In tanti si lamentano delle folle di persone uscite per strada nelle regioni che «hanno cambiato il colore» verso quello meno ristrettivo (secondo la logica prevista dal DPCM del 3 novembre). In teoria potremmo chiederci, per l’ennesima volta, cos’altro si aspettavano. Ma evitiamo: se qualcuno insiste a ripetere sempre lo stesso errore, noi non siamo obbligati a reagire sempre allo stesso modo. Perché rischiamo di annoiarci.
Quindi limitiamoci a esprimere un desiderio. Speriamo che un giorno, finalmente, qualcuno capisca che la creazione artificiale di un effetto cumulativo (per esempio, l’accumularsi della necessità e/o voglia di uscire di casa nelle teste di molte persone) è molto più pericolosa dello scorrimento regolare della vita quotidiana. Finché ci saranno i lockdown (dichiarati o di fatto), ci saranno anche le ondate delle epidemie.
Il fatto di avere sbagliato più o meno tutto sarà difficile da riconoscere. Ma prima o poi va riconosciuto.
L’archivio del novembre 2020
Molto probabilmente alcuni dei miei lettori si ricordano la colossale esplosione in un deposito portuale di Beirut che il 4 di agosto aveva quasi distrutto una notevole parte della città. Erano morte 190 persone, più di trecento mila persone avevano perso le proprie abitazioni. I danni economici si stimano tra tre e cinque miliardi di dollari, in seguito alla tragedia il Governo si era dimesso. Ma non è proprio di tutto questo che volevo scrivere oggi.
Il momento della esplosione è finito su numerosi video ripresi in vari punti della città. Quindi l’agenzia investigativa britannica Forensic Architecture ha utilizzato quei materiali per elaborare una ricostruzione della esplosione e dei crolli:
Forensic Architecture è una struttura della Università di Londra, si specializza nella creazione di modelli architettonici e multimediali che poi vengono utilizzati dai gruppi di investigazioni internazionali e relatori speciali delle Nazioni Unite.
Ho saputo che il 22 novembre è uscito il film «Belushi»: come potete facilmente immaginare, è dedicato a quel pazzo – nel senso positivo – di John Belushi. Non ho ancora visto il film e non so quando lo farò, ma intanto…
Non sono particolarmente interessato alla televisione, quindi per me John Belushi rimane un interessante fenomeno musicale e cinematografico. Quindi il post musicale di oggi è dedicato a The Blues Brothers, il gruppo creato da John Belushi e Dan Aykroyd nel 1978. Di quel poco (relativamente) che hanno fatto in tempo a comporre prima della morte di Belushi nel 1982, per il post di oggi ho selezionato le seguenti due canzoni.
La prima è la «Hey Bartender» (dall’album «Briefcase Full of Blues» del 1978):
E la seconda è «Riot In Cell Block Number Nine» (dall’album «Made in America» del 1980):
Uno dei supporti fisici preferiti dell’artista moscovita Nikita Golubev sono i camion sporchi. Le opere realizzate sono, secondo me, interessanti:
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Purtroppo, pure quest’anno il Black Friday non ha portato degli sconti sensibili e/o realmente interessanti per gli oggetti che mi sarebbero realmente utili. Non è una grandissima novità rispetto agli anni passati, quindi ha più senso scrivere di quei sconti che rispecchiano tutta l’assurdità dei tempi che stiamo vivendo.
Prendiamo, per esempio, il famoso «cashback di Natale» del 10% che dovrebbe applicarsi a ogni acquisto pagato con una carta bancaria. Il punto interessantissimo è che da quel cashback sarebbero esclusi gli acquisti fatti online. Quindi si tratta di uno stimolo economico in più per fare uscire le persone dalle loro abitazioni e farle andare nei luoghi pubblici chiusi più o meno affollati. Nel solo fatto non ci sarebbe una grossa tragedia, ma, considerata nel contesto di tutte le misure ristrettive anti-Covid, mi sembra cazza assurdità enorme.
Oltre ai difetti logici della suddetta scelta di politica economica, avrei potuto sottolineare anche il fatto che nel 2020 le persone sono state ridotte in una strana forma di schiavitù: possono uscire di casa solo per produrre o per spendere il guadagnato per i beni di prima necessità. Ma la presa di coscienza collettiva di tale fenomeno deve ancora arrivare, quindi aspetto di scriverne.
Nel frattempo, ricordo che il famoso 10% di cashback promesso è la soglia minima di convenienza degli acquisti straordinari online rispetto a quelli offline. Con la differenza che gli oggetti comprati su internet si trovano con più facilità e mi arrivano direttamente a casa.
Il fott-biiiip-mo lockdown-di-fatto per ora continua, quindi oggi pubblico una nuova lista dei film da (ri)vedere durante le lunghe serate passate in casa.
Ma prima vi ricordo la parte precedente della lista e i miei consigli circa il cinema russo (che di solito faccio separatamente).
Ecco, ora sono pronto a ricordarvi altri cinque titoli:
1. «The Lighthouse» di Robert Eggers (2019). A differenza di quanto dichiarato su alcuni siti dedicati al cinema, non è un horror ma un bellissimo film su quanto è facile impazzire trovandosi da solo in un ambiente isolato per troppo tempo. Vedete voi se è un film adatto per il momento storico corrente, mentre io specifico solo che è bello da tutti i punti di vista: la trama, la qualità degli attori, la fotografia e pure il formato azzeccato del fotogramma.
2. «L’ufficiale e la spia» di Roman Polanski (2019). Penso che sia il film più noto e più visto della mia lista di oggi. Chi lo ha scartato prima, Continuare la lettura di questo post »
Oggi riprendo la missione dell’alfabetizzazione digitale dei miei lettori… Questa volta si tratta quasi letteralmente di alfabetizzazione ahahaha
Ebbene, la settimana scorsa ho saputo del plugin LanguageTool che controlla il testo da voi digitato su qualsiasi sito aperto nel vostro browser e vi segnale gli eventuali errori. Il plugin «conosce» molte lingue e funziona nei browser FireFox, Chrome, Opera ed Edge. Sarà particolarmente utile a coloro che scrivono tanti «status» o commenti sui vari social e siti semplici.
Questa è la pagina che mostra il funzionamento del plugin.
E questa, invece, è la pagina dalla quale il plugin può essere scaricato.
Il plugin è gratuito e funziona benissimo. Anche per questo ritengo che la sua versione a pagamento sia totalmente inutile: l’integrazione con MS Word e Google Docs non serve a causa dei correttori già previsti per default.
Prima che lo strumento appena consigliato venga rovinato dalla avidità dei propri creatori, io lo consiglio serenamente a tutti.
È interessante il progetto del poeta olandese F. Starik «The Lonely Funeral» (si può tradurlo come «Il funerale solitario»?). Esso nasce come una reazione al fatto che in questo mondo alcune persone muoiono in una totale solitudine. Può trattarsi, per esempio, dei senzatetto, immigrati o persone molto anziane che hanno vissuto più a lungo dei propri parenti o amici stretti.
Quindi nell’ambito del progetto di F. Starik al funerale solitario si presenta un poeta che legge una poesia dedicata specificatamente alla persona defunta. Al giorno d’oggi i poeti hanno già partecipato a più di trecento funerali solitari.
È curioso osservare come alcune espressioni, pur indicano dei fenomeni moderni e ben integrati nella nostra vita quotidiana di oggi, diventano sempre più obsolete.
Per esempio: pensate alla espressione touch screen. Se provate a dire a un bambino di cinque o poco più anni che non tutti gli schermi sono touch screen, il bambino vi guarderà come se foste un vecchio pazzo. Perché nel mondo dove vive il bambino gli schermi sono già tutti touch per definizione. Quindi nel mondo contemporaneo un touch screen «torna» a chiamarsi semplicemente schermo.
Lo stesso vale anche per i fenomeni meno tecnologici. Per esempio, le valigie: da alcuni decenni non ha più senso l’espressione «una valigia con le rotelle». Perché ormai tutte le valigie sono con le rotelle, mentre un semplice parallelepipedo con la maniglia al centro del lato lungo è un pezzo da museo. Lo è allo stesso modo di uno schermo che non reagisce al tocco con le dita.
Non tutti si immaginano quanto diventino pesanti i cavi elettrici quando su di esse si accumulano il ghiaccio e la neve. Eppure, quel peso è in grado di muovere degli oggetti enormi.
Oggi ne vediamo una curiosa (per fortuna solo curiosa) dimostrazione, avvenuta la mattina del 19 novembre a Vladivostok: