L’archivio del tag «storia»

L’oro degli infedeli

Quando, negli anni ’30 del XX secolo, furono in corso le ricerche del petrolio in Arabia Saudita, il re Abd al-ʿAzīz ibn ʿAbd al-Raḥmān ibn Fayṣal Āl Saʿūd pretese che le concessioni venissero pagate solo in oro. Allo stesso tempo, si rifiutò categoricamente di accettare i sovereign con il profilo della regina Vittoria. Furono dunque ammesse solo le monete con le immagini dei monarchi uomini.

Cosa ne avrebbero detto le femministe di oggi? Avrebbero preteso di essere accettate in qualità di un mezzo di pagamento?..
Ma, tornando a essere serio, faccio gli auguri a tutte le lettrici.


Una giornata tragica

Il 14 febbraio è indubbiamente una data tragica nella storia della umanità. Infatti, proprio il 14 febbraio:
– Valentino da Terni è stato decapitato (273);
– a Strasburgo vengono uccisi due mila ebrei sospetti di diffondere la peste nera (1349);
– il capitano James Cook viene ferito mortalmente dai nativi sulle Isole Sandwich (1779);
– l’incendio sulla fregata britannica Ajax uccide circa trecento persone (1807);
– scoppia la Guerra del Pacifico (1879);
– il futuro presidente statunitense Theodore Roosevelt perde, lo stesso giorno, la madre e la moglie (1884);
– gli amici di Al Capone sterminano, con l’uso delle armi da fuoco, la banda di Bugs Moran (1929);
– a causa della caduta dell’aereo Douglas DC-6 della compagnia aerea statunitense National Airlines nel Golfo del Messico muoiono 46 persone (1953);
– a Kabul gli estremisti musulmani rapiscono l’ambasciatore statunitense Adolph Dubs, il quale viene ucciso durante il tentativo di liberarlo (1979);
– a Teheran i manifestanti invadono l’ambasciata statunitense (1979);
– l’ayatollah Khomeyni invita tutti i musulmani a uccidere lo scrittore Salman Rushdie (1989);
– in conseguenza a un terremoto in El Salvador muoiono 254 persone (2001);
– muore la pecora Dolly (2003);
– nel crollo di un parco acquatico di Mosca muoiono 28 persone rimangono ferite più di cento (2004);
– in California viene fondato lo strumento diabolico mangiatempo chiamato YouTube (2005);
etc..
In segno di lutto tutti dovrebbero astenersi, nella data odierna, dalla diffusione di immagini e frasi cariche di stupidità e scarso gusto estetico.


La musica del sabato

Il compositore tedesco Franz Grothe si era professionalmente impegnato, in particolar modo, nel comporre musica per il cinema. Nel periodo dal 1929 al 1969 aveva scritto le musiche per 170 film, 71 di questi ultimi sono stati prodotti entro il 1945.
Grothe è stato un personaggio particolare: nel 1933 si iscrisse alla NSDAP ma allo stesso tempo ebbe una relazione sentimentale con una ebrea, nel 1936 tentò di emigrare negli USA ma non riuscì a stabilirsi alla Hollywood a causa dei problemi critici con l’inglese, negli anni della Seconda guerra mondiale compose la musica per i film e per le canzoni patriottici ma nel 1948 ottenne il permesso di praticare la propria professione in quanto «non fu un partecipante attivo ai crimini dei nazisti» (ma fu multato per 10.000 marchi per avere nascosto il fatto della propria iscrizione al partito)…
Ma in questa sede Franz Grothe ci interessa per un altro motivo.
Negli anni 2000 la professoressa della teoria musicale Patricia Hall (University of California) ha trovato negli archivi del campo Auschwitz-Birkenau i manoscritti della partitura del foxtrot di Grothe «Il periodo più bello della vita». La musica in questione fu arrangiata e suonata dai detenuti ai concerti per gli ufficiali del campo di concentramento negli anni 1942–1943. Patricia Hall ha altrettanto stabilito che due di quei musicisti detenuti sarebbero sopravvissuti, mentre il destino del terzo è sconosciuto. Dopo il ritrovamento la musica riscoperta è stata suonata per la prima volta in pubblico – nella sua versione adattata dai detenuti – il 30 novembre 2018. Eccola:

Avendo parafrasato in mente una espressione di Theodor Adorno, non aggiungo altri video musicali.


Vladimir Lagrange

Il 22 gennaio è morto Vladimir Lagrange, uno bravo fotografo russo/sovietico che aveva iniziato la propria fortunata carriera professionale nel lontano 1959.
La morte è una occasione triste per pubblicizzare le opere di una persona, ma tardi è sempre miglio che mai.

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Ancora a pony

Dopo avere visto, qualche tempo fa, il film «The Last Duel» (bello e molto attuale nonostante essere ambientato nel XIV secolo, sicuramente da vedere), per l’ennesima volta mi ero chiesto: come facevano i semplici cavalli dei cavalieri a reggere il regime del combattimento con tutto quel carico di metallo sopra? Considerando anche il fatto che le tecnologie dell’epoca non consentivano di creare le protezioni e le armi tanto leggeri…
Ebbene, la settimana scorsa ho avuto una interessante risposta.
Solitamente si presume che nel Medioevo i cavalieri avessero combattuto utilizzando dei grossi cavalli (destrières), simili agli attuali Percherons, Brabansons e Charières.
Ma i ricercatori, dopo avere studiato le ossa di oltre due mila cavalli del periodo tra il IV e il XVII secolo trovati nei castelli o nei cimiteri speciali dei cavalli, sono giunti alla conclusione che quelli dei cavalieri furono dei cavalli molto piccoli, non più alti di 4 piedi e 10 pollici (147 centimetri). Quella è l’altezza di un pony dei giorni nostri.

Di conseguenza, vanno riviste quelle modalità dei duelli che abbiamo sempre avuto in mente grazie al cinema. Compresi i loro ritmi.

P.S.: e, ovviamente, ricordo a tutti che la storia non si impara dai film, nemmeno quando Ridley Scott finalmente si decide di farne uno scientificamente molto più attendibile dei precedenti.


La differenza tra le date natalizie

Riprendendo, in un certo modo, l’argomento del Babbo Natale, potrei finalmente scrivere di quel fenomeno che ormai da diversi anni commento nelle conversazioni tematiche con gli amici e conoscenti italiani. Si tratta delle date diverse del Natale cattolico e quello ortodosso.
Più o meno tutti sanno che il Natale ortodosso si festeggia il 7 di gennaio perché la Chiesa ortodossa segue [ancora] il calendario giuliano. Non tutti però sanno che per la Chiesa ortodossa la data della suddetta festività è fissa: infatti, nel corso dei secoli si è progressivamente spostata dal 23 dicembre al 7 gennaio dell’anno solare successivo. E, soprattutto, il processo dello spostamento della data non si dovrebbe fermare fino al momento della scomparsa del nostro sistema solare. Così, per esempio, a partire dal 2101 il Natale ortodosso si festeggerà l’8 di gennaio.
Il fenomeno dello spostamento della data è dovuto al fatto che il calendario giuliano — che è elevato al rango di un dogma e non può essere cambiato — considererà, a differenza del calendario gregoriano (quello seguito dalla Chiesa cattolica), l’anno 2100 come bisestile perché il suo numero si divide per 4. Secondo il calendario gregoriano, invece, l’anno 2100 non è bisestile perché il suo numero non si divide perfettamente per 400. Di conseguenza, nel calendario giuliano (quello ortodosso) compare un giorno «di troppo»: il 29 febbraio 2100 (che non può essere buttato via per una serie di motivi, la commemorazione di alcuni santi compresa). Questo comporta lo spostamento della data del primo Natale seguente al 29/II 2100 dal 7 all’8 di gennaio 2101. Sempre dalla data del 29 febbraio 2100 la differenza tra i calendari delle due Chiese sarà di 14 giorni e non più di 13.
Naturalmente, non è la prima volta che una cosa del genere si verifica in oltre due mila anni di storia. Quindi vi propongo una tabella che mostra come è cambiata la differenza in giorni tra il calendario giuliano e quello gregoriano. In sostanza, questa tabella mostra, secolo per secolo, quanti giorni vanno aggiunti al 25 dicembre per stabilire la data del Natale ortodosso in vigore per il secolo scelto.

Il secolo I periodi (in anni) del calendario giuliano La differenza in giorni Il secolo I periodi (in anni) del calendario giuliano La differenza in giorni
dal 1/III al 29/II dal 1/III al 29/II
I 1 100 –2 XII 1100 1200 7
II 100 200 –1 XIII 1200 1300 7
III 200 300 0 XIV 1300 1400 8
IV 300 400 1 XV 1400 1500 9
V 400 500 1 XVI 1500 1600 10
VI 500 600 2 XVII 1600 1700 10
VII 600 700 3 XVIII 1700 1800 11
VIII 700 800 4 XIX 1800 1900 12
IX 800 900 4 XX 1900 2000 13
X 900 1000 5 XXI 2000 2100 13
XI 1000 1100 6 XXII 2100 2200 14

Ovviamente, il cambiamento della differenza tra i due calendari comporterà — come ha comportato anche nel passato — lo spostamento anche di tutte le altre festività ortodosse.
La differenza tra i due calendari appare spesso una cosa bizzarra, scomoda, poco sensata etc. Entrambi i calendari, però, sono accumunati da un medesimo problema di logica: se nell’Occidente gli anni si contano dalla nascita di Gesù, perché la data della sua nascita è sempre diversa dalla data dell’inizio dell’anno? Perché secondo il calendario gregoriano l’anno inizia sei giorni più tardi e secondo quello giuliano sette (per ora) giorni prima?
Certo, nemmeno i teologi sono d’accordo tra loro sulla data precisa della nascita di Gesù: sanno solo che sarebbe nato verso la metà dell’inverno. Ma tale incertezza sarebbe un bel motivo aggiuntivo per abbandonare entrambi i calendari (gregoriano e giuliano) e passare a un calendario comune, nel quale la data del Natale sarà fissata per il 31 dicembre. Sarebbe una grande vittoria della logica.
Ma, purtroppo, l’eventualità di un largo consenso tra i rappresentanti dei gruppi concorrenti è un sogno tanto idillico quanto l’attesa delle azioni logiche intraprese da una qualsiasi Chiesa.


Stimolare l’innovazione

Esistono tanti modi – più o meno efficaci – di stimolare l’innovazione tecnologica a livello nazionale. Non sempre si tratta degli stimoli intenzionali: a volte si diventa innovatori reagendo a qualche situazione sfavorevole creata artificialmente. Uno degli esempi storicamente più interessanti è quello israeliano.
La telediffusione è iniziata in Israele nel 1968. In quel periodo quasi tutto il mondo sviluppato stava ormai passando alla telediffusione a colori, mentre i vertici israeliani erano molto attaccati alla immagine in bianco e nero. Tale arretratezza era giustificata in parte dai motivi economici (le attrezzature per diffondere l’immagine a colori risultavano troppo costose) e in parte dai motivi psicologici (i pionieri della televisione israeliana reputavano superflua l’immagine a colori). Quindi la televisione israeliana rimaneva tutta in bianco e nero.
Ma già negli anni ’70 la televisione israeliana aveva dovuto acquistare le attrezzature per la trasmissione della immagine a colori per le stesse ragioni economiche di prima: praticamente nessuno produceva ormai le attrezzature per l’immagine in bianco e nero, quindi i rispettivi prezzi d’acquisto erano diventati troppo alti.
Allo stesso tempo, la possibilità tecnicamente sempre più vicina di ricevere l’immagine a colori e il correlato import dei televisori a colori erano considerati un lusso inammissibile. Si temeva, infatti, che la televisione a colori potesse danneggiare l’economia nazionale e aumentare le disuguaglianze nella società (un televisore a colori costava circa 1500 USD). Alcuni, inoltre, temevano che la televisione a colori potesse portare a una sensibile riduzione del tempo dedicato dalle persone alla lettura e alla partecipazione alle attività pubbliche, mettendo dunque a rischio le norme tradizionali e la vita familiare.
Di conseguenza, l’unico (all’epoca) canale televisivo israeliano era stato obbligato ad accompagnare tutte le sue trasmissioni dal segnale chiamato Mehikon (letteralmente «cancellatore») per l’oppressione dei colori. Quindi anche i televisori a colori funzionavano come se fossero in bianco e nero. Non vi racconto tutti i dettagli tecnici che rendevano possibile questo trucco: in sintesi, all’epoca l’immagine veniva inviata verso i televisori a righe orizzontali, l’inizio non visualizzabile di ogni riga conteneva delle informazioni sui colori, quindi si interveniva su quella parte del segnale.
Gli ingeneri israeliani comuni non avevano però voluto rassegnarsi a tale limitazione e avevano dunque creato l’anti-mehikon: un dispositivo che si attaccava al televisore e neutralizzava l’oppressione dei colori. Questo strumento costava circa il 10% del prezzo di un televisore a colori. La produzione, l’aggiornamento e la diffusione (tre azioni svolte, ovviamente, in un modo clandestino) di tale dispositivo è continuata fino al 1981, l’anno dell’abbandono del mehikon da parte dello Stato.
C’è chi sostiene che la lotta tecnologica contro il mehikon abbia dato l’inizio ai processi che hanno portato, anni dopo, alla affermazione del Hi-Tech israeliano.


L’11/XI

Il Shrine of Remembrance a Melbourne fu inizialmente dedicato ai militari caduti nella Prima guerra mondiale. Col tempo, poi, è diventato un monumento a tutti gli australiani caduti nelle guerre.

Al centro dell’edificio che vedete sulla prima foto si trova la Pietra di Commemorazione (Stone of Remembrance) con la frase Continuare la lettura di questo post »


La storia di un ritaglio

Una delle numerosissime serie di foto scattate a Yuri Gagarin poco dopo il suo ritorno dallo spazio può essere riassunta con questa immagine:

È inutile ricordare che il volo avvenne il 12 aprile 1961. È invece utile ricordare che la suddetta foto ritrae Gagarin, Nikita Chruščëv (lo vediamo a destra di Gagarin) e alcuni altri gerarchi sovietici che salutano la parata di festa dal mausoleo di Lenin in piazza Rossa… Ma sopra l’ingresso del mausoleo è visibile anche un altro cognome oltre a quello di Lenin: c’è pure quello di Stalin. Il corpo di quest’ultimo è stato «espulso» e seppellito più tardi, la notte tra il 31 ottobre e l’1 novembre del 1961 (quello fu l’unico – ma veramente geniale – festeggiamento del Halloween nell’URSS: il corpo imbalsamato di Stalin uscì in un luogo pubblico!).
Ecco: con l’avanzare della condanna ufficiosa della politica di Stalin, a molte foto come quella che apre il presente post è stata tagliata la parte inferiore (quella con il cognome di Stalin). Mentre dopo la destituzione di Chruščëv la figura di Gagarin è stata liberata pure dalla sua vicinanza politicamente scomoda.
Di conseguenza, la maggioranza delle persone relativamente giovani conosce solo le versioni ritagliate delle foto ufficiali di Gagarin appena tornato.

P.S.: il funerale di Stalin – già morto da oltre otto anni – avvenuto la notte del Halloween è un altro, divertentissimo, argomento che descriverò in un modo dettagliato più avanti. Forse tra un anno esatto…


UK di cento anni fa a colori

Quasi un secolo fa il fotografo americano Clifton R. Adams trascorse, sull’incarico della National Geographic, diversi anni nel Regno Unito per fotografare la vita quotidiana della popolazione locale. Viaggiò dunque per diverse città, paesi e fattorie.
Clifton morì nel 1934 all’età di soli 44 anni, ma riuscì comunque a lasciarci un preziosissimo archivio fotografico. Fanno parte di quest’ultimo anche le fotografie a colori scattate nel Regno Unito dal 1927 al 1934. Per realizzare le immagini a colori, in particolare, il fotografo utilizzò il metodo dell’autocromia (brevettato nel 1903 dai fratelli Lumière).
Il principio del suddetto metodo consiste nel colorare i grani di fecola di patate (circa 0,01 mm di diametro) di rosso-arancio per 3 parti, verde per 4 parti e blu-viola per 2 parti. Una comune piastra di vetro (utilizzata nelle macchine fotografiche di allora al posto della pellicola) era grande 13×18 cm e poteva «ospitare» sulla propria superficie utile circa 200 milioni di grani. Al vetro veniva dunque applicata una colla speciale, sopra la quale veniva spalmato uno strato sottile di grani setacciati. Inoltre, bisognava assicurarsi che i colori fossero distribuiti uniformemente su tutto il piano. Non ci dovevano essere delle senza stratificazioni. Lo spazio tra i grani veniva riempito di nerofumo. Infine, sopra veniva aggiunto uno strato di lacca e poi uno strato di fotoemulsione pancromatica.
La piastra preparata come appena descritto veniva posizionata con il lato di vetro rivolto verso l’obiettivo. La luce entrata dall’obiettivo si colorava passando attraverso i grani colorati e solo dopo cadeva sull’emulsione. Si doveva usare un filtro fotografico giallo per scattare le foto.
La luce passata attraverso il vetro preparato nel modo sopraindicato era attenuata di 60 volte rispetto a quella che si poteva ottenere con delle lastre non autocromatiche. Ma pure in queste condizioni era possibile fotografare, in una giornata di sole, con una apertura di 4 o 5 e un’esposizione normale di 2 secondi. Le foto venivano di una qualità alta ed erano facili da elaborare.
Bene, ora possiamo finalmente vedere alcune foto di Clifton R. Adams. La fonte scoperta da me ne contiene tante belle e interessanti. Per il presente post ho dunque selezionato solo una parte di quelle immagini, ma i lettori più interessati potranno vederle facilmente tutte.
Bambini che giocano sulla sabbia vicino a Yarmouth, un luogo di vacanza popolare sull’isola di Wight (1928):
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