L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Avrà sbagliato il mese

Proverei iniziare il nuovo anno con una barzelletta politica…
Ieri, il 1 gennaio, Vladimir Putin ha fatto visita in un ospedale militare vicino a Mosca per fare gli auguri di buon anno nuovo alle – come si dichiara ufficialmente – persone rimaste ferite nella guerra che lui ha iniziato in Ucraina. E, tra le altre cose, ha commentato l’attacco ucraino alla città russa di Belgorod del venerdì 29 dicembre:

Quello che è successo a Belgorod è senza dubbio un atto terroristico. Perché sotto la copertura di due razzi, hanno usato lanciarazzi multipli, MLRS. Come militari, sapete cosa sono gli MLRS. Sono armi indiscriminate che colpiscono le aree. E hanno usato queste armi per colpire il centro della città. Un attacco mirato alla popolazione civile

E poi ha aggiunto che l’esercito russo «risponde» agli attacchi del genere colpendo esclusivamente obiettivi militari…

Loro [gli ucraini] vogliono intimidirci e creare insicurezza nel Paese. Intensificheremo i nostri attacchi. Nessun crimine contro i civili resterà impunito

Ah, no: quello che ho appena descritto è successo veramente. Non so se funziona bene come una barzelletta, anche se politica.


Il video del 2023

Probabilmente alcuni di voi si sono accorti che il 2023 finisce di domenica. Di conseguenza, ho un motivo in più per postare – in qualità del video domenicale – qualche video-riassunto dell’anno uscente. La ricerca di un video del genere si è però rivelata una missione non facilissima. Infatti, mi sono accorto che quest’anno, pur lasciando l’impressione generale di una pazzia di portata planetaria, non è ricchissimo di eventi veri e propri. Abbiamo visto alcuni la conclusione, lo sviluppo o la stagnazione di alcuni processi negativi, ma mi vengono in mente pochissimi avvenimenti.
Vedo che pure gli autori dei video riassuntivi si sono trovati un po’ in difficoltà. Ecco, per esempio, il video del Time:

Oppure il video del VOX, ancora più strano:

Ma almeno il loro spirito corrisponde, in qualche modo, alla impressione che mi lascia il 2023…
Buon anno a tutti!


Un regalo di Putin un po’ scarso

Il quotidiano finanziario giapponese Nikkei scrive, basandosi sulle fonti proprie, che nel marzo 2023, durante la visita di Xi Jinping a Mosca, Vladimir Putin ha detto al Capo di Stato cinese che la Russia intende continuare la guerra in Ucraina per almeno cinque anni. Sulla base di queste parole, il Nikkei conclude che «non si dovrebbe dare valore» ai segnali di Putin, trasmessi attraverso i canali diplomatici, sulla disponibilità a negoziare un cessate il fuoco.
Ebbene, noi (a differenza del Nikkei) sappiamo da tempo che Putin parla della guerra come di una nuova realtà permanente, non come di un evento che può avere una fine almeno all’orizzonte. Di conseguenza, sarebbe molto interessante sapere perché Putin abbia deciso di scegliere, per i «partner cinesi», proprio la cifra 5 e non qualsiasi altro numero. Un tale lasso di tempo si adatta alla sua idea di pianificazione a lungo termine? Per esempio: cari fornitori cinesi di qualsiasi cosa di questo mondo, guardate per quanti anni siamo generosamente disposti a dare il nostro intero mercato nazionale solo a voi?
Non sono sicurissimo che Xi Jinping possa essere felice di una simile promessa: i buoni rapporti con il resto del mondo sono chiaramente per lui più importanti dei cinque anni di piena «fedeltà» della povera e sottoposta alle sanzioni Russia.


Le luci natalizie ucraine

Penso che più o meno tutti abbiano già letto del grandioso colpo dell’esercito ucraino di ieri: l’aviazione tattica ucraina ha fatto saltare in aria, nel porto della Feodosiya, la grande nave da sbarco «Novocherkassk» (della Flotta russa del Mar Nero) che trasportava i droni iraniani. Si tratta di un bel risultato militare che libera il territorio ucraino di almeno una parte dei pericolosi attacchi.
Ma è anche un risultato molto scenografico, nel senso positivo del termine:

Inyanto, il giornalista della radio «Svoboda» Mark Krutov ha pubblicato le immagini satellitari di Feodosiya, in Crimea, scattate da Planet Labs dopo che le forze armate ucraine hanno lanciato un attacco missilistico sul porto locale il 26 dicembre. Krutov ha sottolineato che l’immagine satellitare, scattata alle 11:25 ora locale, mostra che dopo che l’esercito ucraino ha colpito la nave da sbarco Novocherkassk (nel rettangolo rosso), un’altra nave (nel rettangolo giallo) è stata parzialmente affondata nelle vicinanze. Dopo aver analizzato le immagini satellitari e le fotografie, Krutov ha dichiarato che si tratta della nave da addestramento UTS-150 della classe T-43, parcheggiata nel porto almeno dal 2007.
P.S.: spero che con questo colto l’esercito ucraino sia anche riuscito a dimostrare, ancora una volta, l’utilità degli aiuti militari…


Natale in Ucraina

Uno degli effetti per il momento forse meno importanti, ma sicuramente più curiosi della invasione russa della Ucraina è lo spostamento ufficiale — in Ucraina, appunto — della data del Natale dal 7 gennaio (del calendario giuliano) al 25 dicembre (calendario gregoriano). Di conseguenza, anche le date di tutte le altre festività religiose vengono spostate indietro di 13 giorni. Ma l’intera riforma del calendario viene adottata dalla Chiesa ortodossa ucraina. Mentre il 28 luglio 2023 il presidente Zelensky aveva firmato la legge (approvata due settimane prima dal Parlamento) sulla modifica delle festività religiose sul calendario ufficiale.
Secondo un sondaggio condotto dalla società internazionale Deloitte nel novembre 2023, la maggior parte degli ucraini (circa il 45%) festeggerà il Natale il 25 dicembre e solo il 17% il 7 gennaio, mentre il 32% prevede di festeggiare due volte.
Di conseguenza, chi ha fatto ieri gli auguri di buon Natale agli ucraini, ha indovinato due volte: sia dal punto di vista formale, sia da quello psicologico (riconoscendo uno dei modi in cui l’Ucraina prende le distanze dallo Stato Russo).
Lo «spirito natalizio» in Ucraina è per ora poco festivo, ma spero che sia una condizione molto temporanea…

Buona continuazione delle feste a tutti!


Fino a quale fine

Dopo quasi due anni di guerra l’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrel ha finalmente iniziato a capire qualcosa e ha dichiarato, in una intervista a The Guardian:

Putin cannot be satisfied with a piece of Ukraine and to let the rest of Ukraine belong to the European Union, but he cannot be satisfied with a limited territorial victory. He will not give up the war, especially not before the American election, which may present him with a much more favourable scenario. So we must prepare for a conflict of high intensity for a long time.

Si vede che l’impegno di alcuni politici d’opposizione russi esiliati ha iniziato a produrre i suoi primi risultati positivi… Ma ci sono ancora delle cose da spiegare qualche migliaio di volte. Infatti, nella stessa intervista Borrel dice:

Putin has decided to continue the war until the final victory.

Il problema che nel corso di tutti i propri discorsi pubblici Putin — ma anche i suoi complici più o meno stretti — ha di fatto mostrato tre cose:
1) gli obbiettivi dello Stato russo nella guerra in Ucraina mutano nel corso del tempo (resistono solo la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina);
2) non è mai stato definito il concetto della vittoria (la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina non possono essere dei sinonimi della vittoria perché, se ci pensate bene, sono due fenomeni non misurabili);
3) da quanto la conquista di Kiev in pochi giorni è diventata un obbiettivo irraggiungibile, parla della guerra come di una condizione di vita permanente.
Di conseguenza, Putin non continuerà la guerra fino alla vittoria. Continuerà la guerra fino alla fine. Bisogna solo vedere se fino alla fine della vita propria, della Russia, dell’Occidente o del pianeta. L’opzione destinata a realizzarsi dipende anche dall’impegno di Borrel.


La lettura del sabato

Prima delle festività di qualsiasi genere il mondo non diventa più buono, dunque nemmeno l’articolo che segnalo questo sabato è tanto «festivo». E, sicuramente, non è natalizio: parla dei numerosi immigrati russi che sono scappati dal rischio di essere mandati in guerra e dalla generale politica putiniana in Serbia, ma si sono trovati di fronte a delle nuove forme di repressione e di caccia. Repressione da parte delle autorità e dei cittadini locali e caccia da parte dei servizi russi.
Un lettore europeo medio potrebbe chiedere: ma perché hanno scelto proprio la Serbia? La risposta includerebbe diversi fattori: alcune somiglianze culturali, una certa facilità nell’ottenere e rinnovare i documenti per il soggiorno, la presenza delle filiali di alcune aziende russe (dunque, molte persone non hanno dovuto inventare dei nuovi modi di lavorare anche in presenza). Insomma, per tante persone era molto più facile andare in Serbia che in qualche Stato dell’UE.
Io, invece, mi chiedo: perché le autorità serbe non sono state abbastanza furbe per sfruttare la situazione creatasi e guadagnare con l’ingresso di tanti «cervelli» e la loro capacità di creare nuova ricchezza. Il regime putiniano che cerca di essere amico con i «fratelli slavi» non è eterno, mentre i vantaggi economici e politici avrebbero potuto essere a un termine molto più lungo.


La decomunistizzazione procede

Però a volte ci vuole anche qualche notizia leggera dalla Ucraina! Per esempio…
Il sindaco Boris Filatov ha dichiarato che l’ex Segretario generale del Comitato centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica Leonid Brezhnev è stato privato del titolo di cittadino onorario della città ucraina di Dnipro (Dnipropetrovsk fino al 2016). «Perché la decomunistizzazione della città la porteremo a termine anche noi. Non importa quello che dicono gli altri», ha scritto Filatov nella relazione sui risultati dell’ultima sessione del 2023 del Consiglio comunale.
Le autorità di Dnipro hanno fatto notare che nel 1979 Brezhnev fu insignito del titolo di cittadino onorario della città di Dnipropetrovsk. Nel 2017 questo titolo ha cessato di esistere ed è stato sostituito dal titolo di cittadino onorario della città di Dnipro. La privazione del vecchio titolo potrebbe avvenire in due casi: dopo un ricorso personale del cittadino o l’entrata in vigore legale di una condanna nei suoi confronti. Inoltre, ha dichiarato l’amministrazione di Dnipro, Brezhnev è morto molto prima dell’adozione della legge sulla decomunistizzazione e non ci sono motivi per privarlo del suo titolo.
Filatov non ha specificato perché le autorità cittadine abbiano riconsiderato la loro decisione e hanno deciso di reagire a una petizione popolare che a partire dalla sua creazione nel maggio 2023 ha raccolto più di quaranta mila firme.
E invece io specifico che si tratta di uno di quei rari casi in cui appoggio senza alcun dubbio la tendenza ucraina degli ultimi nove anni di cancellare dal proprio territorio ogni cosa che ricordi la Russia. Leonid Brezhnev nacque in Ucraina, ma a causa del proprio incarico (ma, ovviamente, non solo) può essere considerato uno dei simboli della colonizzazione esercitata dal «centro russo» nei confronti delle proprie periferie sovietiche. Di conseguenza, la privazione del titolo mi sembra logica anche in assenza dei criteri formali menzionati sopra.


Una occasione preziosa

La redazione del programma televisivo olandese EenVandaag scrive che Igor Salikov, l’ex istruttore della PMC Wagner e uno dei comandanti della PMC Redut (controllata dal Ministero della «Difesa» russo), è arrivato nei Paesi Bassi e si è detto pronto a rilasciare una dichiarazione alla Corte penale internazionale sui crimini di guerra della Russia. In base alle sue dichiarazioni, Salikov avrebbe preso parte ai combattimenti nell’est dell’Ucraina negli anni 2014–2015. Ai giornalisti dell’EenVandaag Salikov ha raccontato che, quando era nell’esercito si è rifiutato di eseguire un ordine di uccidere dei civili, dopo di che è stato deferito alla corte marziale ma è riuscito a fuggire dalla Russia.
Ovviamente, in questo momento non posso dire se il personaggio stia raccontando la verità e, nel caso di una risposta positiva, non so se possa anche provare le proprie dichiarazioni. Ma posso dire che si tratta di una grande occasione per la Corte penale internazionale e per l’Europa in generale. Infatti, hanno avuto la prima possibilità di dimostrare pubblicamente che ogni militare o militante russo può contare sulla protezione e sulla non-sottoposizione alle sanzioni occidentali in cambio delle informazioni utili (ovviamente veritiere e documentate) sulle azioni dell’esercito russo sul territorio ucraino. Dimostrandolo, riusciranno a incentivare anche le altre persone a lasciare la parte del male: meglio tardi che mai.
In questo modo potremmo sperare di avvicinare almeno per un po’ la sconfitta dell’esercito putiniano.


Una vittoria tattica

Il Financial Times scrive che alcuni funzionari dell’UE stanno valutando la possibilità di sospendere l’Ungheria dal diritto di voto – in base all’articolo 7 del Trattato UE che lo permette di fare nel caso della violazione della normativa comunitaria – per concordare un nuovo pacchetto di aiuti per l’Ucraina.
Se dovesse essere vero (non ho dei motivi per dubitare, ma non ho ancora visto la notizia ufficiale), non posso commentare il fatto dal punto di vista giuridico: per esempio perché avrei bisogno di leggere bene la parte motivazionale. Di conseguenza, posso solo fare le condoglianze e, allo stesso tempo, complimentarmi ancora una volta con Putin: è riuscito a mettere in crisi il principio della unanimità comunitario (un «valore tradizionale», lui ci tiene ai valori tradizionali) e ha spinto l’UE ad abbandonare tale principio spesso inutile, dannoso e ingiusto per quegli Stati-membri dell’UE che effettivamente danno più degli altri. Potrebbe dunque essere l’inizio di un rafforzamento funzionale dell’UE. Per il merito di quel grande piccolo tattico…
Ah, e provate a immaginare quanto sia in questi giorni arrabbiato il presidente Orban: sono giorni che riceve dei calci in c**o politici in Europa!