L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Google e il regalo alle spie

Andriy Kovalenko, il capo del Centro per la lotta alla disinformazione del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale, ha dichiarato che il servizio Google Maps ha pubblicato immagini satellitari delle strutture militari ucraine dopo un aggiornamento delle mappe:

Immaginate la situazione. Google pubblica immagini aggiornate sulle mappe che mostrano il posizionamento dei nostri sistemi militari (non specificherò). Ci appelliamo a loro per risolvere il problema in fretta, ma c’è il finesettimana. Hanno altro per la testa.

Secondo Kovalenko, i rappresentanti di Google hanno però contattato le autorità ucraine dopo la reazione del pubblico alle immagini satellitari aggiornate.
Io non vado nemmeno a cercare quelle immagini pubblicate – sicuramente per sbaglio – da Google, non invito a cercarle nemmeno voi. Però utilizzo questo epic fail (che rischia di avere delle brutte conseguenze, anche se i militari russi hanno altre fonti delle informazioni) per ricordarvi uno dei principi-base degli sviluppatori: non pubblicare degli aggiornamenti importanti di venerdì (o di sera) se non sei disposto a lavorarci sopra per tutto il finesettimana (o per tutta la notte). È un principio che ho imparato ancora a scuola e mi sorprendo per il fatto che alla Google qualcuno è stato così sicuro di sé…
P.S.: so benissimo che non siete tutti degli sviluppatori, ma suppongo che il principio valga anche per molte altre professioni. Che ne so… uno il venerdì sera pubblica i dati finanziari sbagliati online, spegne il telefono e se ne va da qualche parte per il finesettimana / ponte…


I preparativi all’inverno

Spesso è importante e interessante mostrare quelle immagini della guerra che nemmeno una persona intelligente e istruita avrebbe potuto immaginare: perché ci sono degli aspetti della vita alle quali una persona abituata ai decenni della pace non pensa proprio (ed è in un certo senso normale). Per esempio: la foto sottostante illustra come si preparano i palazzi per gli uffici ucraini al terzo inverno di guerra, quindi anche al terzo inverno dei bombardamenti della infrastruttura energetica ucraina da parte dell’esercito russo.

Per il terzo inverno consecutivo si parlerà, tra tantissime altre cose, anche del fatto che a causa della guerra l’Ucraina perderà una parte significativa del proprio patrimonio arboreo: perché, appunto, la gente – indipendentemente dal fatto che viva in città o in campagna – è molto spesso costretta scaldarsi, cucinare e produrre l’acqua calda utilizzando i «metodi di una volta». In alternativa a quelli più tecnologici ma messi fuori uso dalla guerra.
Non è il problema più grave legato alla guerra, ma è sempre uno dei tantissimi problemi creati.


Il primo esercito

Ieri ho scoperto che la rivista statunitense «U.S. News & World Report» ha deciso di pubblicare una sua classifica degli eserciti più forti al mondo. Il top-10, secondo l’autorevolissima rivista, sarebbe questo:
1. Russia
2. USA
3. Israele
4. Cina
5. Corea del Sud
6. Iran
7. UK
8. Ucraina
9. Germania
10. Turchia
Avremmo potuto chiederci cosa si fossero fumati gli autori della rivista prima di stilare e, soprattutto, pubblicare una classifica del genere: infatti, nemmeno Putin prima dell’inizio della guerra in Ucraina aveva trovato il coraggio di mettere il proprio esercito al primo posto (lo metteva al secondo, dietro a non si sa quale altro esercito). Ora, quando la guerra da «prendiamo Kiev in tre giorni» si è trasformata in «dopo quasi tre anni abbiamo finito la carne russa e mandiamo in Ucraina quella nordcoreana», vediamo che l’esercito russo è forte in tante cose, ma non nel combattere (e, in un certo senso, meno male che sia così!).
Ma allora la rivista statunitense in base a quale criterio ha stilato la propria classifica sorprendente? Le persone ben informate me lo hanno comunicato: «la classifica si basa su un sondaggio condotto in 36 Paesi di tutti i continenti (17.000 persone intervistate tra il 22 marzo e il 23 maggio di quest’anno [2024]).».
Really? In base a un sondaggio?!
Però anche se supponiamo che il sondaggio fosse stato condotto esclusivamente in lingua russa, non si capisce in quale mondo parallelo vivano tutte quelle persone intervistate…
Ma non mi va di ragionare troppo sulla idiozia altrui, quindi lascio le eventuali ricerche sull’argomento a voi.


La prontezza di Orbán

Leggo che in Georgia il partito di governo e filo-russo «Il sogno georgiano» ha vinto le elezioni parlamentari (il suo risultato al momento della pubblicazione del presente post era del 53,9%) grazie ai numerosi e ben visibili brogli. Conoscendo la storia del partito, il fatto che il suo proprietario di fatto è un personaggio che ha dei forti interessi economici nella Russia putiniana e i tentativi di copiare le peggiori leggi repressive russe, credo facilmente alle accuse.
Ma mentre mi informo sui fatti concreti, non posso non sottolineare il più curioso tra i fatti già accertati: il premier ungherese Viktor Orbán ha fatto gli auguri al premier georgiano Kobakhidze (del partito «Il sogno georgiano», appunto) ancora prima dell’annuncio dei primi risultati parziali. Quando l’ho letto, mi sono ricordato che le mosche non sbagliano.


Le elezioni in Georgia

È veramente strano il fatto che il partito di governo (e, in sostanza, filorusso) georgiano ha dimostrato — nel corso delle elezioni parlamentari di ieri — la conoscenza così scarsa delle tecniche «russe» di vincere le elezioni. In uno dei seggi, addirittura, hanno utilizzato un metodo invecchiato già cinque o sei anni fa:

La moda di oggi (in Russia, alla quale il partito si ispira) è inventare i risultati desiderati al momento della compilazione dei verbali, senza nemmeno contare le schede. Mentre qualche anno fa le schede utili per garantire la vittoria del «candidato giusto» arrivavano in valigie «dai votanti a domicilio» oppure venivano aggiunte quando il seggio ha già/ancora le porte chiuse.
Ma nei prossimi giorni vedremo se pure le conoscenze scarse siano bastate.
P.S.: no, non posso spiegarmi l’inattività della commissione del seggio.


Una notizia più positiva che non

Luke Pollard, il vice-ministro della Difesa del Regno Unito, ha dichiarato che 200 piloti ucraini che piloteranno gli F-16 hanno completato l’addestramento iniziale. La fase successiva sarà l’addestramento avanzato dei piloti di jet e la riqualificazione dei piloti sugli F-16 con la partecipazione dei Paesi partner.
È una notizia positiva? Sicuramente sì.
E ora proviamo a fare un piccolo (e banale) esercizio logico. Per ora l’esercito ucraino ha pochi F-16 (si sa che sono pochi, ma non si sa di preciso quanti). Istruire un pilota dell’F-16 costa sicuramente non poco, di conseguenza l’addestramento non è stato fatto senza motivo o per divertimento di entrambe le parti. Per pochi F-16 sono necessari 200 piloti? Anche se ipotizziamo che per lavorare sulla stessa macchina si daranno il cambio più persone, 200 persone sarebbero tante. Per 200 piloti sono necessari 200 aerei F-16? Molto probabilmente no, ma sicuramente ne servono molti più di «pochi». Le abilità di pilotaggio di un F-16 possono essere perse se non praticate? Sicuramente sì, come tutte le altre abilità.
Da tutto questo possiamo dedurre che sono arrivo (e a breve) tanti altri F-16 per l’Ucraina. Non si sa quali tecnologie avranno a bordo, ma sicuramente sono in arrivo.
Un’altra domanda da fare è: i soli F-16 sono sufficienti per cambiare radicalmente l’andamento della guerra? Purtroppo, la risposta è no.


La terapia collettiva a Kazan

Ieri, il 22 ottobre, nella città russa di Kazan è iniziato – sotto la presidenza russa – il vertice BRICS di tre giorni. Come previsto, si sono presentati quasi tutti i Capi di Stato del gruppo (tranne il presidente del Brasile): India, Cina, Sudafrica, Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti. Pare che con l’organizzazione del vertice in Russia Putin voglia dimostrare all’Occidente e ai propri fan interni di non trovarsi in un isolamento internazionale…
Ecco, a questo punto bisogna fare una precisazione per le persone meno esperte in materia del BRICS perché, effettivamente, potrebbero pensare che si tratti di una Organizzazione internazionale che conti qualcosa.
Il problema sta nel fatto che BRICS è una organizzazione dal punto di vista pratico inutile per il 100% dei propri Stati-membri. Sì, per la Russia compresa, a meno che qualcuno non inventi il modo di trovare una utilità pratica nelle sceneggiate di Putin. Infatti, gli Stati-membri del BRICS non sempre hanno gli scambi commerciali tra loro, ma quando li hanno non vedono alcuna influenza del BRICS in materia (quegli scambi non vengono favoriti e c’erano pure prima). Non hanno una valuta comune, mentre quelle nazionali esistenti non servono agli altri compagni del BRICS. Spesso (molto spesso) non hanno una politica comune su alcun argomento (perché esistono fisicamente nei contesti diversi). Hanno le problematiche interne (e spesso le loro cause) diverse. Spesso non hanno nemmeno dei confini territoriali comuni.
C’è solo cosa che gli Stati-membri del BRICS hanno in comune: è la grande voglia di parlare male dell’Occidente in generale e degli USA in particolare. Quindi periodicamente i leader degli Stati-membri si riuniscono (fisicamente oppure online) per una specie di terapia psicologica collettiva: si scambiano dei discorsi sul proprio odio verso gli USA, vedono di «non essere soli» e tornano a casa un po’ meno tristi di prima.


Un po’ di circo

Dmitry Peskov, il portavoce di Putin, ha dichiarato che il Cremlino considera il «piano di vittoria» di Vladimir Zelensky «miope» e «sconsiderato»:

Lo sfondo principale del ’piano’ è che lui [Zelensky] vuole formalizzare il coinvolgimento diretto della NATO nel conflitto sull’Ucraina. Questa è l’essenza di ciò che è stato almeno delineato, ciò che ha raggiunto la comunità mondiale. Quindi sta dicendo: sì, ragazzi, siete stati coinvolti prima, ma in modo non ufficiale. Ora rendiamolo ufficiale, facciamo in modo che la NATO sia qui. Questo è miope, sconsiderato, illogico nella sua situazione.

Io, a questo punto, non so se applaudire o ridere (ma forse non è il caso di fare due cose insieme). Da una parte, sono contento che Peskov ne abbia finalmente indovinata una. Dopo oltre tre anni e mezzo di guerra si è finalmente accorto del fatto che Zelensky spera in un aiuto più consistente della NATO. Dall’altra parte, tale speranza di Zelensky sarebbe stata «miope» e «sconsiderato» solo se Zelensky stesso fosse un agente russo infiltrato nel governo della Ucraina. Ma dato che non lo è, l’eventuale coinvolgimento diretta della NATO sarebbe stato uno dei suoi strumenti migliori per il raggiungimento della vittoria.
Vabbè, almeno Peskov mi ha fatto divertire un’altra volta…


Che idea…

Il candidato cancelliere tedesco Friedrich Merz (del CDU) ha proposto di dare un ultimatum a Putin: «Se la Russia non smette di bombardare l’Ucraina entro 24 ore, la Germania fornirà alla Ucraina armi a lungo raggio».
Triplo ahahaha: che idea geniale, Putin sicuramente si spaventerà e si darà alla fuga dopo avere sentito una (qualsiasi) minaccia.
Allo stesso tempo, bisogna riconoscere che una idea del genere non apparirebbe tanto ingenua se fosse stata espressa al momento giusto: alla fine di febbraio del 2024. Perché non era stato detto subito a Putin: «O tu, bastardo, ritiri immediatamente tutte le tue truppe o noi daremo alla Ucraina qualsiasi arma. In qualsiasi quantità»? Perché lui, effettivamente, aveva iniziato la guerra non solo essendo stato sicuro di poter vincere in pochi giorni, ma anche nella assoluta certezza che «l’Occidente non ha le palle per aiutare l’Ucraina». La realtà odierna dimostra che almeno sul secondo punto non sbagliava del tutto…


La strana logica “americana”

Il consigliere del capo dell’ufficio del presidente ucraino Serhiy Leshchenko ha dichiarato che i politici statunitensi di entrambi i partiti (democratico e repubblicano) stanno esercitando pressioni su Vladimir Zelensky per mobilitare uomini di età compresa tra i 18 e i 25 anni. «L’argomentazione dei partner è la seguente: quando c’è stata la guerra degli Stati Uniti in Vietnam, vi hanno preso le persone a partire dall’età di 19 anni. Quindi gli americani stanno suggerendo: le armi occidentali da sole non bastano, abbiamo bisogno di una mobilitazione a partire dai 18 anni».
Leshchenko ha aggiunto di poter confermare l’autenticità delle informazioni sulle pressioni esercitate su Zelensky, in quanto esse sarebbero «emerse». Ma non ha specificato in cosa si esprimono tali pressioni.
Boh… Supponiamo che esistano realmente le suddette pressioni e che non sia un tentativo di attribuire agli americani la colpa della mobilitazione dei più giovani. Allora nella logica americana descritta c’è un evidente difetto. Le armi accidentali non bastano non perché i giovani non sono chiamati in massa a combattere (e, spesso, a utilizzare le armi moderne che richiedono un alto livello di preparazione), ma perché sono quelle armi ad arrivare lentamente e in quantità scarse.
Insomma, in ogni caso si tenterebbe di scaricare la responsabilità sugli altri. E la squadra di Zelensky, purtroppo, deve abituarsi ancora di più all’idea di dover risolvere tutto con le proprie forze. Spero che ci riesca, ma non posso esserne sicuro.