Il Ministero della Difesa israeliano ha firmato un accordo con la Finlandia per la fornitura del sistema di difesa missilistica David’s Sling: si tratta del primo accordo del genere con un altro Stato.
Il sistema è stato sviluppato dall’azienda israeliana Rafael in collaborazione con l’azienda statunitense Raytheon: è l’anello intermedio della difesa missilistica israeliana tra i sistemi Iron Dome e Arrow ed è in grado di intercettare missili con una gittata di lancio compresa tra 40 e 300 chilometri. Ma sicuramente conoscete delle fonti specializzate attendibili dove leggere tutti i dettagli tecnici…
Io, intanto, vi invito a indovinare il perché dell’acquisto dal punto di vista della Finlandia (nonostante il fatto che la fornitura fisica del sistema dovrebbe avvenire verso la fine degli anni ’20).
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Il mercoledì 25 ottobre il Consiglio Federale russo (la Camera alta del Parlamento) ha approvato la legge sul ritiro della ratifica del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari. Ovviamente, a breve la legge verrà anche firmata da Putin. In relazione a questi due eventi avrei potuto ricordare diverse banalità largamente note (per esempio, che il Parlamento russo approva solo le leggi che servono a Putin o che il ritiro della ratifica non equivale alla uscita dal Trattato), ma vado oltre.
Nel pomeriggio dello stesso giorno – il 25 ottobre – sul sito ufficiale del Presidente della Russia è comparso il comunicato secondo il quale Vladimir Putin avrebbe condotto l’addestramento delle forze di deterrenza nucleare. Come parte dell’addestramento, dal cosmodromo di Plesetsk è stato lanciato verso il sito di test in Kamchatka il razzo Intercontinentale Yars, mentre il razzo Sineva è stato lanciato dal mare di Barents dal sottomarino nucleare Tula. Inoltre, gli aerei a lungo raggio Tu-95MS hanno eseguito lanci di missili dall’aria.
La seconda notizia in certo senso conferma quella ipotesi che viene in mente già in relazione alla prima: Putin non ha alcun bisogno e/o intenzione di testare delle «nuove» armi nucleari perché tutto quello che c’era da testare è già stato testato decenni fa. Si sa già come funzionano le armi nucleari. Però Putin non se il sistema delle armi nucleari che ha a disposizione dai tempi sovietici funzioni ancora. Sarà tutto rovinato dal tempo? Parzialmente venduto dai vertici militari corrotti? Tutta la catena degli ufficiali è disposta a fare la propria parte del lavoro se Putin dovesse premere il famoso buttone rosso? Purtroppo per lui e fortunatamente per noi, Putin non è sicuro di poter rispondere positivamente a tutte le domande elencate. Dunque spera di testare – con «l’autorizzazione del Parlamento» – il funzionamento del sistema e non delle armi.
Secondo il mio autorevolissimo parere, vuole testare il sistema non per bombardare i nemici, ma per sapere se ha ancora uno strumento per terrorizzare il mondo. Ci aveva provato con il «secondo esercito del mondo», ma ha fallito: guardate quanto sono piccoli i successi militari in Ucraina. Poi aveva provato a «far congelare l’Europa» senza il gas russo, ma già l’inverno scorso è stato superato dall’Europa con molta tranquillità. Ora gli resta la minaccia della bomba atomica e vuole essere sicuro di avere i mezzi.
Vedremo.
La Russia potrebbe prepararsi a testare il missile da crociera intercontinentale a propulsione nucleare chiamato «Burevestnik». E, in ogni caso, chissà quante volte lo ha già testato: pare più di una, ma ora non importa. Ora è importante capire almeno due principi di base.
Prima di tutto bisogna capire che finché qualcuno (spoiler: si chiama Putin) non dice «ce l’abbiamo», il missile non funziona proprio. E quando dirà «ce l’abbiamo», non significherà che il missile funziona come si deve. Potrebbe significare che «vola» a una distanza più o meno lunga nella direzione più o meno simile a quella prevista: purtroppo al giorno d’oggi il livello di molti rami della ingegneria russa è quello (e viene aggravato dalla corruzione che fa sparire i fondi per lo sviluppo e la costruzione degli esemplari da testare).
In secondo luogo, anche se i lavori sul missile dovessero arrivare alla loro logica conclusione, non è assolutamente detto che il missile venga utilizzato. Purtroppo, in Occidente non tutti hanno ancora capito che la tattica dei vertici attuali della Russia (di Putin prima di tutto) è quella di minacciare a parole gli europei e gli americani. Quando vedono che la controparte ha paura (della bomba atomica, del nuovo missile, di qualsiasi altra cosa), si sentono liberi di fare qualsiasi cosa: fare la guerra in Cecenia, fare la guerra con la Georgia, annettere la Crimea, fare la guerra in Donbass, abbattere un aereo civile, fare la guerra in Ucraina, etc. Ma quando – purtroppo raramente – la controparte mostra la forza, si impauriscono loro. Io continuo a sperare che in Europa e negli USA finalmente lo capiscano e inizino ad agire di conseguenza.
Ecco, iniziate a digerire i due principi di cui sopra. E poi speriamo.
Non escludo che le prime puntate della notizia vi siano capitate già tempo fa, ma io l’ho scoperta solo ieri sera.
Alcuni anni fa l’esercito belga aveva smesso di utilizzare 50 carri armati Leopard 1 e li aveva accantonati in un deposito nella città di Tournay. Lo Stato belga non aveva l’intenzione di consegnare quei carri armati all’Ucraina perché la loro (ri)messa in servizio si era rivelata troppo costosa. I 50 carri erano stati venduti alla azienda OIP Systems a 15 mila euro l’uno (appena 750.000 euro per 50 carri armati? niente male!) e poi rivenduti a uno Stato anonimo che li sta riparando e attrezzando con le armi più moderne. I primi esemplari già pronti stanno per partire verso l’Ucraina via Germania e Italia…
N.B.: prendete la lista dei principali produttori delle armi al mondo e provate a immaginare chi di loro possa inviare i carri via Germania e Italia; ricordatevi che per ora solo la Germania, il Danimarca e i Paesi Bassi hanno annunciato che consegneranno all’Ucraina i carri armati Leopard 1 acquistati dall’industria.
Ma la cosa più curiosa è che Business AM scrive che il Belgio avrebbe venduto i carri armati a un prezzo così basso perché l’esercito belga non aveva abbastanza hangar per ospitare le attrezzature dismesse (quindi i carri armati sono stati venduti a prezzi di dumping). Direi che è un ottimo modo di aiutare a costo zero l’Ucraina che combatte. E quando scrivo «a costo zero», non intendo assolutamente di fare una critica, anzi: con un po’ di fantasia – anche quando è mascherata da qualche giustificazione strana, probabilmente indirizzata ai contribuenti nazionali – tutti gli Stati possono dare il loro utile aiuto. Basta che ne trovino la voglia.
Molto probabilmente sapete già dei «droni marittimi» ucraini che sono stati «testati» con successo nell’attacco contro il ponte di Crimea e ora iniziano a essere usati – pare – anche contro le navi russe.
Ecco, il video domenicale di oggi è un breve ma interessante servizio della CNN su quei nuovi strumenti:
Forse avete già visto pure il video, ma io ho comunque preferito conservarlo in un posto sicuro.
In questi giorni ne avete sicuramente letto qualcosa, ma io aggiungo comunque il link a un testo potenzialmente utile: quello dedicato all’aspetto tecnico dell’attacco al ponte di Crimea il 17 luglio. Si tenta di capire con quali mezzi sia stato esattamente attaccato il ponte e quali mezzi del genere possano essere a disposizione dell’Ucraina.
In effetti, la guerra dovrà, prima o poi, manifestarsi nuovamente in un modo attivo anche sul mare. Non solo per colpire il famoso ponte.
Il grappolo n. 1. Esiste la convenzione dell’ONU che proibisce l’uso delle bombe a grappolo e formalmente vale per gli Stati che l’hanno ratificata. Diversi Stati-membri della NATO l’hanno ratificata e non usano le bombe a grappolo. Gli USA non l’hanno ratificata e non usano le bombe a grappolo. La Russia non l’ha ratificata e usa le bombe a grappolo. L’Ucraina non l’ha ratificata e per ora non usa le bombe a grappolo (perché per ora non le ha mai avute). La morale: alla Ucraina potrebbe essere data la possibilità di usare gli stessi armamenti che usa l’aggressore (la Russia); sappiamo come usa le armi l’aggressore (contro i civili) e come le usa l’Ucraina (contro l’esercito).
Il grappolo n. 2. La NATO è una alleanza concepita, creata e mantenuta per non essere usata in guerra contro uno Stato come l’URSS o la Russia. Non è una alleanza concepita, creata e mantenuta per esporre a rischi atomici tutti i propri Stati-membri. È una alleanza concepita, creata e mantenuta per essere talmente grande da scoraggiare gli altri ad attaccarla.
Il grappolo n. 3. La NATO si trova di fronte a una semplice scelta economica-amministrativa: spendere dei soldi (in sostanza, dei contribuenti) per smaltire gli armamenti vecchi e/o bannati oppure farli usare (e dunque consumare) a chi può destinarle a una giusta causa. L’autodifesa della Ucraina mi risulta essere una giusta causa.
La Bloomberg, citando i dati dell’Istituto di economia mondiale di Kiel e del progetto analitico Oryx, sostiene che la Russia e l’Ucraina avrebbero pareggiato il numero di carri armati in loro possesso.
Secondo il database Ukraine Support Tracker dell’Istituto, la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina con quasi tremila e mezzo carri armati, ma durante i 16 mesi di guerra, secondo Oryx, ne ha persi poco più di duemila: tra questi ci sarebbero anche i 545 carri armati sequestrati dalle forze armate ucraine. L’Ucraina aveva circa mille carri armati al momento dell’invasione russa. Oryx ha confermato che le forze armate ucraine hanno perso più di 550 carri armati durante la guerra, ma queste perdite sono state recuperate, anche grazie ai carri armati russi catturati e alle forniture dei Paesi occidentali. Secondo l’Istituto di Kiel, dall’inizio dell’invasione sono stati consegnati a Kiev 471 carri armati, mentre altri 286 arriveranno in Ucraina successivamente.
Ecco, alle statistiche di cui sopra aggiungere un fatto già ben noto, ma molto utile da ricordare nell’ottica della comparazione: l’esercito russo sta cercando di recuperare le proprie perdite dei carri armati tirando fuori dai depositi i carri degli anni ’70, ’60 e ’50. Mentre alla Ucraina stanno arrivano molti carri armati notevolmente più moderni e prodotti negli Stati con una migliore cultura industriale. Di conseguenza, è il caso di dire che la quantità non l’unica cosa che conta.
Il canale televisivo britannico Sky News ha pubblicato un presunto contratto – firmato il 14 settembre 2022 – tra la Russia e l’Iran per l’acquisto di armi per un valore di oltre un milione di dollari. Secondo i giornalisti, il documento sarebbe stato ottenuto da un funzionario della sicurezza innominato. In base alle pagine del contratto consultate dai giornalisti, il documento parlerebbe dei proiettili e missili per artiglieria e carri armati, canne per carri armati T-7 e canne per obici.
I giornalisti non sono in grado di garantire che si tratti di un contratto reale, non lo posso fare nemmeno io. Però posso – come voi – leggere alcuni pezzi del documento e i relativi commenti di Sky News. Posso dunque vedere almeno due stranezze del suddetto documento.
Prima di tutto, vedo la «qualità» dell’inglese (la lingua del contratto) che secondo la mia logica confermerebbe il coinvolgimento delle Istituzioni russe nella stesura del documento. Vi è mai capitato, per esempio, di sentire parlare in inglese il ministro degli Esteri Lavrov? Provate: vi sentirete dei geni delle lingue straniere.
In secondo luogo, negli estratti del contratto pubblicati ho notato dei tentativi – per me parziali e dunque poco chiari – di stabilire il giudice competente per le eventuali controversie. Ci voleva una enorme ingenuità per sperare di poter regolare in conflitti in merito a un contratto del genere in una legislazione occidentale. A metà settembre del 2022 solo una persona totalmente sconnessa dal mondo reale poteva scrivere una cosa del genere in un documento reale.
Quindi boh, non so proprio cosa pensare di questo «contratto».
P.S.: una osservazione che non c’entra con la notizia, ma molto utile per la vostra vita privata e lavorativa: la parte più importante di ogni contratto è quella che contiene le condizioni di recesso. Se volete cercare le fregature, iniziate proprio da quella parte.
Il video domenicale di questa settimana racconta perché la guerra in Ucraina è (anche) una guerra dei droni:
Ovviamente conoscevate già il semplice fatto, ma vedere i dettagli concreti è sempre utile e interessante.