L’archivio della rubrica «Russia»

La metà sono fantasie

Maria Pevchikh, una delle collaboratrici di Alexey Navalny e la presidente della sua Fondazione anticorruzione, ha dichiarato ieri che Navalny avrebbe dovuto essere scambiato con Vadim Krasikov (un presunto ufficiale dell’FSB condannato all’ergastolo in Germania per l’omicidio dell’ex comandante ceceno Zelimkhan Khangoshvili a Berlino nell’agosto 2019), che la trattativa sarebbe arrivata alla sua fase finale e che Putin avrebbe deciso di uccidere Navalny perché non voleva vederlo libero.
Mi sembra abbastanza scontato il fatto che i collaboratori e i colleghi di Alexey Navalny abbiano fatto tutto il possibile, durante i tre anni della sua incarcerazione, per promuovere l’idea di uno scambio e per coinvolgere nei negoziati il maggior numero possibile di influenti politici europei e americani. Come dice ora Maria Pevchikh, «noi, il suo team, non potevamo fare a meno di lavorarci, e lo abbiamo fatto». E io vorrei tanto avere delle fondamenta per poter credere che questi sforzi si stavano gradualmente avviando verso il successo.
Ma oggi, purtroppo, devo constatare che non sapevamo nulla prima, e non sappiamo ancora oggi nulla di quale fosse la posizione di Putin e dei suoi collaboratori sui tentativi di scambiare il politico Navalny con l’assassino Krasikov. Prima o poi conosceremo i dettagli di queste trattative da parte «occidentale» (molto probabilmente dalla parte della Germania, la quale era la detentrice del principale «capitale di scambio» in questa situazione). Ma non possiamo sapere cosa fosse accaduto dalla parte del regime di Putin. Putin è sicuramente un maniaco e un assassino e non c’è alcun motivo di credere che in questo caso si sia discostato dal suo solito schema di torturare e uccidere le persone che considera propri nemici o che semplicemente vede come un pericolo. Ma, allo stesso tempo, possiamo logicamente presumere che Navalny vivo fosse stato per Putin una merce di scambio di massimo valore, da utilizzare pin qualche situazione «estrema»: da utilizzare per liberare qualcuno di importante o ottenere qualcosa di importante.
Di conseguenza, sono portato a considerare le parole di Maria Pevchikh serie e commentabili solo a metà.


Il mondo degli animali

Liudmila Navalnaya, la madre di Alexey Navalny, ha detto in un videomessaggio (riporto il testo tradotto in basso) che gli inquirenti le chiedono di seppellire il figlio segretamente, minacciando di «fare qualcosa» con il corpo in caso di rifiuto. In altre parole, gli assassini hanno detto alla madre della vittima, con delle parole dirette, che lei deve aiutarli a coprire le tracce del crimine. Purtroppo, la totale disumanità di queste creature non mi sorprende più da tempo.
Cercherò quindi di passare a qualcosa che assomigli a una logica criminale.
I soci di Putin sono dei cretini incredibili. Se io fossi uno della banda di Putin, mi chiederei se sia meglio permettere un funerale, non dirlo a nessuno all’interno del Paese, se possibile, e lasciare che i sostenitori di Navalny riversino le loro emozioni durante l’addio, o, al contrario, dare sempre più motivi di indignazione.
Allo stesso tempo, sospetto due cose: 1) Navalny avrebbe preferito essere sepolto in Russia, e 2) i parenti di Navalny si rendono conto che fino a tempi migliori (e per altre ragioni che possiamo comprendere) sarebbe meglio portare il suo corpo fuori dalla Russia. Il Cremlino non può accettare il secondo punto: né per motivi politici, né per motivi criminali. Pertanto, ha deciso abbastanza rapidamente di non recitare la commedia della cosiddetta «perizia chimica» e «l’indagine» sulla morte di Navalny.
Rimane solo un piccolo passo verso la distruzione fisica del corpo senza alcuna discussione con i parenti. Un passo che da nulla viene impedito, ma, anzi, viene incoraggiato.
P.S.: ecco la traduzione del messaggio della madre di Alexey Navalny: Continuare la lettura di questo post »


Alcune persone particolarmente ingenue si chiedono: dov’è la tanto (e da tanto tempo) promessa «terribile risposta» dell’Occidente alla morte di Alexei Navalny «finalmente» avvenuta? È vero: l’ho sentita anche con le mie orecchie.
E la risposta desiderata non c’è e non può esserci: perché anche il Capo di Stato o di governo occidentale più determinato ha sempre lo stesso parlamento, gli stessi problemi politici interni e le stesse prospettive elettorali di prima (ricordiamo, per esempio, Biden, che aveva minacciato punizioni già anni fa). Così, il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha dichiarato che, come passo simbolico, Bruxelles rinominerà il regime di sanzioni imposte per le violazioni dei diritti umani in onore di Alexei Navalny; gli Stati Uniti hanno annunciato un «importante pacchetto di sanzioni» contro la Russia in relazione all’omicidio di Navalny e al biennio della guerra in Ucraina; il Regno Unito ha imposto sanzioni contro sei dipendenti del carcere IK-3 «Polar Wolf» di Kharp (quello dove è stato ucciso Navalny)… Che paura per Putin!
Quindi, se c’è una speranza per un rapido cambio di regime in Russia, io per ora la vedo solo in tre opzioni, due delle quali sono mega-banali e, di fatto, possono essere buttate subito in discarica:
1) stare con il culo per terra e aspettare che Putin muoia da solo (e questo evento non garantisce dei cambiamenti automatici in meglio);
2) stare con il culo per terra e aspettare che Putin venga fatto fuori da un colpo di Stato interno, cioè uno di quegli fenomeni che nella storiografia russa si chiamano «rivoluzioni di palazzo» (anche questo evento non garantisce assolutamente dei cambiamenti automatici in meglio);
3) sperare che l’opposizione russa si unisca nell’unica azione ragionevole: iniziare non a raccontare ai russi per la miliardesima volta quanto sia brutto il regime attuale (noi sappiamo già da tempo che è pessimo), ma a bombardare i cervelli dei rappresentanti del regime stesso, raccontando il duro destino di chi non farà fuori Putin velocemente. Bombardare con l’aiuto di metodi di distribuzione pubblica delle informazioni già noti da tempo: hai fatto questo e quello, otterrai questo e quello come punizione. La gente continua ad accumulare informazioni, mentre i complici di Putin continuano ad accumulare un tormento interno. Con un simile comportamento, si può almeno sperare che qualcuno vicino al bunker decida un po’ prima di organizzare la vera e propria «rivoluzione di palazzo».
Deve iniziare a farlo l’opposizione russa, mentre gli altri, volendo, possono contribuire…


Anche sul territorio europeo

Pare che l’uomo ucciso la notte tra il 19 e il 20 febbraio in Spagna sia realmente il pilota russo Maxim Kuzminov: quello che lo scorso agosto aveva disertato attraversando appositamente il confine russo-ucraino e si era arreso all’esercito ucraino insieme all’elicottero Mi-8 che pilotava (formalmente va utilizzato il verbo «disertare», anche se in questo specifico caso non mi piace tanto). Inizialmente, la notizia della uccisione è stata diffusa da alcuni media-spazzatura (quelli di propaganda statale russa che si fingono europei), ma poi è stata confermata dai media locali più seri.

Ecco, ora non mi va di ridere della spiccata intelligenza alternativa che Kuzminov ha deciso di mostrarci andando in Spagna (uno degli stati europei più pieni di russi di varia «qualità») e invitando la propria ex fidanzata russa a visitarlo (ovviamente, facendolo da solo e con chissà quale mezzo digitale). Non è bello commentare in un momento del genere gli errori delle brave persone morte. Vorrei sottolineare solo che il momento della uccisione di Maxim Kuzminov è capitato nel momento storico più «adatto» di sempre. Gli europei minimamente portati alla visione globale degli eventi potrebbero logicamente giungere alla conclusione: gli agenti di Putin uccidono non solo sul territorio russo o ucraino.
Spero che questa osservazione – assolutamente non nuova – spinga qualcuno a prendere qualche decisione giusta.


“Non è una loro funzione”

Ieri Dmitry Peskov, il portavoce di Putin, nel corso di un briefing con la stampa ha risposto alla domanda sulla mancata (almeno per ora) consegna del corpo di Alexey Navalny ai suoi parenti:

«No, non è una questione che ci riguarda. Non ci occupiamo di questo caso. Non è una funzione dell’amministrazione presidenziale».

Sempre ieri – chissà perché ho deciso di aggiungerlo – Putin ha firmato un decreto che assegna al vice-capo del Servizio penitenziario federale Valery Boyarinev il nuovo (ovviamente più alto di quello precedente) grado di colonnello generale del Servizio interno.
Come abbiamo vito, effettivamente, – e letteralmente – hanno altro da fare…


Il residuo della paura

È strano constatarlo (oppure non è strano? per ora non trovo una parola più adatta), ma per ora la situazione è la seguente: non hanno avuto paura di uccidere Alexey Navalny, ma hanno ancora paura di ammetterlo e stanno facendo delle mosse del tutto illogiche finalizzate all’oscuramento della uccisione.
Per esempio: avrebbero potuto diffondere subito le registrazioni video degli aiuti medici (le carceri sono videosorvegliate al 100%), ma non lo hanno fatto nemmeno oscurando quelle parti della inquadratura che potrebbe «compromettere il regime di sicurezza del carcere».
Oppure: stanno ancora nascondendo il corpo di Navalny, mentre a noi arrivano le notizie dei movimenti strani nella zona del carcere. Se Navalny fosse morto per il semplice fatto della salute compromessa delle condizioni carcerarie realmente pesanti, non ci sarebbe stato alcun motivo di nascondere il suo corpo: l’autopsia eseguita da qualsiasi medico di qualsiasi Stato avrebbe mostrato le cause di morte definibili naturali.
Ma noi vediamo quegli spostamenti strani.
Per esempio: solitamente a Salekhard (una delle città vicine al carcere) arrivano solo due voli da Mosca al giorno, ma un tassista locale ha riferito ai giornalisti che due voli sono atterrati all’aeroporto di Salekhard fuori programma la sera del 17 febbraio. «Aerei di piccole dimensioni. Il primo jet è atterrato intorno alle 18, accolto da veicoli del Comitato Investigativo. Il secondo è arrivato un’ora e mezza dopo».
Allo stesso tempo, i giornalisti sono riusciti a ottenere (non si può dire come) le immagini dalle telecamere posizionate lungo la strada tra Labytnangi (il villaggio di Kharp, dove si trova il carcere, è a circa 35 chilometri a nord-ovest di questa città) e Salekhard. Come spiegano i giornalisti, in inverno queste due città, che si trovano sulle sponde opposte del fiume Ob, sono collegate da una traversata di ghiaccio e, se si esclude un elicottero, questa è l’unica via d’uscita dal carcere. Intorno alla mezzanotte tra il 16 e il 17 febbraio, un corteo di auto si è presentato alla traversata: era composto da due auto della polizia stradale – una in testa e una in coda – una berlina grigia con targa civile e un minibus UAZ-452 con due strisce verdi (in questo modo vengono segnati i veicoli del Servizio penitenziario federale). Il convoglio viaggiava molto più lentamente degli altri veicoli alla traversata e, dopo aver attraversato il fiume, si è diretto verso Salekhard.

Per ora si dice che il corpo si trovi in una camera mortuaria di Salekhard, ma non si capisce proprio quali manipolazioni intendono fare. Ma a questo punto possiamo sospettare il perché.


Significa che siamo forti

La risposta di Alexei Navalny a una domanda del film del 2022 su cosa fare se venisse ucciso (con i sottotitoli in inglese):

E poi aggiungo una serie di brevi video da un mondo che potrebbe sembrarvi parallelo al vostro: come si comportano le cosiddette «forze dell’ordine» russe quando vedono le persone che manifestano il proprio disaccordo con il fatto di un omicidio. Se non capite il russo, non importa: dovrebbe essere sufficiente anche guardare: Continuare la lettura di questo post »


Lo hanno ucciso

Io non posso credere alla versione ufficiale della propaganda statale russa secondo la quale Alexey Navalny sarebbe morto durante una passeggiata nel cortile del carcere. Non posso crederci per due motivi: uno logico e uno scientifico.
Dal punto di vista logico, è solo il secondo – e questa volta purtroppo riuscito – tentativo di eliminare un nemico personale di Putin. Lo hanno eliminato quando era indifeso nelle loro mani e quando loro stessi hanno perso totalmente la voglia di apparire almeno in parte normali. Non sappiamo ancora come è avvenuta tecnicamente l’uccisione di Navalny, ma già il semplice fatto della sua permanenza ormai pluriennale nelle condizioni non adatte alla vita è un tentativo di uccidere. Gli assassini sono dunque Putin e tutti i suoi collaboratori di vario rango.
Dal punto di vista scientifico, invece, preferisco consigliarvi il parere di un medico che commenta, professionalmente, la versione ufficiale della morte di Navalny. Per ora quel commento costituisce la nostra unica conoscenza concreta e credibile su quanto è accaduto. Lo spoiler: quella versione ufficiale è una minchiata stratosferica.
Sicuramente un giorno scopriremo tutta la verità. Proprio Alexey Navalny ci insegnava a cercarla senza arrendersi.
UPD: con alcune precisazioni che non cambiano il senso generale di quanto è scritto nell’articolo consigliato, quel commento è confermato dal medico con il quale ho già avuto il modo di parlare dell’argomento.


Le “trattative” possibili

La Bloomberg (e non solo) scrive che Donald Trump, se dovesse vincere le elezioni presidenziali del novembre 2024 (secondo me, purtroppo, le vincerà), sta pensando di fare pressione sulla Russia e sull’Ucraina per costringere le parti a tornare ai colloqui di pace. Pure diversi politici e funzionari europei iniziano, periodicamente, parlare della «necessità di trattative».
A questo punto devo ricordare che le trattative riguardanti la guerra in Ucraina sono tecnicamente possibili solo su due argomenti:
1) entro quali termini temporali la Russia si ritira dal territorio ucraino e rimborsa tutti i danni materiali causati dalla guerra;
2) a costo di quali territori l’Ucraina si arrende alla Russia.
Su quali altri argomenti si potrebbe trattare? Il mio cervello difettoso non riesce a immaginarli.
La prima delle opzioni che ho elencato con una probabilità maggiore comporta la fine politica di Putin (o perché rimane senza le risorse per un po’ di tempo, o perché l’Occidente «chiede la sua testa» in cambio delle punizioni meno severe).
La seconda opzione con una certezza quasi assoluta comporta la ripresa della guerra dopo un periodo di tempo imprecisato, ma nemmeno tanto breve (anche perché il motivo reale della guerra attuale non è una pretesa territoriale di Putin).
Io non leggo i pensieri di Donald Trump (e di certi politici europei), ma penso di sapere quale dei due tipi di trattative intende.


L’arresto costoso

La Bloomberg scrive, con riferimento ai documenti giudiziari depositati presso il Tribunale distrettuale di Manhattan, che il Dipartimento di Giustizia degli USA ha chiesto al tribunale l’autorizzazione a vendere il superyacht «Amadea», che apparterrebbe al senatore e miliardario russo Suleiman Kerimov. Lo yacht in questione è di 106 metri, ha il valore di 325 milioni di dollari ed è stato arrestato alle Fiji su richiesta degli USA nell’aprile del 2022 in seguito alle sanzioni imposte alla Russia dopo l’inizio della grande guerra in Ucraina. Le autorità statunitensi affermano di pagare 600.000 dollari al mese per la manutenzione dello yacht: questo importo comprende 360.000 dollari per pagare l’equipaggio, 75.000 dollari per il carburante dello yacht (presumo che nel caso di uno yacht fermo serva solo per la generazione della corrente elettrica) e 165.000 dollari per la manutenzione, il ritiro della spazzatura e altre spese.
Le autorità statunitensi sostengono, abbastanza logicamente, che le suddette spese dovrebbero essere sostenute da chi si dichiara il reale proprietario del bene arrestato (un altro personaggio russo sottoposto alle sanzioni). Mentre io posso suggerire una alternativa: può rivelarsi utile anche negli Stati europei, dove si trovano tanti altri beni russi arrestati. È vero che la responsabilità penale è personale, ma nel caso dei personaggi (e, spesso, enti) russi ritenuti responsabili della guerra in Ucraina si tratta evidentemente di una associazione a delinquere accumunata dello stesso crimine. Di conseguenza, si potrebbe ipotizzare un utilizzo utile e comprensibile (e tanto discusso da un po’ di tempo in Europa) degli utili generati dalle risorse finanziarie russe congelate. Legalmente sarà non meno facile del destinarle alla Ucraina o del trasformarle nell’utile di uno Stato occidentale, ma almeno permetterà evitare i costi della propria politica nei confronti del regime putiniano (ora non mi metto ad analizzare ancora una volta quanto sia efficace quella politica).
Sono proprio curioso di scoprire se qualcuno dimostri la stessa mia fantasia…