L’archivio del tag «guerra»

La lettura del sabato

Il 12 marzo, il Ministero della Difesa russo ha annunciato la liberazione di Sudzha, una città russa della regione di Kursk che era stata occupata dalle truppe ucraine nell’agosto 2024. Il giorno prima, l’esercito ucraino aveva dichiarato che i combattimenti stavano continuando nelle vicinanze della città. I residenti di Sudzha che si sono trovati sotto l’occupazione (il loro numero è ancora sconosciuto) hanno perso i contatti con i loro parenti, alcuni sono stati dichiarati dispersi. Molti sono morti a causa dei bombardamenti o della mancanza di cure mediche durante l’offensiva dell’esercito ucraino e la difesa delle truppe russe.
Ma ora anche alcuni giornalisti indipendenti hanno parlato con alcuni sopravvissuti alla occupazione di quei sette mesi. Ed è venuto fuori un articolo che può essere utile, assieme a tanti altri, per affrontare la propaganda russa sul relativo episodio della guerra. Di conseguenza, non potevo non salvarlo tramite il mio post di oggi.


Il corrispondente speciale del giornale russo «Kommersant» Andrei Kolesnikov scrive: nel pomeriggio del 18 marzo, durante una parte riservata di un incontro con i rappresentanti dell’Unione russa degli industriali e degli imprenditori, Putin non ha parlato di affari, ma di Ucraina (questo modo di fare gli capita regolarmente). Tra le altre cose, ha affermato che la Russia non rivendicherà «Odessa e altri territori» della Ucraina se nel corso dei colloqui di pace la Crimea, le autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk e le regioni annesse di Kherson e Zaporozhye saranno riconosciute come territori russi.
Chi riconoscerà questi territori come russi? Gli USA o l’Ucraina? E se non li riconoscerà, lo Stato russo continuerà a rivendicare «Odessa e altri territori»? In base a ciò che sappiamo oggi sulle modalità dei negoziati, possiamo supporre che il riconoscimento sia richiesto alla Ucraina: Trump è pronto a riconoscere qualsiasi cosa, purché il risultato sia qualcosa che possa essere definito un «accordo». Egli chiamerà il fatto stesso dell’"accordo" il proprio grande successo e andrà a creare altri «successi» da qualche altra parte.
E un altro dettaglio: le regioni di Kherson e Zaporozhye dovrebbero essere riconosciute come territori russi nella loro interezza, come scritto nella «costituzione» putiniana, o solo entro quelle loro parti attualmente controllate dalle truppe russe? Sicuramente l’Ucraina non riconoscerà queste regioni come interamente russe e, di conseguenza, lo Stato russo continuerà a rivendicare «Odessa e altri territori»; continuerà pure la guerra stessa. «Perché l’Ucraina è intransigente».
Quindi c’è una logica nel fatto che Putin abbia fatto la dichiarazione di cui sopra proprio di fronte all’Unione degli Industriali e degli Imprenditori. Ha lasciato intendere che le entrate derivanti dalle commesse belliche continueranno.


Finalmente si sono parlati

Ieri Trump e Putin si sono parlati al telefono per due ore e mezzo. Ufficialmente, hanno concordato i seguenti punti:
1) una tregua di 30 giorni nel colpire il sistema energetico della Ucraina e della Russia (Putin avrebbe già ordinato all’esercito russo di farlo):
2) saranno avviati negoziati per garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Nero;
3) la Russia e l’Ucraina si scambieranno prigionieri nel formato 175 per 175 il 19 marzo;
4) la Russia consegnerà 23 militari ucraini gravemente feriti come «gesto di buona volontà»;
5) sono stati istituiti gruppi di esperti russi e statunitensi per continuare a lavorare sulla risoluzione del conflitto;
6) i presidenti hanno discusso della cooperazione in Medio Oriente: entrambi condividono l’opinione che l’Iran non debba essere in grado di distruggere Israele;
7) i presidenti hanno concordato gli sforzi congiunti sulla non proliferazione nucleare e sulle questioni relative alla sicurezza globale;
8) Putin ha proposto e Trump ha appoggiato l’idea di organizzare partite di hockey tra giocatori della NHL e della KHL
Cosa si può dire in merito? Per esempio:
1. l’annunciato cessate il fuoco di 30 giorni si è trasformato in una tregua solo nel settore energetico (è già meglio di niente, ma è pochissimo),
2. la sicurezza della navigazione per chi?
3. lo scambio di prigionieri è sempre una buona cosa;
4. anche la consegna degli ucraini gravemente feriti è positivo.
5. si creano gruppi: il solito bla, bla, bla burocratico;
6. la cooperazione sul Medio Oriente: significa che non ci sarà la cooperazione;
7. la non proliferazione nucleare: assolutamente ridicolo perché Putin ha già portato le armi nucleari in Bielorussia.
Inoltre, Putin avrebbe chiesto di non fornire più gli aiuti militari alla Ucraina nel corso dei suddetti 30 giorni. Ma se realmente «vuole la pace», perché dovrebbe esserne interessato: se non aggredisce, quelle armi non verranno mai utilizzate contro il suo esercito.
Boh, vedremo.


La data dell’incontro

Dmitry Peskov (il portavoce di Putin), rispondendo alla domanda di un giornalista sulla data di un possibile incontro tra Putin e Trump, ha dichiarato:

Per ora è impossibile parlare dei tempi, perché non ci sono indizi. Se i presidenti prenderanno una decisione, l’incontro sarà ovviamente preparato nei tempi che gli stessi Capi di Stato stabiliranno.

Ma noi, i semplici osservatori, almeno un indizio ce l’abbiamo. Possiamo presumere che Putin non si trovi totalmente fuori dal contesto reale e che sappia che la guerra gli costa tanto, gli sta portando via le ultime riserve economiche e che sicuramente non può essere continuata all’infinito (anche se può continuare molto più a lungo di quanto speriamo noi). Allo stesso tempo, capisce che l’imprenditore Trump è abituato alle trattative e non alle guerre. Di conseguenza, Putin partecipa al gioco, fa finta di trattare e avanzare delle proprie condizioni, ma presto smetterà di farlo. Perché, alla fine, la tregua è anche un suo obiettivo, anche se per motivi diversi da quelli di Trump.
Quindi dell’incontro si inizierà a parlare presto.


La lettura del sabato

A gennaio gli attivisti russi per i diritti umani – quelli veri, perseguitati dallo Stato russo e non quelli finti che eseguono gli ordini ricevuti dal Cremlino – hanno svolto una missione di monitoraggio in Ucraina per la prima volta dal 2022. Si tratta di alcuni membri del Memorial Human Rights Center (forse ne avete sentito parlare almeno una volta nella vita, in occasione della assegnazione del Nobel per la pace) che hanno visitato alcune regioni ucraine e promettono di presentare il proprio rapporto su quel viaggio in primavera.
Già ora, però, è possibile leggere una intervista rilasciata da uno di loro su quanto visto e alcuni aspetti della guerra in generale. Molte cose contenute nella intervista coincidono con quello che sento raccontare dalle persone che vivono in (o ci vanno con una qualsiasi periodicità) Ucraina, altre cose sono delle informazioni che possono essere definite interessanti anche per me.
In ogni caso, provate a leggere anche voi, se avete tempo.


Accusare gli altri

Putin ha dichiarato di essere d’accordo con la proposta della tregua per 30 giorni, ma che questa dovrebbe portare a una «pace a lungo termine». Ha dichiarato, ma si è anche interrogato:

Cosa faremo con l’area controllata dall’esercito ucraino nella regione di Kursk? Se interrompiamo le ostilità per 30 giorni, cosa significa? Che tutti [i militari dell’esercito ucraino] che sono lì se ne andranno senza combattere? Dovremmo lasciarli uscire da lì dopo che hanno commesso una marea di crimini contro i civili? O la leadership ucraina darà loro l’ordine di deporre le armi, di arrendersi? Come avverrà? Non è chiaro.
E come verranno risolte le altre questioni lungo tutta la linea di contatto? Si tratta di quasi duemila chilometri. E lì le truppe russe stanno avanzando in quasi tutti i settori. […] Come verranno utilizzati questi 30 giorni? Per continuare la mobilitazione forzata in Ucraina? Per rifornirla di armi? Per addestrare le unità appena mobilitate? O non si farà nulla di tutto ciò?
Allora la domanda sorge spontanea: come verranno affrontate le questioni del controllo e della verifica? Come possiamo garantire che non accadrà nulla di simile? Chi darà l’ordine di fermare le ostilità? E qual è il prezzo di questi ordini? Quasi duemila chilometri [di linea di contatto]. Chi stabilirà chi e dove ha violato un eventuale accordo di cessate il fuoco?

In generale, Putin rispetta rigorosamente la tradizione di incolpare gli altri per ciò che fa (o sta per fare) lui stesso. Non è una grande novità.
Ma, stranamente, è stato proprio lui a portarmi all’idea che il graduale ritiro dell’esercito ucraino dalla regione di Kursk, a cui stiamo assistendo in questi giorni (e che era comunque destinato ad accadere prima o poi), può essere spiegato non solo dall’andamento dei combattimenti non particolarmente fortunato per l’esercito ucraino. Le ragioni degli insuccessi sono una grande questione professionale a parte, ma il fatto che il destino delle forze armate ucraine nella regione di Kursk potesse diventare una delle «condizioni» di Putin poteva essere previsto e in qualche modo scongiurato. Ed è forse quello che sta accadendo ora. Ma questa è solo una delle teorie che mi vengono in mente.


La verità in arrivo per Trump

Mi ero quasi convinto, nel corso del primo mese della seconda presidenza di Donald Trump, che quest’ultimo volesse realmente fare l’amicizia politica con Putin: «comprarlo» in qualche modo per tentare di farlo stare tranquillo e dichiararsi un grande risolutore dei problemi internazionali e difensore degli interessi americani.
Ma le particolarità mentali di Trump evolvono molto velocemente e iniziano a produrre gli effetti pericolosi pure per lui (e non solo per il mondo che lo circonda).
L’altro ieri, per esempio, l’amministrazione Trump ha proposto una «tregua di 30 giorni» sul fronte ucraino (inizialmente era una proposta di Zelensky, ma Trump non si preoccupa di questi dettagli), ma ha dimenticato di avvisarne / parlarne a Putin. Solo Rubio ha pubblicamente detto «ora vediamo chi realmente non vuole finire la guerra». Lo Stato russo in generale e i suoi diplomatici e militari in particolare non hanno ancora dimostrato in alcun modo di essere interessati o informati della proposta: ieri la guerra ha continuato come al solito, mentre la proposta della tregua, secondo alcune dichiarazioni, «verrà sottoposta allo studio». A questo punto sembra che l’ego di Trump rischi ora di essere ferito in un modo fatale e, come se non bastasse, per lui non è più possibile dare la colpa di tutto allo «stupido» Biden o «aggressivo» Zelensky.
Molti di noi si chiedevano chi avrebbe scatenato una guerra nucleare allo scadere del primo quarto del XXI secolo. Ora possiamo tutti presumere che, molto probabilmente, sarà quel pacificatore di 80 anni che ha appena scoperto che non frega niente a nessuno dei suoi piani narcisistici, che nessuno, in fondo, lo rispetta minimamente. O forse sarà il primo Presidente degli Stati Uniti a mandare tutto in quel paese e a spararsi?


Rappresentanti delle agenzie di intelligence occidentali avrebbero dichiarato alla Bloomberg che Putin non ha intenzione di fare concessioni nei negoziati sulla risoluzione della guerra russo-ucraina, ha avanzato richieste deliberatamente «massimaliste» nel periodo precedente ai negoziati ed è «pronto a continuare a combattere se non otterrà ciò che vuole».
O Bloomberg ha inventato di nuovo una notizia clickbait (come di solito fa), oppure Putin ha finalmente formulato una nuova versione degli obiettivi della guerra militare speciale (che ora venderà a Trump).
Quali siano queste richieste-obiettivi non è in realtà importante. In primo luogo, cambieranno molte altre volte nel corso dell’opera. In secondo luogo, è facile immaginarne molti (il disarmo della Ucraina, l’alienazione dei territori inclusi nella «Costituzione» russa, la non adesione della Ucraina alla NATO, ecc.).
L’unica cosa interessante della non-notizia inventata dalla Bloomberg è che ci viene ricordato ancora una volta che, indipendentemente da ciò che Putin dice in pubblico circa il proprio desiderio di porre fine a questa guerra, in realtà per lui è indifferente se la guerra finisce o meno. Se finisce la guerra, risolverà alcuni dei propri problemi e ne creerà di nuovi, se non finisce la guerra, potrà continuare la guerra a lungo senza pensare a nuove soluzioni per i vecchi problemi. Se finirà la guerra, lui potrà ottenere un certo allentamento delle sanzioni e dell’isolamento internazionale, ma dovrà far pensare a qualcuno degli assassini che tornano dal fronte e del riorientamento del complesso militare-industriale. Se non finirà la guerra, lui sarà in grado di giustificare eventuali problemi con la guerra in corso, ma creerà il rischio che un numero critico di persone si annoi fortemente della guerra. Nessuna di queste opzioni è peggiore per Putin, quindi per lui è indifferente.


L’import delle armi in Ucraina

Secondo lo studio dell’Istituto internazionale dello studio sulla pace di Stoccolma (Stockholm International Peace Research Institute, SIPRI), l’Ucraina è diventata il più grande importatore di armi al mondo nel periodo compreso tra il 2020 e il 2024. Almeno 35 Stati hanno fornito armi alla Ucraina dall’inizio dell’invasione russa, con la maggior parte delle spedizioni provenienti dagli USA (45%), Germania (12%) e Polonia (11%). Nel periodo 2020–2024 l’Ucraina ha ricevuto l’8,8% delle importazioni globali di armi.
Per puro interesse accademico – militare, statistico, economico, storico – potete leggere l’intero rapporto o le sue tesi principali. Ma la cosa principale che questo rapporto può comunicare anche a coloro che sono troppo pigri per cliccare sul link è una nuova conferma della grande e banale verità: bisogna distinguere tra la quantità e la qualità.
Ricordiamo bene che nei primi mesi di guerra l’esercito ucraino riceveva dall’estero sostanzialmente solo le attrezzature di difesa personale. Poi, gradualmente, erano iniziate le piccole e spesso tardive consegne di armi difensive, seguite da consegne ancora più piccole e ancora più ritardate consegne di armi offensive. «Piccole» in entrambi i casi significa che non corrispondevano pienamente agli obiettivi dell’esercito ucraino e alla situazione sul fronte. E questo è uno dei motivi per i quali la guerra si è prolungata e quindi è diventata non vincibile per l’Ucraina. Cosa sarebbe successo se nel primo anno di guerra l’esercito ucraino avesse spazzato via la maggior parte delle attrezzature e delle infrastrutture militari russe, impedendo che la loro produzione fosse messa in moto in modo più o meno costante, regolare? È molto probabile che le cose sarebbero andate in modo diverso.
E il record quantitativo di importazioni di armi che il SIPRI dichiara non risolve assolutamente nulla.


Musk fa il figo

Ieri, il 9 marzo, Elon Musk ha scritto su X:

I literally challenged Putin to one on one physical combat over Ukraine and my Starlink system is the backbone of the Ukrainian army. Their entire front line would collapse if I turned it off. What I am sickened by is years of slaughter in a stalemate that Ukraine will inevitably lose. Anyone who really cares, really thinks and really understands wants the meat grinder to stop.

Il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski gli ha risposto:

Starlinks for Ukraine are paid for by the Polish Digitization Ministry at the cost of about $50 million per year. The ethics of threatening the victim of aggression apart, if SpaceX proves to be an unreliable provider we will be forced to look for other suppliers.

Non so se sia il caso di fare i complimenti a Musk che fa il figo basandosi sulle difficoltà della vittima di una aggressione.
Però si può ricordare che Starlink è, per essendo importantissimo per il coordinamento dell’esercito ucraino, non è l’unico sistema di connessione utilizzato. Di conseguenza, c’è una debole speranza di riuscire a dare una piccola lezione almeno a Musk: l’eventuale disattivazione di Starlink sul territorio ucraino (anche se per ora si dice che non è in programma) che non lascia l’esercito ucraino senza l’internet. «Veramente, non sei così indispensabile».
Ma non il momento di fare i fighi.