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La musica del sabato

Bene, è giunto – da tutti i punti di vista – il momento di tornare alle «Quattro stagioni di Buenos Aires» del compositore argentino Ástor Piazzolla. Infatti, questa volta nella mia rubrica musicale è il «turno» dell’«Invierno Porteño» («Inverno a Buenos Aires») composto nel 1969.
Inizierei dalla versione live dell’autore stesso:

E poi aggiungo una sorprendente interpretazione sinfonica: quella della Nederlands Philharmonisch Orkest.

Qualsiasi musica può essere suonata bene con qualsiasi strumento (o insieme di strumenti). Non sono gli strumenti che dobbiamo ascoltare.


La musica del sabato

Nel 1961 era uscito il primo album in studio di Eddie Harris: il «Exodus to Jazz». Tra gli altri brani – ovviamente in stile jazz – quell’album conteneva anche il «Gone Home»:

Nel 1985, poi, era uscito il terzo album in studio dei Stevie Ray Vaughan and Double Trouble «Soul To Soul» (registrato ai tempi del consumo della cocaina in quantità industriali da parte di alcuni componenti del gruppo). Tra gli altri brani, questo album contiene anche l’interpretazione in stile blues della «Gone Home» di cui sopra:

Nonostante il debutto da una parte e la droga dall’altra, si tratta di due interpretazioni belle dello stesso brano. Secondo me è inutile tentare di stabilire quale delle due sia la migliore (a meno che voi non abbiate qualcosa contro uno dei due generi musicali rappresentati): ognuna di esse ha una sua bellezza.


La musica del sabato

Visto che quest’anno la festa milanese di Sant’Ambrogio capita di sabato, ho pensato di dedicare la coincidente puntata della mia rubrica musicale a qualche composizione particolarmente legata a Milano… Ma, allo stesso momento, scegliere qualcosa di non particolarmente noto e/o banale.
Non è stato un compito tanto facile, ma alla fine sono riuscito a trovare una cosa veramente rara: la musica a più voci di Giulio Cesare Ardemanio, pubblicata da Graziadio Ferioli nel 1628, che rappresenta la prima testimonianza superstite di musica per il teatro composta da un milanese, stampata a Milano e ivi rappresentata in una circostanza nota (la visita in città di san Carlo Borromeo nel periodo di carnevale del 1628).
Su YouTube sono riuscito a trovare, di Giulio Cesare Ardemanio, solo la breve canzon a quattro «La Inquieta»:

Ora bisogna capire chi e come motivare per cercare e caricare qualche altra composizione: per gli storici della musica dilettanti potrebbe essere una cosa molto utile e interessante.
Mentre per ora non ho la possibilità di aggiungere il tradizionale secondo video.


La musica del sabato

Qualche tempo fa ho per puro caso sentito la canzone di Tom Waits «November». In un primo momento ho pensato che fosse uno scherzo, un modo di prendere in giro qualcuno o qualcosa del genere… In parte questi miei dubbi sono dovuti anche al fatto che io non sono uno «ascoltatore» di Tom Waits (non so nemmeno dire il perché, è semplicemente capitato così).

Ma poi, un po’ meno per caso, ho scoperto che la suddetta canzone fa parte dell’album «The Black Rider» del 1993, il quale contiene le canzoni scritte per lo spettacolo teatrale omonimo, basato a sua volta sull’opera «The Magic Arrow». Di conseguenza, ora mi devo informare bene su queste due opere… Nel frattempo aggiungo un’altra canzone dallo stesso album: la «The Black Rider».

E non so ancora se recuperare quanto perso e studiare meglio pure il fenomeno di Tom Waits…


La musica del sabato

La mia scelta di oggi della composizione musicale da postare nella rubrica musicale deriva, come a volte succede, dalla osservazione di quello che succede nel mondo nel preciso momento storico.
Negli ultimi giorni (o settimane) ho la sensazione che sia stato raggiunto un nuovo livello di idiozia globale, quindi mi è venuta in mente una delle composizioni classiche più cupe e deprimenti che conosco: la «Apotheosis of this Earth» del compositore ceco/statunitense Karel Husa. Pubblicata nel 1970, questa composizione si riferisce a una catastrofe globale come l’uso dell’arma nucleare (una interpretazione purtroppo non obsoleta nemmeno oggi), nulla ci vieta di ascoltarla tenendo in mente anche alcuni altri sviluppi…

Oppure si può ascoltarla senza alcun legame con gli eventi – storici o potenziali – della vita reale.


La musica del sabato

Il chitarrista e cantante blues Albert King è talmente famoso e influente (sì, anche dopo la sua morte avvenuta nel 1992), che io non so nemmeno se ci sia il bisogno di scrivere qualcosa prima di inserire dei video con i suoi brani. Posso solo esprimere pubblicamente il proprio stupore per il fatto di non avergli mai dedicato un post musicale…
Ed ecco che ho deciso, finalmente, di condividere con voi due dei brani di Albert King particolarmente importanti per me.
Il primo brano è il «I’ll Play the Blues for You (parts 1 and 2), facente parte dell’album omonimo del 1972. Si tratta di una di quelle composizioni musicali che a volte utilizzo in qualità di un «metronomo mentale»: per impostare un ritmo particolare – quando serve – al cervello.

Il secondo brano di Albert King scelto per oggi è il «My Babe» (dall’album «Albert» del 1988): solo perché è bello.

Sicuramente tornerò ancora a scrivere di Albert King perché devo recuperare un po’ di pubblicazioni mancate.


La musica del sabato

Penso che sia la settimana giusta per dedicare una nuova puntata della mia rubrica musicale all’inno statunitense: infatti, nessuno ha detto che i pretesti debbano essere sempre nettamente positivi.
Ebbene, più o meno tutti si ricordano l’inno degli USA (o almeno la sua parte iniziale). Si chiama «The Star-Spangled Banner», le sue parole sono tratte dal poema «Defence of Fort M’Henry» dell’avvocato e poeta americano Francis Scott Key (il quale compose il poema nel 1814), fu adottato in qualità dell’inno ufficiale solo il 3 marzo 1931.

Però bisogna ricordare anche l’autore della musica dell’inno! Ebbene, solo negli anni ’80 del XX secolo gli scienziati hanno scoperto che non si tratta di una musica popolare inglese: fu composta da una persona ben precisa. Si tratta dello storico della musica, compositore, organista e cantante britannico John Stafford Smith, il quale nel 1780 circa compose l’inno scherzoso della «Anacreontic Society» (un club di musicisti londinesi). Ora quell’inno scherzoso è noto come la canzone «To Anacreon in Heaven»:

Ora siete ancora più informati sulla cultura americana e sulla storia della musica. Io, di conseguenza, posso ritenere di non avere proprio sprecato questa giornata…


La musica del sabato

Non mi aggiornavo da un po’ sulle loro condizioni attuali, ma poco fa ho scoperto che i Deep Purple sono ancora in una buona forma. Considerando, appunto, che sono quasi ottantenni.
E allora oggi nella mia rubrica musicale pubblico due brani tratti dal loro ultimo album: «=1» uscito il 19 luglio 2024.
La prima canzone scelta è la «Lazy Sod»:

La seconda canzone scelta per oggi dallo stesso album è la «Portable Door»:

Bene, finché si divertono, lo facciano pure.


La musica del sabato

Quest’anno ho pensato di dedicare il tradizionale post musicale pre-Halloween alla composizione di Franz Schubert il Quartetto per archi n. 14 in Re minore (D 810), chiamata anche «La morte e la fanciulla». La prima versione di questa composizione fu un breve tema per pianoforte scritto dallo stesso Schubert nel 1817: in quella occasione si trattò di un breve dialogo tra una giovane ragazza, che cerca di convincere il Tristo Mietitore a non toglierle la vita, e la Morte, che si definisce amica e afferma di aver portato con sé solo il dolce sogno dell’oblio.
Quella prima composizione fu però solo il primo passo verso la creazione di qualcosa di più grande. In una buona misura la nuova composizione – il Quartetto, appunto – riflette lo stato d’animo del compositore in quel momento della sua vita. Nel 1824, all’epoca del lavoro sulla creazione del suddetto Quartetto, Schubert – che già non fu portatore di una buona salute – si ammalò gravemente e si fu ricoverato in ospedale. I pensieri sull’approssimarsi della morte lo visitarono spesso (in più fu pure praticamente in bancarotta e questo aspetto non contribuì al miglioramento dell’umore).
Il Quartetto è composto da quattro movimenti che rappresentano un’unica storia sulla vita, la morte e la successiva resurrezione dell’anima.

Questa composizione, eseguita per la prima volta nel 1826 in una casa privata di Vienna, fu presentata al grande pubblico nel 1831: ormai tre anni dopo la morte del compositore. Ma è oggi meritatamente considerata uno dei pilastri del repertorio cameristico.


La musica del sabato

Domani, il 20 ottobre, poteva essere il giorno del 90-esimo compleanno di Eddie Harris, un musicista jazz interessante, ma oggi ingiustamente dimenticato (secondo la mia impressione) dalle grandi masse: non lo sento nominare tanto spesso quanto diversi suoi colleghi famosi. Eddie Harris è morto nel 1996 all’età neanche avanzata di 62 anni, dunque la situazione non è certo destinata a migliorare da sola, senza una attività divulgativa delle persone come me.
Nel corso della propria carriera musicale Eddie Harris aveva suonato molti strumenti diversi: non solo i «tradizionali» sassofono, tromba o sassofono tenore, ma anche, per esempio, il sassofono elettronico, vibrafono e gli strumenti di invenzione propria (tromba ad ancia, sassofono con bocchino da trombone o una combinazione di chitarra e organo). Aveva inoltre suonato in più di un genere preciso – jazz, jazz-funk, soul e hard bop –, anche se questo è un tipo di varietà un po’ meno raro rispetto alla molteplicità degli strumenti.
Ecco, non so quanto senso abbia tentare di rispecchiare tutta la varietà della musica di Eddie Harris in un solo post. Probabilmente, conviene fare diversi post tematici. E, dato che oggi scrivo solo il primo post della serie, lo dedico, banalmente, ai due dei brani più famosi di Eddie Harris.
Il primo brano scelto per oggi è il «Freedom Jazz Dance» (dall’album «The In Sound» del 1966), poi suonato e pubblicizzato da Miles Davis.

Il secondo brano di Eddie Harris scelto per oggi è il «Listen Here» (lo possiamo trovare, per esempio, nell’album «Mean Greens» del 1966, ma in realtà Eddie Harris aveva registrato diverse sue versioni caratterizzate dall’uso di strumenti musicali diversi: si potrebbe farne un post musicale a parte).

Per iniziare, potrebbe anche andare bene così…