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Le somiglianze politiche

Inizio a pensare che il primo ministro ungherese Viktor Orban si sia finalmente realizzato nel ruolo di Aleksandr Lukashenko dell’Unione europea. È sicuramente più pacifico nel difendere il proprio potere (non è difficile), meno antidemocratico (pure questo non è difficile) e quasi altrettanto bravo a ricattare la grande entità territoriale vicina per finanziare il «proprio» Stato (una arte che si impara abbastanza facilmente). Per ora ottiene meno soldi e li prende dall’UE invece che dalla Russia, ma queste sono le uniche differenze. Pure Lukashenko fa intendere – ogni qualvolta chiede qualcosa a Putin – che ci sarebbe il «rischio» del suo avvicinamento all’Europa.
Infatti, ieri l’Ungheria ha accettato di sbloccare un programma di aiuti europei all’Ucraina per 18 miliardi di euro dopo che l’UE ha fatto delle concessioni sulla questione dei sussidi europei all’Ungheria stessa. Il premier Viktor Orban ha affermato che non si sarebbe trattato di un ricatto o di un abuso del «potere di veto» (nelle procedure che richiedono l’unanimità degli Stati-membri) da parte sua. Mentre noi sappiamo – o possiamo facilmente immaginare – che non si tratta dell’ultima porzione di grandi aiuti finanziari europei all’Ucraina.
Ecco, in tanti dicono che Orban sarebbe il più grande alleato di Putin nell’UE, uno degli strumenti utilizzati per destabilizzare e disunire la politica europea. Ma la realtà potrebbe essere decisamente più comoda al mondo sviluppato: Orban sarebbe non un agente di Putin, ma solo un opportunista che può essere comprato all’asta. Finché conta qualcosa nella politica ungherese.


Si sono decisi. Forse

Si vede che ieri da qualche parte ha nevicato veramente: i leader del G7, a termine del vertice, hanno diffuso una dichiarazione per nulla «diplomatica» sulla guerra in Ucraina dove, in particolare, leggiamo:

We will hold President Putin and those responsible to account in accordance with international law.

Nella dichiarazione non viene (ancora) specificato in quale modo Putin e suoi complici verranno giudicati (penso che ormai si possa anticipare tale termine), ma l’intenzione è stata finalmente formulata. Sulla pratica questo potrebbe significare da oggi Putin e gli altri alti dirigenti dello Stato russo farebbero bene a non uscire dai confini federali: se dovessero uscire, molto probabilmente non avranno più l’occasione di farvi il rientro. Almeno per la scelta e con i mezzi propri.
Certo, ci ricordiamo bene che Putin – in tutta la sua carriera presidenziale, anche prima della pandemia e della guerra – ha viaggiato pochissimo all’estero. Ma ora non potrebbe andare nemmeno dai suoi finti amici asiatici. Mentre, per esempio, il ministro degli Esteri non potrà più andare alle varie assemblee internazionali per raccontare ai colleghi e ai giornalisti delle «buone intenzioni» dello Stato russo.
Di conseguenza, ora posso cambiare l’oggetto delle mie speranze: mentre prima speravo che qualche collaboratore di Putin si decida di liberare l’umanità dalla sua presenza, ora spero che qualche Capo di Stato o di Governo trovi un modo furbo per fare uscire Putin dalla sua tana…


La liberazione di

Pure in Europa in tanti hanno scritto che «è stata liberata Brittney Griner». Tale interpretazione curiosa è probabilmente dovuta al fatto che la condanna della Griner per il traffico internazionale di droga in Russia è un fatto relativamente recente e giustamente mediatico da vari punti di vista.
Nel contesto dello scambio di prigionieri tra la Russia e gli USA è però più corretto cambiare l’accento: la vera notizia consiste nel fatto che «finalmente» è stato liberato Viktor Bout. Infatti, la sportiva americana era «solo» una prigioniera, sequestrata dalla Russia allo scopo di scambiarla, prima o poi, per qualche personaggio importante e/o utile trattenuto in Occidente (una cosa praticata da anni o decenni, se consideriamo anche il periodo sovietico). Sono ovviamente contento per la sua liberazione, ma allo stesso tempo capisco che si tratta di una notizia relativamente secondaria.
Viktor Bout, fino al suo arresto nel 2008, era un commerciante informale (utilizzerei questo termine neutrale) abbastanza fortunato delle armi russe in giro per il mondo. Chiunque può trovare su internet la descrizione delle sue attività in tale ambito, ma nessuno – tra i comuni mortali – sarebbe ora in grado di dare una risposta concreta e documentata a una domanda: perché la Russia ha insistito, anche a quattordici anni di distanza, per riaverlo indietro dagli USA? Sicuramente Bout ha già raccontato tutto quello che sapeva o poteva logicamente immaginare sul traffico delle armi russe (ed è per questo che non sarebbe più utile agli USA). Sicuramente i suoi contatti professionali hanno perso – durante gli anni passati in carcere – una buona parte della loro attualità (ed è per questo che non sembra un personaggio facilmente utilizzabile da subito). Dopo tanto tempo di assenza dal mercato sarebbe inutile tentare di impedirgli di parlare agli inquirenti americani (per il motivo che ho già scritto) o sperare che possa essere ancora un agente che ispira fiducia nelle controparti (qualcuno sospetterà di parlare con un doppio agente).
Però so due cose: 1) l’attuale regime russo non mai avuto problemi di abbandonare al proprio destino gli agenti ormai inutili; 2) nel contesto della guerra in Ucraina il regime di Putin ha bisogno di acquistare le armi (o le componenti) moderne di produzione estera. Di conseguenza, consiglio di non dimenticare il nome di Viktor Bout. Se dovesse restare in vita dopo il ritorno in Russia, prima o poi salterà fuori da qualche parte.


Contare le firme

Bloomberg sottolinea che la bozza del comunicato finale del G20 (quello in corso in Indonesia) contiene un linguaggio di compromesso per garantire che il maggior numero possibile di partecipanti firmi la dichiarazione e che il vertice non diventi il primo in assoluto a concludersi senza un comunicato congiunto.
Noi, invece, abbiamo la possibilità di essere ancora meno diplomatici del Bloomberg e di riconoscere dunque che l’obiettivo massimo sperato (ma pure il risultato massimo raggiungibile) è quello di 19 firme su 20. Di conseguenza, il G20 indonesiano non può non essere privo di un comunicato congiunto, a meno che non si decida di ignorare il fatto della guerra in Ucraina (una opzione che mi sembra poco probabile). Proprio in questo consiste storicità positiva dell’attuale G20 che non andrebbe temuta: nel XXI secolo inoltrato non c’è alcunché di male nel condannare una invasione militare ingiustificata.
Dato che ci è stato negato lo spettacolo di Putin maltrattato da 19 Capi di Stato e di Governo in contemporanea, voglio almeno divertirmi a contare le firme.


Si incontrano tre putiniani

Non so se classificare questa storia come un aneddoto o come una specie di apocrifo dei giorni nostri, ma…
Il 29 ottobre a Volgograd le forze dell’ordine (che da oltre due decenni servono prevalentemente a difendere il regime politico vigente) hanno reagito alla segnalazione degli attivisti religiosi ortodossi (i quali, seguendo l’esempio del Patriarcato di Mosca, appoggiano la guerra in Ucraina) e hanno interrotto il concerto dei rapper ALEXMERSER e INQUEENSITION (favorevoli alla invasione russa della Ucraina).

So benissimo che molte persone sono tanto idealisti e sognatori da pensare che certi regimi non democratici cadano per il merito delle rivoluzioni. Mentre io vedo che in realtà quei regimi cadono quasi sempre (in Russia proprio sempre) a causa dei conflitti interni al sistema. Il problema sta nel fatto che il grado critico del conflitto – al raggiungimento del quale il regime putiniano crollerà – sarà infinitamente meno divertente di quello appena descritto.
Per ora possiamo osservare solo alcuni primi, singoli e piccoli, segnali del conflitto crescente.


Le domande sulla bomba atomica

Il Presidente Biden si pone una domanda apparentemente molto logica:

If he has no intention, why does he keep talking about it? Why does he talk about the ability to use a tactical nuclear weapon? He’s been very dangerous in how he’s approached this. He can end this all. Get out of Ukraine.
[L’articolo su «Newsnation» potrebbe esservi accessibile solo con un VPN.]

Ma in realtà «si è posto» una domanda retorica: dovrebbe capire bene che le minacce pubbliche putiniane circa l’uso della bomba atomica fanno parte del tentativo di costringere l’Occidente alle trattative sulla resa dell’Ucraina. Un tentativo che dura quasi dal primo giorno della guerra e con una insistenza che sembra dimostrare l’incomprensione della inutilità crescente del tentativo stesso.
Noi, i comuni cittadini, possiamo anche continuare a porci altre due domande un po’ più vicine alla realtà:
1) Putin ha l’intenzione di usare la bomba atomica? (La risposta che mi sembra più corretta è: per ora non lo sa nemmeno lui; essendo un tattico e una persona psicologicamente poco regolare, decide sempre all’ultimo momento.)
2) Putin è in grado di usare la bomba atomica o provocare un incidente a una centrale nucleare in Ucraina? (La risposta che mi sembra più corretta è: sì, da lui possiamo aspettarci qualsiasi cosa.)


La lettura del sabato

Visto che ieri Vladimir Putin ha compiuto 70 anni, la lettura consigliata per questo sabato è dedicata proprio alla sua figura, alla sua figura nel regime politico russo attuale. Apparentemente, l’articolo in questione sarebbe basato su delle voci e informazioni difficilmente verificabili, ma in realtà fornisce alcuni elementi utili per l’analisi del comportamento di Putin osservato negli ultimi giorni. In presenza di un sistema per nulla trasparente che il personaggio ha costruito in quasi ventitre anni, siamo costretti a integrare e confrontare le nostre interpretazioni della sua attività pubblica con una serie degli articoli come quello del link.


Leggendo l’ottavo pacchetto

Ovviamente, nemmeno l’ottavo pacchetto delle sanzioni europee contro la Russia putiniana poteva nascere senza una palese  minch  idiozia nel proprio testo. Intendo questo passaggio:

The existing prohibitions on crypto assets have been tightened by banning all crypto-asset wallets, accounts, or custody services, irrespective of the amount of the wallet (previously up to €10,000 was allowed).

Proviamo a immaginare chi viene colpito dal provvedimento in questione.
I politici e i funzionari russi che vorrebbero salvare i propri soldi? Per quei personaggi 10 mila euro sono spiccioli. Inoltre, sanno benissimo di non poter usare i propri soldi e i propri beni materiali all’estero. Sul territorio russo, invece, utilizzano tranquillamente i rubli.
I militari russi? La maggioranza schiacciante di loro non ha dei soldi da salvare. Gli alti ufficiali, oltre a trovarsi nella stessa situazione degli alti funzionari, non ha il diritto di viaggiare all’estero.
I poliziotti e i membri di altre strutture di sicurezza? La loro situazione è simile a quella dei militari.
I civili che sostengono il regime di Putin? Le sanzioni europee non prevedono alcun strumento per riconoscerli.
I civili che partono dalla Russia per scappare dalla mobilitazione, dalle persecuzioni politiche o, semplicemente, dall’ambiente moralmente pesante? Sì, cazius, rimangono proprio loro. Quelle persone che ora si trovano senza una abitazione fissa, spesso senza un lavoro e senza troppi contanti, molto probabilmente senza [almeno per ora] carte bancarie pienamente funzionanti (per queste ultime le opzioni sono tante, il fatto generale è che non tutti hanno un conto bancario europeo). Quelle persone che, pur essendo partite, molto spesso devono in qualche modo sostenere economicamente qualche parente rimasto in Russia (sì, le transazioni bancarie dirette sono, ehm, problematiche in entrambe le direzioni). Esattamente quelle persone che sono contrarie alla politica di Putin.
È veramente strano che qualcuno debba ancora essere illuminato sul fatto che la popolazione russa non è composta solo da Putin e dai suoi servi fedeli.


Ognuno si diverte come può

Vedo che l’UE non riesce proprio a produrre un pacchetto di sanzioni contro il regime putiniano totalmente libero dai punti divertenti. Così, l’ottavo pacchetto – sul quale sarebbe finalmente stato raggiunto un accordo tra i rappresentanti degli Stati-membri – dovrebbe riportare una dedica a Gerhard Schröder sotto il frontespizio. Infatti, una delle sanzioni vieterebbe ai cittadini dell’UE di far parte dei consigli di amministrazione delle società statali russe. Ma proprio Schröder ha ricoperto, dal 2017 al 2022, la carica del presidente del Consiglio di amministrazione della società Rosneft: l’ha lasciata solo in priavera e solo in seguito alle forti pressioni in Germania. Inoltre, continua ancora a difendere il regime di Putin in Europa. Sia in qualità del manager, sia in qualità del rappresentante della Russia putiniana, è al giorno d’oggi il cittadino europeo più noto e discusso. Tanto noto e discusso da sembrare l’unico.
Oppure quella sanzione è una forma di contrasto agli «agents of influens» russi in Europa? Potrebbe anche essere presentataci in qual modo. Non inizia certo a sembrare una norma meno «ad personam».


La cronologia del ridicolo

Ci sono dei momenti in cui inizio a dispiacermi anche per la triste sorte dei futuri studenti delle scuole (o delle Facoltà universitarie dove si studia la storia). Per esempio, quando immagino lo studio di quel pezzo del manuale di storia nel quale verrà descritta l’annessione dei nuovi territori ucraini da parte della Russia putiniana. Infatti, la cronologia dei fatti sarebbe questa:
– alla fine di maggio del 2022 l’esercito russo conquista un altro pezzo del Donbass, compresa la città ucraina di Lyman;
– il 30 settembre 2022 Vladimir Putin e i capi delle repubbliche autoproclamate del Donbass e delle amministrazioni occupanti delle regioni ucraine firmano, al Cremlino, i «documenti» sulla «entrata delle repubbliche nella Federazione Russa»: i «documenti» parlano della realizzazione del diritto alla autodeterminazione dei «popoli» di quelle regioni ucraine;
– il 1° ottobre 2022 l’esercito ucraino libera la città di Lyman;
– il 2 ottobre 2022 la Corte costituzionale russa ha ritenuto legittima l’annessione dei territori ucraini, motivando il proprio giudizio con un mini-trattato storico-politico-sociale (giudizio mio: un trattato di qualità ehm… molto dubbia);
– il 3 ottobre 2022 la Camera bassa del «parlamento» russo (la Duma) ratifica i «documenti» del 30 settembre con 413 voti a favore dei 408 deputati presenti (rileggete bene, non ho sbagliato);
– nessuno si accorge che sarebbe stato annesso anche un territorio non controllato più nemmeno dall’esercito russo;
– gli stessi «documenti» vengono ratificati all’unanimità anche dalla Camera alta del «parlamento» russo (il Consiglio federale);
– l’unico Stato a riconoscere i nuovi territori come parte della Russia è l’autorevolissima Corea del Nord.
Non se serva una continuazione – il cervello di una persona normale potrebbe esplodere già dopo i pochi punti appena elencati –, ma, purtroppo, potrebbe arrivare…