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Gli effetti della guerra

L’aeroporto Sheremetyevo di Mosca (uno dei principali della città) ha allestito un’area di riposo per i passeggeri i cui voli sono in ritardo di molte ore o cancellati a causa del pericolo droni (ucraini). La grande particolarità di quella area sono i materassi che vengono messi a disposizione soprattutto delle famiglie con bambini.

No, non lo faccio vedere per parlare di una forma di scomodità: la guerra di Putin ha portato delle «scomodità» enormemente più gravi a milioni di persone da entrambe le parti del confine.
Lo faccio vedere per dire che non si mai quale degli effetti della guerra può far ragionare almeno una persona in più. almeno una di quelle persone che fino ieri facevano finta che non stesse succedendo nulla.


L’Armenia accoglie

La polizia armena si è rifiutata di estradare in Russia l’ex ufficiale russo Semyon Subbotin, che si è rifiutato di partecipare alla guerra russo-ucraina. Subbotin, 25 anni, ha prestato servizio come radio-telefonista nelle Forze missilistiche strategiche nella città di Teikovo, nella regione di Ivanovo. Ha lasciato la Russia nel settembre 2024 con l’aiuto dei volontari di un progetto che fornisce l’assistenza di vari tipi ai cittadini russi che vogliono sottrarsi all’obbligo formale di andare in guerra contro l’Ucraina.
Subbotin non è assolutamente il primo a scappare: solo il progetto di assistenza di cui sopra ha già aiutato, a partire dall’ottobre 2022, alcune decine di migliaia di persone (seguite il link se volete essere più informati).
Quello che mi piace particolarmente nella notizia citata è il fatto che l’Armenia continua dimostrare con una certa costanza l’allontanamento dalla Russia e, di conseguenza, l’avvicinamento al mondo sviluppato. È una strada difficile e pericolosa, ma bella e giusta. Spero che abbia un grande risultato alla fine. E spero che lo sforzo venga apprezzato (e alleggerito, perché chi si impegna va stimolato) da chi prende le decisioni riguardanti le relazioni tra gli Stati.


I fondi per le armi

Il Politico scrive che la Francia e l’Italia non intendono aderire all’iniziativa di pagare le armi statunitensi all’Ucraina: la Francia preferisce investire nella industria militare nazionale, mentre l’Italia sostiene di non avere abbastanza risorse.
Presumo che anche Macron sia capace di investire in qualcosa di più bello, ma proprio la Francia ha poco fa presentato un «Programma strategico nazionale» aggiornato che indica un aumento dei rischi di escalation militare in Europa entro il 2030. In qualità di una grande fonte del pericolo in quel programma viene indicato lo Stato russo.
Questa è l’occasione per ripetere ancora una volta che Macron è stato il primo nell’UE a iniziare di parlare del vero pericolo di guerra (perché la guerra in Ucraina non è una questione dei territori da controllare), mentre tanti altri continuano ancora a sperare che li difenda qualcun altro nel caso dell’attacco. Non so se sia più triste vedere uno che ha investito inutilmente (qualora fortunato) o che ha detto – sempre lui – «avevo ragione» (qualora non abbia fatto un tubo, ma è stato comunque fortunato).
«Grazie» a Putin per questi dubbi.


Ancora la diplomazia Trump

«No, lui [Zelensky] non dovrebbe attaccare Mosca», ha detto ieri Trump ai giornalisti quando gli è stato chiesto se l’Ucraina dovrebbe colpire la città di Mosca. Lo riporta The Financial Times.
«The Financial Times è famoso per togliere le parole dal contesto per ottenere click, perché questo giornale sta morendo», ha dichiarato l’addetta stampa della Casa Bianca Caroline Leavitt dopo la suddetta pubblicazione.
Nel contesto di tale scambio di battute il semplice lettore confuso può presumere solo una cosa: Trump non è contrario agli attacchi ucraini contro Mosca.
Però sappiamo che cambia l’idea più volte al giorno…


Trump ha fatto un nuovo ultimo avvertimento a Putin. Se non dovesse funzionare nemmeno questa volta nemmeno questa volta…
Secondo Trump, ci si deve aspettare l’introduzione di «dazi secondari» contro la Russia se non si raggiunge un accordo di pace con l’Ucraina entro 50 giorni. L’entità di questi «dazi secondari» potrebbe raggiungere il 100%, ha aggiunto Trump.
50 giorni sono già meglio. In precedenza, Trump aspettava ogni quindici giorni per vedere se Putin voleva la pace.
Il 27 aprile Trump aveva dichiarato che entro 2 settimane sapremo se Putin vuole la pace.
Il 19 maggio Trump aveva dichiarato che entro 2 settimane sapremo se Putin vuole la pace.
Il 28 maggio Trump aveva dichiarato che entro 2 settimane sapremo se Putin vuole la pace.
Mi aspettavo una nuova dichiarazione entro il 12 giugno, ma non si era verificata.
Il 14 luglio, invece, ha deciso di recuperare e ha concesso 50 giorni al posto dei 14. La prossima volta, suppongo, si dovrebbero concedere 100 giorni.
Prima o poi dovrà anche scoprire se Putin vuole veramente la pace, vero?


Che cosa era quella pausa?

La Reuters scrive che gli USA hanno ripreso le consegne di alcune armi alla Ucraina: proiettili d’artiglieria da 155 mm e missili a guida precisa noti come GMLRS, utilizzati nei lanciarazzi multipli HIMARS. Non è chiaro perché l’ultima spedizione abbia incluso solo proiettili e razzi per lanciarazzi multipli; non è noto se sia stata presa la decisione di riprendere le consegne di altre armi.
In compenso, ieri ho sentito una curiosa interpretazione della pausa nelle forniture americane del materiale bellico alla Ucraina: dopo l’intervento-lampo in Iran – non c’è bisogno di precisare – Trump avrebbe detto Pete Hegseth di fare l’inventario dei materiali disponibili, mentre quel personaggio, con il suo grado di intelligenza e preparazione che purtroppo conosciamo, si è inventato il modo più cretino di farlo. «Non facciamo uscire nulla finché non finiamo a contare». E, in più, lo avrebbe fatto senza informare Trump stesso (che infatti si era dimostrato incapace di commentare la situazione). La cosa più preoccupante: l’ipotesi mi sembra credibile e realistica.
La ripresa delle forniture alla Ucraina, seppure modeste, è comunque una cosa positiva.


Il tribunale della città russa di Irkutsk ha inflitto cinque giorni di arresto alla blogger Maria Makhmutova in base al protocollo sull’uso di sostanze psicotrope senza prescrizione medica.
Il 13 giugno, Makhmutova è stata arrestata e portata alla stazione di polizia, su di lei è stato redatto un protocollo per aver «screditato» l’esercito russo a causa di un video dove diceva che avrebbe «bevuto vino» se «tutti i partecipanti alla operazione militare speciale fossero morti». In seguito, la blogger è stata arrestata per 13 giorni con l’accusa di aver aggredito un pubblico ufficiale. Il giorno dell’arresto, secondo la versione delle forze dell’ordine, la donna era in stato di ebbrezza alcolica. Makhmutova è stata sottoposta a un esame medico che avrebbe rilevato tracce di fenobarbital nel suo corpo. La blogger non ha ammesso la propria colpevolezza.
Mi è capitato di leggere di tanti pretesti per arrestare le persone contrarie alla guerra in Ucraina, ma quello descritto sopra mi è nuovo…


He doesn’t know, but I do

Il 5 luglio, a bordo dell’Air Force One, quando gli è stato chiesto se fosse sicuro di poter porre fine ai combattimenti in Ucraina, Trump ha risposto ai giornalisti:

I don’t know. I can’t tell you whether or not that’s going to happen.

Ovviamente, quella domanda giornalistica poteva avere una infinità di obiettivi tranne uno: quella di ottenere una informazione sui fatti futuri.
Ma io, non essendo Trump e non essendo stato interrogato dai giornalisti, mi autorizzo da solo a rispondere a quella domanda nel suo unico senso non previsto. Tanto, arrivare a quella risposta è facilissimo.
Lo so, non succederà. Se Trump continua così come ha agito fino a oggi, sicuramente non ci riuscirà. Perché anche in quelle rare occasioni in cui fa qualcosa di riguardante la guerra in Ucraina, fa in modo che le posizioni della Ucraina si aggravino. E, dato che l’Ucraina non intende arrendersi, possiamo dire che Trump sta facendo il possibile per prolungare la guerra.
Potremo tornare alla stessa domanda quando, per esempio, Trump decide almeno di sbloccare quegli ultimi aiuti militari che erano stati destinati alla Ucraina dal suo predecessore Biden.


Le fonti del pericolo

La principale parata navale russa, che dal 2017 si tiene tradizionalmente a San Pietroburgo in occasione della Giornata della Marina (celebrata l’ultima domenica di luglio), non avrà luogo nel 2025 a causa di «misure di sicurezza». Quest’anno, secondo il giornale «Fontanka», le autorità di San Pietroburgo torneranno al formato precedente delle celebrazioni del Giorno della Marina: deposizione solenne di corone, festeggiamenti pubblici e un concerto nella Piazza del Palazzo.
Una persona normale e, allo stesso tempo, ingenua potrebbe chiedersi perché siano necessarie «misure di sicurezza» per una parata, ma non per un concerto, al quale possono assistere non meno spettatori.
La risposta è ovvia: le «misure di sicurezza» sono necessarie contro i droni militari di indovinate quale Stato. Quei droni sarebbero stati indirizzati contro le navi da guerra, non contro gli spettatori e/o ai musicisti: le autorità cittadine e federali lo sanno bene, ma non possono ammetterlo pubblicamente. Non possono, perché allora dovrebbero riconoscere la differenza di approccio alla guerra tra la Russia e l’Ucraina. E se non lo riconoscono pubblicamente, la popolazione (come sperano) non penserà a questa differenza.
Purtroppo, la maggior parte di coloro che amano le parate e i concerti durante le feste militari non ci penserà veramente.


La leva in Danimarca

Ho scoperto che la Danimarca ha introdotto il servizio di leva per le donne a partire dal 1° luglio: esse sono ora obbligate a registrarsi per il servizio militare e svolgerlo se selezionate in una speciale lotteria. I volontari di entrambi i sessi avranno la preferenza per l’arruolamento, mentre i posti rimanenti (per arrivare a 4700) saranno assegnati in una lotteria tra i coscritti, alla quale parteciperanno anche le donne. La durata del servizio di leva è stata aumentata da quattro a undici mesi; è previsto che il numero totale di persone che prestano servizio militare di leva ogni anno salga gradualmente a 6500 entro il 2033.
Questo numero di coscritti all’anno non sembra particolarmente elevato (anche con un esercito regolare di 9000 unità, come quello danese), ma nel complesso va bene. Posso solo provare a indovinare cosa verrà insegnato ai coscritti: i generali si preparano sempre per guerra passata, quindi i nuovi coscritti verranno trasformati in operatori di droni. Ma quando saranno necessari per una nuova guerra, i droni militari saranno già in grado di operare autonomamente in «sciami» (come dicono alcuni esperti militari).
Ma consiglierei comunque al resto degli europei di allenarsi a maneggiare i droni in anticipo: per assicurarsi una specialità non da campo nell’esercito ahahaha