L’archivio della rubrica «Russia»

La lettura del sabato

La mobilitazione nelle cosiddette Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk era stata annunciata pochi giorni prima dell’inizio della grande guerra nel febbraio 2022 e si era trasformata in rastrellamenti di massa. Da allora, la Russia ha annesso le due Repubbliche, le loro formazioni armate erano state inglobate nell’esercito russo e i rispettivi combattenti – spesso senza saperlo – avevano per default ricevuto il contratto con l’esercito russo. In questo modo migliaia di uomini – la maggior parte dei quali ha preso in mano le armi non di propria volontà – si sono trovati in una trappola: durante la guerra è quasi impossibile lasciare il servizio, la fuga è punita con un procedimento penale e la sospensione della pena non evita il ritorno alla «propria» unità. Non resta dunque che scegliere tra la guerra e la prigione. Secondo il database del Ministero degli Interni e le fughe di notizie, almeno 2850 persone si trovano in questo momento di fronte a una scelta del genere: è il numero di nativi delle due repubbliche ricercati in Russia per abbandono non autorizzato di una unità.
L’articolo che segnalo questo sabato spiega la situazione in cui si trovano queste persone sull’esempio di un singolo soldato di Donetsk.


Fammi giocare

La capa della diplomazia europea Kaja Kallas ha dichiarato che il nuovo pacchetto delle sanzioni contro lo Stato russo includerà il divieto dell’importazione delle console di gioco (PlayStation di Sony e Xbox di Microsoft), in quanto queste possono essere utilizzate per controllare i droni.
Il Financial Times osserva che i tre principali produttori di console per videogiochi (Microsoft, Nintendo e Sony) hanno smesso di vendere i propri prodotti in Russia all’inizio di marzo 2022 (come tante altre aziende occidentali che hanno fatto la stessa scelta dopo l’inizio della guerra), e il divieto dell’UE riguarderà i venditori europei che spediscono console in Russia, compresi i venditori dei prodotti di seconda mano.
Yasha Haddaji, il capo dell’Associazione russa dei distributori e degli importatori di videogiochi, sottolinea che nell’UE non c’è alcun Paese che produce console per videogiochi e le console spedite in Russia non transitano nell’UE.
Questa notizia dimostra che anche un funzionario commerciale russo dei tempi della guerra può essere molto più corretto e ragionevole di un grande funzionario dell’UE. Non è assolutamente un fatto sorprendente: è in gran parte grazie a queste persone che l’economia russa si è mantenuta in piedi per quasi tre anni, anche sotto il regime di sanzioni contro anti-guerra. Ciò che sorprende è che nessuno sia ancora riuscito a spiegare al funzionario UE cosa siano le «importazioni grigie» (le importazioni fatte illegalmente, spesso fatte dai russi stessi, attraverso degli schemi più o meno fantasiosi mirati ad aggirare le sanzioni) e le sanzioni di secondo livello (con l’aiuto delle quali è necessario combattere le importazioni grigie).
E dato che tre anni non sono un periodo breve per una spiegazione del genere, ci sono poche speranze di successo.


Uno che blocca tutti

Citare le pubblicazioni della agenzia Bloomberg è una cattivissima abitudine (perché i suoi autori inventano troppe cose con il solo obiettivo di attirare le visite), ma alcuni argomenti trattati sono comunque meritevoli di attenzione (possibilmente con l’approfondimento su altre fonti).
Ieri, per esempio, la Bloomberg ha scritto che l’UE rischia di non prorogare le sanzioni contro la Federazione russa perché il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán si rifiuta di firmare la loro estensione. Diversi diplomatici avrebbero dichiarato che al momento non esiste un «piano B» per prolungare la validità delle restrizioni se Orban continuasse a bloccarle.
Se fosse vero, si tratterrebbe di una situazione abbastanza brutta: prima di tutto perché se le sanzioni non saranno prorogate anche per un breve periodo di tempo, la Federazione Russa potrà ritirare dall’Europa i fondi sequestrati. Più o meno il 100% degli economisti di cui opinione mi fido dice che lo Stato russo ha abbastanza risorse economiche per continuare il tipo di guerra che osserviamo ora per altri anni, ma farlo, in sostanza, a spese della popolazione interna che avrà sempre più tasse, più inflazione e meno servizi. La domanda, dunque, non cambia: perché aiutare un regime internazionalmente pericoloso a evitare i problemi economici e rinviare le tensioni interne?
E, ovviamente, possiamo esprimere, per l’ennesima volta, la gioia per il fatto che l’UE è organizzata in modo da poter essere bloccata e messa a rischio da parte di un solo cretino comprato da Putin.


La lettura del sabato

Questa volta nell’ambito della «lettura del sabato» propongo uno dei testi più importanti delle ultime settimane sulla guerra tra la Russia e l’Ucraina. Si tratta dell’articolo della «Mediazona» sul Centro di Detenzione n. 2 [SIZO-2, una struttura tipica russa: sostanzialmente un carcere per le persone che indagate o sotto processo penale] della città di Taganrog, trasformato in un luogo di detenzione e tortura degli ucraini catturati per due anni nel corso della guerra. Nell’autunno-inverno del 2024 la maggior parte degli ucraini catturati è stata trasferita in altri centri di isolamento, nella regione russa di Rostov, con condizioni di detenzione più miti, ma ciò non significa che possiamo ignorare questa storia come «irrilevante».
È una delle storie da ricordare e da inserire già ora in una lunga lista di accuse.


Parliamo di qualcosa di sacro

Alla vigilia di Natale ortodosso pure io, un apateista eterno, mi sento in dovere di 1) essere più buono e 2) condividere con i miei lettori qualche notizia sacra.
Bene, ora ci provo.
Il 3 gennaio è passata una notizia in Russia:

Un’arca con una reliquia del santo ortodosso Ilya Muromets è stata consegnata ai militari della Buryatia nella zona della Operazione Militare Speciale. D’ora in poi, egli diventerà il patrono spirituale dei soldati che svolgono missioni di combattimento nell’area meridionale di Donetsk.
La cerimonia di consegna si è svolta in una delle chiese del campo militare. In onore dell’evento si è tenuto un servizio di preghiera in cui i presenti hanno potuto venerare le reliquie di San Ilya Muromets.

Ovviamente, tutti voi sanno che con l’espressione «Operazione Militare Speciale» lo Stato russo definisce la guerra invasiva in Ucraina. Ma non tutti sanno chi sia «stato» il personaggio mitologico Ilya Muromets.

Ebbene, egli è ritenuto il più grande (in tutti i sensi) dei leggendari bogatyri, antichi cavalieri erranti russi. In base alle relative leggende, avrebbe operato nella seconda metà del XII secolo. Uno dei dettagli più importanti della sua vita: fu a servizio del principe di Kiev, aiutò a difendere il Principato da nemici facendone fuori delle quantità leggendarie.
Cosa dite, sono riuscito nel mio compito natalizio? Ho portato qualcosa di positivo nelle vostre vite?


La lettura del sabato

In qualità della prima «lettura del sabato» dell’anno proverei a segnalarvi qualcosa di più globale del solito, qualcosa che dipende un po’ meno dagli avvenimenti degli ultimi giorni e si concentra un po’ di più sulle tendenze.
L’articolo segnalato oggi è dedicato ai tentativi di Putin di uscire dall’isolamento internazionale, alle possibilità del suo successo su questa strada e a quello che dipenderà dalla sua fortuna nei suddetti tentativi. Si tratta anche di una buona descrizione della posizione corrente dello Stato russo sulla scena diplomatica internazionale.


Putin continua a telefonare

Ieri Putin ha avuto la seconda conversazione telefonica (quindi per il secondo giorno consecutivo) con il Presidente azero Ilham Aliyev, durante la quale i due hanno continuato a discutere di varie questioni legate all’ «incidente» aereo della Azerbaijan Airlines ad Aktau. La conversazione è avvenuta dopo l’intervista rilasciata da Ilham Aliyev alla televisione azera: in essa Aliyev ha affermato che nei primi giorni dopo il disastro l’Azerbaigian «non ha sentito dalla Russia altro che versioni deliranti». Ha inoltre chiesto che Mosca ammetta la propria colpa nell’incidente dell’aereo, punisca i responsabili e paghi un risarcimento ai parenti delle vittime.
Per ora in tutti questi sviluppi diplomatici della storia mi interessa maggiormente il fatto che Putin 1) ha chiesto scusa a qualcuno (in questo caso ad Aliyev); 2) ha fatto ben due telefonate (e chissà quante altre ne farà ancora, se non già fatto); 3) ha fatto lo sforzo di inventarsi delle giustificazioni. Si ha quasi l’impressione che stia strisciando davanti al trono di un tipo potente – a livello locale ovviamente – che ritiene molto utile, quasi indispensabile per la propria sopravvivenza.
Certo, so che Aliyev è politicamente vicino alla «alleata» Turchia (che è forte), che è anche un «amico politico» di Putin nella regione e che ha un suo ruolo nell’import clandestino delle tecnologie (utili anche per la guerra) in Russia. Ma non pensavo che la paura di perdere un amico così utile fosse tanto forte.
Boh, vedremo.


La lettura del sabato

Il 2024 sta per finire, dunque è giunto il momento di aggiornare alcune statistiche.
Per esempio: nel corso di quest’anno è raddoppiato il numero dei processi ai militari russi che si sono rifiutati di prestare il servizio. È logico presumere che l’aumento dei processi sia dovuto anche all’aumento dei «delitti»…
L’articolo che vi segnalo sull’argomento è talmente breve che non ha alcun senso tentare di riassumerlo: semplicemente, va letto.


La maggioranza schiacciante dei miei lettori italiani non ha dei motivi di saperlo, ma il fatto è che l’Apple rimuove costantemente le app dei media anti-putiniani russi e i servizi VPN dall’App Store su richiesta delle autorità russe. Lo fa e spiega tale comportamento con la necessità di rispettare le leggi locali e con il desiderio di continuare a fornire i propri servizi nel Paese. Il 24 dicembre, in una risposta ufficiale a una richiesta di «Reporter senza frontiere» i rappresentanti della Apple hanno dichiarato che le loro azioni sono dovute sia a restrizioni legali sia all’obiettivo di «sostenere i principi democratici».
«Il mancato rispetto della legge potrebbe comportare l’impossibilità per Apple di supportare l’App Store o di distribuire contenuti in questo Paese. Il Governo statunitense incoraggia le aziende a sostenere la disponibilità di servizi di comunicazione per la popolazione russa, ritenendo che la disponibilità di questi servizi sia necessaria per sostenere i principi democratici».
Inoltre, hanno anche respinto le accuse di rimozione costante delle applicazioni VPN.
Perché vi racconto di questa storia apparentemente locale? Lo faccio prevalentemente per due motivi.
In primo luogo, grazie alla Apple ho scoperto una nuova espressione con la quale tutti possono mascherare la frase «voglio più soldi». Da oggi, chiunque può andare dal proprio cliente, dal proprio capo o dalla propria banca e dire: «voglio sostenere maggiormente i principi democratici». La controparte, se aggiornata, dovrebbe capire correttamente.
In secondo luogo, ho scoperto che i principi democratici possono essere sostenuti ostacolando la diffusione della informazione sgradita al regime di un dittatore (che pure un pazzo criminale).
Potrebbero sembrare – a prima vista – due scoperte molto ingenue, ma mica ho scritto che le grosse aziende dovrebbero imparare a pensare non solo ai soldi!
Boh…
P.S.: tutto questo non significa che non mi piacciono i prodotti tecnologici della Apple e/o che voglio spaccare il mio iPhone.


Due in uno

Con un solo video posso comunicare due concetti:
1) Putin è sempre più pazzo (e non penso che sia una grande notizia per le persone che non hanno dormito per tutti questi 25 anni);
2) Steve Rosenberg non solo è uno dei pochi giornalisti che si salvano alla strana BBC di oggi, ma pure in generale mi piace sempre più come giornalista.

Scusate per le immagini oscene mostrate…