L’archivio del tag «politica»

L’indicatore della crisi

Uno dei modi possibili – anche se, ovviamente, non il più importante e scientifico – di valutare quanto stia andando «bene» l’economia russa ai tempi di guerra è vedere quanto sarebbe disposto «il Cremlino» a spendere per l’apparenza della normalità e della unità ideologica interna.
Sul social network «VKontakte» (VK) è partita la campagna di arruolamento degli spettatori per il concerto con il quale si intende festeggiare il nono anniversario della annessione della Crimea. Il concerto è programmato per il 18 marzo allo stadio moscovita Luzhniki.
Il luogo del concerto è dunque lo stesso del «concerto patriottico» del 22 febbraio. Ma, a differenza di quella occasione, ai potenziali spettatori del 18 marzo non vengono più promessi 500 rubli (poco più di 6 euro) per la presenza. In compenso, vengono promessi un pasto, l’esibizione di alcuni famosi artisti noti per la loro posizione «patriottica» e un nuovo stand-up comedy di Vladimir Putin…
Ma io mi ricordo bene che prima della pandemia per la presenza alle manifestazioni pro-governative pagavano anche più di mille rubli (che all’epoca valevano di più). Considerando che dopo oltre un anno il grado di approvazione popolare della guerra dichiarata è sceso notevolmente (anche se le indagini sociologiche sono un po’ difficili da fare), i dirigenti dello Stato russo avrebbero dovuto essere un po’ meno tirchi. Di conseguenza, possiamo presumere che i soldi stiano finendo: anche quelli ottenuti attraverso degli schemi fantasiosi di vendere il petrolio alla India e ad alcuni stati africani.
P.S.: l’economia russa – parlandone seriamente – per ora sta andando meno male del previsto, ma molto peggio di quanto si tenti di mostrarlo con la statistica ufficiale. Solo nel contesto della guerra in corso, le sanzioni occidentali, la fuga delle persone più istruite e dei capitali avranno degli effetti negativi pesanti a lungo termine, ma, logicamente, non immediati. Ma si tratta di un argomento serio e lungo, dunque lo rinvio a un altro articolo.


La Cina elimina i dubbi

Le persone che seguono poco la politica internazionale (oppure non la capiscono) di fronte a ogni notizia circa le sanzioni contro la Russia – da anni, non solo nell’occasione di questa guerra – spensieratamente dicono: «Beh, tanto c’è la Cina…»
Lo stato reale delle cose ha già dimostrato una infinità di volte che la Cina non ha alcun interesse e alcuna intenzione di aiutare la Russia. Non le conviene economicamente perché è un mercato piccolo e povero. Non le conviene politicamente perché non vuole litigare troppo fortemente con gli USA e l’Europa (molto più potenti e ricchi). Può provare di sfruttare le risorse naturali e i territori russi, può utilizzare il territorio russo come una strada di passaggio verso l’Europa, ma non è disposta di rischiare facendosi coinvolgere in relazioni politiche o economiche troppo strette.
L’ultima testimonianza di tale concetto è il documento «La posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina» pubblicato il 24 febbraio dal Ministero degli Esteri cinese. Il documento è pieno di espressioni molto-molto diplomatiche… Talmente diplomatiche che non si capisce che senso abbia avuto pubblicarle.
L’unica dichiarazione da senso preciso e ben determinabile è contenuta al primo punto. Con quel punto la Cina, in sostanza, sta dicendo alla Russia: «uscite dal territorio ucraino internazionalmente riconosciuto e solo dopo parliamo di tutto il resto». La posizione mi sembra molto chiara:

1. Respecting the sovereignty of all countries. Universally recognized international law, including the purposes and principles of the United Nations Charter, must be strictly observed. The sovereignty, independence and territorial integrity of all countries must be effectively upheld. All countries, big or small, strong or weak, rich or poor, are equal members of the international community. All parties should jointly uphold the basic norms governing international relations and defend international fairness and justice. Equal and uniform application of international law should be promoted, while double standards must be rejected.

Meno male che c’è la Cina. E meno male che è riuscita mostrare le proprie reali intenzioni non solo ai dirigenti dello Stato russo, ma anche al pubblico internazionale.
P.S.: l’immagine con la quale posso illustrare al meglio il presente post è stata suggerita, involontariamente, dallo staff di Vladimir Putin. Vi ricordate il suo mega-tavolo diventato famoso poco prima della guerra? Ebbene, guardate come viene utilizzato da Putin quando egli si trova a parlare con un diplomatico dal quale vuole realmente qualcosa:

Che tristezza ridicola…


Le rivelazioni di Putin

Ieri – quando mancano tre giorni al primo anniversario della guerra in Ucraina – Vladimir Putin ha pronunciato il suo messaggio annuale alle Camere riunite del Parlamento russo (in base alla Costituzione lo avrebbe dovuto fare l’anno scorso, ma non voleva distrarsi). Logicamente, tante persone si aspettavano di sentire qualcosa di nuovo o almeno forte in quel messaggio… In realtà, non molto logicamente: nelle dichiarazioni di Putin a volte compaiono delle nuove giustificazioni e dei nuovi obiettivi della guerra in corso, ma ogni volta sono noiosamente lontani da ogni somiglianza con la realtà.
Il discorso di ieri non è stato una eccezione. Anzi, peggio: non è stato inventato alcunché di nuovo. Di conseguenza, l’intero discorso può essere riassunto in una frase: «L’Occidente ci ha costretti a fare la guerra in Ucraina».
Per le persone in cerca di maggiori informazioni posso aggiungere altri concetti sorprendenti: «sono cattivi tutti tranne noi», «le nostre armi sono le più potenti anche se nessuno le vede», «le elezioni presidenziali del 2024 saranno democratiche»…
Se non ci fosse una guerra, avrei controllato il calendario per vedere se è già il primo di aprile. Ma sul mio calendario, da quasi un anno, è quotidianamente il 24 febbraio.


La risoluzione europea su Navalny

Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invita le autorità russe a rilasciare il leader dell’opposizione Aleksey Navalny e altri prigionieri politici russi. Il comunicato stampa del Parlamento europeo afferma, poi, che, fino a quando i prigionieri politici non saranno rilasciati, le condizioni della loro detenzione dovranno essere conformi agli impegni internazionali della Russia. In particolare, i deputati chiedono che a Navalny sia consentito di vedere la sua famiglia e di rivolgersi ai medici e agi avvocati di sua scelta.
E poi ci sono altre belle parole sulla guerra in Ucraina e sul destino giudiziario del criminale chiamato Putin.
A questo punto non riesco a capre ben due cose: 1) a chi è rivolta la risoluzione (se non alla coscienza degli eurodeputati che vogliono sentirsi bravi) e 2) quanto bene sia chiara ai deputati europei la totale inutilità pratica del documento da loro prodotto.
Però posso sfruttare l’occasione per informarvi di una idea che mi capita sempre più spesso di sentire da alcuni giornalisti russi: Aleksey Navalny è un prigioniero politico che — mentre persiste il regime putiniano — non verrà liberato, ma nemmeno ucciso su «ordine supremo» proprio perché è una merce di scambio preziosissima. Una merce da utilizzare non per liberare qualche collaboratore importante di Putin (anche perché nessun Stato occidentale si è finora deciso di arrestarne uno, per esempio il ministro degli Esteri Lavrov), ma per ottenere qualcosa di importanza vitale in una situazione di vera emergenza. Navalny è l’oppositore russo con la notorietà e la reputazione più elevati al livello mondiale, quindi può essere scambiato, per esempio, per la possibilità dei vertici russi di fuggire da qualche parte in America latina o su qualche isola oceanica… So che sembra quasi una teoria complottistica, ma ha una sua logica interna.
P.S.: ovviamente, tutto questo non significa che la vita terrestre di Aleksey Navalny non sia quotidianamente a rischio per colpa di un impegno professionale eccessivo dei carcerieri russi.


Zelensky al Palamento inglese

Scegliere il video di questa settimana è stato facilissimo: è quello del discorso del presidente Vladimir Zelensky davanti ai parlamentari dell’UK!

Per fortuna, il Governo inglese è già il più favorevole – tra quelli europei – alla causa di Zelensky. In molti altri Stati dell’Europa occidentale sarà un po’ difficile…


L’acquisto dei politici europei

Molto probabilmente ne avete già letto qualcosa o, come minimo, ne avete sentito parlare. Ma non potevo non consigliarvi una lettura importante e interessante: «Kremlin-Linked Group Arranged Payments to European Politicians to Support Russia’s Annexation of Crimea».
Si tratta dei risultati di una inchiesta giornalistica – condotta da OCCRP, IRPI, «Important stories» e Profil – sui pagamenti fatti dallo Stato russo ai politici nazionali e regionali europee per la promozione delle iniziative volte alla cancellazione delle sanzioni europee dovute alla annessione della Crimea. A giudicare dalle somme pagate per le varie azioni, pare che molto spesso le iniziative stesse erano considerate più importanti dei loro risultati finali: probabilmente perché almeno in una fase iniziale si intendeva fornire un po’ di materia prima alla propaganda esterna e interna («guardate: i politici europei discutono dell’abrogazione delle sanzioni!»). Ma questa supposizione non rende i fatti meno importanti, meno gravi e meno interessanti.
E poi, a prendere i soldi sono stati anche alcuni politici italiani: essendo dei corrotti onesti, hanno fatto il possibile per offrire un buon servizio in cambio.
P.S.: concludo con una domanda che c’entra poco con l’argomento, è solo una mia curiosità personale: 15 o 20 mila euro non saranno delle somme un po’ ridicole per la vendita della propria reputazione professionale politica? Dato che si tratta mettere a rischio tutta la propria vita pubblica costruita in chissà quanti anni o decenni… Per uno come me sarebbero delle somme importanti, ma non mi trovo nemmeno in una posizione simile a quella di quei politici.


Le notizie nate vecchie

Come probabilmente avete letto (o come potevate logicamente immaginare), già da qualche tempo per la data odierna era stata programmata la visita di Putin a Volgograd: per i festeggiamenti dell’ottantesimo anniversario della fine della battaglia di Stalingrado (il nome che per una parte del periodo sovietico ha portato la città di Volgograd). Nel corso dei preparativi per la bassa visita, tra l’altro, ieri sono stati inaugurati – all’esterno del museo della Battaglia di Stalingrado – i busti di bronzo di Iosif Stalin e dei marescialli Georgy Zhukov e Alexander Vasilevsky. In precedenza, sullo stesso posto si trovava un busto di marmo di Zhukov, ma, secondo lo scultore Sergei Shcherbakov, è stato sostituito perché «il marmo è un materiale morbido, assorbe l’umidità e lo sporco».
Ebbene, tale «notizia» è fatta da ben due elementi che in realtà non sono proprio nuovi. In primo luogo, da anni siamo purtroppo abituati all’aumentare continuo dei monumenti dedicati a Stalin nei luoghi più o meno pubblici della Russia.
In secondo luogo, per l’ennesima volta Putin è andato a ripescare nella storia delle grandi vittorie per mascherare, in qualche modo, l’assenza delle grandi vittorie nel presente. Questa volta, in particolare, percepisce (non è difficile) l’assenza delle grandi vittorie belliche, quindi tenta di sfruttare al massimo una delle più note ed eroiche vittorie della Seconda guerra mondiale. I tre «artefici della vittoria» immortalati nei nuovi monumenti hanno fatto tutto il possibile per pagare la vittoria in quella guerra con più vite sovietiche possibile, e quest’ultimo fatto li accomuna incredibilmente bene con Vladimir Putin.
Di conseguenza, la notizia dei monumenti non solo è nata vecchia, ma è pure «logicamente simbolica» (metto le virgolette perché l’espressione mi sembra di un senso potenzialmente non scontato). È molto più interessante scoprire cosa dirà e cosa farà Putin durante e dopo le celebrazioni: molto probabilmente capisce che l’imminente arrivo delle armi pesanti occidentali in Ucraina lo costringe ad accelerare l’offensiva contro l’esercito ucraino non ancora ben attrezzato.


Un criminale pericoloso condannato

Non perché vorrei raccontarvi una barzelletta, ma perché voglio informarvi bene, inizio il post odierno con il testo completo dell’articolo 353 del Codice penale russo attualmente in vigore:

1. La pianificazione, la preparazione o lo scatenamento di una guerra di aggressione vengono puniti con la reclusione da sette a quindici anni.
2. La conduzione di una guerra di aggressione è punita con la reclusione da dieci a venti anni.
[traduzione mia]

Ridete pure. E poi continuate a leggere.
Il tribunale distrettuale di Ivanovskyy della regione dell’Amur ha condannato a tre anni di carcere l’attivista Vladyslav Nikitenko, il quale, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, aveva inviato denunce contro Vladimir Putin al Comitato investigativo russo e alla Procura russa.
Nikitenko è stato giudicato colpevole per avere ripetutamente «screditato» l’esercito (articolo 280.3 parte 1 del Codice penale), nonché di cinque episodi di insulto a un giudice (articolo 297 parte 1 e 2 del Codice penale). Il pubblico ministero aveva chiesto di condannare Nikitenko a tre anni e due mesi di carcere.
Non posso non aggiungere la foto del «pericoloso criminale»:

Orwell e Kafka erano due grafomani incapaci…


Un nuovo effetto della guerra

Oggi non posso non constatare una ennesima banalità politologica: l’ex generale e il neoeletto presidente ceco Petr Pavel – assumerà la carica il 9 marzo – deve la propria fortuna politica quasi esclusivamente all’atteggiamento dell’attuale regime russo sulla scena internazionale. Infatti, a differenza del suo predecessore, Pavel si dichiara orientato verso l’UE e la NATO e non verso la Cina e la Russia. Più del 58% dei votanti (l’affluenza è stata del 70%) hanno apprezzato questo orientamento.
La tattica di un noto personaggio orientata verso la disunione della politica occidentale registra un nuovo fallimento rilevante…

Se non fosse successo tutto a causa della guerra in corso, mi sarei chiesto – con un tono lamentoso – perché non sia mai stato così facile fare l’analisi politica!
P.S.: il presidente ceco uscente, comunque, è un personaggio abbastanza particolare in tanti sensi.


Le minacce di Volodin

Il presidente della Duma Vyacheslav Volodin, commentando la futura fornitura europea e americana della arme offensive alla Ucraina, ha scritto sul proprio canale telegram:

Con le loro decisioni, Washington e Bruxelles stanno conducendo il mondo in una guerra terribile: un tipo di azioni militari molto diverse da quelle attuali, in cui gli attacchi vengono effettuati esclusivamente contro le infrastrutture militari e critiche utilizzate dal regime di Kiev.
Data la superiorità tecnologica delle armi russe, i politici esteri che prendono tali decisioni devono capire che questo potrebbe portare a una tragedia di proporzioni globali che distruggerebbe i loro Paesi.

Quale è il concetto chiave di tale dichiarazione? Il concetto chiave è la presunta «superiorità tecnologica delle armi russe» che fino a questo momento è rimasta invisibile agli occhi degli abitanti del nostro pianeta (a meno che non prendiamo in considerazione i cartoni animati che piacciono tanto a Putin).
Da chi è stato menzionato questo concetto? Da un funzionario di livello alto, ma non da uno di quei rappresentanti dello Stato russo che per lavoro sono chiamati a parlare con i rappresentanti degli Stati esteri.
Volodin non capisce quanto il concetto faccia ridere all’Occidente? Penso che lo capisca.
Di conseguenza, come dobbiamo reagire? In nessun modo. Oppure, volendo, fare una risata. Perché è evidente che Volodin si sta rivolgendo al pubblico interno, sta cercando di comunicare al popolo che «la Russia è comunque più forte di tutti, volendo può battere facilmente l’Occidente». Potrebbe sembrarvi strano, ma in Russia c’è ancora chi ci crede.
P.S.: i personaggi considerati all’estero un po’ più di Volodin parlano direttamente dell’uso della bomba atomica, ne parlano in un modo sempre più isterico. Ma, se ci avete fatto caso, non ne parla più il personaggio principale: non so bene il perché, forse spera ancora di apparire «quello buono che trattiene i collaboratori cattivi». Boh, non so.