Il New York Times scrive, citando le «fonti nell’intelligence statunitense», che negli ultimi tempi i servizi di sicurezza russi sono sempre più attivi nel compiere delle operazioni di sabotaggio su piccola scala in Europa, come incendi dolosi o tentativi di incendio doloso. In qualità degli esempi vengono proposti l’incendio di un magazzino nel Regno Unito, di una fabbrica di vernici in Polonia, di un edificio in Lettonia e di un negozio IKEA in Lituania. Sebbene tali incidenti sembrino casuali, sono finalizzati a creare l’apparenza di un presunto crescente malcontento in Europa nei confronti del sostegno all’Ucraina e mirano a creare ostacoli alla fornitura di armi all’esercito ucraino (sostiene sempre il New York Times).
Se dovesse essere vero, non riesco proprio a capire quale effetto mediatico si conta di raggiungere con un comportamento così rischioso e costoso. Certo, i servizi russi da anni (se non decenni) cercano di giustificare i finanziamenti statali crescenti ricevuti imitando una attività super efficace, ma totalmente inutile dal punto di vista pratico. Questo potrebbe essere l’unico motivo reale degli episodi di sabotaggio menzionati.
Dall’altra parte, seguendo la stampa e i social italiani (e non solo quelli italiani) vedo che il malcontento europeo manipolato dall’esterno viene creato con molto più successo ed efficacia dalla propaganda russa e dal finanziamento dei movimenti politici di estrema destra (in realtà, secondo me, l’estrema sinistra segue molto più facilmente le stronzate della propaganda russa, ma lo Stato russo, per fortuna, non se ne rende conto). A questo punto non vedo perché si debba ricorrere al sabotaggio e, poi, intensificarlo.
Di conseguenza, la tesi propostaci dal New York Times dovrebbe essere studiata profondamente prima di essere accettata.
L’archivio del tag «guerra»
Oggi posto un video che mostra alcuni dei recenti attacchi con i droni ucraini alle raffinerie di petrolio russe. Il video in sé non sembra particolarmente originale: molto probabilmente avete già visto delle immagini del genere. La cosa interessante è che le autorità russe hanno definito alcune delle esplosioni filmate come dei risultati dei «giochi dei dipendenti con i petardi».
Per voi è una interpretazione credibile?
P.S.: avete abbastanza fantasia per immaginare un dipendente di una raffineria che gioca con i petardi sul posto di lavoro?
Vladimir Zelensky, nella intervista a Reuters pubblicata ieri, tra le altre cose ha detto che gli aiuti militari occidentali all’Ucraina arrivano con circa un anno di ritardo rispetto a ogni accordo raggiunto.
Se ora vi siete messi a ipotizzare le date delle consegne di quei «materiali» che tutti noi abbiamo in mente, immaginate anche chi altro fa attualmente le stime dello stesso tipo. Significa che Zelensky ha suggerito una tattica? No: la controparte è assolutamente capace di fare delle osservazioni così semplici. Di conseguenza, io vorrei sperare che abbia invece tentato di inventare una tattica, sempre semplice, di disorientamento.
Vorrei sperare, appunto…
Leggendo le notizie di cronaca – in generale o negli ultimi giorni – sull’andamento della guerra in Ucraina, si potrebbe avere l’impressione che l’esercito russo stia avanzando o, addirittura, lentamente vincendo. Effettivamente, la propaganda putiniana riporta costantemente nuove «vittorie» sul fronte: quanto è stato distrutto, bruciato, o catturato… La parte ucraina, da parte sua, comunica costantemente dei problemi sul fronte: ci manca questo e quello, non abbiamo abbastanza di quella cosa, siamo costretti a rispondere a dieci lanci con uno solo… I due tipi di comunicati letti insieme fanno pensare, appunto, che all’esercito russo stia andando meglio. Mentre in realtà bisognerebbe rendersi conto del fatto che le ragioni di quei due comunicati sono opposte.
I vertici militari putiniani sono costretti a mentire costantemente e a decuplicare le perdite ucraine. Mandano migliaia e migliaia di soldati russi a morte certa solo per avanzare di qualche centinaio di metri (come faceva l’Armata rossa durante la Seconda guerra mondiale). Ma le «conquiste» del genere non fanno altro che creare un’apparenza. Procedendo in questo modo, l’esercito russo sta perdendo la guerra perché consuma tutte le sue forze contro la difesa ucraina. Ma i generali russi non lo possono ammettere perché devono mostrare dei risultati a Putin.
Allo stesso tempo, le continue dichiarazioni della parte ucraina sulla mancanza di tutto il materiale bellico sul fronte sono veritiere, ma anche dirette prima di tutto all’Occidente: dateci armi al più presto, stiamo resistendo con le nostre ultime forze. E questa è una strategia molto corretta: niente è troppo per un Paese in guerra. Dateci di più: abbiamo bisogno di milioni di proiettili, abbiamo bisogno di milioni di droni, dove sono i Patriot, gli ATACMS e gli F-16?
Dal punto di vista strategico, si può dire con sempre più certezza la Russia sta perdendo questa guerra. L’Ucraina è riuscita a sopravvivere anche con forniture minime di armi occidentali. E ora lo Stato putiniano non ha alcuna possibilità di vincere.
Ieri a Mosca (ma pure in alcune altre città russe che ora, però, non ci interessano) si è svolta la parata militare facente parte dei festeggiamenti del Giorno della Vittoria nella Seconda guerra mondiale. Anni fa ho già scritto del perché del 9 maggio, quindi evito di ripeterlo (volendo potete seguire i link). Avrei potuto evitare anche di commentare quanto sia «azzeccato» festeggiare quella vittoria da parte di uno Stato che proprio ora sta conducendo, da aggressore, una guerra nazista. Ma ho pensato che del festeggiamento ufficiale di ieri bisogna sottolineare due dettagli piccoli, ma interessanti.
In primo luogo, alla suddetta parata Putin ha pronunciato un discorso nel corso del quale, tra le altre cose, definito come eroi i partecipanti alla guerra in Ucraina. Secondo me intendeva le persone diverse da quelle che ho in mente io.
In secondo luogo, possiamo provare a vedere chi era seduto vicino a Putin sulla tribuna durante lo svolgimento della parata. Non prestiamo troppa attenzione ai veterani finti della Seconda guerra mondiale, vediamo chi è seduto nella fila dietro:
Gli organizzatori della parata hanno messo alle spalle di Putin il tenente maggiore Chalym Chuldum-ool, il maggiore Boris Dudko e il capitano Sergei Bacherikov, che hanno combattuto in Ucraina e hanno ricevuto il titolo di Eroi della Russia. Chi saranno? Continuare la lettura di questo post »
Lo avrete letto anche voi: secondo La Repubblica, la NATO avrebbe fissato almeno due «linee rosse» al superamento delle quali l’Alleanza potrebbe intervenire direttamente nella guerra in Ucraina. La prima «linea rossa» sarà superata se la Russia dovesse sfondare la linea di difesa dell’Ucraina a nord-ovest e uno terzo Stato (la Bielorussia) dovesse unirsi alla guerra. La seconda «linea rossa» è una possibile provocazione militare russa contro gli Stati baltici, la Polonia o un attacco alla Moldavia: questo potrebbe includere un attacco militare per testare la reazione dell’Occidente, ma non una vera e propria invasione di questi Paesi.
Non so quanto corrisponda alla realtà la suddetta «notizia», ma proviamo a immaginare che sia totalmente reale. Allora ne possiamo dedurre almeno due cose che sono in linea con gli eventi degli ultimi 26 mesi:
1) per ora la NATO non intende fare alcunché e spera di continuare ad andare avanti in questo modo (di conseguenza, Zelensky deve continuare a fare il «mendicante» di aiuti militari in giro per il mondo);
2) le suddette due linee rosse sono formulate in un modo da non sembrare delle leggi della natura (possono essere considerate superate in base a dei criteri non molto precisi).
Insomma: nulla di nuovo, nulla di sconvolgente. «Putin vai piano, altrimenti mi alzo»…
Per tutto il mese di maggio a Mosca, davanti al «Museo della vittoria» (quello dedicato alla Seconda guerra mondiale), vengono esposti i mezzi militari occidentali «catturati sul campo di battaglia in Ucraina». Purtroppo (e «stranamente»), da nessuna parte è indicato per quale motivo, a quale scopo e con quale costo quei mezzi sono stati conquistati.
C’è chi ci va a vedere l’esposizione. Ma si potrebbe (qualcuno avesse abbastanza forze mentali) visitare il posto come se fosse uno zoo:
P.S.: così, in una zona museale si sono incontrate due guerre. La differenza tra le due sembra (sembra?) essere ignorata dagli organizzatori e visitatori.
A marzo, nel corso delle votazioni per la «elezioni» di un nuovo Putin della Federazione Russa il colore della protesta era – come vi ricordate – il ben spiegabile verde. Mentre per il colore rosso – quello molto più comprensibile a tutti, anche all’estero – ci sono tante occasioni nella vita quotidiana.
Per esempio: nel corso della seduta del Tribunale militare del 1° distretto orientale, la Procura ha chiesto di condannare l’attivista di Khabarovsk Angel Nikolaev a 18 anni di carcere. Nikolaev, 38 anni, è stato arrestato a Khabarovsk nel luglio 2023 per avere dipinto con vernice rossa le bandiere russe sulle tombe dei partecipanti alla guerra con l’Ucraina nel cimitero centrale della città. Complessivamente, Nikolaev è accusato di cinque reati, tra i quali, appunto, profanazione di luoghi di sepoltura e profanazione della bandiera russa.
Provate a indovinare, dalle immagini disponibili, in che modo ha dipinto le bandiere:
Direi che il simbolo e il colore in questo caso specifico sono adeguati: i militari russi, purtroppo, sono stati uccisi in Ucraina in qualità di aggressori, assassini e portatori della ideologia associabile a quel simbolo. L’imputato Nikolaev ha solo messo in evidenza il fatto.
Mentre la profanazione della bandiera russa sarebbe da imputare a colui che nel 2022 ha organizzato la sua presenza sul territorio ucraino nel contesto che conosciamo.
P.S.: ricordo che molti esponenti della opposizione russa stanno utilizzando, nel corso delle loro manifestazioni, la «nuova bandiera russa Continuare la lettura di questo post »
Il Bild scrive che in Germania gli attivisti radicali di sinistra hanno bruciato, nella notte del 30 aprile, la casa estiva (se ho capito bene si tratta di una casetta di quel tipo) di Armin Papperger, capo dell’azienda di armi Rheinmetall. L’edificio si trovava a Hermannsburg, nella Bassa Sassonia, nel nord della Germania. I personaggi che hanno rivendicato la responsabilità dell’incendio hanno pubblicato un messaggio in cui si afferma che «Rheinmetall è uno di quelli che traggono profitto dalla modernizzazione degli armamenti dell’esercito tedesco e dalla fornitura delle armi alla Ucraina».
In sostanza, si tratta di uno di quei fenomeni grazie ai quali vediamo chiaramente: alcune persone (in realtà, purtroppo, tante) hanno in testa solo tanta merda fossilizzata al posto dei cosiddetti «principi». Tanti anni fa hanno sentito o letto da qualche parte che la guerra è un a brutta cosa e va evitata a tutti i costi. Ne hanno fatto un principio di vita senza ragionarci sopra, senza nemmeno tentare di vedere o immaginare tutta la complessità e varietà del mondo in cui vivono. E, di conseguenza, danno del mostro / capitalista pronto a tutto / qualsiasi altra stronzata a chi contribuisce (non importa con quali intenzioni personali) alla difesa del debole da una aggressione barbarica. Pensano che il barbaro possa essere fermato con una bandiera della pace? O che si ferma se accontentiamo qualche sua richiesta? Che l’esistenza stessa del barbaro sia una cosa normale? Boh…
Il fatto che tanti anni di pace in Europa hanno prodotto anche dei fenomeni negativi: per esempio, molte persone non comprendono l’importanza e la necessità della difesa attiva dal male, pensano che il non contrasto del male sia la pace.
La polizia ceca ha dichiarato di avere completato le indagini sulle esplosioni nei depositi di munizioni nel villaggio di Vrbětice che, secondo le indagini, sono state effettuate da agenti della Agenzia di spionaggio militare russa (GRU) alla fine del 2014. Lo hanno comunicato la polizia ceca e il Centro nazionale per la lotta alla criminalità organizzata (NCOZ) in una dichiarazione congiunta (potete utilizzare qualche traduttore online per riuscire a leggere tutto il comunicato ufficiale).
Secondo la versione degli investigatori, gli ufficiali del GRU dell’"unità 29155, progettata per effettuare operazioni di sabotaggio all’estero" (probabilmente si fa riferimento all’unità militare del GRU n. 29155) sono stati coinvolti nelle esplosioni ai magazzini militari. I loro nomi non sono stati resi noti nella dichiarazione, ma in precedenza la Repubblica Ceca aveva accusato i presunti ufficiali russi del GRU Alexander Mishkin e Anatoly Chepiga (gli stessi dell’avvelenamento di Salisbury, se ve ne ricordate qualcosa) di essere coinvolti nelle esplosioni di Vrbětice. Le agenzie ritengono che il movente del GRU fosse quello di «impedire la fornitura di armi e munizioni alle regioni in cui l’’esercito russo conduceva le sue operazioni». È stato riferito che le armi immagazzinate nei depositi di Vrbětice dovevano essere inviate in Ucraina.
Cosa possiamo apprendere da questa notizia di livello apparentemente locale? Possiamo apprendere da quanto tempo lo Stato russo preparava una invasione militare seria della Ucraina: immaginava che ci sarebbe stato un sostegno degli Stati europei alla vittima della aggressione e, di conseguenza, cercava di minimizzarne i mezzi. Però, in pratica, in quasi otto anni i lavori di preparazione sono stati abbastanza ridotti in termini quantitativi e, in ogni caso, non hanno permesso di sconfiggere l’Ucraina in pochi giorni.
Ma tutto questo non rende la situazione attuale sul fronte meno difficile.