L’archivio del tag «politica»

… per non cambiare niente

Ieri Mark Zuckerberg ha annunciato in un video-messaggio che la Meta Corporation abbandonerà i servizi di fact-checkers sulle proprie piattaforme (Facebook, Instagram e Threads). Secondo Zuckerberg, il sistema attuale ha «raggiunto un punto in cui ci sono troppi errori e censure». E ha aggiunto: «Semplificheremo le regole e riporteremo la libertà di espressione sulle nostre piattaforme», adottando le annotazioni degli utenti come il social network X di proprietà di Elon Musk. Inoltre, gli utenti potranno ancora segnalare i post che secondo loro violano le politiche della comunità. Questi reclami saranno presi in considerazione prima dei risultati della scansione automatica dei contenuti.
In sostanza, nonostante la gioia di Zuckerberg per la fine della politica imposta da Biden, nella politica di Facebook non cambierà un tubo: come prima, i vari servi delle varie propagande (quelle politiche e quelle sociali, quelle positive e quelle negative) potranno continuare a «segnalare» i post a loro sgraditi. Mentre i moderatori di Meta continueranno a bannare la gente o i loro singoli post senza fare lo sforzo di leggere e/o comprendere cosa sia stato realmente pubblicato. Da anni conosco questo fenomeno – diffusissimo – nel segmento «russo» del Facebook (dove si scrive tanto e seriamente di politica), ma a volte mi arriva qualche notizia anche sugli utenti che scrivono in altre lingue.
Mi resta solo ricordare le parole di Zuckerberg e osservare.


La maggioranza schiacciante dei miei lettori italiani non ha dei motivi di saperlo, ma il fatto è che l’Apple rimuove costantemente le app dei media anti-putiniani russi e i servizi VPN dall’App Store su richiesta delle autorità russe. Lo fa e spiega tale comportamento con la necessità di rispettare le leggi locali e con il desiderio di continuare a fornire i propri servizi nel Paese. Il 24 dicembre, in una risposta ufficiale a una richiesta di «Reporter senza frontiere» i rappresentanti della Apple hanno dichiarato che le loro azioni sono dovute sia a restrizioni legali sia all’obiettivo di «sostenere i principi democratici».
«Il mancato rispetto della legge potrebbe comportare l’impossibilità per Apple di supportare l’App Store o di distribuire contenuti in questo Paese. Il Governo statunitense incoraggia le aziende a sostenere la disponibilità di servizi di comunicazione per la popolazione russa, ritenendo che la disponibilità di questi servizi sia necessaria per sostenere i principi democratici».
Inoltre, hanno anche respinto le accuse di rimozione costante delle applicazioni VPN.
Perché vi racconto di questa storia apparentemente locale? Lo faccio prevalentemente per due motivi.
In primo luogo, grazie alla Apple ho scoperto una nuova espressione con la quale tutti possono mascherare la frase «voglio più soldi». Da oggi, chiunque può andare dal proprio cliente, dal proprio capo o dalla propria banca e dire: «voglio sostenere maggiormente i principi democratici». La controparte, se aggiornata, dovrebbe capire correttamente.
In secondo luogo, ho scoperto che i principi democratici possono essere sostenuti ostacolando la diffusione della informazione sgradita al regime di un dittatore (che pure un pazzo criminale).
Potrebbero sembrare – a prima vista – due scoperte molto ingenue, ma mica ho scritto che le grosse aziende dovrebbero imparare a pensare non solo ai soldi!
Boh…
P.S.: tutto questo non significa che non mi piacciono i prodotti tecnologici della Apple e/o che voglio spaccare il mio iPhone.


Capire Robert Fitzo

Ieri, il 22 dicembre, il primo ministro slovacco Robert Fitzo è arrivato a Mosca per incontrarsi, nella serata, con Vladimir Putin. In questo modo Fitzo è diventato il terzo leader di uno Stato-membro dell’UE a visitare Mosca dopo l’inizio della grande guerra russo-ucraina: prima di lui lo hanno fatto i primi ministri dell’Ungheria Viktor Orban e dell’Austria Karl Nehammer.
A differenza degli ultimi due menzionati, però, Fitzo non ci è andato per convinzione personale politica o per parlare di qualche problema potenzialmente risolvibile – magari a costi un po’ più alti rispetto al normale – anche senza una continuazione di rapporti con Putin. Ci è andato perché la Slovacchia è uno dei pochi Stati che continua ad acquistare gas russo fisicamente, tecnicamente non avendo altri fonti di fornitura. Il transito del gas destinato alla Slovacchia passa attraverso il territorio ucraino (via un gasdotto che ha continuato a funzionare, senza essere mai danneggiato, anche durante questi anni di guerra) e Kiev ha già detto che sarà interrotto il 31 dicembre, quando scadrà l’attuale contratto con la Russia.
A questo punto provate a ricordarvi: avete letto o sentito dei tentativi (in generale, non solo quelli seri) della Unione Europea di risolvere questo problema della Slovacchia (uno Stato-membro come tutti gli altri) e non costringere un qualsiasi suo Governo ai contatti con Putin?
Poi c’è chi si lamenta (o si stupisce) dell’antieuropeismo di certe persone e dell’opportunismo di certi Governi. Boh…


Due in uno

Con un solo video posso comunicare due concetti:
1) Putin è sempre più pazzo (e non penso che sia una grande notizia per le persone che non hanno dormito per tutti questi 25 anni);
2) Steve Rosenberg non solo è uno dei pochi giornalisti che si salvano alla strana BBC di oggi, ma pure in generale mi piace sempre più come giornalista.

Scusate per le immagini oscene mostrate…


Le rivelazioni di Assad

La lettera di Bashar al-Assad diffusa ieri «da Mosca» è in un certo senso divertente:

Ma io sarei molto più curioso di vedere le immagini di Assad stesso. Perché in effetti, da giorni mi sto divertendo a inventare le ipotesi sul perché non lo facciano vedere (una foto di scarsissima qualità e presumibilmente fake a parte).


Amicizia rinviata

Non ho resistito e ho messo un titolo del post particolarmente del cazius…
Ma il fatto è che Putin ha firmato un decreto presidenziale in base al quale i «Giochi mondiali dell’amicizia» non si terranno, come inizialmente previsto. nel 2024. Le competizioni sono state rinviate «fino a una decisione speciale» di Putin della Federazione russa per garantire «la protezione dei diritti degli atleti e delle organizzazioni sportive al libero accesso alle attività sportive internazionali».
Per coloro che non sanno di cosa si tratti, preciso che nell’ottobre 2023 Putin aveva firmato un decreto per organizzare i «Giochi Mondiali dell’Amicizia»: ciò è avvenuto in seguito alla sospensione degli atleti russi dalle competizioni internazionali a causa dell’invasione della Ucraina da parte dell’esercito russo. I giochi si sarebbero dovuti tenere nel settembre 2024 a Ekaterinburg e Mosca, ma sono stati rinviati. Il Comitato Olimpico Internazionale si era opposto al loro svolgimento, esortando gli atleti a «rifiutare qualsiasi partecipazione e a sostenere qualsiasi iniziativa volta alla completa politicizzazione dello sport internazionale».
Non so se bisogna spiegare l’esclusione degli sportivi che rappresentano lo Stato russo dalle competizioni internazionali (so che esistono delle menti diversamente abili che non lo capiscono, ma presumo che non capiranno nemmeno dopo la mia spiegazione). Ma so che è abbastanza facile spiegare il rinvio dei «Giochi mondiali dell’amicizia»: provate a immaginare quanti – e di quale qualità – sportivi si sarebbero presentati per farsi poi escludere dalle competizioni internazionali serie. Qualcuno è riuscito a spiegarlo a Putin: per me è un successo didattico incredibile!


Le memorie di Merkel

Molto probabilmente lo sapete già: alla fine di novembre è ufficialmente uscito il grande – nel senso di voluminoso – libro di memorie di Angela Merkel «Libertà» (titolo originale «Freiheit»). L’autrice (autrice? non è da escludere) e la protagonista del libro è già una persona abbastanza famosa, ma, logicamente, il libro andava comunque promosso per garantire un buon livello di vendite: anche per questo la pubblicazione è stata preceduta da una certa quantità di interviste concesse da Merkel ai vari media del mondo. A me è capitato di leggerne qualcuna: in tutte quelle interviste Merkel rifiuta, in sostanza, l’idea di avere sbagliato qualcosa nei rapporti con Vladimir Putin con l’Ucraina. Ha dichiarato, per esempio, di aver bloccato il tentativo della Ucraina di entrare nella NATO nel 2008 perché convinta che Putin avrebbe scatenato una guerra mentre era ancora nella fase del piano d’azione per l’adesione alla NATO (in sostanza, è la stessa logica secondo la quale molti leader occidentali di oggi cercano di minimizzare gli aiuti alla Ucraina per non infastidire Putin, anche se avrebbero dovuto imparare dell’esempio della Merkel che si tratta di una logica non funzionante).
Proprio per questo non penso, senza nemmeno averlo letto, che quel libro possa essere considerato interessante da qualche punto di vista (a eccezione, forse, del punto di vista psichiatrico). La Merkel tenta di giustificarsi, ma la realtà quotidiana che stiamo osservando con i propri occhi tutti giorni da quasi tre anni sta smentendo tutte le sue argomentazioni.
La Merkel aveva una enorme influenza politica e l’ha usata, tra le altre cose, per fare in modo che l’Europa nutrisse economicamente e politicamente Putin attuale: un uomo completamente pazzo che minaccia il mondo intero. La Merkel non è l’unica responsabile di tutto questo, ma è una delle principali responsabili di ciò che alla fine è accaduto e sta accadendo ora. Può tentare di giustificarsi quanto vuole nelle sue memorie: ricordiamo bene cosa ha fatto e come lo ha fatto.
Il suo libro può probabilmente essere letto solo con un unico obiettivo: per capire, come non bisogna fare.


Gli auguri di Putin a Trump

Il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov ha commentato negativamente (con l’espressione «Informazioni inesatte») le voci secondo le quali Vladimir Putin si sarebbe congratulato ufficiosamente – «tramite conoscenti» – con Donald Trump per la vittoria di quest’ultimo alle elezioni presidenziali statunitensi.
Sfrutto questa piccola «notizia» per ricordare due piccoli concetti.
Prima di tutto, i russi e i lettori «professionali» delle notizie russe ormai da anni sanno che in 99,99% dei casi quando Peskov nega l’esistenza di una cosa, significa che quella cosa in realtà ha (o ha avuto) luogo.
E poi c’è da ricordare che Putin non dovrebbe – a differenza di otto anni fa – essere particolarmente contento per la elezione di Trump. In parte perché sa che Trump non è «un amico della Russia» (come certi funzionari russi si aspettavano nel 2016), ma una persona imprevedibile che pensa ai propri interessi (l’ultimo aspetto è normale per tutti). E, dall’altra parte, Putin non dovrebbe essere particolarmente contento perché l’esito delle elezioni americane ideale per lui sarebbe stato il caos. Proprio quel caos che Trump aveva promesso (più o meno esplicitamente) di organizzare nel caso della sconfitta elettorale. Ma il risultato della prima fase delle elezioni 2024 non lo spinge ai comportamenti destabilizzanti negli USA perché non ne ha alcun bisogno nemmeno secondo la sua logica.
Di conseguenza, Putin non fa dei salti di gioia in pubblico e, allo stesso tempo, non si intromette nelle elezioni americane seguendo il saggio e severo consiglio dello stesso Trump.


Non disperiamoci per Trump

Certo, prendere la maggioranza dei voti del popolo alle elezioni presidenziali statunitensi non è il sinonimo di vincere le elezioni presidenziali statunitensi (lo dovrebbero sapere / ricordare tutti). Certo, possiamo aggrapparci all’ultima speranza… Però sembra abbastanza ovvio che Trump sta per ridiventare il Presidente degli USA. Se non dovesse succedere qualcosa di straordinario.
Non posso dire con certezza (e in anticipo) in quale misura il ritorno di Trump si possa rivelare un fenomeno negativo. Naturalmente è negativo, ma non posso prevedere fino a quale punto… A giudicare dal suo primo mandato, Trump dice un sacco di stronzate, ma, allo stesso tempo, mi ricordo che a) ne realizza (o riesce a realizzarne) solo una parte e b) Biden si era prontamente preso il merito di alcune delle cose che proprio Trump aveva fatto. L’aspetto sicuramente negativo è il fatto che Trump è estremamente imprevedibile. Ma in alcune situazioni questo può essere anche un pregio, perché non se ne poteva più della totale impotenza dimostrata dalla amministrazione Biden (mentre Harris, in questo senso, nel corso della propria campagna elettorale aveva dimostrato di essere ancora peggio).
Insomma, per ora non posso dire che il mondo stia per crollare. Anzi, più precisamente: negli ultimi anni sta già rotolando in una brutta direzione, ma senza alcun merito di Trump. Possiamo solo osservare quanto ne riesce a contribuire in soli – per fortuna! – quattro anni che gli rimangono.
Molto più preoccupante – e potenzialmente pericoloso – della semplice elezione di Trump è il fatto che i repubblicani stanno per ottenere la maggioranza in entrambe le Camere: non per il fatto che sono repubblicani (in termini assoluti io stesso sarei molto più vicino al partito Repubblicano che quello Democratico), ma per il fatto che in questo modo aumenta il potere di Trump. Riuscirà a nominare con più facilità le «proprie» persone alle posizioni che gli interessano e quindi stravolgere l’intero sistema.
L’unica speranza bella a tecnicamente realizzabile, invece, consiste nel fatto che da oggi e fino al 20 gennaio 2025 Joe Biden è libero di fare tutto quello che vuole. Proprio tutto: liberate la vostra fantasia (anche servendovi delle sostanze che volete). Che ne so… Per esempio: finalmente fornire alla Ucraina tutti i mezzi necessari per moltiplicare per zero tutta l’infrastruttura militare russa… Non penso che il vecchietto abbia conservato abbastanza prontezza mentale per riuscire a scatenarsi in questi due mesi e mezzo, ma di consiglieri ne ha.
Boh, vedremo. Dobbiamo resistere per soli quattro anni. Al massimo.


Il primo martedì dopo il primo…

Ebbene, ci siamo quasi. Stiamo per ottenere le risposte ad alcune interessanti domande sociologiche.
Per esempio: quante persone hanno paura di ammettere pubblicamente di voler votare Trump, ma poi esercitano il loro voto segreto?
Oppure: i discorsi (e spesso le urla) sulla parità dei generi, sulla parità raziale, lives matter etc. indicano un problema molto lontano da essere risolto?
Oppure ancora: anche negli USA (perché dovrebbero essere molto diversi dal resto del mondo?) la maggioranza delle persone preferisce il male vecchio (già conosciuto) rispetto a quello nuovo?
E ancora: in quanti si rendono conto di dover scegliere il male minore, ma hanno paura di ammettere pubblicamente di voler votare Harris?
È inutile tentare di rispondere in anticipo a tutte queste domande: le risposte sono delle semplici informazioni che tra poco otterremo anche senza cercarle intensamente. Però è utile restare positivi. Se dovesse vincere Trump (un evento che mi sembra un po’ più probabile), durerà al massimo quattro anni e, come la volta scorsa, non farà in tempo a distruggere proprio tutto (anche se alimenterà una brutta tendenza). Se, invece, dovesse vincere Harris, sarà più controllabile dalle altre Istituzioni anche nelle sue fantasie peggiori.
E, soprattutto, la fine della indecisione sulla figura del nuovo Presidente è già è una cosa positiva.