Il Shrine of Remembrance a Melbourne fu inizialmente dedicato ai militari caduti nella Prima guerra mondiale. Col tempo, poi, è diventato un monumento a tutti gli australiani caduti nelle guerre.
Al centro dell’edificio che vedete sulla prima foto si trova la Pietra di Commemorazione (Stone of Remembrance) con la frase Continuare la lettura di questo post »
L’archivio del tag «monumenti»
Probabilmente lo avete già letto: il 19 giugno a New York è stato inaugurato un nuovo monumento a George Floyd. Sarebbe questo:
Senza commentare la figura di questo strano personaggio (sì, so essere diplomatico) e quindi l’opportunità di dedicargli dei monumenti, ho una domanda di importanza storica.
Il cosiddetto «white face» non sarebbe un problema?
Per me più no che sì, ma ho alcuni dubbi sul fatto che tutti lo debbano dare per scontato. Soprattutto quando inizia da un personaggio che – indipendentemente dalla fine che ha fatto – era quello che era.
I sostenitori della esistenza del cosiddetto «governo mondiale» potrebbero prendere in considerazione una nuova — poco ovvia — conferma della ragionevolezza delle loro teorie complottistiche. È probabile, infatti, che sia stato proprio il suddetto governo a ordinare l’installazione in tutte le città del mondo dei monumenti molto simili tra loro. Intendo quei monumenti costituiti dalla scultura di un personaggio storico seduto su un lato di una panchina. Pochi giorni fa ho scoperto un esemplare abbastanza recente pure a Milano:
Non faccio nemmeno finta di conoscere il poeta bulgaro Pencho Slaveykov, ma mi limito a constatare che lo scultore stava Continuare la lettura di questo post »
Nel corso di quasi tutto il 2020 hanno dominato, purtroppo, le notizie su un solo argomento e quindi ci siamo un po’ dimenticati di una delle nuove tendenze mondiali: fare la guerra al passato tramite l’abbattimento dei monumenti dedicati ai personaggi storici. Proprio nell’ottica di questa tendenza potrebbe sembrare interessante il progetto del fotografo parigino Benoit Lapray, il quale ha sostituito (graficamente) i vari monumenti di Parigi con delle figure dei supereroi di fantascienza.
Ma io devo constatare che pure quei personaggi rischiano fortemente di cadere in disgrazia in un futuro non particolarmente lontano. Perché, col passare del tempo, nelle teste di molte persone (oppure è meglio dire generazioni?) cambiano gli standard del livello di violenza accettabile nelle opere culturali. Così, per esempio, potrei pensare ai romanzi di Henry Rider Haggard che mi piacevano tanto nella prima età adolescenziale: chissà come mi guarderebbero molti genitori di oggi, se avessi consigliato ai loro figli dei libri dove si va regolarmente a caccia di animali selvatici più o meno rari o si usa affidare i lavori più pesanti e pericolosi agli aborigeni «privati di diritti». Anche se, obiettivamene, i libri di Haggard sono belli e interessanti (ai consigli letterari più concreti dedicherei uno spazio a parte).
Insomma, sostituire gli eroi del passato con degli eroi immaginari – che prima o poi risulteranno immaginati dalle persone del passato – non è una soluzione. O, almeno, è una soluzione temporanea.
Ma, intanto, vediamo cosa si è inventato Benoit Lapray (solo alcuni esempi): Continuare la lettura di questo post »
Non è ancora passato un virus, ed ecco che ne arriva un altro: più pericoloso perché non curabile per via farmacologica.
Le grandi masse di persone in tutto il mondo hanno deciso – per l’ennesima volta – che fosse possibile rivalutare il passato secondo i criteri morali di oggi. E l’assurdità dei dettagli non è inferiore a quella dell’idea generale: a Milano il primo bersaglio è diventato Indro Montanelli (si vedano il tentativo 1 e il tentativo 2).
La storia di un qualsiasi Paese preso a caso è piena di guerre, commercio degli schiavi, genocidio e crimini di massa. L’Impero Roma, L’Impero mongolo, il Califfato, l’Impero ottomano, l’Inghilterra, la Francia, la Spagna, la Germania, la Cina, il Giappone, gli Stati Uniti, l’URSS e così via.
Pure l’Italia contemporanea è piena delle rappresentanze (ma anche monumenti e rapporti giuridici con) di uno micro-Stato che si basa su una ideologia che nel corso di lunghi secoli ha causato – e continua a causare tutt’oggi – milioni di morti in tutto il mondo: attraverso l’inquisizione, le crociate, le guerre e le persecuzioni scatenate per motivi religiosi.
Per la pace comune e la serenità interiore conviene capire presto due principi importantissimi. In primo luogo, il nostro mondo è una continua evoluzione. In secondo luogo, il principio di non retroattività non è solo un concetto giuridico: si applica anche ai valori morali.
Di conseguenza, le vie percorribili sono solamente due:
1. Demolire quasi tutti i monumenti ai grandi personaggi della storia. Ma in questo caso prepariamoci al fatto che un domani, in un’altra fase dello sviluppo della società, verremo «demoliti» pure noi. Perché? Per esempio, perché abbiamo «sfruttato» le donne delle pulizie latinoamericane o i conducenti dei tram arrivati dal Sud Italia. Oppure perché abbiamo «maltrattato» i figli bocciati, ammazzato delle zanzare, detto delle bugie, mangiato della carne etc.
2. Riconoscere che nella storia della nostra civiltà sono successe molte cose. Molte cose che oggi ci sembrano negative, ma che ormai appartengono al passato. Cerchiamo dunque di trarre delle giuste conclusioni e di fare in modo che non si ripetano più.
La seconda via è molto più lunga e difficile. Forse per questo motivo è anche poco popolare. Ma io spero che diventi presto di moda.
Esattamente 95 anni fa, il 21 gennaio 1924, è schiattato Vladimir Lenin: la «guida del proletariato mondiale», un buon politico dedicatosi alla dubbia causa, amante dei metodi che solo per una serie di coincidenze conosciamo come «staliniani», un ex avvocato promettente…
Sfruttando la ricorrenza odierna, vi racconterei però di un altro aspetto leniniano: dei monumenti in sua memoria.
A nessun altro personaggio storico vissuto sul nostro pianeta è stata dedicata una quantità simile di monumenti. Infatti, ai tempi dell’URSS su tutto il territorio dell’Unione (1/6 della terraferma) fu imposto il culto quasi religioso della venerazione di Lenin. In seguito al crollo del regime comunista e alla comprensibile distruzione di massa dei monumenti di Lenin in Ukraina, Polonia e nelle repubbliche baltiche, la quantità complessiva dei monumenti è diminuita notevolmente. Ma si sostiene comunque che ce ne siano ancora più di 9 mila in piedi.
Non posso commentare le stime sulla quantità, ma posso mostrarvi alcuni degli esemplari più interessanti.
Ufficialmente, il primo monumento a Vladimir Lenin è stato eretto davanti alla entrata della «Manifattura Glukhovskaja» a Noginsk (in provincia di Mosca) il 22 gennaio 1924, quindi il giorno seguente la morte di Lenin.
Tra i numerosissimi monumenti comparsi nei decenni successivi alcuni sono diventati canonici. La forma canonica è caratterizzata dal fatto che la figura di Lenin indica qualcosa con la mano (la giusta via?), proclama qualcosa o manifesta Continuare la lettura di questo post »
Sappiamo tutti, almeno per sentito dire, quanto è ben affermato il cattolicesimo nella Polonia contemporanea. Come in tante altre parti del mondo, anche in Polonia la grande religiosità viene esibita con delle opere il cui valore simbolico di appartenenza molto spesso prevale nettamente su quello estetico. E, soprattutto, nemmeno con un microscopio si vedono altre loro utilità.
Sicuramente la maggioranza dei miei lettori è da tempo informata sella esistenza della statua di Cristo Re, eretta sul territorio della città polacca Świebodzin. L’altezza complessiva del monumento è di 52 metri (mentre, per esempio, la statua brasiliana di Cristo Redentore è alta, assieme al piedistallo, appena 39,6 metri).
L’aspetto della statua di Cristo Re di Świebodzin è questo:
Per scoprire tutte le caratteristiche tecniche della statua esiste la Wikipedia. Solo un fatto – quello più importante e interessante – viene taciuto da quasi tutte le versioni linguistiche del relativo articolo. Ebbene, sono qui per illuminarvi!
All’interno della corona della statua sono installati i trasmettitori tecnici del Wi-Fi.
Cristo che condivide l’internet con la gente bisognosa è una immagine piena di simbolismo.
P.S.: i preti italiani stanno ancora pensando a come far tornare la gente nelle chiese?
Ho appena scoperto che di recente nei Giardini Vaticani è stato inaugurato il monumento al poeta, monaco cristiano, teologo e filosofo mistico armeno Gregorio di Narek (951–1003), considerato santo e dottore della Chiesa cattolica.
Ma il monumento, secondo me, ci dice molto più sui sogni proibiti degli abitanti del Vaticano che sul personaggio al quale è dedicato:
Il 12 aprile in Russia (e ormai solo in Russia) si festeggia – in memoria dello storico volo di Yuri Gagarin – il Giorno dei cosmonauti. Il primo cosmonauta russo viene però ricordato anche in alcuni altri Stati. Così, per esempio, l’8 aprile 2018 a Belgrado è stato aperto un monumento stranissimo:
In pratica, si tratta di un busto relativamente piccolo posizionato sopra un piedistallo di notevoli dimensioni. Di conseguenza, una persona di altezza media è visibile solo la parte dalla fronte in su.
Anzi, era visibile. Va utilizzato il passato perché già il 10 aprile, dopo le numerose pubblicazioni dei cittadini sui social networks (per esempio, si soteneva che il busto sarebbe visibile solo dallo Spazio e che sarebbe stato posizionato a tale altezza per non essere rubato) il monumento è stato smontato «per essere migliorato».
Prendendo spunto da questo piccolo episodio della ordinaria scarsa creatività degli esseri umani, ho iniziato a ragionare su come dovrebbe essere un monumento ideale a un cosmonauta/astronauta. E forse l’ho capito: deve essere un mix tra lo sfortunato monumento di Belgrado e quello inaugurato a Mosca il 4 luglio 1980. Dovrebbe secondo me essere una gigantesca freccia indirizzata verso l’alto e recante la scritta «Il cosmonauta X è stato lì».
Regalo questa idea agli scultori che vogliono dedicarsi alle opere monumentali.
Tanti di voi conoscono il nome di Mikhail Kalashnikov, l’ingegnere al quale viene attribuita l’invenzione del famoso fucile AK-47 (in realtà sulla paternità della invenzione ci sono dei grandi dubbi). Mikhail Kalashnikov morì il 23 dicembre 2013 all’età di 94 anni.
A Izhevsk, la città nella quale viene prodotto l’AK-47, è stato installato il suo busto.
Ma pure un monumento intero.
Mentre in Egitto esiste un monumento dedicato al fucile.
Martedì 19 settembre 2017 a Mosca è stato invece inaugurato un monumento a entrambi.
Il piedistallo di granito è alto 4 metri, mentre la statua di bronzo 5,8. La «qualità» artistica si vede già dalla foto. E, effettivamente, non si poteva aspettare di più dal suo autore Salavat Sherbakov, già noto per diverse altre statue di valore discutibile.
Oltre all’aspetto estetico, il monumento si distingue per lo schema del fucile tedesco STG44 raffigurato sul piedistallo: non si capisce se lo scultore non sappia distinguere i due fucili oppure abbia voluto immortalare il plagio di Kalashnikov…
Ma l’aspetto più curioso sono le parole del ministro della cultura russo Vladimir Medinsky (un personaggio stranissimo) che nel corso della inaugurazione del monumento ha definito l’AK-47 «uno dei più grandi brand culturali della Russia». Probabilmente vi sembrerà strano, ma io avrei preferito che la Russia avesse qualche altro brand culturale al posto di un «kalashnikov». Quindi aggiungo l’ultima opera del grande caricaturista russo Sergey Elkin:
Preciso, infine, che la produzione dell’AK-47 non apporta alcun vantaggio alla economia russa. Pur essendo una delle armi più usate al mondo dagli ’50 in poi, esso non viene esportato nel mondo dalla Russia. Viene invece prodotto, su licenza e non, in più di 20 Stati del mondo.