L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Dimmi chi ascolti…

L’Amnesty International è conosciuta da anni prevalentemente per due cose: 1) per la difesa dei vari terroristi e personaggi molto dubbi; 2) per la «misteriosa» incapacità di vedere le vere violazioni dei diritti umani. In aggiunta, da qualche tempo sospettavo fortemente che fosse pure sponsorizzata dal regime politico russo attuale: perché difende la fonte della propaganda statale russa Assange, perché si è rifiutata di riconoscere Navalny come un prigioniero politico, perché diffonde un rapporto pieno di omissioni e di falsità sulla guerra in Ucraina che si rivela un regalo grandissimo alla propaganda russa.
Ecco, mi sembra che con l’ultimo dettaglio sia stato oltrepassato l’ultimo confine del tollerabile. Da ora ogni citazione, ogni riferimento alla attività dell’Amnesty International dovrebbe essere considerata, nonostante tutto, come una presa di posizione e non semplicemente come una manifestazione del cattivo gusto (o della incapacità di analizzare le informazioni ricevute). Fortunatamente, per ora sto riuscendo a eliminare dalla mia vita tutte quelle persone che ignorano, giustificano e/o appoggiano l’aggressione putiniana in Ucraina. Ma non smetterò di aspettare l’occasione per scoprire quanto è costato l’acquisto dell’Amnesty International (milioni? decine di milioni?). Non escludo di riuscire a scoprirlo abbastanza presto.


La centrale nucleare di Zaporižžja

Un documento video interessante: la registrazione della diretta trasmessa su Youtube la notte tra il 3 e il 4 marzo 2022 dalla centrale nucleare di Zaporižžja. Quindi si tratta proprio del periodo dei combattimenti proprio per quell’impianto.


I preparativi ai “referendum”

Da oltre cinque mesi mi capita, con una certa regolarità, di leggere dei sondaggi riguardanti la guerra in Ucraina commissionati dagli abitanti del Cremlino, ma mai pubblicati a causa dei risultati «sbagliati». Qualora quei risultati dovessero esistere veramente, io ne sarei molto sorpreso: in Russia i cittadini hanno spesso paura di rispondere quello pensano agli intervistatori sconosciuti. Preferiscono dare una risposta neutrale o pro-governativa per non rischiare e/o per essere lasciati stare prima possibile. In più, i risultati di un qualsiasi sondaggio possono essere manipolati (con molta più facilità dei risultati delle varie «elezioni»).
Ma, in ogni caso, ogni lettura dei risultati sgradevoli a Putin è – nel peggiore dei casi – una fonte di speranza e di buon (relativamente) umore. Quindi per oggi vi consiglio una bella lettura su un recente sondaggio condotto tra gli abitanti delle zone ucraine già/ancora occupate dall’esercito russo. L’obiettivo del sondaggio: capire la prontezza delle persone alla annessione delle loro zone alla Russia.


La turbina della discordia

L’altro ieri, il 3 agosto, il cancelliere Olaf Scholz «è andato a trovare» la turbina Siemens della Gazprom riparata, ha fatto tanti complimenti all’oggetto visto e si è pure fatto fotografare in sua compagnia. Lo spettacolo sembra un po’ ridicolo – cosa può capire un politico dei meccanismi del genere e perché dovrebbe dare a loro una visita di Stato? – ma in realtà è abbastanza sensato: Scholz sta cercando di comunicare ai propri elettori (ma anche agli europei) che sta cercando di fare tutto il possibile per riavviare le forniture del gas russo.

Ovviamente, i lettori di questo post capiscono benissimo il concetto descritto prima. Quindi io proporrei di passare al mistero seguente: la Gazprom (si legge Cremlino) non sta accettando la turbina riparata perché a) vorrebbe una decisione europea sull’annullamento delle sanzioni riguardanti il settore delle materie prime, oppure b) si sta vendicando per il lunghissimo perditempo tedesco sulla decisione circa l’attivazione del «Nord Stream 2» (verificatosi in estate-autunno 2021).
Conoscendo lo stato intellettuale di certi funzionari russi, non posso escludere del tutto la seconda opzione…


Ha sbagliato il segno

Igor Konashenkov, il portavoce del Ministero della Difesa, ha dichiarato che gli Stati Uniti sarebbero direttamente coinvolti nella guerra in Ucraina perché fornirebbero a Kiev le indicazioni sugli obiettivi da colpire con i sistemi missilistici HIMARS. Konashenkov ha poi precisato che l’amministrazione del presidente USA sarebbe responsabile «di tutti gli attacchi missilistici approvati da Kiev su aree residenziali e infrastrutture civili», i quali avrebbero provocato la morte di massa di civili.
Non ricoprendo alcun ruolo nella amministrazione di Joe Biden, non posso commentare in modo argomentato le stronzate dichiarate da Konashenkov. Però posso ricordare – a tutte quelle persone che si sono in qualche modo imbattute nelle sue recenti dichiarazioni – che gli USA forniscono all’Ucraina gli armamenti a lungo raggio con una condizione: che non vengano usati per colpire il territorio russo o la Crimea.
Di conseguenza, Igor Konashenkov e tutti suoi superiori (ma anche i colleghi) dovrebbero pregare poiché gli USA continuino a essere «direttamente coinvolti».


Aggionare la terminologia

Da anni osservo la strana abitudine dei giornalisti italiani – ma spesso anche quelli europei in generale – di definire con il termine «oligarca» qualsiasi uomo ricco con la cittadinanza di qualche Stato dell’area ex sovietica… Ma porzo Zeus, aggiornatevi! In Russia, per esempio, gli oligarchi non esistono dai primi anni 2000 perché i super-ricchi attuali, a differenza di quelli degli anni ’90 (anche se in alcuni rari casi sono le stesse persone), non possono più tentare di influenzare qualcosa o qualcuno con i propri soldi. Ora c’è qualcuno a concedere ai ricchi la possibilità di tenere i soldi in tasca e di essere fisicamente liberi. Più o meno tutti sanno che può smettere di concedere quella possibilità in qualsiasi momento. Più o meno tutti sanno anche come si chiama quel qualcuno: teoricamente il suo posto di lavoro sarebbe nel Cremlino di Mosca.
In Bielorussia gli oligarchi sono impossibili perché lo Stato è di fatto governato dal presidente-proprietario, il quale decide anche sui principali flussi finanziari.
Nelle ex-repubbliche sovietiche asiatiche le persone più ricche sono i membri delle dinastie (sì, sono di fatto delle dinastie, anche se la carica massima dello Stato si chiama «presidente» o qualcosa del genere). Non possono essere degli oligarchi nei confronti di loro stessi.
Nelle ex-repubbliche sovietiche caucasiche solitamente ognuna delle persone più ricche sostiene economicamente qualcuno dei politici più popolari del momento. Il fenomeno del genere, anche se in una forma molto più velata e regolamentata, esiste anche dalle altre parti del mondo. Ma nell’ottica dell’argomento di oggi è importante sapere che in Cuacaso c’è una «rotazione» dei politici e dei loro sponsor.
Nelle ex-repubbliche sovietiche baltiche la situazione politica è abbastanza strana, ma spesso esteticamente molto simile a quella europea, quindi non ha molto senso parlare degli oligarchi.
Chi ci rimane? Giusto: l’Ucraina. La sua situazione è da decenni uno strano mix tra le situazioni baltica, russa e caucasica. Infatti, l’economia è abbastanza libera, ma influenzata in un modo sensibile dalla corruzione e dalla presenza dei grandi ricchi che finanziano i politici in base alle necessità correnti. Ne sto scrivendo proprio oggi perché pure i giornali italiani hanno scritto (ieri) della morte del 74-enne imprenditore ucraino Oleksiy Vadatursky (la notte tra il sabato e la domenica è stato ucciso dal bombardamento russo della città di Mycolaiv). Ecco: pure lui è stato definito un oligarca, anche se era il 24-esimo uomo più ricco dell’Ucraina con un patrimonio di 430 miloni di USD (capisco che a un comune mortale sembrano tantissimi). Era il proprietario della azienda «Nibulon», la terza azienda agricola ucraina per il fatturato. In particolare, l’azienda è impegnata nella produzione e nell’esportazione di prodotti agricoli, nonché nella costruzione di navi e nei trasporti. Ma, soprattutto, non mi ricordo di avere mai sentito di un particolare interesse di Vadatursky per la politica: tranne il fatto che era un sostenitore dell’ex presidente Poroshenko (un tipo già ricco di suo) e uno sponsor finanziario del contrato della invasione russa (come tantissimi altri imprenditori ucraini). Sicuramente aveva un certo interesse politco e una propria visione dello sviluppo ottimale dello Stato – come ce l’hanno tutti gli imprenditori del mondo – ma dei suoi tentativi di influenzare il corso globale delle cose (e, soprattutto, farlo con successo) non si sa praticamente niente. Quindi non so proprio in quale di tanti sensi possibili e immaginabili possa essere definito un oligarca.
Di conseguenza, per l’ennesima volta ricordo a tutti di non usare a caso delle parole così specifiche.
Ovviamento, tutto quello che ho appena scritto non significa che io non sia dispiaciuto per la morte di Oleksiy Vadatursky e per la guerra in Ucraina in generale.


Ingaggiare il nemico

È importante ricordare che le guerre non sono fatte solo di sparatorie e bombardamenti di vario genere. Le guerre sono fatte, tra tante altre cose, anche dei tentativi di «rubare» alla controparte il personale altamente specializzato (le persone che sanno operare con i meccanismi tecnologici moderni) e i relativi «attrezzi di lavoro». In merito a tale caratteristica delle guerre, per questo sabato consiglio un breve articolo dal quale potrebbe partire — se siete interessati — con uno studio più approfondito dell’argomento.
Non so se anche a voi verrà (oppure è già venuta?) l’idea che le guerre del futuro saranno combattute da remoto, «con le mani» degli ingegneri e dei servizi segreti (come viene anticipato dalla storia descritta nell’articolo segnalato). Invece di essere combattute con le masse di metalli ed esplosivi.


Il folklore politico russo

Nel segmento russo dell’internet russo girano i tredici punti che riassumono la posizione ufficiale e pubblica della diplomazia russa in merito alla guerra in Ucraina. Non conoscendo l’autore della versione originale, considero quei punti un prodotto del folklore e li pubblico così come sono:
1. Non nascondiamo gli obiettivi dell’operazione speciale, ma essi cambiano ogni settimana.
2. Stiamo solo difendendo il Donbass, ma andremo oltre.
3. Non ha senso negoziare, ma noi siamo per i negoziati.
4. Non stiamo occupando l’Ucraina, ma ci resteremo per sempre.
5. Tutto procede secondo i piani, ma non abbiamo ancora iniziato.
6. Non abbiamo sono perdite, ma esse sono coperte dal segreto di Stato.
7. Consideriamo il Presidente dell’Ucraina legittimo, ma vogliamo rovesciarlo.
8. Siamo contrari all’allargamento della NATO, ma non siamo contrari all’allargamento della NATO.
9. Non abbandoniamo mai i nostri, ma molti di loro non torneranno e noi non sappiamo dove siano.
10. Proteggiamo la popolazione di lingua russa, ma spareremo contro di essa per proteggerla meglio.
11. Le sanzioni ci fanno solo bene, ma le industrie stanno crollando.
12. La Gazprom è la ricchezza nazionale, ma molti paesi, abitazioni, scuole etc. non sono stati raggiunti dai gasdotti.
13. Le sanzioni ci fanno solo bene, ma chiediamo che vengano revocate!
Secondo me seguirà una continuazione.


Il presidente turco Recep Erdoğan ha dichiarato che il presidente russo Vladimir Putin gli avrebbe detto di voler collaborare con Baykar, il produttore di droni Bayraktar. Secondo il canale televisivo CNN Turk (traduttore online vi aiuti), Erdoğan ha fatto questa dichiarazione durante una riunione del Comitato esecutivo centrale del partito.
Leggendo tale notizia non dobbiamo limitarci a ridere delle fantasie di Putin circa la disponibilità di un membro della NATO di andare incontro a una serie delle sanzioni occidentali. Dobbiamo invece immaginare quante bestemmie islamiche ha pronunciato – almeno mentalmente – Erdoğan facendo la dichiarazione di cui sopra. Infatti, dopo il tentativo di Putin di acquistare qualche centinaio di droni dall’Iran, la fabbrica iraniana è stata quasi immediatamente distrutta dalla aviazione israeliana. Non tento di immaginare chi e come possa intervenire con la stessa efficienza in Turchia, ma sono sicuro che Erdoğan non sia molto disponibile a mettere la propria fortuna in questo modo. Anche se non escludo che possa tentare di trasformare il «rischio» della collaborazione con Putin in uno delle trattative con l’Occidente.


Il ricatto del gas

Per puro caso, subito dopo la fine della manutenzione ordinaria dei meccanismi del «Nord stream 1» la Gazprom si accorta del guasto (o della necessità di manutenzione periodica? boh… ho letto entrambe le versioni) di un’altra turbina della Siemens. E, di conseguenza, ha ridotto la capacità del gasdotto diretto in Europa fino al 20% della capacità regolare.
Questo fatto, sicuramente casuale e totalmente indipendente dalla situazione internazionale corrente, può essere visto da due punti di vista: quello politico e quello economico (anche se la differenza tra i due è, in realtà, molto sottile). Dal punto di vista politico, Vladimir Putin si dimostra ancora una volta più un tattico che uno stratega. Effettivamente, con il gioco della fornitura ridotta del gas riesce a creare dei problemi seri all’Europa. E noi sappiamo benissimo che si tratta di un ricatto: l’industria europea inizia ad avere dei problemi già ora e l’inverno è sempre più vicino. Allo stesso tempo, sappiamo che fino a ora Putin ha vinto con tutti i suoi ricatti molto prima di portarli al termine. Ma se l’Europa non dovesse cedere (infatti, non intende farlo) al ricatto in questa fase e si dimostrasse determinata nel volere trovare delle fonti alternative del gas? Ci vorrà del tempo e si dovrà attraversare un periodo difficile, ma è una impresa tecnicamente possibile…
Ecco, a questo punto passiamo all’aspetto più economico che politico. Perché per il volere di Putin la Gazprom si sta trasformando velocemente già ora in un fornitore del gas inaffidabile. Questo fatto costituisce, per l’Europa, una motivazione ulteriore per cercare dei fornitori alternativi. Di conseguenza, anche se la guerra in Ucraina dovesse finire stasera, l’Europa sarà comunque interessata a porre fine alla dipendenza dal gas russo. Mentre la Gazprom perderà, alla fine, circa 2/3 delle proprie entrate (derivanti dalle forniture all’Europa) e dovrà rispondere in tribunale per i vecchi contratti non rispettati.
Evidentemente, Putin non ci pensa proprio alle conseguenze così lontane dei propri ricatti. Non sappiamo neanche se arriverà a vederle con i propri occhi… Ma noi faremo in tempo a vederle.
P.S.: so benissimo che pure in Europa ci sono delle persone alle quali piacciono i ricatti putiniani. Vorrebbero cedere a quello attuale per riceverne qualcuno altro in futuro.
P.P.S. per tutti coloro che indicano la Cina (e forse l’India) come la soluzione di tutti i problemi della Russia: i gasdotti russi che vanno verso l’Oriente sono già pieni, mentre per costruire quelli aggiuntivi ci vogliono tempo, soldi e tecnologie bloccate dalle sanzioni. Inoltre, la Cina fisicamente non ha bisogno di tutto il gas russo (e non vorrà certo rivenderlo per essere colpita a sua volta dalle sanzioni). E poi, sul mercato vale sempre una regola banale e vecchia come il mondo: se il venditore ha un noto bisogno di vendere velocemente, gli acquirenti iniziano a pretendere degli sconti più o meno consistenti.