Lo scorso fine settimana, la polizia della Repubblica Sudafricana ha arrestato almeno cinque persone sospettate di collaborare con la Russia e di reclutare residenti locali nelle file delle forze armate russe. Secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg e dal quotidiano locale Times Live, una delle persone arrestate è una conduttrice radiofonica dell’emittente statale SAfm e copresidente dell’Associazione dei giornalisti dei Paesi BRICS. Gli arresti sono avvenuti dopo che a metà novembre l’agenzia Bloomberg aveva riferito del reclutamento nell’esercito russo di circa 20 cittadini sudafricani e del Botswana con la partecipazione della figlia dell’ex presidente sudafricano Duduzi Zuma-Sambudla. Secondo l’agenzia, è stato loro offerto un lavoro come guardie del corpo per il nuovo partito dell’ex leader sudafricano Jacob Zuma, per il quale era necessario seguire un addestramento in Russia. Una volta lì, al gruppo di uomini è stato chiesto di firmare dei documenti in russo, che si sono rivelati essere contratti di servizio nelle forze armate russe.
Potrebbe sembrare una semplice notizia proveniente dalle terre lontanissime e, dunque, poco interessante per la maggioranza degli europei. In realtà, però, è una notizia interessante per tutti coloro che non solo seguono l’andamento della guerra in Ucraina (è inutile precisare perché l’esercito russo sta raccogliendo i futuri cadaveri in giro per il mondo), ma hanno pure qualche illusione o incomprensione circa l’utilità reale del BRICS. Ebbene, pur essendo una organizzazione pensata prevalentemente per obiettivi economici, è spesso spacciata dallo Stato russo come una organizzazione costruita attorno alla Russia e «comandata» da quest’ultima. Però sulla pratica gli Stati del BRICS si rifiutano di essere i fornitori dei mercenari per la guerra tanto importante per Putin. E non l’unico indicatore della non-leadership russa.
L’archivio del tag «guerra»
Garri Kasparov è un tipo che spesso si emoziona tanto anche quando dice delle cose abbastanza scontate (purtroppo, mettendosi a parlare di politica dice prevalentemente quelle), ma a volte si può anche ascoltarlo:
Forse, se ripetiamo la stessa cosa qualche milione di volte, finalmente la sentiranno le persone giuste.
Purtroppo, questa nuova profondità raggiunta dalla «giustizia» russa nella sua caduta non mi sorprende. Ma suscita altre forti emozioni.
Mi riferisco alla sentenza di cui avrete probabilmente già sentito parlare, ma della quale ora potreste (ancora una volta?) leggere in dettaglio: il tribunale militare distrettuale meridionale ha condannato all’ergastolo gli imputati nel caso dell’attentato terroristico sul ponte di Crimea (nella mia terminologia, un normale episodio della guerra in corso, avvenuto l’8 ottobre 2022). Secondo l’accusa, alcuni uomini d’affari, un agricoltore e un camionista – otto persone in totale – hanno aiutato i servizi segreti ucraini a far esplodere un camion carico di esplosivo sul ponte (costruito dalla Russia dopo l’annessione della Crimea). Nessuno dei condannati ha ammesso la propria colpevolezza. Gli imputati hanno sostenuto di aver semplicemente svolto il loro lavoro abituale e di non essere stati a conoscenza dell’esplosivo nascosto nel carico del camion. È noto che si sono presentati spontaneamente alla polizia. L’indagine non ha stabilito che fossero a conoscenza dell’imminente esplosione del ponte. Il fatto che le forze dell’ordine ucraine abbiano utilizzato gli imputati alla cieca è stato riferito dallo stesso capo del Servizio di sicurezza dell’Ucraina Vasily Malyuk.
Ma sono stati condannati loro e non, per esempio, coloro che avrebbero dovuto impedire tali atti «terroristici». A quanto pare, quelle persone si sono già riabilitate combattendo i «terroristi» adolescenti sui social network.
Il progetto AviVector riferisce, citando immagini satellitari, che nel parcheggio dello stabilimento aeronautico TANTK intitolato a Beriev a Taganrog sono stati distrutti (da droni ucraini) due aerei sperimentali russi: il «laser volante» A-60 e il «radar volante» di nuova generazione A-100LL.
Entrambi gli aerei erano stati costruiti sulla base del cargo Il-76MD. Lo sviluppo dell’A-60 era iniziato negli anni ’80, con l’intenzione di installare un potente cannone laser a bordo del cargo. L’aereo A-100 è stato sviluppato a partire dal 2014 come sostituto dei «radar volanti» di progettazione sovietica A-50 e A-50U.
La notizia è certamente positiva: si può congratulare l’esercito ucraino per l’ennesima missione riuscita. Allo stesso tempo, è troppo facile sopravvalutare questa notizia: entrambi gli aerei erano in fase di sviluppo da molto tempo e non si sa quando avrebbero superato tutti i test (come la maggior parte dei missili di cui ama vantarsi Putin). Di certo non sarebbero stati utilizzati in guerra contro l’Ucraina nei prossimi anni. Ma la cosa più importante non è nemmeno questa.
Ho molti dubbi sul fatto che nella Russia di Putin sarebbero riusciti a mettere in piedi la produzione di aerei sviluppati per miracolo. Come ho letto più volte, in Russia sanno produrre fusoliere, radar e cannoni di buona qualità, ma non motori aeronautici ed elettronica. E dove avrebbero preso tutto questo materiale in condizioni di sanzioni? L’elettronica si può ancora procurare in qualche modo attraverso l’"importazione grigia" (clandestina), ma i motori sono difficili da trovare anche per la produzione di singoli nuovi aerei.
In generale, mi rallegra molto di più la distruzione degli aerei militari russi che sono già in servizio militare. Così come di tutto il resto dell’equipaggiamento bellico.
Il segretario al Tesoro degli USA Scott Bessent ha criticato il pacchetto di sanzioni che l’Unione Europea introdurrà contro la Russia a partire dall’inizio del 2026:
The Europeans told me, «Oh, we are doing our 19th sanctions package». In my mind… if you’re going to do something 19 times, you filed.
È vero che le sanzioni dell’UE, essendo elaborate prevalentemente dai burocrati, hanno uno scarso valore pratico (sono spesso ridicole, impossibili da applicare, irrilevanti per gli obiettivi che perseguono etc.). Ma poi c’è chi, invece, per l’ennesima volta presenta un «piano di pace» dettato dall’aggressore e conduce le «trattative» che mirano a introdurre degli obblighi solo per l’aggredito. Ecco, quest’ultimo forse non si chiama fallito, ma con qualche termine più pesante.
Pochi giorni fa su Mediazona è uscito un testo abbastanza interessante: il racconto del proprio servizio militare di un uomo che disegnava, professionalmente e per lavoro, quelle mappe militari regolarmente che vengono regolarmente mostrate dalla propaganda del Cremlino (al mondo intero) e, a quanto pare, anche dallo stesso Putin ai suoi interlocutori più o meno creduloni. Mappe con tutte quelle frecce, aree colorate e centri [un tempo] abitati conquistati (a volte non proprio).
Il racconto è interessante soprattutto perché costituisce una ulteriore testimonianza oculare dell’organizzazione interna della parte dell’esercito russo che combatte in Ucraina.
Nel frattempo, ieri la Procura ucraina ha sollevato per la prima volta sospetti nel caso del massacro di Bucha contro il comandante russo. Il sospettato è il comandante del plotone della 76ma Divisione d’assalto aviotrasportata dell’esercito russo, Yury Kim: in particolare, è sospettato di essere coinvolto in 17 omicidi e quattro casi di maltrattamenti deliberatamente commessi dai suoi subordinati a Bucha. Si tratta del primo caso in cui un ufficiale diventa ufficialmente sospettato: in precedenza, nel caso Bucha erano stati sospettati solo ufficiali militari ordinari.
A questo punto bisogna precisare, per i meno informati, che l’apertura dei sospetti è un passaggio previsto dalla procedura penale in Ucraina: dopo di esso può essere emesso un mandato d’arresto. Il vice procuratore generale ucraino Andriy Leshchenko ha dichiarato: «Questo è un passo fondamentale verso la giustizia per i crimini di guerra sistematici e massicci commessi a Bucha».
Io, invece, dichiaro che si tratta di uno dei pochissimi casi in cui spero che un ufficiale russo coinvolto nella guerra in Ucraina sopravviva fino alla fine dei combattimenti e a tutto ciò che ne seguirà. È molto probabile che in quel momento storico diventi un testimone scomodo per certi gruppi di persone, ma io spero comunque che sopravviva assieme a certi suoi «colleghi». Sarà impossibile trovare e condannare tutti (è un lavoro enorme che richiederebbe decenni, dunque poco utile dal punto di vista pratico), ma voglio che il processo a quelli trovati diventi un nuovo processo storico, pubblicizzato e studiato. Sarà utile – spero! – dal punto di vista educativo e didattico.
Axios, citando fonti anonime tra funzionari americani e russi, riferisce che l’amministrazione Trump si sta consultando segretamente con la Russia in merito alla risoluzione del «conflitto» in Ucraina. Il piano sarebbe composto da 28 punti e sarebbe «ispirato dai risultati ottenuti da Trump nell’accordo su Gaza». Secondo le fonti di Axios, i 28 punti del piano sono suddivisi in quattro blocchi: pace in Ucraina, garanzie di sicurezza, sicurezza in Europa e futuro delle relazioni degli Stati Uniti con la Russia e l’Ucraina. La preparazione del piano è guidata dall’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witcoff, che, secondo i funzionari, lo sta discutendo attivamente con il rappresentante russo Kirill Dmitriev.
Dimentichiamo per ora che i risultati ottenuti da Trump nel raggiungimento dell’accordo a Gaza sono molto dubbi: nel complesso, il suo piano non ha funzionato.
Concentriamoci sulla parte principale della «notizia» sopra riportata. Se tutto ciò che è scritto lì è vero, allora questa storia entra nel centesimo giro: Trump e i suoi assistenti hanno nuovamente iniziato a elaborare un modo per rifilare alla Ucraina tutte le richieste principali di Putin. In modo che, complessivamente, a Putin venga dato tutto ciò che egli vuole, e lui in cambio non faccia ciò che non può fare. Ha già rifilato con successo le sue richieste a Witcoff, il quale non riesce ad ammettere a se stesso di essere stato ingannato (non orientandosi affatto nella questione) e, a quanto pare, continua a dire a Trump di aver «raggiunto accordi preliminari con Putin».
Quindi non capisco proprio cosa ci possa essere di segreto in tali consultazioni.
Non può essere un segreto nemmeno il fatto che l’Ucraina respingerà giustamente gran parte dei risultati. E senza il consenso della Ucraina, la «risoluzione del conflitto in Ucraina» non sembra ancora molto possibile.
Secondo le stime dei funzionari dell’UE, sono necessari circa quarantacinque giorni per spostare truppe ed equipaggiamenti della NATO dai porti strategici dell’Europa occidentale al fianco orientale al confine con Russia e Ucraina. Secondo il quotidiano Financial Times, il 19 novembre le autorità dell’UE intendono presentare una nuova proposta sulla «mobilità militare» dei Paesi-membri della NATO. Secondo le fonti del quotidiano, l’obiettivo è quello di ridurre i tempi di spostamento delle truppe dall’ovest all’est dell’Europa a tre-cinque giorni. Secondo le fonti interne del mio cervello, si tratta di un obiettivo abbastanza logico, anche se non posso dire quanto sia realistico.
Ma l’importante è che la suddetta notizia va letta assieme a un’altra: il primo ministro polacco Donald Tusk ha annunciato durante una seduta del Sejm (parlamento) che sono state accertate le identità dei due sospettati di sabotaggio ferroviario in Polonia del 16 novembre: si tratta di cittadini ucraini che agivano su incarico della Russia e che erano entrati in Polonia dalla Bielorussia. Il punto fondamentale è «l’incarico della Russia», perché la necessità di velocizzare gli spostamenti delle forze facenti parte della NATO si discute non da ieri e nemmeno da una settimana, mentre Putin ha iniziato l’aggressione militare ai confini occidentali nel 2014. Sicuramente in qualche misura pensa alle possibili conseguenze, anche se ultimamente sembra che si sia convinto della non-intenzione/capacità della NATO a reagire adeguatamente alle sue provocazioni.
Ma anche se si cercherà di non farlo arrabbiare, non smetterà.
Il Politico, basandosi su fonti dell’ambiente diplomatico europeo, scrive che l’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Steven Witkoff, che ha condotto i negoziati con Vladimir Putin, non ha alcuna comprensione del conflitto ucraino.
Negli USA e nell’UE ci sono, stranamente, tantissime persone che non hanno ancora alcuna comprensione del conflitto ucraino, ma Witkoff è un caso fenomenale: non ha alcuna comprensione nemmeno del lavoro diplomatico. Per esempio, non si era preoccupato di chi avrebbe fatto da interprete durante il suo incontro con Putin a Mosca: e gli hanno affiancato una tipa che lavora alla FSB… Inoltre, ha creduto cecamente a tutte le stronzate raccontate da Putin, presentandole poi come un successo ottenuto.
Sono le cose note da tempo a tutti tranne la redazione di Politico…



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