Il 2024 sta per finire, dunque è giunto il momento di aggiornare alcune statistiche.
Per esempio: nel corso di quest’anno è raddoppiato il numero dei processi ai militari russi che si sono rifiutati di prestare il servizio. È logico presumere che l’aumento dei processi sia dovuto anche all’aumento dei «delitti»…
L’articolo che vi segnalo sull’argomento è talmente breve che non ha alcun senso tentare di riassumerlo: semplicemente, va letto.
L’archivio del tag «guerra»
Nel proprio tradizionale discorso serale alla nazione il presidente ucraino Vladimir Zelensky ha dichiarato che più di tremila soldati della Corea del Nord – che combattono al fianco dell’esercito russo – sono già stati uccisi o feriti nel corso delle operazioni militari nella regione di Kursk:
La Russia si sta semplicemente sbarazzando di loro durante gli assalti. Perché i coreani dovrebbero combattere per Putin, nessuna persona normale sulla terra risponderebbe. E, purtroppo, il mondo non sta facendo quasi nulla per contrastare la collaborazione criminale tra Russia e Corea del Nord. Anche se è una minaccia per ogni Stato: accanto alla penisola coreana, alla Cina, ad altri Stati della nostra regione e in qualsiasi altra parte del mondo.
Ci sono solo due considerazioni da aggiungere a queste parole. In primo luogo, nessun nordcoreano chiederebbe il perché. In secondo luogo, nessuno dei due sovrani – quello russo e quello nordcoreano – si sentirebbe tenuto a rispondere. Di conseguenza, i politici occidentali che pensano di poter risolvere il problema della guerra in 24 ore o in qualsiasi altro periodo di tempo più o meno ristretto, devono ricordarsi che sono solo loro a poter esercitare la pressione sul nemico.
Lo dico perché ho la sensazione che, stranamente, non tutti lo hanno ancora capito…
Solo ieri sera me ne sono accorto, e già oggi vi informo: il media Mediazona ha prontamente preparato e pubblicato, già il giorno dell’assassinio (il 17 dicembre), una raccolta di tutte le teorie cospirative del tenente generale russo Igor Kirillov (il quale, tra l’altro, era il capo delle Forze di Difesa dalle Radiazioni, Chimica e Biologica). Io, personalmente, mi ricordavo di quelle sue teorie, ma non in tutti i dettagli.
In ogni caso, condivido con voi questa lettura affascinante.
P.S.: è possibile che il tenente generale Igor Kirillov sia stato fatto saltare in aria (vi sarà capitato di leggere di questo evento?) banalmente nel corso di una normale lotta di concorrenza interna all’esercito russo, ma vorrei tanto tifare per la versione di una operazione punitiva speciale da parte dell’esercito ucraino: hanno tutte le ragioni per farlo e, sono sicuro, il desiderio e, spero, le capacità.
Il Presidente ucraino Vladimir Zelensky ha dichiarato – in una intervista al quotidiano francese Le Parisien – che l’esercito ucraino non può riprendere la Crimea e il Donbas con le proprie forze:
Non possiamo rinunciare ai nostri territori. La Costituzione ucraina ce lo vieta. Di fatto, questi territori sono ora controllati dai russi. Non abbiamo la forza di restituirli. Possiamo solo contare sulla pressione diplomatica della comunità internazionale per costringere Putin a venire al tavolo dei negoziati.
E, allo stesso tempo, ha sottolineato che ai negoziati si va solo trovandosi in una posizione adeguata:
Sedersi al tavolo dei negoziati con Putin a queste condizioni significherebbe dargli il diritto di decidere tutto nella nostra parte del mondo. Prima dobbiamo sviluppare un modello, un piano d’azione o un piano di pace – chiamatelo come volete. Poi possiamo presentarlo a Putin o, più in generale, ai russi.
In assenza del sostegno militare sperato e nelle condizioni del conseguente allungarsi della guerra (con la tendenza verso l’infinito, direi) tutte le parole appena riportate sembrano logiche. Anche se non mi basta la fantasia per immaginare (oggi) con quali mosse diplomatiche si possa costringere Putin a restituire la Crimea: non vorrà apparire sconfitto, soprattutto se non lo sarà realmente, e rinunciare al proprio principale «successo» degli ultimi dieci anni.
Evidentemente, ora Zelensky si sta psicologicamente preparando all’idea di dover elemosinare pure il sostegno diplomatico internazionale dopo la fine dei combattimenti: proprio come per ora sta succedendo con gli armamenti. Ma ha il difficile compito di dover spiegare due concetti:
1) il sostegno diplomatico deve comunque essere rinforzato, in questo specifico caso, con le armi;
2) il sostegno diplomatico insufficiente o tardivo farà sentire Putin un vincitore autorizzato a fare qualsiasi altra guerra.
Avendo visto il modo di fare dei burocrati occidentali, non sono molto ottimista…
In una intervista alla rivista Time, che lo ha nominato uomo dell’anno 2024 (a proposito: un raro caso in cui la scelta sembra assolutamente logica), il presidente eletto degli USA Donald Trump si è espresso contro la possibilità di permettere alla Ucraina di colpire il territorio russo con missili statunitensi a lungo raggio:
«I disagree very vehemently with sending missiles hundreds of miles into Russia. Why are we doing that? We’re just escalating this war and making it worse.
Se a dirlo non fosse stato Trump, avremmo avuto un altro motivo per indignarci. Anche se innumerevoli deficienti hanno già in qualche modo definito l’autodifesa ucraina – in corso o programmata – con il termine «escalation». Trump, invece, può affermare ogni giorno qualcosa di nuovo: non quello che pensa, non quello che intende fare e non quello che realmente farà. Mentre ciò che pensa, ciò sta per fare e ciò farà effettivamente non è sempre noto, secondo me, nemmeno a lui.
Quindi mi sembra che è troppo presto per dispiacersi per l’Ucraina. È probabile che dovremmo, al contrario, «congratularci» con Putin per l’arrivo di un poliziotto imprevedibile. Non «buono» o «cattivo», ma proprio imprevedibile.
E Trump, da parte sua, si è già dimenticato della propria dichiarazione.
Il Washington Post scrive che l’Ucraina avrebbe fornito aiuti militari agli oppositori del regime di Bashar al-Assad in Siria poco prima del suo rovesciamento: quattro o cinque settimane fa l’intelligence ucraina avrebbe consegnato 150 droni ai ribelli e ha inviato in Siria 20 persone esperte nel pilotaggio di droni.
In precedenza, le autorità ucraine avevano già riferito della loro intenzione di combattere contro i mercenari russi in Siria. Per esempio, a giugno il Kyiv Post aveva pubblicato un articolo sulle forze speciali ucraine che combattono al fianco dei ribelli contro il governo di Bashar al-Assad e l’esercito russo che lo sostiene. A luglio, poi, si è saputo che l’esercito ucraino aveva colpito una base aerea russa all’interno del Paese.
Non ho dei motivi per non credere a tutte le notizie appena citate anche se a prima vista potrebbero sembrare illogiche. È vero che l’esercito ucraino dovrebbe essere concentrato sulle problematiche molto più attuali, ma i suoi interventi in Siria – sicuramente di portata non particolarmente ampia – perseguivano, in realtà, un importante obbiettivo diplomatico. Infatti, la sconfitta putiniana in Siria (considerato quanto si era in precedenza impegnato a sostenere Assad, si tratta di una sconfitta e di una sconfitta sua) è un brutto colpo per la sua immagine. Ora i leader degli Stati occidentali dovrebbero vedere con la massima chiarezza che l’esercito putiniano è ancora più debole di quanto vediamo sull’esempio della guerra in Ucraina. In sostanza, sta già dando il massimo e non ha le risorse per altre missioni importanti per Putin. Di conseguenza, non dovrebbe avere le risorse nemmeno per agire con ancora più intensità sul fronte ucraino.
Tutto questo induce a pensare che la posizione di Putin nelle ipotetiche trattative sulla situazione in Ucraina non può essere forte. I sostenitori della Ucraina sanno dunque come comportarsi. E meno male.
L’agenzia Bloomberg scrive che la NATO avrebbe cambiato la propria strategia sulla Ucraina: ora gli Stati-membri non cercherebbero di assicurare la vittoria della Ucraina nella guerra, ma di darle la posizione più favorevole nei colloqui di pace o di aiutarla a contenere l’offensiva russa. Il cambiamento della strategia, secondo l’agenzia, significa che la NATO sta «raddoppiando gli sforzi» per fornire armi alla Ucraina in considerazione del fatto che l’esercito ucraino sta «perdendo gradualmente terreno», il che aumenta, a sua volta, la probabilità che il conflitto si blocchi con la perdita dei territori occupati dalla Russia.
Ebbene, quanto appena riassunto testimonia per l’ennesima volta il fatto che gli autori della Bloomberg vivono in un mondo alternativo, si inventano le notizie a caso e poi si mettono pure a «interpretarle». Qualcuno di voi si era accorto degli sforzi degli Stati-membri della NATO per garantire la vittoria della Ucraina? È un po’ difficile vincere con i caschi e le tende (nei primi sei mesi della guerra gli «sforzi» erano quelli) o con pochi carri armati e aerei arrivati dopo mesi o addirittura anni di richieste. Qualcuno può immaginare come si possa rafforzare radicalmente la posizione ucraina con il doppio di quegli aiuti minimi? Per me è una cosa un po’ difficile da immaginare.
Vista la tendenza del comportamento dei membri della NATO da una parte e della evoluzione dei discorsi pubblici di Zelensky dall’altra (secondo me è diventato meno radicale nelle proprie descrizioni della fine dei combattimenti), capisco che si arriverà presto a una qualche forma di trattative. Le trattative che faranno contenta una delle due parti della guerra significheranno però la sconfitta della parte opposta: nessuna delle due lo potrà accettare, anche se Putin, in teoria, ha più possibilità nel vendere ai propri elettori qualsiasi risultato come una grande vittoria.
Di conseguenza e purtroppo, siamo quasi costretti a sperare nell’ultima cosa che ci rimane: le abilità di Trump di condurre le trattative commerciali aggressive. Bisogna solo trovare il modo di mettergli in testa l’idea che deve costringere Putin a una qualche forma di resa. Una missione facilissima la nostra, ahahaha
L’altro ieri, il 27 novembre, Putin è arrivato con una visita di Stato in Kazakistan. Quel giorno aveva avuto un colloquio con il presidente kazako Kasym-Jomart Tokayev ad Astana, mentre ieri ha partecipato al vertice della OTSC (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) ad Astana.
Ebbene, il 27 novembre su uno schermo pubblicitario del centro di Astana (vicino al Teatro dell’Opera) è stata proiettata la bandiera della Ucraina al posto di quella russa. Il Ministero degli Interni del Kazakistan ha annunciato l’apertura di un procedimento penale per l’«incidente», lo schermo è stato presto spento e nella mattinata di giovedì 28 novembre non era ancora stato rimesso in funzione.
Io non so e non posso indovinare se l’«incidente» sia stato l’azione di una persona singola e indipendente oppure inventata da qualche funzionario: in una zona del genere di una città del genere sono possibili entrambe le opzioni. Ma, in ogni caso, il fatto mi diverte molto. Da una parte, il Presidente kazako Takayev non si è mai mostrato infinitamente grato a Putin per l’aiuto militare a gennaio 2022 durante le proteste di massa locali e non ha fretta di sostenerlo nella guerra contro l’Ucraina (politicamente è molto più vicino alla Cina). Dall’altra parte, in Kazakistan, oltre ai cittadini locali non proprio contenti per l’esistenza di un vicino come la Russia di oggi, vivono e lavorano tantissimi russi che per motivi politici si sono trasferiti dopo l’inizio della guerra.
Insomma, Putin ha fatto una delle proprie rare visite internazionali in un ambiente che difficilmente poteva dimostrarsi particolarmente amichevole nei suoi confronti. Non mi dispiace assolutamente che sia successo proprio così.
Il Financial Times scrive, citando alcune persone direttamente coinvolte, che centinaia di yemeniti sono stati reclutati dall’esercito russo per partecipare alla guerra in Ucraina. Secondo il giornale, a quelle persone è stato promesso un lavoro in Russia con stipendi elevati e la cittadinanza russa. Il lavoro era stato promesso da una società legata agli Houthi. Quando gli yemeniti sono arrivati in Russia, sono stati costretti a firmare contratti con il Ministero della «Difesa» russo e sono stati mandati in guerra.
La notizia concreta non è tanto una notizia: sappiamo da molto tempo che lo Stato russo cerca di arruolare con inganno i cittadini di vari Stati poveri e mandarli in guerra con l’Ucraina. In generale, però, la notizia ci ricorda per quante persone e in quanti angoli della Terra (spoiler: in entrambi i casi tantissimi) valgono due osservazioni: 1) non sanno o non si ricordano della guerra in corso in Ucraina; 2) non sanno proprio nulla dei modi di fare dello Stato russo. A volte – ancora ora con grande sopresa – incontro delle persone così poco informate pure in Italia: quando qualcuno mi chiede «per le feste vai in Russia?» il mio cervello va in corto circuito perché non se rispondere «ma sei deficiente?» oppure «sei tornato da tanto dal Marte?»… Più o meno lo stesso (ma da qualche anno in più) mi succede quando qualcuno inizia a ipotizzare quali attività imprenditoriali siano praticabili per gli occidentali in Russia.
Però ci sono dei dettagli importanti. In Europa, per esempio, sappiamo poco dei vari conflitti locali in Africa e rifiutiamo la sola idea di andarci in certe zone basandoci solo sugli istinti. La nostra è una forma di ignoranza giustificabile: seguiamo di più gli avvenimenti nella zona geografica importante per la nostra soppravvivenza (a accezione degli ignoranti da ricovero di cui poco sopra). Lo stesso vale per le persone che vivono nelle zone geografiche molto lontane dalle nostre. Ma quando a una persona che vive in una qualsiasi zona del mondo viene proposto uno stipendio altissimo per un lavoro facile da svolgere «non si capisce bene dove», il fatto non dovrebbe provocare qualche dubbio e/o una ricerca della risposta alla domanda «dove sta la fregatura»?
Ora saltiamo qualche passaggio banale e andiamo subito alla conclusione: lo Stato russo attuale sa di poter ancora contare su una quantità altissima degli ignoranti pigri sparsi in giro per il mondo. Di conseguenza, gli yeminiti non sono gli ultimi: leggeremo anche di altre persone ingannate.
Per la data dei mille giorni della grande guerra in Ucraina, Mediazona ha pubblicato un interessante e dettagliato articolo con delle statistiche di questa fase dei combattimenti. In sostanza, il testo raccoglie tutti i dati quantitativi che ci fanno inorridire nel corso di ognuno di questi mille giorni: potete leggerlo, provare a immaginare quello che viene descritto e rendervi conto che questa non è ancora la fine.
Si può anche provare a immaginare fino a che punto i numeri riportati nell’articolo cresceranno, se non si deciderà finalmente di compiere qualche azione radicale per raggiungere la vittoria. Intendo la vittoria per l’Ucraina.
Non so cos’altro aggiungere a questo articolo.