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Una vittoria tattica

Il Financial Times scrive che alcuni funzionari dell’UE stanno valutando la possibilità di sospendere l’Ungheria dal diritto di voto – in base all’articolo 7 del Trattato UE che lo permette di fare nel caso della violazione della normativa comunitaria – per concordare un nuovo pacchetto di aiuti per l’Ucraina.
Se dovesse essere vero (non ho dei motivi per dubitare, ma non ho ancora visto la notizia ufficiale), non posso commentare il fatto dal punto di vista giuridico: per esempio perché avrei bisogno di leggere bene la parte motivazionale. Di conseguenza, posso solo fare le condoglianze e, allo stesso tempo, complimentarmi ancora una volta con Putin: è riuscito a mettere in crisi il principio della unanimità comunitario (un «valore tradizionale», lui ci tiene ai valori tradizionali) e ha spinto l’UE ad abbandonare tale principio spesso inutile, dannoso e ingiusto per quegli Stati-membri dell’UE che effettivamente danno più degli altri. Potrebbe dunque essere l’inizio di un rafforzamento funzionale dell’UE. Per il merito di quel grande piccolo tattico…
Ah, e provate a immaginare quanto sia in questi giorni arrabbiato il presidente Orban: sono giorni che riceve dei calci in c**o politici in Europa!


Il giovedì 14 dicembre si era tenuta l’ennesima (ma la prima dall’inizio della invasione della Ucraina) «linea diretta» con Vladimir Putin: un mix tra una grande conferenza stampa annuale e una sessione delle risposte pubbliche ai singoli sudditi privati. Questa volta è durata poco più di quattro ore ed è stata priva di grandi dichiarazioni di rilievo da parte del protagonista o di domande scomode da parte dei giornalisti presenti (questo ultimo aspetto non è una grandissima sorpresa ormai da qualche anno).
Ma se volete comunque scoprire quali sono gli argomenti realmente importanti per Putin (compresi quelli esistenti nella sua realtà immaginaria), potete leggere il riassunto delle sue risposte alle domande concordate (sì, tutte) in anticipo con i giornalisti presenti. Molto probabilmente scoprirete qualcosa di nuovo – per voi – su Putin.


L’inizio dei negoziati

Ieri il Consiglio europeo ha deciso di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldavia e di concedere alla Georgia lo status di candidato all’adesione all’UE. I primi risultati pratici di queste decisioni si vedranno tra chissà quanti anni, mentre per ora possiamo constatare che si tratta di una grande e importante vittoria morale del presidente ucraino Zelensky. Infatti, sempre ieri, intervenendo in collegamento video a una riunione del Consiglio europeo a Bruxelles, aveva dichiarato che l’indecisione dei leader dell’Unione europea sulla questione dell’avvio dei negoziati con l’Ucraina per l’adesione del Paese all’UE potrebbe essere una vittoria per il presidente russo. Posso (o voglio?) presumere che abbia contribuito alla presa di una giusta decisione.
Una vittoria morale come quella appena nominata in questi giorni ci voleva proprio per Zelensky: non risolve i problemi bellici, ma almeno gli permette di portare un po’ di positività in patria.
Quello che fa preoccupare (o farà preoccupare dopo la prima ondata di entusiasmo) è il fatto che molto probabilmente l’UE si è convinta di non poter offrire alla Ucraina nulla di meglio in questo momento storico.


La grandissima sorpresa

Le mie indagini sociologiche non mi hanno ancora permesso di capire se sul nostro pianeta esistano delle persone tanto ingenue da essere sorprese della «decisione» di Putin di «candidarsi» al quinto mandato di Putin della Russia. Per le persone normali quella «decisione» dovrebbe essere una non-notizia noiosissima, non richiedente alcun commento.
Non sono interessanti nemmeno le circostanze in cui Putin aveva comunicato, il venerdì 8 dicembre, di «candidarsi»: lo aveva fatto su «richiesta» di un combattente proveniente dai «nuovi territori» che aveva parlato, in un russo profondamente sgrammaticato «alla faccia [sono le parole del tipo!] di tutti i russi perché in questo periodo difficile serve una guida proprio come Putin». Insomma, una sceneggiata completamente in linea con i tempi che corrono. Purtroppo.
Le persone particolarmente ingenue (quelle che io non sono ancora riuscito a trovare) possono iniziare a chiedersi se a marzo 2024 Putin riesca a vincere le elezioni…


La lettura natalizia (quasi)

Questo sabato faccio una eccezione e, anziché segnalarvi un nuovo articolo lungo, vi consiglio una lettura di importanza più globale.
Alcune settimane fa ho finito di leggere un libro che mi interessava da un po’ di tempo: «Spin Dictators: The Changing Face of Tyranny in the 21st Century» dell’economista russo Sergey Guriev (dissidente al regime di Putin; attualmente è il provost e professore di economia alla Instituts d’études politiques (Sciences Po) di Parigi) e del politologo statunitense Daniel Treisman. È un libro che descrive la nuova tipologia dei dittatori che si è affermata e diffusa nel XXI secolo, spiega come i dittatori di oggi si differenziano da quelli del passato e perché, in un certo senso, i «nuovi» dittatori sono più pericolosi per il nostro povero mondo. Considerando che negli ultimi mesi il mondo sembra proprio impazzito, il suddetto libro appare come uno degli strumenti utili per mettere in ordine i nostri tentativi mentali di comprendere quello che sta succedendo attorno.
Ammetto che in realtà «Spin Dictators» è scritto in un modo meno accademico di quanto mi aspettavo prima di iniziare la lettura (almeno rispetto al livello accademico al quale sono abituato io), ma questo è anche un suo pregio: diventa un libro accessibile e interessante non solo per quelli come me, ma anche per le persone «normali», comuni. Infatti, può essere letto non solo assieme ai numerosi dati statistici allegati che rafforzano e illustrano le considerazioni degli autori, ma anche come una semplice narrazione. In entrambi i casi si tratta di una lettura interessante e utile.
Ve lo coniglio ora anche per consentirvi di fare in tempo a regalarvelo per una delle vicine feste e, eventualmente, leggerlo proprio durante il periodo festivo meno carico di impegni rispetto a tanti altri periodi dell’anno.

P.S.: il libro è inglese, purtroppo non so se e quando uscirà anche in italiano.


La lettura del sabato

Aspettavo da tempo di potervi consigliare un articolo dettagliato di questo tipo: la descrizione della legge finanziaria russa per il prossimo triennio più «militarizzata» (ma in un certo senso anche meno trasparente) di sempre. Oltre ai vari aspetti più o meno concreti della organizzazione dello Stato russo attuale, il testo illustra anche il fatto che il residente principale del Cremlino di Mosca vede nella guerra la ragione di tutta la futura esistenza del «suo» Stato. Ovviamente, lui spera che duri a lungo…
P.S.: in Russia la legge finanziaria viene approvata ogni anno, ma per i prossimi tre anni. Secondo gli inventori di tale sistema, la legge triennale doveva dare un senso di stabilità e prevedibilità agli attori della economia interna. In uno Stato normale l’idea avrebbe anche potuto essere presa in considerazione, ma in Russia i suoi effetti programmati vengono annullati da numerosi difetti politici nazionali.


Da oltre tre decenni sappiamo – osservando la sua politica estera – che Vladimir Putin è fortemente insoddisfatto dell’ordine internazionale attuale. In teoria, non ci sarebbe alcunché di male nell’essere insoddisfatto di una qualsiasi cosa, ma Putin è insoddisfatto a modo suo: si nota abbastanza facilmente che il suo sogno sarebbe quello di tornare al modello stabilito dalla conferenza di Yalta del 1945, dove il mondo era stato diviso in poche zone di controllo. Questo è uno dei motivi per i quali, per esempio, ha iniziato una serie di guerre finalizzate al ripristino del controllo della Russia sulle zone una volta appartenute all’URSS.
Una delle numerose conseguenze della suddetta politica di Putin è un reale cambiamento dell’ordine internazionale, ma non quel tipo di cambiamento che egli persegue. Come può notare anche una persona poco coinvolta nella analisi della politica internazionale, l’atteggiamento putiniano incide negativamente sulle conquiste socio-politiche dell’Occidente fatte negli ultimi decenni. Per esempio, le persone che viaggiano tanto in auto confermano che negli ultimi mesi si è tornati al controllo dei documenti su alcuni confini interni all’Unione Europea: per ora succede prevalentemente ai confini tra Stati della «vecchia» Europa e quelli dell’Europa dell’Est. Allo stesso tempo, si propone di semplificare la burocrazia internazionale (dunque anche quel diritto internazionale al quale eravamo abituati sempre da decenni) introducendo il cosiddetto «Schengen militare» che consentirebbe alle truppe della NATO di muoversi liberamente all’interno del territorio del blocco (lo ha dichiarato il capo del Comando logistico congiunto della NATO Alexander Sollfrank).
N.B.: attualmente le forze NATO devono ora rispettare molte regole interne dei membri dell’Alleanza, tra le quali, per esempio, la necessità di notificare in anticipo agli Stati l’invio di munizioni attraverso il loro territorio e di rispettare le restrizioni sulla lunghezza consentita dei convogli militari.
Non so se è quel tipo della riduzione della burocrazia che un europeo medio sognava. Ma, purtroppo, essa si è resa necessaria a causa dei sogni particolari di una persona concreta.


Lo yacht “Scheherazade”

È stato varato lo yacht «Scheherazade», il cui proprietario reale, secondo i collaboratori del politico-investigatore Alexei Navalny, sarebbe Vladimir Putin. Il fatto del ritorno sull’acqua è stato comunicato in un video dal canale YouTube «eSysman SuperYachts» (un canale YouTube gestito da ex e attuali membri dell’equipaggio delle varie superyacht).

Va ricordato che all’inizio di maggio 2022, lo yacht «Scheherazade» era stato fermato nel porto italiano di Marina di Carrara, in Toscana. Le autorità italiane hanno affermato che il proprietario dello yacht era legato alle autorità russe. Se «Scheherazade» dovesse scappare – indipendentemente dal fatto che sia mai stato utilizzato o meno da Putin – sarà una cosa non bellissima.


I nuovi candidati all’UE

La Commissione europea ha raccomandato al Consiglio dell’UE di avviare i negoziati con l’Ucraina e la Moldavia per la loro adesione all’UE a una serie di condizioni. Inoltre, la Commissione ha raccomandato al Consiglio dell’UE di concedere alla Georgia lo status di Paese-candidato «a condizione che il Governo del Paese compia importanti passi di riforma».
A questo punto bisogna fare una constatazione abbastanza triste. È vero che i negoziati per l’adesione possono durare diversi anni (nel caso dell’Ucraina tale durata sarà di fatto dovuta anche alla attesa della fine della guerra), è vero che lo status del Paese-candidato può durare anche decenni, ma le raccomandazioni della Commissione arrivano comunque in uno dei momenti più sbagliati di sempre. Infatti, proprio in queste settimane abbiamo visto con la massima chiarezza – spero che lo abbiate visto anche voi – il colossale fallimento delle grandi organizzazioni interstatali. Di quelle organizzazioni come l’ONU o l’UE le cui decisioni principali devono essere prese all’unanimità in base al principio che tutti gli Stati-membri abbiano lo stesso peso e gli stessi diritti. Ma sulla pratica vediamo che questo principio idealista non funziona come si sperava.
Da un lato, alcuni Stati sfruttano il suddetto principio per difendere i propri comportamenti aggressivi con il potere di veto (succede prima di tutto all’ONU). Dall’altro lato, diversi Stati altrettanto poco responsabili sfruttano lo stesso principio per prostituirsi: letteralmente vendono il proprio voto (e il proprio veto) a quegli Stati che sono disposti a pagare (succede sia all’ONU che all’UE). Si potrebbe dunque logicamente dedurre che proprio il principio di uguaglianza abbia portato alla impossibilità di quelle grandi organizzazioni di fare qualcosa contro le guerre che sono attualmente in corso; ma anche contro quelle future. Quelle organizzazioni andrebbero dunque fortemente riformate o sostituite con qualcosa di nuovo e più adatto alla vita reale.
La Commissione europea, invece, continua a fare finta che vada tutto bene e raccomanda i negoziati con gli Stati nuovi, alcuni dei quali molto probabilmente andranno a «prostituirsi» come ho scritto prima (intendo prima di tutto la Georgia attuale perché è governata dai personaggi filo-putiniani e non intenzionati a lasciare il potere in un modo democratico). Probabilmente si tratta solo di un naturale istinto di sopravvivenza burocratica, ma è comunque un fenomeno tristissimo.


I 106 miliardi di Biden

I rappresentanti democratici hanno bloccato al Senato degli Stati Uniti la proposta di legge repubblicana sugli aiuti di emergenza a Israele nella quale non è previsto l’aiuto anche per l’Ucraina: hanno giustamente osservato che l’aiuto all’Ucraina è ugualmente urgente e importante. Questa notizia non è tanto una notizia, avremmo potuto anche ignorarla in attesa del risultato finale nelle discussione sul provvedimento.
È invece curioso notare che nella richiesta di Joe Biden di approvare lo stanziamento dei 106 miliardi di dollari è contenuta anche la componente – una specie di una delle «sottorichieste» – di continuare a finanziare la costruzione del muro sul confine tra gli USA e il Messico. Un muro la cui costruzione è iniziata molto prima della Presidenza di Trump, continua ora, ma ha provocato tanto rumore solo ai tempi di Trump. Io ho dei forti dubbi sulla utilità di quel muro e non sono assolutamente un trumpista, ma allo stesso tempo sono fortemente divertito dalla capacità delle persone di scandalizzarsi per certe azioni solo quando esse vengono intraprese dai personaggi a loro antipatici.