L’archivio della rubrica «Nel mondo»

L’Agenzia ucraina per la prevenzione della corruzione ha annunciato la sospensione della inclusione della Raiffeisen Bank dalla lista degli «sponsor internazionali della guerra» (tale banca è oggi l’unica occidentale a continuare a operare, con delle notevoli limitazioni autoimposte, in Russia). In risposta, secondo le fonti di Reuters, le autorità austriache hanno accettato di approvare il dodicesimo pacchetto delle sanzioni contro la Russia.
A un lettore occidentale non particolarmente informato dei dettagli questo evento potrebbe sembrare puramente tecnico, puramente politico o puramente mercantile. Ma in realtà è infinitamente più importante per la vita quotidiana di molti russi contrari alla guerra e, in una certa misura, per l’andamento della guerra. Infatti, il Governo austriaco – non importa se volontariamente e/o consapevolmente o meno – ha lasciato ai russi in fuga dal regime putiniano quella ultima possibilità di portarsi via anche i propri soldi che ancora avevano. Il trasferimento dei soldi verso l’Occidente attraverso la Raiffeisen Bank è una possibilità abbastanza scomoda e costosa (le commissioni e le somme minime trasferibili sono alte), ma ancora in qualche modo funzionante. Permette di non lasciare le proprie finanze nel sistema interno russo e di garantirsi qualche periodo di stabilità economica nello Stato verso il quale si intende scappare.
Il togliere a Putin i soldi e le persone più attive e capaci dovrebbe essere il vero obbiettivo delle sanzioni occidentali. Di fatto, l’Austria, con la sua insistenza, ha contribuito un po’ al raggiungimento di questo obbiettivo. Da persone educate e da tifosi della Ucraina, dobbiamo ringraziare.


L’inizio dei negoziati

Ieri il Consiglio europeo ha deciso di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldavia e di concedere alla Georgia lo status di candidato all’adesione all’UE. I primi risultati pratici di queste decisioni si vedranno tra chissà quanti anni, mentre per ora possiamo constatare che si tratta di una grande e importante vittoria morale del presidente ucraino Zelensky. Infatti, sempre ieri, intervenendo in collegamento video a una riunione del Consiglio europeo a Bruxelles, aveva dichiarato che l’indecisione dei leader dell’Unione europea sulla questione dell’avvio dei negoziati con l’Ucraina per l’adesione del Paese all’UE potrebbe essere una vittoria per il presidente russo. Posso (o voglio?) presumere che abbia contribuito alla presa di una giusta decisione.
Una vittoria morale come quella appena nominata in questi giorni ci voleva proprio per Zelensky: non risolve i problemi bellici, ma almeno gli permette di portare un po’ di positività in patria.
Quello che fa preoccupare (o farà preoccupare dopo la prima ondata di entusiasmo) è il fatto che molto probabilmente l’UE si è convinta di non poter offrire alla Ucraina nulla di meglio in questo momento storico.


Il modo di contare le perdite

Reuters e CNN riportano, citando un rapporto declassificato dell’intelligence statunitense, che le perdite della Russia nella guerra con l’Ucraina sarebbero pari a 315 mila militari uccisi e feriti: tale numero corrisponde all’87% del personale che il Ministero della «Difesa» russo aveva a disposizione alla data del 24 febbraio 2022. Le fonti dei media che conoscono i dati in questione (il testo completo del rapporto non è ancora pubblico), sostengono che le perdite russe in termini di personale e veicoli blindati hanno portato la modernizzazione militare della Russia indietro di 18 anni.
Quello appena citato è un vero esempio di come non comunicare le notizie. Perché le statistiche in sé possono essere interessanti, ma la loro interpretazione sembra per ora essere in parte un po’ stupida e approssimativa. Per esempio, non è assolutamente chiaro perché gli uccisi e i feriti debbano essere riuniti in un unico insieme chiamato «perdite»: ci possono essere diversi tipi di feriti e quando è possibile il comando dell’esercito russo cerca di rimandarli al fronte il prima possibile (mi è capitato di recente leggere un articolo dettagliato sui cittadini russi mobilitati feriti, ma fatti tornare al fronte abbastanza velocemente e spesso indipendentemente dalle loro condizioni fisiche e psichiche).
Inoltre, non capisco la metodologia di calcolo del deterioramento del livello di modernizzazione dell’esercito russo. Da un lato, sappiamo che già da mesi l’esercito russo porta al fronte i carri armati e i camion addirittura dei tempi della Seconda Guerra Mondiale (perché i veicoli più recenti sono stati distrutti o persi in altri modi). Dall’altro lato, la «rottamazione» attraverso la distruzione di ogni sorta di rottame militare russo al fronte dovrebbe, in teoria, influenzare il livello di modernizzazione nella direzione opposta.
Insomma, bisogna aspettare il testo completo del rapporto per chiarire diversi dubbi.
Non scrivo tutto questo per accusare qualcuno di sminuire la «grandezza» dell’esercito russo: la guerra in Ucraina ha dimostrato che non esiste in nessun senso possibile. Volevo solo sottolineare che le notizie come quella riportata sopra creano negli oppositori della guerra un ottimismo non del tutto fondato.
Tutti i miei dubbi non mi impediscono di augurare alla Ucraina una vittoria più veloce possibile.


Le proposte pericolose alla Ucraina

I comandanti militari statunitensi e ucraini sono alla ricerca di una nuova strategia di guerra contro la Russia che l’Ucraina potrebbe seguire all’inizio del 2024: secondo il giornale The New York Times, gli USA starebbero spingendo per una strategia in base alla quale l’Ucraina si concentrerà sulla difesa e sul mantenimento delle posizioni attuali, oltre a costruire le proprie forze e le scorte di armi nel corso dell’anno. Tale strategia, secondo gli USA, garantirà alla Ucraina la capacità di respingere qualsiasi nuova offensiva russa.
Se dovesse essere vero, si tratta di una brutta e triste variante del consiglio «arrendetevi e sperate che in futuro vada tutto bene». Infatti, mentre l’Ucraina accumulerà gli armamenti, «a grande sorpresa» lo farà anche la Russia putiniana. Perché l’obiettivo che Putin aveva in mente il 24 febbraio 2022 non era certo quello di prendersi qualche altro pezzo relativamente piccolo dell’est ucraino. Qualsiasi tipo di tregua (compreso quello che sarebbe stato proposto ora dagli USA) è solo un aiuto a Putin per tornare agli grandi obiettivi iniziali.
Da aggiungere, inoltre, è il fatto che l’esercito ucraino ha bisogno – per vincere – non solo di un significativo aumento quantitativo del materiale bellico, ma anche e soprattutto di quello qualitativo: per sbloccare e invertire a proprio favore la situazione sul fronte. Se vi ricordate, ne parlava per Zaluzhny nelle sue recenti interviste.
Ah, è poi c’è da considerare pure un pericolo: qualsiasi forma di tregua sarà utilizzata da diversi Governi occidentali per ridurre gli aiuti alla Ucraina. La logica sarà miope e sbagliata, ma semplice: si combatte di meno, quindi non facciamo innervosire i nostri contribuenti-elettori più stupidi con troppe spese.
Insomma, vedo le proposte americane ipotizzate da The New York Times come molto pericolose.


I mezzi futuri

L’unica cosa curiosa del video sulla visita di Putin negli Emirati Arabi Uniti è la presenza, per un tratto brevissimo, dei cammelli da combattimento lungo la strada del corteo. Considerate le recenti notizie dal fronte (tipo l’arruolamento anche tramite truffe dei nepalesi), tra un po’ l’esercito russo tenterà di schierare quegli animali forniti dallo Stato amico…

P.S.: la macchina sulla quale viaggia è una Aurus, una limousine istituzionale di produzione russa.


La lettura natalizia (quasi)

Questo sabato faccio una eccezione e, anziché segnalarvi un nuovo articolo lungo, vi consiglio una lettura di importanza più globale.
Alcune settimane fa ho finito di leggere un libro che mi interessava da un po’ di tempo: «Spin Dictators: The Changing Face of Tyranny in the 21st Century» dell’economista russo Sergey Guriev (dissidente al regime di Putin; attualmente è il provost e professore di economia alla Instituts d’études politiques (Sciences Po) di Parigi) e del politologo statunitense Daniel Treisman. È un libro che descrive la nuova tipologia dei dittatori che si è affermata e diffusa nel XXI secolo, spiega come i dittatori di oggi si differenziano da quelli del passato e perché, in un certo senso, i «nuovi» dittatori sono più pericolosi per il nostro povero mondo. Considerando che negli ultimi mesi il mondo sembra proprio impazzito, il suddetto libro appare come uno degli strumenti utili per mettere in ordine i nostri tentativi mentali di comprendere quello che sta succedendo attorno.
Ammetto che in realtà «Spin Dictators» è scritto in un modo meno accademico di quanto mi aspettavo prima di iniziare la lettura (almeno rispetto al livello accademico al quale sono abituato io), ma questo è anche un suo pregio: diventa un libro accessibile e interessante non solo per quelli come me, ma anche per le persone «normali», comuni. Infatti, può essere letto non solo assieme ai numerosi dati statistici allegati che rafforzano e illustrano le considerazioni degli autori, ma anche come una semplice narrazione. In entrambi i casi si tratta di una lettura interessante e utile.
Ve lo coniglio ora anche per consentirvi di fare in tempo a regalarvelo per una delle vicine feste e, eventualmente, leggerlo proprio durante il periodo festivo meno carico di impegni rispetto a tanti altri periodi dell’anno.

P.S.: il libro è inglese, purtroppo non so se e quando uscirà anche in italiano.


I viaggi di Putin

Il mercoledì 6 dicembre Vladimir Putin si era recato in visita negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita, dove aveva ricevuto un benvenuto cerimoniale: in particolare gli aerei dell’aeronautica degli Emirati Arabi Uniti avevano «disegnato» la bandiera russa nel cielo di Abu Dhabi. Nel corso della visita, Putin ha avuto colloqui con il presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohammed Al Nahyan e il principe saudita Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd.
Gli osservatori politici sostengono il viaggio di Putin sarebbe stato un tentativo di dimostrare di essere un leader rispettato e riconosciuto nel mondo anche dopo il mandato di arresto internazionale. Infatti, nei primi mesi dopo la pubblicazione di quel mandato aveva trovato il coraggio di viaggiare solo negli Stati politicamente «sicuri» e geograficamente confinanti con la Russia (senza dunque dover attraversare lo spazio aereo degli Stati terzi).
Gli economisti, invece, fanno notare che potevano essere stati i leader arabi a costringere Putin di presentarsi a colloquio da loro. Infatti, la «diplomazia» russa cerca di sottrarsi dagli obblighi imposti dall’OPEC+, giustificandosi con la tesi «il nostro capo Putin dice che non possiamo estrarre meno petrolio – come avremmo dovuto fare da vostra decisione – perché esso ci serve per continuare la guerra».
Mentre in realtà entrambi i gruppi dei commentatori potrebbero avere ragione: Putin era andato a giustificarsi davanti agli arabi, ma davanti al pubblico non lo ammetterà mai; anzi, presenterà il proprio viaggio come un importante traguardo della propria politica estera.
Dalle notizie dei prossimi giorni, in ogni caso, potremo trarre delle indicazioni sulle abilità diplomatiche personali di Putin.


Forse manca solo un passaggio

Ieri le autorità britanniche hanno introdotto le sanzioni contro 46 persone fisiche e giuridiche legate in vari modi all’invasione russa dell’Ucraina. In particolare, le sanzioni sono rivolte contro più di 30 aziende e persone coinvolte nella produzione di droni e missili, nonché nell’importazione di prodotti elettronici.
Si tratta di una buona occasione per precisare che le varie autorità competenti degli Stati occidentali, se realmente volessero raggiungere degli obiettivi utili contro la guerra tramite l’adozione delle sanzioni, farebbero bene a iniziare a sanzionare le persone e le imprese coinvolte nella esportazione verso la Russia di beni e tecnologie utilizzate per la continuazione della guerra stessa. Infatti, quei beni e quelle tecnologie teoricamente, in base alle sanzioni già adottate, non possono essere esportate in Russia, ma ci arrivano comunque grazie alle sequenze più meno complesse di intermediari. Per esempio (e per semplificare), vengono vendute dal produttore a una società turca, poi rivendute a una società kazaka e poi fornite alla Russia. Cercare, trovare e sanzionare gli intermediari, le banche attraverso le quali effettuano i pagamenti e i trasportatori ai quali affidano gli oggetti è sicuramente più difficile di inventare le nuove sanzioni (dove basterebbe aprire un dizionario e scegliere un nuovo oggettivo a caso), ma è anche infinitamente più efficace.
Forse alle autorità britanniche citate all’inizio del post manca solo un piccolo passaggio logico… Spero che almeno loro lo facciano.


Un candidato strano

La rivista statunitense Time ha anticipato la lista dei candidati al titolo della persona dell’anno 2023. Tra i nove nomi c’è anche quello di Vladimir Putin perché egli «continua a condurre la guerra in Ucraina per il secondo anno. Nel 2023 ha affrontato una breve minaccia al suo potere durante la ribellione del PMC Wagner, ma alla fine la sua influenza si è rafforzata».
Boh, a me sembra una motivazione un po’ dubbia e debole, anche perché mi ricordo come era stato spaventato dalla stranissima ribellione evaporata da sola e per dei motivi non del tutto chiari. Di conseguenza, in base ai risultati del 2023 gli assegnerei il titolo del politico fortunato dell’anno (non tanto per i risultati di quella «ribellione», ma perché nessun avversario serio si è deciso di contrastarlo sul serio) oppure il titolo dell’antipersona dell’anno (dove avrebbe la possibilità di vincere solo perché il Hamas non è una persona singola).
Ora aspettiamo la scelta finale del Time. Nella lista dei nove c’è un candidato che mi sembra il più meritevole degli altri, ma per ora non vi dico il nome…
P.S.: non sono mica le «elezioni» presidenziali russe! Ahahahah


In una foto

Penso che solo un pezzo ritagliato da una foto di un militare russo ucciso in Ucraina possa essere mostrato… E, ovviamente, deve essere mostrato: per ricordare, ancora una volta, che alcuni di quei personaggi sono andati a invadere lo Stato vicino per scelta e con degli obbiettivi personali preceisi (anche se diversi da quelli dichiarati pubblicamente da Putin).

I resti di questo personaggio concreto giacciono sul sacco di plastica nero nel quale tornerà a casa in Russia (per chi non lo sapesse: non è uno scherzo).
A certi leader europei va ricordato che anche sui loro territori ci sono un po’ di oggetti belli e attraenti per qualcuno.