L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Le idee per il confine

Il ministro della Giustizia norvegese Emilie Enger Mehl ha dichiarato che la Norvegia potrebbe costruire una recinzione al confine con la Russia. In una intervista rilasciata a NRK ha raccontato di avere visto una parte della recinzione di confine durante una visita in Finlandia e di ritenere che tale protezione potrebbe essere una buona idea anche per la Norvegia. Secondo il ministro, è interessante non solo come un deterrente, ma anche perché i sensori e altri mezzi tecnologici possono rilevare le persone che si avvicinano al confine. Emily Enger Mehl ha aggiunto che il Governo è pronto a chiudere completamente il confine con la Russia (198 chilometri) «il prima possibile».
Le dichiarazioni e le intenzioni del genere sono un po’ comiche (un recinto funzionerà solo contro i sabotatori e/o spie meno preparati; sicuramente non funzionerà contro una ipotetica azione militare), ma sono allo stesso tempo facilmente comprensibili almeno dal punto di vista emotivo: c’è chi vuole proteggersi da uno Stato diretto da un pazzo.
Allo stesso modo alcuni ucraini, per esempio, dicono che dopo la fine della guerra servirà un «fosso con i coccodrilli» lungo tutto il confine esterno della Russia. Mi diverte la rivelazione — letta qualche tempo fa — del fatto che Donald Trump (un altro personaggio particolare) voleva un «fosso con i coccodrilli» sul confine dei «propri» USA.


La pubblicità pre-elettorale

Ormai tra poco, il 26 ottobre, in Georgia (lo Stato del Caucaso, ahaha) si terranno le elezioni parlamentari. In vista di tale evento, i media riportano che il partito al governo «Il Sogno Georgiano» ha utilizzato per la propria campagna elettorale le immagini delle città ucraine distrutte dall’invasione russa. Sul lato sinistro di ogni cartello ci sono edifici distrutti, autobus bruciati e la scritta «No alla guerra!»; sul lato destro ci sono città georgiane illese, nuovi autobus georgiani e la scritta «Scegli la pace».

Sembrano delle informazioni proposte per il banale tema scolastico «cosa voleva dire l’autore con la sua opera?». Uno stupido scolaro, cioè un elettore, viene spinto verso una idea super originale: «vota per il nostro partito pro-Putin che sapremo trattare con chi vorrebbe distruggere anche le nostre città».
Per quanto possa sembrare strano, la campagna de «Il Sogno Georgiano» non può essere definita completamente illogica. Ma può essere definita non particolarmente attuale: le risorse di Putin non sono sufficienti per condurre due guerre in contemporanea. In realtà, non sono proprio sufficienti nemmeno per condurne bene una, quindi il Ministero degli Esteri ucraino ha ragione nella sua dichiarazione:
Il popolo georgiano non può temere una nuova guerra finché l’Ucraina resiste all’aggressione russa. Il prezzo terribile di questa resistenza è anche il prezzo della pace in Georgia.
In teoria (molto in teoria), si potrebbe cercare di scatenare un’altra guerra parallela a quella in Ucraina per fare in modo che l’Occidente si rifiuti definitivamente di sostenere due Paesi contemporaneamente, ma non penso che Putin sia un abbastanza avventuroso… E sono molto contento di questa mia sensazione.
Sarò quindi molto felice se gli sciacalli de «Il Sogno Georgiano» non riusciranno a organizzare la propria vittoria alle elezioni.


Non stancarsi?

Il 24 settembre Joe Biden ha parlato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Ha chiesto di continuare a sostenere l’Ucraina nella sua guerra contro la Russia, affermando:

We cannot grow weary. We cannot look away. We will not let up on our support for Ukraine. Not until Ukraine wins a just and durable peace.

Ma a me non sembra che gli USA si affatichino tanto a sostenere l’Ucraina sulla strada verso la vittoria. Anzi, quasi come due anni e mezzo fa continuano a fare il minimo e possibile e per ogni decisione ci impiegano dei tempi che nemmeno un campione mondiale della procrastinazione può sognare di raggiungere.
La prossima decisione attesa è quella sulla autorizzazione di utilizzare gli armamenti a lungo raggio sul territorio russo. Si tratta di una questione sulla quale io, personalmente, non posso avere una posizione categorica, ma capisco almeno tre cose:
1) la possibilità di colpire il territorio russo sarà una evoluzione logica e necessaria (per l’esito positivo) della guerra;
2) è evidente che l’esercito ucraino (a differenza di quello russo) non ha la possibilità e l’intenzione di utilizzare le armi «a caso» e/o contro gli obiettivi palesemente civili;
3) tutta la colpa e tutta la responsabilità sono e saranno del mandante della aggressione contro l’Ucraina.
Di conseguenza, Biden – che non deve più preoccuparsi delle elezioni – potrebbe anche smetterla di fare l’indeciso.


In realtà non è solo Trump

Il 21 settembre nello Stato americano di Georgia è partita la campagna pubblicitaria per le elezioni presidenziali statunitensi. Tra le varie iniziative pubblicitarie già adottate, c’è da evidenziare una di quelle inventate dalla squadra del candidato Donald Trump (forse lo conoscete) che ha utilizzato una bella foto della Georgia in un messaggio di campagna su Facebook. Ma non si sono accorti di un piccolo dettaglio: la foto utilizzata si trova nella banca fotografica di Shutterstock, i tag alla descrizione della foto dicono che si tratta della regione di Svaneti nello Stato caucasico Georgia.

Deridere le conoscenze geografiche di Trump, dei suoi sostenitori e/o collaboratori e degli americani in generale è facile, ma poco sensato. Perché io, in realtà, vedo fare le varie varianti di questa confusione tra i due Stati già da decenni e non solo negli USA.
Ma tutto questo non rende l’errore meno triste…


La lettura del sabato

Considerati gli ultimi successi dell’esercito ucraino nell’utilizzo dei droni contro gli obbiettivi militari sul territorio russo (sicuramente ne avete già letto qualcosa), ho pensato di rendervi ancora più informati sull’argomento generale dei droni ucraini in Russia.
Per la «lettura del sabato» di questa settimana ho dunque selezionato l’articolo dedicato a una delle rarissime occasioni dell’arrivo dei droni ucraini a Mosca. Si tratta di una delle rarissime occasioni in cui pure a certi moscoviti è stato ricordato che la guerra non è una cosa che sta accadendo lontano, «tra altre persone» e «non ci riguarda». Di conseguenza, la mia segnalazione non è assolutamente una lamentela: a ogni guerra partecipano almeno due parti e i cittadini della parte-aggressore se ne devono finalmente accorgere. Perché a mote persone non è ancora del tutto chiaro…


Una grande scoperta di Meta

La società statunitense Meta (la proprietaria di Facebook, Instagram e WhatsApp) ha bloccato – «dopo un’attenta considerazione» – gli account dei media di propaganda russa Russia Today, Rossiya Segodnya e altri media collegati. Il blocco è stato spiegato con tentativi di «interferenza straniera» rilevati.
In sostanza, Meta ci ha impiegato appena una decina di anni per accorgersi che  l’acqua è umida  RT è uno strumento di propaganda statale russa creata con lo scopo di destabilizzare, servendo gli interessi della politica estera putiniana, la situazione interna negli Stati occidentali. Non rido molto solo perché i vertici statunitensi ci hanno impiegato solo alcuni giorni in meno: il 13 settembre Anthony Blinken aveva annunciato che l’intelligence statunitense ha scoperto che il canale televisivo straniero RT (precedentemente noto come Russia Today), finanziato dal governo russo, non solo è impegnato nella propaganda, ma partecipa attivamente alle operazioni di intelligence russa in tutto il mondo. Di conseguenza, gli Stati Uniti intendono creare una coalizione di Paesi che si occuperà di smascherare RT e di indebolire l’influenza del canale televisivo di propaganda russo nel mondo.
Chissà quanti altri anni ci impiegano.


L’attesa della autorizzazione

Mentre Putin afferma che gli attacchi dell’Ucraina con le armi occidentali ad alta precisione contro il territorio russo significheranno che i Paesi-membri della NATO partecipano direttamente alla guerra, Zelensky fa notare un concetto in un certo senso opposto. In una intervista pubblicata ieri ha parlato, tra le altre cose, di un aspetto che osserviamo da mesi: gli Stati europei aspettano di autorizzare l’Ucraina a utilizzare le armi contro il territorio russo (ma in realtà anche a fornire gli armamenti moderni) perché prima vogliono vedere il comportamento degli USA sulle questioni analoghe. In sostanza, «se autorizzano gli USA, lo facciamo anche noi» (ma in qualche rara occasione ha funzionato pure al contrario).
In questo contesto, anche un non-esperto militare come me può elaborare almeno due conclusioni logiche. In primo luogo, l’intenzione dell’esercito ucraino (espressa pubblicamente anche da Zelensky) di utilizzare le armi occidentali ad alta precisione contro la logistica militare russa è logica (non hanno abbastanza armi per spenderle «a caso», contro l’infrastruttura civile) e avente come conseguenza una efficacia più alta di quelle armi (in un certo senso, colpiranno la «radice» e non «ramo» che si estende sul territorio ucraino).
In secondo luogo, la modalità di utilizzo delle armi occidentali desiderata dall’esercito ucraino potrebbe influire (in teoria; per ora sembra «molto in teoria», ma non è da escludere del tutto) positivamente sulla durata della guerra. Questo dovrebbe convenire agli Stati-aiutanti, anche economicamente.
Presumo che alla fine la decisione giusta sarà presa, ma, come al solito, un po’ tardi.


Loro mangiano…

Formalmente avrei potuto pubblicare il video odierno anche nella rubrica musicale del sabato… Però vorrei che questa opera venga apprezzata da tutti i punti di vista e da più gente possibile. E allora lo pubblico oggi:

Bene, Trump ha contribuito alla creazione di almeno una cosa bella.


La lettura del sabato

L’articolo che ho selezionato per questo sabato racconta di un fenomeno apparentemente sorprendente e poco logico: nonostante l’impiego di quasi tutte le risorse militari, economiche e di propaganda sul fronte ucraino, lo Stato russo continua a tentare di aumentare la propria influenza in Africa. Continua a farlo utilizzando, tra le altre cose, anche ciò che rimane delle strutture di Evgeny Prigozhin dopo oltre un anno il suo assassinio.
L’aspetto principale tra quelli che mi rimangono incomprensibili è: come si pensa di affrontare la concorrenza cinese sul continente? La Cina, infatti, investe delle quantità enormi di soldi e non intende assolutamente di fermare la propria espansione. Boh…


Putin e la NATO cattiva

Ieri Putin ha affermato che gli attacchi dell’Ucraina con armi occidentali ad alta precisione contro il territorio russo significherebbero che i Paesi della NATO partecipano direttamente alla guerra, fornendo i dati necessari per gli attacchi dai propri satelliti. In realtà, non è la prima volta che parla di partecipazione della NATO alla guerra: lo aveva già fatto, per esempio, parlando degli istruttori occidentali nell’esercito ucraino. Ma ora tutto questo non ha molta importanza.
Supponiamo che la NATO partecipi alla guerra. E allora? Si può attaccare il proprio vicino, ma non si può difendere il proprio vicino? È stata superata un’altra «linea rossa»? Putin si offende e… E cosa fa? Inizia una guerra contro tutta la NATO cattiva? (no, non ha le risorse per farlo) Comincia a bombardare l’Ucraina con una particolare intensità? (lo sta già facendo, e da molto tempo) Inizia ad aprire la valigetta con il «bottone rosso»? (lo sta minacciando, in forme diverse, da molto tempo) Oppure si sfoga contro qualche dissidente interno? (anche questo modo di fare è abbastanza abituale)
In realtà, in questo caso particolare non bisogna prestare troppa attenzione alle parole di Putin. Ha solo deciso di ripetere ancora una volta la propria amata storiella: che il mondo intero sta attaccando la Federazione Russa, che la «operazione militare speciale» è stata iniziata «non senza motivo», e che il povero Putin è stato ingannato ancora una volta dagli occidentali. Lo fa solo per rinfrescare i vecchi concetti della propria propaganda nelle menti dei sudditi.
Non vedo dunque alcuna notizia.