh…
P.S.: non so se anche le persone nate, per esempio, nella ex Jugoslavia hanno lo stesso problema; proverò a indagare.
P.P.S.: se lavorate in una azienda o in un ente che per qualche motivo tratta i dati personali, provate a vedere se anche da voi esiste il problema descritto.


Le memorie di un militare perfetto

Non mi ricordo più bene chi mi abbia consigliato il libro del generale tedesco Fridolin von Senger und Etterlin «Neither fear nor hope», ma non importa. L’importante è che oggi io posso consigliare a voi questa opera impressionante, al confine dell’incredibile. Si tratta della descrizione di alcuni singoli momenti della Seconda guerra mondiale, raccontata da uno dei loro diretti e attivi partecipanti come se quei momenti fossero un banale gioco di ruolo o una partita sportiva. Momenti raccontati nei loro aspetti puramente tecnici con quasi lo 0% delle emozioni: se non ci fossero alcune – non particolarmente frequenti – considerazioni critiche nei confronti di Adolf Hitler (non posso valutare quanto siano sincere), si potrebbe addirittura pensare che si tratti di una raccolta di rapporti scritti trasformati in un libro di divulgazione storica. Solo gli ultimi capoversi di tutto il libro appaiono, a grande sorpresa, più tipici per un romanzo di avventura che per una raccolta di memorie rigorose: pare che l’ex alto ufficiale, essendo indubbiamente una persona altamente istruita e dotata di un certo stile, segnali in tal modo la trasformazione – almeno sulla carta – di un militare in un civile.
Insomma, è uno dei libri di storia più insoliti che io abbia mai letto.

Dal punto di vista dei contenuti, non so quale parte vi possa interessare di più (anche se non penso che si possa distinguere tra quelle più e meno importanti). Nel libro si parla dell’inizio della invasione della Francia, di alcune operazione nell’URSS, nel Nord d’Italia e in Sicilia, dei lunghi combattimenti nella zona di Montecassino e, infine, della prigionia nei campi americani e britannici. Considerata la mia «specializzazione», metterei in evidenza una osservazione di von Senger poco ovvia per molti nostri contemporanei sulla guerra in Russia.
Più o meno tutti si ricordano, fin dai tempi scolastici, del famigerato Generale Inverno che avrebbe aiutato a sconfiggere tutti gli invasori della Russia. Fridolin von Senger und Etterlin aggiunge, da parte sua, che nell’esercito sovietico era presente anche il Generale Buio:

In relazione alle difficoltà di adattamento delle truppe alle condizioni locali, ho spesso ricordato una situazione analoga. Un soldato occidentale è in svantaggio rispetto alla sua controparte russa perché è meno preparato all’oscurità. Quando dovevamo operare di notte, accendevamo le luci. Mentre i russi fanno ancora la maggior parte delle loro operazioni notturne al buio: le riparazioni, i rifornimenti di carburante e le lunghe marce durante le lunghe notti invernali. La notte per loro è una copertura segreta e un alleato, ma per un occidentale è un nemico e un’ulteriore fonte di paura in battaglia.
[pezzo tratto dal Capitolo 5, traduzione mia]

Direi che consiglio questo libro a tutti gli amanti veri della storia che hanno la disponibilità mentale ad ascoltare anche la voce della parte opposta. Volendo, potete provare a cercare l’edizione italiana: so che il libro è stato tradotto (il titolo italiano dovrebbe essere «Combattere senza paura e senza speranza», se ho capito bene). In inglese, comunque, si trova senza grossi problemi.


A destra o a sinistra?

Una volta mi è capitato di leggere di un curioso gioco storico: bisogna ricordare (o trovare), raccontare e spiegare la scelta «più sbagliata» presa da un essere umano. Provo a riportare alcuni esempi che mi è capitato di leggere in qualità delle risposte a questo gioco: oggi è un giorno adatto per farlo.
Negli anni ’60 del secolo scorso l’ecologista zimbabwese Allan Savory giunse alla conclusione che sarebbero gli elefanti a causare la desertificazione. Questa idea portò all’abbattimento di circa quaranta mila animali. Ma poi si è scoperto che in realtà gli elefanti impediscono la desertificazione.
La decisione di Mao sullo sterminio di passeri. Il risultato è noto: milioni di persone sono morte di fame.
La decisione della commissione d’esame di non ammettere Adolf Hitler all’Accademia delle Arti di Vienna. Chissà se sarebbe riuscito a sfogarsi in qualche modo alternativo a quello noto…
La decisione degli scozzesi di invadere l’Inghilterra durante l’epidemia di peste a metà del XVII secolo.
La decisione di un falegname – che eseguì dei lavori per un povero pittore – di farsi pagare con una bottiglia di vino invece che con un quadro. Le opere di Edvard Munch non gli piacevano proprio.
La decisione di George W. Bush di invadere l’Iraq nel 2003. Si sostiene che sia stata una delle cause della nascita dell’ISIS.
La decisione del 1947 sul tracciamento della Linea Radcliffe che divideva l’India britannica in India e Pakistan. Radcliffe non era mai stato in India prima di quella occasione e questo ultimo fatto era visto come un vantaggio: non poteva essere accusato di (s)favorire una delle due parti. I risultati dei conflitti sulla base religiosa sono ormai noti.
La decisione del sultano Murad IV di esiliare nella provincia l’inventore Hezarfen Ahmet-Chelebi che volò per 3,5 chilometri attraverso il Bosforo con le sue ali artificiali nel 1632. Il sultano avrebbe invece potuto investire già allora nella aviazione.
La decisione di Ronald Wayne, uno dei cofondatori della Apple, di vendere la propria quota del 10% per 800 dollari nel 1976. Oggi quelle azioni valgono circa 228 miliardi di dollari.
La decisione della Xerox, che di fatto ha inventato il computer moderno (Xerox Alto del 1973), di non produrre i computer in serie.
La decisione della famiglia Eltsin sulla scelta del successore di Boris.
La decisione di David Cameron di indire il referendum sulla Brexit.
La decisione di Anatoly Dyatlov su come testare la modalità «runaway turbine generator» a Chernobyl.
La decisione di un gruppo di amici di comprare due grandi pizze per 10.000 bitcoin nel 2010. Oggi quei bitcoin valgono quasi 380 milioni di dollari.
La decisione di Kaiser Guglielmo di licenziare il cancelliere Bismark. Questo portò a un cambiamento nella politica tedesca e pose le basi della Prima guerra mondiale.
La decisione del sultano egiziano Al-Ashraf di acquistare venti mila schiavi dall’Orda d’Oro e di trasformarli in un esercito mamelucco invincibile. Ma sono stati proprio i Mamelucchi a prendersi il potere in Egitto.
Insomma, di esempi più o meno noti ce ne sono tantissimi. Un gioco del genere non finirà di certo per l’esaurimento degli esempi storici.


La promessa di una legge

La città di Liverpool è stata esclusa dalla lista del Patrimonio dell’umanità della UNESCO perché la sua amministrazione si sarebbe «permessa» di programmare la riqualificazione e la modernizzazione della sua zona portuale…
Capisco che è importante tutelare l’aspetto storico di certe zone del nostro pianeta, ma, in qualità del futuro Presidente del mondo (sarò io a nominarmi), non posso non anticipare anche un altro principio importantissimo. Sotto la mia presidenza, non saranno escluse dal Patrimonio dell’umanità tutte le città capaci di crescere e svilupparsi con una giusta continuità stilistica. Perché la tutela della storia non deve trasformare il nostro habitat in una forma architettonica della lingua latina. Questa ultima, non a caso, è considerata morta da secoli.
Ho dato dell’assassino alla UNESCO? Si potrebbe dire anche così.


Prepararsi prima?

Nel 1961, prima della invasione della baia dei Porci, negli USA era stata preparata una moneta d’argento (il diametro pari a 3,7 cm e lo spessore pari a 0,2 cm) che avrebbe dovuto ricordare la vittoria nella suddetta operazione.
Sappiamo tutti da tempo come andata. Ma solo nei giorni scorsi la CIA ha pubblicato sul proprio sito le immagini della moneta e una breve descrizione.

In realtà, più che una moneta, sembra un gettone: Continuare la lettura di questo post »


Da cannibale a imperatore

Qualcuno dei presenti potrebbe ricordare che oggi è il duecentesimo anniversario della morte di Napoleone Bonaparte. Tale data storica è, secondo me, un buon pretesto per sfatare uno dei piò grandi miti legati alla figura del suddetto personaggio storico.
Penso che sia capitato a molti di leggere, almeno una volta nella vita, dei titoli giornalistici pubblicati sulla stampa francese nei giorni del ritorno di Napoleone dalla isola d’Elba. Mentre Napoleone si stava avvicinando a Parigi, i giornali avrebbero pubblicato questa sequenza di comunicati:
1. L’antropofago è uscito dalla sua tana.
2. L’orco della Corsica è appena sbarcato al Golfo di Juan.
3. La tigre è arrivata a Gap.
4. Il mostro ha dormito a Grenoble.
5. Il tiranno è passato per Lyon.
6. L’usurpatore è stato visto a sessanta leghe dalla capitale.
7. Bonaparte avanza a grandi passi, ma non entrerà mai a Parigi.
8. Napoleone sarà domani sotto i nostri bastioni.
9. L’imperatore è arrivato a Fontainebleau.
10. Sua Maestà Imperiale e Reale ha fatto il suo ingresso ieri nel suo castello delle Tuileries in mezzo ai suoi fedeli sudditi.
Ebbene, si tratta di un grandissimo esempio di fake news. Si distingue dagli altri solo per il fatto della notorietà del suo autore: Alexandre Dumas (padre). Nella vita reale tale sequenza di comunicati non è mai esistita.
Ma, in ogni caso, aggiungo anche una mappa:

Purtroppo o per fortuna, ognuno ha la possibilità di riscrivere la storia modiale un po’ come gli pare…


Prima dei femminili onnipresenti

Nel 1384 Edvige, la figlia undicenne del re d’Ungheria Luigi I il Grande, fu proclamata re della Polonia. Infatti, in base alla legge la Polonia poté essere governata solo da un re, ma da nessuna parte fu scritto che il titolo del re possa appartenere solo a un maschio.

Facendo gli auguri a tutte le lettrici, vorrei ricordare che la libertà e la parità iniziano sempre nelle teste, compresa la propria.


90 anni di Gorbachev

Non penso che ci sia il bisogno di presentare il protagonista del post di oggi. Quindi passo subito al pretesto che mi permette di scriverne.
Oggi Mikhail Gorbachev compie 90 anni.

Oltre a fare gli auguri (come se ci fosse anche una minima probabilità che egli se ne accorga), colgo l’occasione per ricordare quel falso mito che viene associato al nome di Gorbachev un po’ in tutto il mondo. Infatti, mi è capitato di sentire da molte persone – provenienti non solo dalla Russia o dall’Italia – delle frasi del tipo «Gorbachev ha fatto crollare l’URSS». Mah… se il lavoro di un anatomopatologo fosse sempre considerato la causa di morte, ci troveremmo oggi in un mondo abbastanza strano.
Il problema sta nel fatto che Gorbachev è stato un anatomopatologo che ha tentato di fare il lavoro di un rianimatore. Attraverso una serie di misure / riforme di vario genere (alcune sensate e alcune un po’ meno) Gorbachev ha tentato – con un grado di successo che ormai non ha più senso di commentare – di rianimare un grosso cadavere puzzolente e di colore viola, dimenticandosi (?) del problema principale: il corpo sul tavolo non aveva più alcuna ragione di vivere. Per un periodo abbastanza lungo, più o meno fino alla metà degli anni ’60, nell’URSS rimaneva ancora almeno una illusoria credibilità della ideologia statale. Di quella ideologia che era ancora capace di caricare molte persone di entusiasmo, di convincere che si stia costruendo un mondo migliore, «più giusto». Ma di fronte alla evidente realtà tutte le illusioni prima o poi svaniscono. Assieme a loro viene automaticamente meno anche la motivazione di mantenere in piedi ogni genere di entità che da quelle illusioni venivano motivate a funzionare e svilupparsi. Vale per le compagnie di amici, squadre sportive, aziende, Stati etc.
Mikhail Gorbachev non ha saputo, non ha voluto o non si è accorto di dover (sottolineate pure quella che preferite) rinnovare l’aspetto ideologico dell’URSS per proporre alle persone comuni e ai dirigenti locali qualche nuova (magari meno scadente, più attuale per quei tempi) motivazione alla futura vita comune. Di conseguenza, in occasione del tentato colpo di Stato nell’agosto del 1991 – quando alcuni vecchi gerarchi sovietici avevano tentato di difendere lo status quo a loro tanto conveniente – molte persone avevano capito: la scelta tra il passato noioso (da vomito) e il futuro nebbioso (ma forse migliore) va fatta ora. Il risultato è noto. Ma allo stesso tempo in molti preferiscono dimenticare che Mikhail Gorbachev aveva assistito al realizzarsi di quella scelta da prigioniero in una residenza in Crimea.
Mikhail Gorbachev è forse quel governante russo (nel senso largo del termine) degli ultimi trentacinque anni di storia, nei confronti del quale ho meno parole negative da dire o scrivere.
E quindi gli faccio serenamente gli auguri.
P.S.: per levare ogni dubbio, preciso: sono infinitamente felice che almeno l’URSS non esista più.


La corazzata Potëmkin

Ben 95 anni fa, il 21 dicembre 1925, fu proiettato per la prima volta nella storia il famoso film di Sergej Ejzenštejn «La corazzata Potëmkin» (la sede della proiezione fu il Teatro Bošloj).
Si tratta di un film molto apprezzato (almeno dalla critica, ahahaha) e studiato. Quasi nessuno, però, si rende conto del fatto che «La corazzata Potëmkin» è anche uno degli esempi più clamorosi della influenza di una opera d’arte sulla coscienza delle persone. Infatti, Ejzenštejn riuscì a convincere tutto il mondo che la nave «Knjaz Potëmkin Tavričeskij» (il nome completo) sarebbe stata veramente una corazzata. Mentre in realtà fu un cacciatorpediniere: un tipo di nave molto diverso. Le motivazioni artistiche che spinsero il regista a tale falsificazione tecnica sono ancora da scoprire (probabilmente, volle solo abbellire il titolo del film secondo qualche proprio criterio estetico?).

Intanto pure la Wikipedia ripropone l’errore in tutte le sue versioni linguistiche.


Leslie Jones

Il fotografo Leslie Jones (12/X 1886 – 8/XII 1967) non amava essere chiamato giornalista e si autodefiniva «camera man». Molto probabilmente si tratta di una modestia esagerata. Infatti, per 39 anni – dal 1917 al 1956 – aveva lavorato per il giornale Boston Herald-Traveler, immortalando in oltre 40 mila foto la vita quotidiana della propria città. Aveva fotografato non solo gli eventi ufficiali e di cronaca, ma anche tutte quelle cose che avremmo rischiato di perdere, dal punto di vista grafico, per sempre solo perché vengono puntualmente snobbate dai turisti e dai fotografi interessati solo alla loro concezione molto dubbia dell’arte fotografica.

Fortunatamente, all’inizio degli anni ’70 la famiglia di Leslie Jones aveva donato il suo archivio fotografico alla Boston Public Library. La quale, a sua volta, ha provveduto – appena è stato tecnicamente possibile – di pubblicare la maggioranza delle foto su internet. Quindi oggi tutti hanno la preziosa possibilità di vedere le immagini di quei quattro decenni di storia di almeno una città statunitense.
Studiando quell’archivio, ho scoperto che una delle sue sezioni più grandi è dedicata agli incidenti stradali. Incidenti avvenuti in una epoca caratterizzata da un grado di motorizzazione talmente basso che ci potrebbe oggi sembrare incredibile la quantità degli schianti avvenuti annualmente.

Ma le sezioni nelle quali è suddiviso l’archivio sono in realtà numerose e di contenuto molto vario: Continuare la lettura di questo post »