L’archivio del 2016 год

Le parolacce finte

Dalla mia pagina di Facebook è misteriosamente sparito il post del sabato 30 aprile (cliccate tranquilli che dal mio sito non sparirà mai). Suppongo che alla base del mistero sia proprio una delle parole che compngono il nome di quel quadro del XVII secolo.

Il fatto dice molto sul livello intellettuale dei moderatori di Facebook. Ma sono convinto che il livello dei miei lettori è più alto, quindi continuo a rivolgermi a loro. Cioè a voi.

Chi di voi è ancora convinto che la parola «negro» sia una parolaccia? Chi di voi ritiene che debba essere vietata dalle norme di un social network o, addirittura, dalle leggi statali? Ebbene, ho una notizia per voi. L’ultimo censimento della popolazione statunitense, quello del 2010, è stato condotto tramite questo questionario: https://www.census.gov/history/pdf/2010questionnaire.pdf.

Come potete vedere, tra le opzioni delle domande N6 e N9 risulta pure la famosa parola «negro»:


Circa 56 mila persone si sono autodefinite come «negro»: https://www.census.gov/prod/cen2010/briefs/c2010br-06.pdf.

Insomma, se qualcuno vi rimprovera per quella parola, mandatelo pure affanculo.


Eroina in punizione

Uno dei peggiori culti civili diffusi in Russia è quello della vittoria nella Seconda guerra mondiale. Riconosco l’importanza dell’evento stesso della vittoria e di tutte le circostanze degli anni che la precedettero, ma la propaganda statale, a partire dal 1965, ha sempre insistito nel sostituire la relativa memoria storica con sole volgarità. Le celebrazioni del Giorno della Vittoria – 9 maggio – organizzate dallo Stato (o con una partecipazione anche minima dello Stato) si trasformano puntualmente in una forma di propaganda (interna, ma a volte pure sterna) corrispondente alle necessità politiche del momento. Prima o poi ne scriverò un testo serio e dettagliato.

Oggi, invece, volevo scrivere solo di un piccolo dettaglio. Come forse alcuni di voi sanno, tra il 1965 e il 1985 dodici città e una fortezza sovietiche vennero decorate con il titolo di «Città Eroina» per dei meriti particolari nella propria difesa. Queste città sono Leningrado (ora San pietroburgo), Odessa, Sebastopoli, Stalingrado (ora Volgograd), Kiev, Mosca, Kerc, Novorossijsk, Minsk, Tula, Murmansk e Smolensk. (Di Brest è stata decorata solo la fortezza perché la popolazione della città si schierò subito con i «liberatori» nazzisti, mentre la guarniggione della fortezza seppe di dover morire in ogni caso e preferì farlo combattendo). In tutti e tredici casi le battaglie furono realmente dure, lunghe, sanguinose e, in alcuni casi, ripette in più occasioni. Ma quasi tutta la guerra è stata così.

Sotto le mura del Cremlino moscovita, accanto al monumento dedicato al milite ignoto, è costruita una fila di «piedistalli» (non mi viene il termine tecnico) dedicati a tutte le Città Eroine. Ogni anno, con l’avvicinarsi della festa del 9 maggio, le Istituzioni cittadine e federali provvedono a porre dei fiori davanti al nome di ognuna di queste città. Quest’anno, però, i moscoviti si sono resi conto che il nome di Kiev è rimasto senza i tradizionali fiori.


Foto di Anton Belitskij.

La gente ha già apprezzato questa finezza politica e ha pensato di correggere l’incidente con le proprie mani. Voglio vedere se li lasciano fare in un luogo del genere…


Problemi al lavoro

Ecco, oggi ho trovato per voi ben due esempi che confermano: il 1 maggio deve essere un giorno lavorativo. I magistrati, perlomeno, avrebbero potuto lavorare per farci leggere queste due bellissime notizie non oggi ma due giorni fa.

La notizia N1: un francese ha citato in giudizio l’ex datore di lavoro per aver sofferto la noiosità della propria mansione. Boh, non ho mai né letto né sentito di un lavoro tanto interessante da non lasciare spazio ad altre cose nella testa del lavoratore. Io stesso non ho ancora fatto un lavoro che non abbia compreso delle grosse quantità di operazioni monotone. Quindi ho capito una cosa importante: un lavoro insopportabile va semplicemente cambiato. Chi non cambia, ha paura che dall’altra parte lo facciano lavorare di più. Chi cita in giudizio il datore di lavoro per il «lavoro noioso», spera di ottenere le risorse per non lavorare proprio.

La notizia N2: nel frattempo, in Italia la Cassazione decide che «rubare per fame non è reato». Nel sistema giuridico occidentale contemporaneo, purtroppo, un giudice non può essere chiamato a esprimersi su una questione fondamentale: è normale condurre uno stile di vita che non permette di sostenere nemmeno le spese più elementari? E quel stile di vita che porta a perdere tutto? Insomma, è normale non fare proprio un cazzo di sensato nella vita?


Buona Pasqua

Non so di preciso quanti cristiani ortodossi ci siano tra i lettori del mio blog italiano, ma chiedo comunque scusa a quelli che mi stanno leggendo ora. Infatti, ieri mi sono dimenticato di farvi gli auguri di buona Pasqua.

Anche se non so quanto valgano gli auguri di un agnostico.

(So veramente poche cose oggi.)

Ops, ho pubblicato una foto del cibo. Che mi è successo? Qualcosa di demoniaco…


Primo maggio

Un giorno diventerò il Capo di uno Stato, ma non so ancora di quale (non escludo l’opzione di fondarne uno appositamente per me). So di certo, però, che una delle mie prime azioni sarà quella di imporre una importantissima modifica costituzionale. Addirittura, ho già preparato il testo:

La Repubblica X è fondata sul lavoro, quindi ognuno è libero di lavorare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, senza ferie, festivi, ponti e mezzegiornate.

Quando la maggioranza dei miei sudditi comprenderà il vero senso della sopracitata legge costituzionale, lo Stato da me diretto diventerà l’economia più forte del mondo. Ma, considerando la quantità di scarafaggi colorati che abitano i cervelli degli occidentali, suppongo che mi tocca a diventare il Presidente della Cina o del Singapore: da quelle parti hanno già capito tutto.

In più, insisto sulla mia vecchia idea che il 1° maggio debba essere sempre una giornata lavorativa, anche quando cade di domenica. E, magari, pure con dei carichi lavorativi più pesanti del solito. Altrimenti che Festa del Lavoro è? Il 1° maggio festivo è un ossimoro, non una festa.

La sera del 1° maggio, poi, usciti stanchi morti dal lavoro, tutti i lavoratori propensi a manifestare in piazza per i propri diritti dovrebbero sostenere ad alta voce la mia proposta di legge esposta poco sopra. Perché il riposo obbligatorio non sarà mai tanto bello quanto quello fatto per scelta propria.

Buon 1° maggio a tutti.


Cinema ugandese

Coloro che non si sono appassionati del cinema coreano, possono ritentare con quello ugandese. Il budget del colossal «Operation Kakongoliro!» è stato di ben 2435 USD: sono sicuro che non vi deluderà. Ecco il trailer:


Incidente diplomatico-artistico

Mi piacciono le storie come questa. Molto probabilmente la sapete già, quindi io la pubblico almeno per averla nella propria collezione.

Prima di tutto vediamo il quadro «The negro page» di Aelbert Cuyp (1652, olio su tela, 142,8×226,7 cm). Il quadro si trova a Buckingham Palace e fa parte, logicamente, della collezione reale.

E poi vediamo una foto scattata durante la recente visita di Barack Obama nel Regno Unito (22–24 aprile). Si dice che il lampadario centrale sia stato piazzato pochi minuti prima dell’ingresso del presidente statunitense per coprire il nome del quadro.

Settimana prossima questo post avrà una continuazione.


Le denunce di Erdogan

Per pura curiosità ho provato a studiare le norme giuridiche su cui si basano le denunce di Erdogan contro il comico Boehmermann e la conseguente autorizzazione a procedere «da parte della Merkel» (il significato delle virgolette diventerà chiaro alla fine della lettura del post).

Come al solito, ho concluso che a gente protesta perché non capisce un cazzo del funzionamento del mondo. Ora provo a illuminarvi io. E voi provate a seguirmi.

Il famoso articolo 103 del Codice della procedura penale tedesco fu introdotto per volontà di Bismarck nel 1871. L’obiettivo della norma fu quello di proteggere i propri cittadini (tedeschi) dai vari deficienti di alto livello stranieri (ce n’erano tanti anche all’epoca). In tal senso la norma funziona benissimo anche nel XXI secolo.

Per la legge tedesca, una denuncia come quella di Erdogan può essere presentata (ed è stata presentata) in due modi differenti dalla medesima persona: in qualità di un capo di Stato o di Governo o in qualità di un cittadino privato. Nel primo caso ci vuole l’autorizzazione a procedere con le indagini (solo con le indagini!) da parte del Governo tedesco e la pena massima per il denunciato eventualmente condannato è di 3 anni. Nel secondo caso, invece, non ci vuole l’autorizzazione del Governo e la pena massima è di 5 anni.

L’intenzione del legislatore tedesco del 1871 era comprensibile: se un politico vuole «schiacciare» con il proprio peso un tribunale e un cittadino tedeschi, prima deve ottenere l’autorizzazione del Governo e, in caso di successo, ottenere una condanna dell’offensore meno grave. Il Governo tedesco, da parte sua, ha la facoltà di dirgli «Sei un coglione, comportati da un cittadino comune». Insomma, l’articolo 103 concede al Governo tedesco una possibilità in più di difendere i propri cittadini da politici presuntuosi.

La scelta del Governo tedesco di fornire l’autorizzazione non mi piace, ma questo non significa che non mi piace l’idea originale dell’articolo 103. Infine preciso perché la colpa viene attribuita alla Merkel: in caso di parità dei voti tra i membri del Governo, il voto del Cancelliere vale doppio.

Purtroppo questo suo errore comporterà la cancellazione, nel 2017, dell’articolo 103.


30 anni di Chernobyl

Come sapranno bene i miei lettori attenti, il 26 aprile si celebra la giornata internazionale dell’ignorante impaurito. Avrebbe potuto rimanere solo una giornata di commemorazione (non importa se internazionale o no). Avrebbe potuto essere pure una giornata di divulgazione scientifica in materia di fisica nucleare (meglio se a livello internazionale). Ma l’incidente della centrale di Chernobyl rimane una delle pseudo-motivazioni degli sostenitori delle mitiche fonti rinnovabili.

Di conseguenza, le speranze per il miglioramento della salute mentale della popolazione mondiale dipendono dalle persone che…
a) ci capiscono qualcosa della energia nucleare;
b) hanno la capacità e la voglia di scriverne.

Non posso, purtroppo, sostenere di essere un genio di fisica (anche se a scuola fu una delle mie materie preferite), ma tento comunque di dare un piccolo contributo.

Oggi, 30 anni dopo Chernobyl, le probabilità di una catastrofe analoga sono prossime allo zero per tre motivi:

1) I reattori moderni sono dotati dei sistemi «foolproof» e «geniusproof»: gli impianti elettronici sono quindi creati apposta per non permettere di fare stronzate o eseguire degli esperimenti azzardati;
2) Se gli impianti di cui sopra vengono comunque in qualche modo ingannati da una persona troppo determinata nel volere «giocare con gli atomi», i suoi tentativi verranno bloccati dal centro di controllo centrale (a livello nazionale).

3) Qualora fosse ingannato pure l’organo operativo centrale, l’incidente non avrà degli effetti al di fuori dalla cupola che isola il reattore dall’ambiente circostante. La cupola contenente il reattore danneggiato viene semplicemente sigillata in senso tecnico e giuridico.

4) Avrei potuto consigliarvi quanto scrive Eugene Kaspersky in materia della sicurezza informatica delle centrali nucleari ma, purtroppo, lo fa in russo. Comunque, non preoccupatevi: esistono già dei bei prodotti anche per questi tipi di clienti.

A qualcuno verrebbe da chiedere: perché tutte queste cose non sono state pensate, progettate e create prima dell’incidente di Chernobyl? Oppure: perché non si è aspettato la possibilità di utilizzare l’energia termonucleare? La risposta è una: perché il progresso è un processo sequenziale. Nemmeno lo scienziato o l’ingegnere più geniale non può prevedere proprio tutto. E, se non ci fossero degli errori, non ci sarebbe nemmeno il bisogno di continuare a cercare e trascinare in avanti il progresso scientifico.

Per lo stesso motivo i motociclisti porterebbero sin da subito i caschi metallici, i piloti non resterebbero soli nelle cabine di pilotaggio e gli uomini metterebbero i prodotti di gomma non solo sulle ruote delle auto.

Detto tutto questo, metto quello che forse molti di voi si aspettavano di vedere in questo post: alcune foto della città di Pripyat (a circa 3 km da Chernobyl).

Tutte le foto sono di Dmitry Chernyshev.


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Alexander Petrosyan

Come saprete, lunedì 18 aprile il fotografo russo Sergey Ponomarev ha ricevuto il premio Pulitzer (nella categoria Breaking News Photography) per i suoi reportage sugli immigrati siriani. E’ il secondo fotografo russo a ottenere il riconoscimento così importante (il primo è stato Alexander Zemlianichenko, premiato due volte).

Tutti gli interessati avranno già visto le loro foto, quindi oggi vi consiglio un altro grande fotografo russo contemporaneo.

Si chiama Alexander Petrosyan, ha 50 anni, vive e lavora a San Pietroburgo. Se oggi, grazie alla festività, avete un po’ più tempo libero del solito, fate pure un giro sul suo sito. Le sue foto meritano la vostra attenzione.