L’archivio del 2023 год

Non escludo che lo abbiate già letto: il 7 febbraio il National Security Archive della George Washington University ha reso pubblici tre documenti del 1993 relativi alla Russia e precedentemente classificati come segreti. In particolare, si tratta di:
1) la trascrizione della prima conversazione tra Bill Clinton e Boris Eltsyn dopo l’insediamento alla Presidenza russa;
2) un messaggio del Segretario di Stato uscente Lawrence Eagleberger al suo successore Warren Christopher;
3) una nota dell’esperto di Russia Strobe Talbott al Segretario di Stato entrante Christopher Warren alla vigilia del suo incontro con il Ministro degli Esteri russo Andrei Kozyrev.
Non so quale dei tre documenti vi possa interessare di più (ovviamente, se vi interessate ai documenti del genere). Considerato il contesto nel quale viviamo ora, potrebbe essere il secondo documento: in esso, tra le altre cose, viene ammessa la possibilità di un conflitto armato tra la Russia e qualsiasi Stato al suo confine, compresa l’Ucraina (anche se in questo specifico caso lo scontro veniva giudicato come poco probabile).
Se siete realmente interessati all’argomento, leggete pure gli originali.


La risoluzione europea su Navalny

Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invita le autorità russe a rilasciare il leader dell’opposizione Aleksey Navalny e altri prigionieri politici russi. Il comunicato stampa del Parlamento europeo afferma, poi, che, fino a quando i prigionieri politici non saranno rilasciati, le condizioni della loro detenzione dovranno essere conformi agli impegni internazionali della Russia. In particolare, i deputati chiedono che a Navalny sia consentito di vedere la sua famiglia e di rivolgersi ai medici e agi avvocati di sua scelta.
E poi ci sono altre belle parole sulla guerra in Ucraina e sul destino giudiziario del criminale chiamato Putin.
A questo punto non riesco a capre ben due cose: 1) a chi è rivolta la risoluzione (se non alla coscienza degli eurodeputati che vogliono sentirsi bravi) e 2) quanto bene sia chiara ai deputati europei la totale inutilità pratica del documento da loro prodotto.
Però posso sfruttare l’occasione per informarvi di una idea che mi capita sempre più spesso di sentire da alcuni giornalisti russi: Aleksey Navalny è un prigioniero politico che — mentre persiste il regime putiniano — non verrà liberato, ma nemmeno ucciso su «ordine supremo» proprio perché è una merce di scambio preziosissima. Una merce da utilizzare non per liberare qualche collaboratore importante di Putin (anche perché nessun Stato occidentale si è finora deciso di arrestarne uno, per esempio il ministro degli Esteri Lavrov), ma per ottenere qualcosa di importanza vitale in una situazione di vera emergenza. Navalny è l’oppositore russo con la notorietà e la reputazione più elevati al livello mondiale, quindi può essere scambiato, per esempio, per la possibilità dei vertici russi di fuggire da qualche parte in America latina o su qualche isola oceanica… So che sembra quasi una teoria complottistica, ma ha una sua logica interna.
P.S.: ovviamente, tutto questo non significa che la vita terrestre di Aleksey Navalny non sia quotidianamente a rischio per colpa di un impegno professionale eccessivo dei carcerieri russi.


Le foto di un parcheggio

Il giornale tedesco Nordsee-Zeitung ha pubblicato sul proprio sito un articolo riccamente illustrato con delle foto scattate nel porto di Bremerhaven (Germania). Se siete capaci di leggere in tedesco o, almeno, usare i traduttori online, leggetelo pure. Ma in realtà potrebbe essere interessante anche solo guardarlo.

In sostanza, si tratta di una piccola parte degli aiuti Continuare la lettura di questo post »


Yahoo News scrive che un ingegnere russo – che dal 2018 al 2021 avrebbe collaborato alla costruzione bombardiere strategico Tu-160 a Kazan – alla fine di dicembre 2022 ha chiesto l’asilo politico negli USA presentandosi al confine messicano. Dai documenti ottenuti i giornalisti hanno potuto scoprire l’identità della persona, e proprio questo fatto è sembrato a loro abbastanza strano: solitamente i personaggi del genere – se e quando giudicati attendibili – vengono protetti con più efficienza.
A me, un semplice lettore attento delle notizie, l’accaduto non sembra invece strano: molto probabilmente – anche se non posso averne l’assoluta certezza – si tratta di un nuovo e logico passaggio nella guerra mondiale di informazione. In sostanza, attraverso un canale giornalistico (anche se non tra i più popolari a livello mondiale) si è voluto lanciare un nuovo messaggio a tutti quei russi che attualmente collaborano con il proprio Stato nell’ambito militare: «scappare non è ancora tardi, vi accoglieremo». Sarebbe uno dei modi (o tentativi) di indebolire la macchina bellica russa. Uno dei modi tradizionali che potrebbero avere un effetto positivo, indipendentemente dalla sua portata.


Le “grandi vittorie”

Ormai è impossibile notare una tendenza che avrei chiamato, se non si fosse verificata nel corso di una vera guerra, con il termine ridicola. In sostanza, l’esercito russo ha preso la moda di vantarsi della conquista dei centri abitati minuscoli. Ricordiamo benissimo il recente esempio del paese Soledar (10.490 abitanti ai tempi della pace) la cui presa è stata spacciata per un enorme successo strategico militare russo. Ora, invece, è arrivato il turno di Krasnaja Gora (5504 abitanti): un paesino nelle vicinanze di Bachmut.
È evidente che in entrambi i casi si sta tentando di mascherare – attraverso la propaganda – l’incapacità di conquistare Bachmut stesso, ma sono dei tentativi che possono funzionare solo con un pubblico molto superficiale. Soprattutto quando notiamo che Krasnaja Gora è stata dichiarata conquistata ben due volte in poche ore: prima da Wagner e poi dalle squadre d’assalto dei volontari con il supporto di fuoco delle truppe missilistiche e dell’artiglieria del Gruppo di forze «Sud». Non penso proprio che i combattenti del Wagner si siano messi a difendere la località appena occupata dall’esercito russo…
Insomma, provate anche voi, se vi ricordate, osservare gli sviluppi di questa tendenza nel parlare dei «successi militari».


La proposta inglese

The Telegraph scrive che i rappresentanti di alto livello dell’industria militare britannica stanno discutendo con i loro colleghi ucraini la possibilità di una produzione congiunta di attrezzature e armi sul territorio ucraino.
Gli esperti militari, logicamente, si dividono tra due opinioni: con la produzione delle armi sul posto l’Ucraina diventa più indipendente dagli aiuti occidentali e risparmia il tempo prezioso, ma, allo stesso tempo, rischia di vedere arrivare i razzi russi proprio sulle (future?) aree industriali in questione (le quali non possono nemmeno essere piccole).
Gli osservatori civili (uno dei quali ha scritto il presente post) si possono invece fare una domanda probabilmente logica. Quale delle due opzioni è più facile e veloce:
a) costruire (o convertire una esistente) fabbrica per la produzione degli armamenti moderni e istruire i suoi futuri operai;
b) produrre le armi laddove li sanno già fare e poi portarli in Ucraina?
In ogni caso, l’industria militare modernizzata sarà abbastanza utile alla Ucraina dopo la vittoria in questa guerra. Per esempio, perché la avvicinerà alla NATO. Ma si tratta dei piani per un futuro per ora indefinito. Purtroppo.


Inerario §35

Il nuovo paragrafo di Inerario (§ 35) è dedicato al modo di impostare le dimensioni degli elementi <audio> e <video> sulle pagine web.
Il paragrafo è stato pensato principalmente per gli sviluppatori che non sanno (o, stranamente, non capiscono) perché preoccuparsi di un argomento apparentemente così banale. Come al solito, nel testo del paragrafo sono riportati anche i codici di alcune semplici soluzioni.
https://www.eugigufo.net/it/inerario/paragrafo35/


Zelensky al Palamento inglese

Scegliere il video di questa settimana è stato facilissimo: è quello del discorso del presidente Vladimir Zelensky davanti ai parlamentari dell’UK!

Per fortuna, il Governo inglese è già il più favorevole – tra quelli europei – alla causa di Zelensky. In molti altri Stati dell’Europa occidentale sarà un po’ difficile…


La musica del sabato

Ieri sera ho sentito, quasi per caso, la canzone «I’m Not Ashamed To Sing The Blues» di Salvo Rizzuto. Mi era sembrata di un livello sufficiente per essere condivisa con un pubblico largo e spesso esperto.

Ovviamente, avevo provato subito a informarmi sull’autore… E, a sorpresa, ho trovato pochissima sua musica su YouTube. Proverò a continuare le mie ricerche, mentre per ora metto, in qualità del secondo brano del post odierno, la sua canzone «Feel it» suonata e cantata in collaborazione con Reedom or not.

In ogni caso, è sempre bello scoprire qualcosa di nuovo e valido.


Molto probabilmente ne avete già letto qualcosa o, come minimo, ne avete sentito parlare. Ma non potevo non consigliarvi una lettura importante e interessante: «Kremlin-Linked Group Arranged Payments to European Politicians to Support Russia’s Annexation of Crimea».
Si tratta dei risultati di una inchiesta giornalistica – condotta da OCCRP, IRPI, «Important stories» e Profil – sui pagamenti fatti dallo Stato russo ai politici nazionali e regionali europee per la promozione delle iniziative volte alla cancellazione delle sanzioni europee dovute alla annessione della Crimea. A giudicare dalle somme pagate per le varie azioni, pare che molto spesso le iniziative stesse erano considerate più importanti dei loro risultati finali: probabilmente perché almeno in una fase iniziale si intendeva fornire un po’ di materia prima alla propaganda esterna e interna («guardate: i politici europei discutono dell’abrogazione delle sanzioni!»). Ma questa supposizione non rende i fatti meno importanti, meno gravi e meno interessanti.
E poi, a prendere i soldi sono stati anche alcuni politici italiani: essendo dei corrotti onesti, hanno fatto il possibile per offrire un buon servizio in cambio.
P.S.: concludo con una domanda che c’entra poco con l’argomento, è solo una mia curiosità personale: 15 o 20 mila euro non saranno delle somme un po’ ridicole per la vendita della propria reputazione professionale politica? Dato che si tratta mettere a rischio tutta la propria vita pubblica costruita in chissà quanti anni o decenni… Per uno come me sarebbero delle somme importanti, ma non mi trovo nemmeno in una posizione simile a quella di quei politici.