Da oltre una settimana l’esercito ucraino sta riconquistando i territori occupati dall’esercito russo. È interessante notare che ci sta impiegando molto meno tempo di quello che è stato necessario all’esercito russo per conquistare gli stessi territori. Allo stesso tempo, bisogna ricordare che è solo l’inizio di una lunga strada (come ha detto pure Biden ahahaha).
Ma io, intanto, non potevo non pubblicare uno dei primi video sul ritorno dei militari ucraini. Molto probabilmente avete già visto alcune delle scene che ne fanno parte.
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
Il presidente statunitense Joe Biden ha annunciato una nuova porzione di aiuti militari all’Ucraina, questa volta da 600 milioni di dollari. In particolare, all’esercito ucraino verranno forniti ulteriori munizioni per i lanciarazzi multipli HIMARS, 36 mila munizioni per l’artiglieria da 105 mm, mille proiettili d’artiglieria da 155 mm ad alta precisione e quattro radar anti-artiglieria, quattro camion, otto rimorchi per attrezzature pesanti, sistemi anti-droni, attrezzature per lo sminamento, mine antiuomo Claymore, cariche di demolizione, armi e munizioni di piccolo calibro e attrezzature per la visione notturna.
Ecco, l’ultimo punto della lista mi ha fatto ricordare un dettaglio curioso. Come probabilmente sapete, l’arma anticarro «Javelin» è monouso: secondo i suoi progettisti, un militare dovrebbe «sparare» un colpo, buttare via il tubo ormai inutile e scappare verso il riparo. Ma i militari ucraini, non essendo mai stati riccamente dotati di attrezzature militari moderne, hanno logicamente apprezzato il sistema di visione notturna incorporato in ogni «Javelin». Di conseguenza, non buttano mai gli esemplari usati, ma continuano a usarli nelle operazioni notturne per vedere bene il campo di battaglia.
La differenza tra gli eserciti che stanno combattendo in Ucraina sta nel fatto che in quello ucraino vengono favoriti l’ingegno e l’iniziativa, mentre in quello russo viene ancora adottato il sistema del rispetto rigoroso degli ordini arrivati dall’alto (in alto spesso stanno le persone non particolarmente intelligenti e/o informati). La differenza tra le due logiche è spesso evidente anche a noi, soprattuto negli ultimi giorni.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è arrivata a Kiev per la terza volta dall’inizio della guerra. Lo ha fatto con l’obbiettivo di discutere con il presidente Zelensky su «come avvicinare le nostre economie e i nostri popoli mentre l’Ucraina si avvia verso l’adesione all’UE».
Io non ho delle spie nei palazzi istituzionali di Kiev, ma so già benissimo come possono essere avvicinarsi le due economie e i due popoli: l’UE dovrebbe trovare il modo di fornire più armamenti seri all’esercito ucraino. Solo dopo tale azione tutti i discorsi sulla futura adesione ucraina all’UE potranno avere qualche senso pratico. Infatti, il primissimo requisito da rispettare per diventare, prima o poi, uno Stato-membro dell’UE è l’esistenza fisica del candidato stesso.
Vladimir Zelensky sta chiedendo — anche pubblicamente — più armamenti ormai da quasi sette mesi, ma, a quanto pare, Ursula von der Leyen non lo ha ancora sentito.
L’intelligence statunitense sostiene che a partire dal 2014 la Russia avrebbe finanziato in segreto dei partiti politici, singoli politici e alti funzionari in «due dozzine» di Stati esteri. Inoltre, si ipotizza che alcuni dei trasferimenti finanziari del genere della Russia possano essere passati senza essere notati. Secondo quanto sostengono gli Stati Uniti, le autorità russe pianificavano di spendere altre centinaia di milioni di dollari per i finanziamenti del genere.
Per ora si parla solo dei finanziamenti destinati alle forze politiche nei Balcani, in Africa e in alcune zone dell’Asia, ma la mia memoria mi suggerisce che pure qualche politico italiano dovrebbe iniziare a preoccuparsi: gli americani sanno tutto e potrebbero pubblicare delle informazioni molto interessanti anche prima del 25 settembre 2022. Certo, anche in altri Stati europei – per esempio in Francia – ci sono dei singoli politici e dei partiti che negli ultimi anni hanno miracolosamente migliorato la propria situazione finanziaria dopo qualche visita a Mosca. Ma io, in questo momento, sono un po’ più incuriosito della situazione italiana: chissà quanti personaggi hanno già rischiato l’infarto dopo la lettura della notizia citata sopra…
P.S.: ma la situazione corrente è comunque ancora lontana da quella dell’epoca URSS, quindi dai tempi in cui più o meno tutti i partiti (o i movimenti) di sinistra di tutto il mondo venivano in qualche misura finanziati da Mosca. Infatti, dopo il 1991 abbiamo osservato una «strana» coincidenza: molti partiti di sinistra sono entrati in crisi e molti regimi si sinistra sono addirittura crollati. Ma questo è un argomento enorme, ne scriverò nei tempi più appropriati.
Non so se tutti si rendono conto – tra i vertici dello Stato russo e tra i semplici cittadini europei – che l’esercito ucraino è arrivato alla situazione della graduale riconquista dei propri territori combattendo, trattenendo e poi cacciando il «secondo esercito del mondo» utilizzando, per la maggior parte del tempo, solo delle armi obsolete. Utilizzando le armi del millennio scorso.
Proviamo a fare un breve elenco. La prima categoria degli armamenti include quelli forniti dagli Stati dell’ex Patto di Varsavia:
– i vecchi carri armati sovietici T-72 (in uso dal 1973);
– gli elicotteri Mi-17 (in uso dal 1992);
– i missili di produzione sovietica.
La seconda categoria degli armamenti include quelli forniti della NATO:
– i lanciarazzi Carl Gustav del 1948;
– i lanciarazzi M72 LAW del 1963;
– i veicoli blindati M113 e Humvee degli anni ’60;
– i semoventi antiaerei Ghepardi tedeschi del 1976;
– i missili antinave Harpoon del 1977;
– i missili Stinger del 1981;
– i sistemi missilistici Mistral del 1987;
– i sistemi anti-carro Javelin del 1989;
– i missili ATACMS del 1991.
[gli armamenti elencati fino a questo punto sono stati sviluppati ancora ai tempi dell’URSS]
– le obici semoventi PzH 2000 del 1998;
– i missili MANPADS Starstreak del 1997;
– i missili Brimstone del 1999;
– le obici AHS Krab del 2000;
– i lanciarazzi multipli HIMARS in uso dal 2005;
– i missili aria-aria IRIS-T in uso dal 2005;
– le obici M777 in uso dal 2005;
– le obici CAESAR in produzione dal 2002.
Ora potete immaginare la correlazione tra l’arrivo degli armamenti più moderni e i recenti successi dell’esercito ucraino. Oppure, potete provare a immaginare cosa potrebbe succedere qualora dovessero essere forniti degli armamenti moderni ancora più seri: per esempio, i droni Reaper o i caccia F-35.
Nel frattempo, l’esercito russo – il quale sarebbe dotato, secondo Putin, degli armamenti super moderni dei quali che nessun altro nel mondo dispone – è messo in difficoltà dal piccolo esercito ucraino armato con dei rottami (e non aiutano nemmeno i rottami sovietici).
A giugno mi era capitato di postare alcune foto-ricordo di una classe ucraina che proprio nel 2022 ha finito gli studi scolastici. Erano delle immagini molto particolari in vari sensi.
Questa volta, invece, vi faccio vedere le foto di altri scolari ucraini: quelli che il 1 settembre 2022 hanno iniziato un nuovo anno scolastico. Le immagini sono state realizzate in quello che resta – dopo i bombardamenti russi – di un edificio scolastico nella città di Chernihiv.
Tutte le foto sono del fotografo spagnolo Emilio Morenatti (AP).
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La regina Elizabeth II è morta ieri pomeriggio, e il mondo è rimasto senza il più grande dei capi di Stato (uniamoli pure sotto questo nome) dei giorni nostri. Nel corso della sua lunga vita la regina ha attraversato dei mondi molto diversi tra essi: basti pensare quanto poco si assomigliano il mondo in cui è salita sul trono e il mondo in cui ci ha lasciati. Ma ogni mondo, ogni epoca, ogni evento è stato affrontato dalla regina nel migliore dei modi possibili: in ogni singolo momento poteva essere considerata una modello di comportamento.
È stata grande come i tempi nei quali ha vissuto. Mi mancherà.
È impressionante pensare che… Continuare la lettura di questo post »
Molti giornalisti non filogovernativi russi stanno cercando di indovinare, da due o tre mesi, la data dei «referendum» che dovrebbero formalizzare l’annessione alla Russia delle regioni ucraine occupate durante la guerra in corso. Inizialmente, il prognostico più popolare indicava la data dell’11 settembre 2022 perché è la data delle «elezioni» amministrative in diverse regioni russe. Ma, non vedendo alcun segno di preparativi ai «referendum» sul territorio ucraino, in molti hanno iniziato a pensare alla data simbolica del 4 novembre: la Giornata dell’unità nazionale in Russia (una festa federale in realtà priva di alcun senso, ma molto cara agli abitanti del Cremlino). Anche questa seconda data appare però poco realistica perché non si capisce ancora come, per esempio, possano essere inventate le liste degli elettori o come possa essere spiegato il fatto che il «referendum» sul passaggio alla Russia venga condotto solo tra le persone che per qualche motivo hanno deciso di non fuggire dalla invasione russa.
Ma ecco che, finalmente, iniziamo a vedere i primi segni di una soluzione favorevole al regime di Putin. Stamattina Serhiy Aksyonov – il governatore della Crimea nominato da Mosca – ha dichiarato che «nella situazione attuale» è «abbastanza logico e ragionevole» che i territori ucraini occupati si uniscano alla Russia senza alcun referendum. Secondo Aksyonov,
In Crimea c’è stato un referendum assolutamente legale e conforme a tutte le norme giuridiche, ma pochi lo hanno comunque riconosciuto. Il riconoscimento o il non riconoscimento da parte di alcuni Stati non dipende dal modo in cui questi territori saranno annessi. È una questione di volontà politica».
Ora, indipendentemente dalle fantasie di Serhiy Aksyonov sul diritto internazionale e sulla legalità del «referendum» organizzato nel 2014 in Crimea, potremmo presumere che le sue dichiarazioni sui nuovi territori ucraini occupati non arrivino dalla sua testa. Per me è altamente probabile che in questo specifico caso trasmetta in realtà l’idea del Cremlino. Il compito potrebbe essere stato affidatogli per osservare la reazione interna ed estera alla idea stessa.
Anche se, dopo quanto è successo a partire dal 24 febbraio, lo Stato russo non dovrebbe avere paura di oltrepassare qualche nuovo limite: quasi tutto il peggio è già stato fatto.
Imporre un «tetto» ai prezzi del petrolio e del gas russi è una idea politicamente curiosa, ma economicamente mi sembra un po’ dubbia. Lo è per almeno due motivi. A breve termine, con il prezzo massimo che impone l’Europa, le risorse naturali russe potrebbero diventare più richieste nel mondo: se l’UE dovesse dire «invece di 100, paghiamo al massimo 50», l’ipotetica India potrebbe dire «noi prendiamo tutto a 52 e a voi conviene accettare perché altrimenti non vendete proprio». A questo punto la Russia continua a incassare, l’India risparmia e l’Europa rimane senza le nuove forniture di petrolio (e con meno gas). Fortunatamente, l’Europa ha già le scorte sufficienti per passare serenamente l’inverno, ma, intanto, l’obbiettivo politico di togliere i soldi al regime di Putin non funzionerà.
A lungo termine, poi, il prezzo massimo del petrolio e del gas potrebbe contribuire a cambiare più velocemente la logistica del mercato globale del petrolio. La Russia cercherà e sicuramente troverà altri acquirenti, i quali, a loro volta, rivenderanno lo stesso petrolio all’Europa.
C’è una soluzione migliore rispetto a quella appena partorita in UE? Boh, per ora non lo so. Per fortuna, io non sono pagato per inventarla. A differenza dei vertici europei.
Quando The New York Times scrive che la Russia acquista «milioni di proiettili di artiglieria e missili» dalla Corea del Nord, non si tratta di una grandissima notizia. Infatti, sappiamo da mesi che l’industria russa non è in grado di produrre autonomamente (nelle condizioni delle sanzioni internazionali riguardanti le varie tecnologie) nemmeno i materiali militari più complessi di un bastone. Mentre gli Stati disposti (e capaci) a fornire qualcosa sono abbastanza pochi.
Proprio in questo ottico sarebbe molto interessante scoprire di più sui missili forniti dalla Corea del Nord. Quanto sono evoluti? Quali caratteristiche hanno? E, la cosa più importante, da dove arrivano le componenti elettroniche necessarie per il loro funzionamento? Tali componenti non vengono certo prodotte in Corea del Nord, ma in qualche modo arrivano nelle sue fabbriche in grandi quantità.
Oppure sono dei missili obsoleti, con la «elettronica» sovietica aggiornata a qualche decennio fa? Boh…