Il premier ungherese Viktor Orban ha dichiarato, nella intervista al media francese Le Point, che l’Ungheria sosterrà la decisione europea di stanziare 50 miliardi di euro in aiuti alla Ucraina, ma a condizione che i Paesi-membri dell’UE approvino questa decisione ogni anno…
Poi ha detto anche tante solite stronzate (che di fatto bisogna trattare con Putin etc), ma noi basta già il punto di cui sopra.
In sostanza, Orban ha deciso di non fare più finta di essere un tipo timido e, invece, di manifestare sfacciataggine di livello massimo: «voglio che mi garantiate la possibilità di ricattarvi almeno una volta all’anno, così almeno una volta all’anno ci guadagno qualcosa».
Geniale! Anche io voglio salire a questi livelli.
Ah, e secondo me non è escluso che ci riesca…
L’archivio del gennaio 2024
La sera di ieri, il 29 gennaio, i mass media ucraini hanno citato delle «fonti» innominate secondo le quali il comandante in capo delle Forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, potrebbe essere licenziato o è già stato licenziato. Poco dopo, il Ministero della Difesa ucraino ha pubblicato un messaggio su Telegram: «Cari giornalisti, rispondiamo subito a tutti: no, non è vero». Di conseguenza, se dovesse capitare anche a voi di leggere una «notizia» del genere, state attenti…
E, in ogni caso, vi ricordo un principio universale utile per il futuro: anche i media più seri russi e ucraini molto spesso citano delle «fonti anonime nella amministrazione presidenziale / governativa / parlamentare etc», senza però che tale fonte esista veramente. Semplicemente, in ogni media c’è sempre qualche giornalista poco responsabile che inventa o tenta di indovinare delle notizie che gli sembrano imminenti per logica degli eventi passati (come, per esempio, i presunti rapporti difficili tra Zaluzhny e Zelensky) e «si copre» con una fonte «che ha voluto rimanere anonima». Quelle notizie inventate, ovviamente, molto spesso non succedono e il giornalista inizia a sperare che tutti si dimentichino del suo trucco mal riuscito. Mentre noi, i lettori attenti, iniziamo a chiederci perché mai qualche dipendente della amministrazione debba passare qualcosa ai giornalisti in un modo anonimo… A meno che non si tratti di una disinformazione appositamente concordata con i capi.
Purtroppo, nel 2024 a volte mi accorgo di sorprendermi per le rare manifestazioni di normalità… Per esempio: sabato abbiamo saputo che gli USA, il Regno Unito, il Canada, l’Australia, l’Italia, la Finlandia hanno sospeso i finanziamenti all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) in seguito alle accuse di coinvolgimento del suo personale in un attacco di Hamas contro Israele. Avrebbe dovuto essere una cosa normalissima, ma oggi mi trovo a dover dire: finalmente qualcuno si è deciso di non sostenere i terroristi.
Per il momento in cui avrete abbastanza tempo per leggere dei testi seri, vi segnalo dunque due rapporti sulla attività della UNRWA (trenta mila dipendenti – il 99% dei quali palestinesi – e 1/4 del budget dell’ONU):
1) il rapporto sui libri di testo dell’UNRWA usati per insegnare ai bambini in Palestina che erano pieni di discorsi di odio e di glorificazione del terrorismo;
2) il rapporto sulle reazioni (di festa!) del personale dell’UNRWA al massacro del 7 ottobre 2023.
I cretini che periodicamente manifestano per strada a favore dei terroristi non sanno comprendere i testi e la realtà, mentre voi (lo spero) sì. Spero che lo sappiano fare anche i Governi di alcuni altri Stati.
Fortunatamente non so come esplodono gli aerei Il-76 con un carico di missili S-300 e come esplodono quelli senza un carico del genere. Ma vedo tanto fumo e tanto fuoco, mentre i corpi – o i loro frammenti – dei prigionieri di guerra ucraini presumibilmente presenti sull’aereo (dei quali la propaganda russa sta scrivendo così tanto) non sono ancora stati mostrati nemmeno sulle immagini censurate.
Ma un sacco di gente cerca di indovinare: cosa o chi, verso dove e da dove trasportava quell’aereo. Tentano di indovinare senza potersi basare su una quantità sufficiente di dati certi.
E, purtroppo, capisco perché le autorità ucraine non si affrettano a dire se abbiano abbattuto loro l’aereo. Se lo avessero abbattuto loro, sarebbe stato un buon successo militare. Ma potrebbero emergere dei dettagli che, pur non dipendendo da loro, possono eccitare negativamente le menti deboli della società.
Senza alcun motivo particolare, oggi ho volute postare nella mia rubrica musicale qualcosa di Claude Debussy… Il fatto che mi piaccia lo stile di questo compositore è un motivo sufficiente? Direi di sì (ma direi anche che mi piace il 99,9% della musica che ho postato in questa rubrica).
Bene, per oggi ho selezionato «Due danze per arpa e archi» – «Deux danses» («Danse sacrée» e «Danse profane») – composte nel 1904.
E non mi va di mescolarle con qualcos’altro…
Nell’aprile 2023 Vladimir Putin aveva ordinato la creazione (ovviamente in Russia) di musei dedicati alla guerra in Ucraina e, di conseguenza, anche la ricerca e il trasferimento nei musei di «artefatti legati alla operazione militare speciale».
Da quel momento mi è capitato di leggere diverse notizie sulle esposizioni museali più o meno assurde e/o ridicole mirate a eseguire il suddetto ordine presidenziale. Ovviamente, i dirigenti di tutti i musei coinvolti non possono disobbedire nemmeno quando personalmente, nella propria mente, sono contrari alla guerra e alla politica putiniana in generale (ma non posso e non voglio criticare i dirigenti-oppositori per il fatto che continuino a lavorare: hanno dei loro validissimi motivi per farlo). E, di conseguenza, a volte non riesco a capire se ogni singola esposizione sia stata preparata dai semplici idioti oppure dalle persone intenzionate a screditare l’esercito-aggressore russo e la guerra in Ucraina.
Per capire su cosa si basano i miei dubbi, potete leggere l’articolo che riassume la situazione attuale dei musei russi della guerra in Ucraina. Non so se vi farà arrabbiare, vi stupirà o vi divertirà, ma sicuramente produrrà uno di quegli effetti.
Con grande curiosità – ma senza stupirmi – ho scoperto che già in autunno del 2023 Vladimir Putin ha deciso di disfarsi di una delle principali «eredità» ricevute dal suo ex «cuoco» Evgeny Prigozhin. Quest’ultimo, se vi ricordate, arruolava nella propria compagnia militare privata «Wagner» i detenuti russi per farli combattere in Ucraina. In realtà li utilizzava per le missioni più disperate, come carne da macello, ma questo è solo un dettaglio. L’importante è che in cambio della firma sul contratto prometteva la liberazione (con la relativa grazia firmata dal Presidente) dopo sei mesi di partecipazione alla guerra. E, effettivamente, tutti quelli che sono riuscito a tornare vivi dalla guerra, sono stati graziati (un altro piccolo dettaglio: molti di loro sono tornati alla vita «civile» con le loro abitudini criminali di prima, ma, naturalmente, aggravate dalla esperienza avuta in guerra).
Ecco, il servizio russo della BBC scrive che già dall’autunno 2023 Putin ha smesso di firmare decreti di grazia per i detenuti che hanno accettato di andare in guerra: ora vengono inviati in Ucraina dopo un «liberazione condizionale» e un contratto che non può essere disdetto fino alla fine della guerra. I contratti da sei mesi, invece, non vengono più firmati. Si tratta di una notizia non comunicata ufficialmente, ma trovata dai giornalisti sulle numerose chat (telegram e altri) dei parenti dei detenuti mandati in guerra.
Non penso che Putin tenti in questo modo di risolvere il problema della invasone del territorio russo da parte dei criminali «non corretti» e armati. È più probabile (anzi, è quasi certo) che tenti di risolverne altri due: 1) minimizzare l’arruolamento dei civili liberi (che non sta andando benissimo e può essere praticato tranquillamente solo in provincia); 2) compensare la mancanza degli strumenti tecnologici bellici con le grandi masse di corpi umani (una tradizione russa vecchia alcuni secoli).
Prima o poi i detenuti russi capiranno il trucco, ma avranno sempre meno modi di rifiutare la proposta di firmare il contratto. Prigozhin, dunque, verrà ricordato come una persona buona e onesta, ahahaha
Ho finalmente pubblicato il rapporto fotografico sulla mia visita a Sulzano del 16 agosto 2023.
Ci ero già stato in questo paese anni fa perché è il punto più comodo – per chi arriva con il treno da Milano – per prendere il traghetto con destinazione Monte Isola. All’epoca, però, non avevo avuto il tempo necessario per studiare bene il centro di Sulzano stesso, dunque in estate 2023 ho deciso di sfruttare il fatto che il paese è attraversato dal sentiero montano Via Valeriana: vedere i centri abitati mi piace quanto (e spesso di più) camminare in montagna…
Il documentario «20 Days in Mariupol» del regista ucraino Mstislav Chernov – che racconta i primi giorni della invasione russa dell’Ucraina – è stato candidato all’Oscar nella categoria Miglior documentario.
Non lo scrivo per comunicarvi una notizia che sicuramente conoscete già da voi.
Lo scrivo per dire che si tratta di uno dei pochissimi casi in cui sarò contento per una premiazione perfettamente politicizzata. Il film in questione è sicuramente interessante dal punto di vista storico (dunque è un documentario utile e importante), ma non sono competente per confrontarlo con i concorrenti. So solo che la sua premiazione in questo momento storico sarà molto utile alla causa ucraina…
Il Regno Unito ha fornito a un gruppo di esperti delle Nazioni Unite le immagini satellitari di tre navi russe che vengono caricate – nel periodo compreso tra il settembre e il dicembre del 2023 – di container nel porto nordcoreano di Najin. Tutte e tre le navi citate nel rapporto sono sottoposte a sanzioni statunitensi dal 2022 per legami con la società Oboronlogistics del Ministero della «Difesa» russo. Due delle tre navi sono state identificate in un recente rapporto del think tank Royal United Institute.
[il link al tweet originale]
Non è necessario di avere chissà quali informazioni segrete o avere delle capacità paranormali per immaginare cosa era contenuto in quei container proprio in quel periodo storico. Non è nemmeno necessario essere totalmente ignorante nei principi del funzionamento della logistica internazionale e ipotizzare che la Corea del Nord abbia deciso di restituire una grossa quantità di container vuoti a un Ministero russo.
È ovvio che in quei container c’erano i missili (ri)presi dalla Russia e destinati alla guerra che sta conducendo (sapete bene dove). Di conseguenza, le immagini appena viste possono spingere gli esperti a due conclusioni:
1) si può ipotizzare come è esattamente organizzata la logistica militare tra la Russia e la Corea del Nord;
2) si può ipotizzare la quantità dei materiali arrivati dalla Corea del Nord (gli esperti sanno come possono essere imballati quei materiali e, dunque, quanti ce ne stanno in un container).
Ora aspetto di scoprire almeno queste due cose…