A gennaio gli attivisti russi per i diritti umani – quelli veri, perseguitati dallo Stato russo e non quelli finti che eseguono gli ordini ricevuti dal Cremlino – hanno svolto una missione di monitoraggio in Ucraina per la prima volta dal 2022. Si tratta di alcuni membri del Memorial Human Rights Center (forse ne avete sentito parlare almeno una volta nella vita, in occasione della assegnazione del Nobel per la pace) che hanno visitato alcune regioni ucraine e promettono di presentare il proprio rapporto su quel viaggio in primavera.
Già ora, però, è possibile leggere una intervista rilasciata da uno di loro su quanto visto e alcuni aspetti della guerra in generale. Molte cose contenute nella intervista coincidono con quello che sento raccontare dalle persone che vivono in (o ci vanno con una qualsiasi periodicità) Ucraina, altre cose sono delle informazioni che possono essere definite interessanti anche per me.
In ogni caso, provate a leggere anche voi, se avete tempo.
Putin ha dichiarato di essere d’accordo con la proposta della tregua per 30 giorni, ma che questa dovrebbe portare a una «pace a lungo termine». Ha dichiarato, ma si è anche interrogato:
Cosa faremo con l’area controllata dall’esercito ucraino nella regione di Kursk? Se interrompiamo le ostilità per 30 giorni, cosa significa? Che tutti [i militari dell’esercito ucraino] che sono lì se ne andranno senza combattere? Dovremmo lasciarli uscire da lì dopo che hanno commesso una marea di crimini contro i civili? O la leadership ucraina darà loro l’ordine di deporre le armi, di arrendersi? Come avverrà? Non è chiaro.
E come verranno risolte le altre questioni lungo tutta la linea di contatto? Si tratta di quasi duemila chilometri. E lì le truppe russe stanno avanzando in quasi tutti i settori. […] Come verranno utilizzati questi 30 giorni? Per continuare la mobilitazione forzata in Ucraina? Per rifornirla di armi? Per addestrare le unità appena mobilitate? O non si farà nulla di tutto ciò?
Allora la domanda sorge spontanea: come verranno affrontate le questioni del controllo e della verifica? Come possiamo garantire che non accadrà nulla di simile? Chi darà l’ordine di fermare le ostilità? E qual è il prezzo di questi ordini? Quasi duemila chilometri [di linea di contatto]. Chi stabilirà chi e dove ha violato un eventuale accordo di cessate il fuoco?
In generale, Putin rispetta rigorosamente la tradizione di incolpare gli altri per ciò che fa (o sta per fare) lui stesso. Non è una grande novità.
Ma, stranamente, è stato proprio lui a portarmi all’idea che il graduale ritiro dell’esercito ucraino dalla regione di Kursk, a cui stiamo assistendo in questi giorni (e che era comunque destinato ad accadere prima o poi), può essere spiegato non solo dall’andamento dei combattimenti non particolarmente fortunato per l’esercito ucraino. Le ragioni degli insuccessi sono una grande questione professionale a parte, ma il fatto che il destino delle forze armate ucraine nella regione di Kursk potesse diventare una delle «condizioni» di Putin poteva essere previsto e in qualche modo scongiurato. Ed è forse quello che sta accadendo ora. Ma questa è solo una delle teorie che mi vengono in mente.
Mi ero quasi convinto, nel corso del primo mese della seconda presidenza di Donald Trump, che quest’ultimo volesse realmente fare l’amicizia politica con Putin: «comprarlo» in qualche modo per tentare di farlo stare tranquillo e dichiararsi un grande risolutore dei problemi internazionali e difensore degli interessi americani.
Ma le particolarità mentali di Trump evolvono molto velocemente e iniziano a produrre gli effetti pericolosi pure per lui (e non solo per il mondo che lo circonda).
L’altro ieri, per esempio, l’amministrazione Trump ha proposto una «tregua di 30 giorni» sul fronte ucraino (inizialmente era una proposta di Zelensky, ma Trump non si preoccupa di questi dettagli), ma ha dimenticato di avvisarne / parlarne a Putin. Solo Rubio ha pubblicamente detto «ora vediamo chi realmente non vuole finire la guerra». Lo Stato russo in generale e i suoi diplomatici e militari in particolare non hanno ancora dimostrato in alcun modo di essere interessati o informati della proposta: ieri la guerra ha continuato come al solito, mentre la proposta della tregua, secondo alcune dichiarazioni, «verrà sottoposta allo studio». A questo punto sembra che l’ego di Trump rischi ora di essere ferito in un modo fatale e, come se non bastasse, per lui non è più possibile dare la colpa di tutto allo «stupido» Biden o «aggressivo» Zelensky.
Molti di noi si chiedevano chi avrebbe scatenato una guerra nucleare allo scadere del primo quarto del XXI secolo. Ora possiamo tutti presumere che, molto probabilmente, sarà quel pacificatore di 80 anni che ha appena scoperto che non frega niente a nessuno dei suoi piani narcisistici, che nessuno, in fondo, lo rispetta minimamente. O forse sarà il primo Presidente degli Stati Uniti a mandare tutto in quel paese e a spararsi?
Rappresentanti delle agenzie di intelligence occidentali avrebbero dichiarato alla Bloomberg che Putin non ha intenzione di fare concessioni nei negoziati sulla risoluzione della guerra russo-ucraina, ha avanzato richieste deliberatamente «massimaliste» nel periodo precedente ai negoziati ed è «pronto a continuare a combattere se non otterrà ciò che vuole».
O Bloomberg ha inventato di nuovo una notizia clickbait (come di solito fa), oppure Putin ha finalmente formulato una nuova versione degli obiettivi della guerra militare speciale (che ora venderà a Trump).
Quali siano queste richieste-obiettivi non è in realtà importante. In primo luogo, cambieranno molte altre volte nel corso dell’opera. In secondo luogo, è facile immaginarne molti (il disarmo della Ucraina, l’alienazione dei territori inclusi nella «Costituzione» russa, la non adesione della Ucraina alla NATO, ecc.).
L’unica cosa interessante della non-notizia inventata dalla Bloomberg è che ci viene ricordato ancora una volta che, indipendentemente da ciò che Putin dice in pubblico circa il proprio desiderio di porre fine a questa guerra, in realtà per lui è indifferente se la guerra finisce o meno. Se finisce la guerra, risolverà alcuni dei propri problemi e ne creerà di nuovi, se non finisce la guerra, potrà continuare la guerra a lungo senza pensare a nuove soluzioni per i vecchi problemi. Se finirà la guerra, lui potrà ottenere un certo allentamento delle sanzioni e dell’isolamento internazionale, ma dovrà far pensare a qualcuno degli assassini che tornano dal fronte e del riorientamento del complesso militare-industriale. Se non finirà la guerra, lui sarà in grado di giustificare eventuali problemi con la guerra in corso, ma creerà il rischio che un numero critico di persone si annoi fortemente della guerra. Nessuna di queste opzioni è peggiore per Putin, quindi per lui è indifferente.
Secondo lo studio dell’Istituto internazionale dello studio sulla pace di Stoccolma (Stockholm International Peace Research Institute, SIPRI), l’Ucraina è diventata il più grande importatore di armi al mondo nel periodo compreso tra il 2020 e il 2024. Almeno 35 Stati hanno fornito armi alla Ucraina dall’inizio dell’invasione russa, con la maggior parte delle spedizioni provenienti dagli USA (45%), Germania (12%) e Polonia (11%). Nel periodo 2020–2024 l’Ucraina ha ricevuto l’8,8% delle importazioni globali di armi.
Per puro interesse accademico – militare, statistico, economico, storico – potete leggere l’intero rapporto o le sue tesi principali. Ma la cosa principale che questo rapporto può comunicare anche a coloro che sono troppo pigri per cliccare sul link è una nuova conferma della grande e banale verità: bisogna distinguere tra la quantità e la qualità.
Ricordiamo bene che nei primi mesi di guerra l’esercito ucraino riceveva dall’estero sostanzialmente solo le attrezzature di difesa personale. Poi, gradualmente, erano iniziate le piccole e spesso tardive consegne di armi difensive, seguite da consegne ancora più piccole e ancora più ritardate consegne di armi offensive. «Piccole» in entrambi i casi significa che non corrispondevano pienamente agli obiettivi dell’esercito ucraino e alla situazione sul fronte. E questo è uno dei motivi per i quali la guerra si è prolungata e quindi è diventata non vincibile per l’Ucraina. Cosa sarebbe successo se nel primo anno di guerra l’esercito ucraino avesse spazzato via la maggior parte delle attrezzature e delle infrastrutture militari russe, impedendo che la loro produzione fosse messa in moto in modo più o meno costante, regolare? È molto probabile che le cose sarebbero andate in modo diverso.
E il record quantitativo di importazioni di armi che il SIPRI dichiara non risolve assolutamente nulla.
Il nuovo paragrafo di Inerario (§ 40) è dedicato al modo di impostare con il solo CSS una altezza sempre uguale del content e del sidebar. A differenza dei due paragrafi precedenti sullo stesso argomento, quello di oggi si concentra sulla situazione nella quale il sidebar e il content hanno le larghezze fisse (espresse in pixel e non in percentuali).
Il paragrafo è stato pensato prevalentemente per gli sviluppatori front end (e, ancora più specificatamente, per quegli sviluppatori che amano le soluzioni robuste e minimaliste allo stesso tempo). Con questo paragrafo ho completato – mi pare – la saga sulle altezze uguali dei div…
https://www.eugigufo.net/it/inerario/paragrafo40/
Ieri, il 9 marzo, Elon Musk ha scritto su X:
I literally challenged Putin to one on one physical combat over Ukraine and my Starlink system is the backbone of the Ukrainian army. Their entire front line would collapse if I turned it off. What I am sickened by is years of slaughter in a stalemate that Ukraine will inevitably lose. Anyone who really cares, really thinks and really understands wants the meat grinder to stop.
Il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski gli ha risposto:
Starlinks for Ukraine are paid for by the Polish Digitization Ministry at the cost of about $50 million per year. The ethics of threatening the victim of aggression apart, if SpaceX proves to be an unreliable provider we will be forced to look for other suppliers.
Non so se sia il caso di fare i complimenti a Musk che fa il figo basandosi sulle difficoltà della vittima di una aggressione.
Però si può ricordare che Starlink è, per essendo importantissimo per il coordinamento dell’esercito ucraino, non è l’unico sistema di connessione utilizzato. Di conseguenza, c’è una debole speranza di riuscire a dare una piccola lezione almeno a Musk: l’eventuale disattivazione di Starlink sul territorio ucraino (anche se per ora si dice che non è in programma) che non lascia l’esercito ucraino senza l’internet. «Veramente, non sei così indispensabile».
Ma non il momento di fare i fighi.
Un po’ mi dispiace che pure Keith Kellogg – la persona apparentemente più seria di tutta la squadra alla quale ora appartiene – è costretto a fare le battute in stile Trump:
Ma capisco che senza l’uso del genere in pubblico della propria lingua con Trump non si lavora.
Ehm, ma è proprio necessario lavorare con Trump?
P.S.: e io prometto di lanciare un social network nuovo in 24 ore.
Per un motivo che interessa poco alle grandi masse, nei giorni scorsi mi sono ricordato del vecchio gruppo statunitense WAR. Dopo aver scoperto che tale gruppo esiste ancora (è stato formato nel 1969, ma della formazione originale rimane ormai solo una persona), ho pensato che almeno una volta posso anche dedicare a esso un post della mia rubrica musicale.
Quali sono le canzoni più note degli WAR? Per esempio, la «Low Rider» (dall’album «Why Can’t We Be Friends?» del 1975):
Oppure, sempre per esempio, è famosa la canzone «The Cisco Kid» (dall’album «The World Is a Ghetto» del 1972):
Per rispettare la tradizione e non stancare troppo la gente, non metto più di due canzoni. Probabilmente, sarete capaci di trovarne altre, se vorrete.
Uno degli articoli per me più sorprendenti degli ultimi giorni – sorprendenti perché si basa su un paragone al quale non ho mai pensato in precedenza – è quello sulla somiglianza tra Donald Trump di oggi con Vladimir Putin del suo periodo presidenziale ormai da considerare iniziale. Lo spiega Peter Baker, il corrispondente del New York Times dalla Casa Bianca, che ha lavorato a Mosca nei primi anni 2000. Tra le altre cose, parla anche del rapporto dei due Presidenti con la stampa, ma il suo commento è interessante da vari punti di vista.
È una intervista che, ovviamente, potrebbe aiutare a capire qualcosa anche degli avvenimenti dei giorni nostri.