Il Ministro della Difesa britannico Leo Docherty ha deciso, per qualche motivo a me poco comprensibile, di unirsi alla squadra di coloro che forniscono le stime delle perdite umane russe nella guerra in Ucraina senza dividere i dati in categorie comprensibili. Circa 450 mila persone uccise e ferite sembrano tante, ma quanti di loro sono in realtà stati feriti X volte e poi rimandati al fronte la stessa quantità di volte? Boh, il ministro non si sforza nemmeno a ipotizzarlo e, di conseguenza, alimenta una brutta illusione tra i lettori occidentali: una illusione del fatto che l’esercito russo (un’altra domanda: solo quello professionale o quello integrato con i civili radunati con la mobilitazione?) sia ormai quasi tutto «perso». Ma, a giudicare da quello che vediamo, non è assolutamente vero. Aggiungo: purtroppo non è vero.
I dati sulle perdite delle macchine belliche riportati sono invece interessanti e, in un certo senso, più importanti.
Ma io continuo a sperare che qualcuno trovi il modo di reperire i dati statistici un po’ più dettagliati e analizzabili.
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
Il governo lettone ha adottato ieri delle modifiche alle norme sugli standard dell’istruzione di base. Per esempio, a partire dall’anno accademico 2026/2027 non sarà possibile iniziare a studiare il russo come seconda lingua straniera nelle scuole lettoni (la prima lingua straniera insegnata nelle scuole rimane sempre l’inglese). La seconda lingua straniera da studiare dopo il termine delle classi della scuola elementare a partire dall’anno scolastico 2026/2027 potrà essere solo una delle lingue ufficiali dell’Unione europea, dello Spazio economico europeo o una lingua il cui studio è regolato da accordi intergovernativi. La lingua russa non rientra in nessuno di questi punti. Gli alunni che inizieranno (o hanno iniziato) a studiare il russo come seconda lingua straniera prima del 1° settembre 2025 potranno continuare a farlo fino alla fine del percorso scolastico.
In base ai dati statistici del 2022, la lingua straniera più scelta in qualità della seconda da studiare nelle scuole lettoni era proprio il russo, poi seguivano, in ordine, il tedesco e il francese.
Tra i presenti c’è qualcuno che vuole alzare la mano e chiedere del perché di questa decisione? Non prendetelo troppo in giro: infatti, è facilissimo dimenticare che esattamente 26 mesi fa un noto politico ha iniziato una guerra, tra i cui obbiettivi pubblicamente dichiarati c’era anche la «difesa della lingua russa». E, come possiamo vedere ora, ha avuto l’incredibile capacità di avere «difeso» quella lingua anche su un territorio dove per ora non si combatte. Geniale!
P.S.: dall’ambiente universitario nel quale passo la parte notevole del mio tempo mi sono arrivate, negli ultimi due anni, alcune testimonianze del fatto che le iscrizioni ai corsi di lingua russa sono diminuite notevolmente. In questo caso si tratta di una reazione allo stesso fenomeno che arriva però «dal basso» e non «dall’alto». Ma si tratta sempre di un risultato del comportamento dello stesso personaggio.
L’imprenditore statunitense David Oliver Sacks ha espresso soddisfazione per lo stanziamento degli aiuti alla Ucraina: ritiene che i quasi 61 miliardi di dollari saranno in grado di coprire esattamente la metà di una potenziale controffensiva estiva.
Elon Musk gli ha risposto dicendo che non vede alcuna strategia di uscita da questa guerra. Solo una guerra perpetua in cui i bambini muoiono nelle trincee a causa dell’artiglieria o delle mitragliatrici e dei cecchini sui campi minati.
A Elon Musk ha risposto consigliere del capo dell’Ufficio del Presidente ucraino Mikhail Podolyak:
Effettivamente, le soluzioni così semplici non sono una «rocket science», bisogna attivare il cervello per comprenderle ahahahaha
Quando proviamo a capire perché la Camera dei rappresentati statunitensi abbia (finalmente!) approvato gli aiuti militari alla Ucraina (e, ovviamente, se proviamo a capirlo), non dobbiamo essere tanto ingenui da pensare che si tratti di una sconfitta di Donald Trump.
Molto probabilmente vi ricordate che a novembre negli USA ci saranno le elezioni presidenziali e Trump è, almeno per ora, uno dei candidati principali. Da candidato deve preoccuparsi anche della opinione pubblica su una serie di questioni, non solo quelle interne… Ecco, a questo punto vediamo l’andamento dei risultati di un sondaggio tra la popolazione statunitense:
Quale poteva essere la reazione di Trump a tali risultati? A me sembra ovvio: lasciare approvare gli aiuti!
Poi, quando vince le elezioni (il suo obbiettivo principale per il momento), potrà cambiare l’opinione sulla questione in una infinità di modi possibili. Ma per ora si sente in dovere di accontentare i cittadini aventi diritto al voto.
Chi segue le statistiche della invasione russa dell’Ucraina molto probabilmente conosce, tra le altre cose, anche il fatto che uno dei maggiori e costanti successi dell’esercito ucraino consiste nell’affondamento delle navi da guerra russe. È un successo che incide più sulla logistica militare russa che sull’andamento degli scontri sulla terra ferma, ma è comunque un successo. Per costruire le nuove navi ci vogliono tanto tempo, tanti soldi e tante componenti di produzione estera. Questa ultime, in particolare, non potrebbero essere fornite alla Russia a causa delle sanzioni…
Ecco: l’articolo che segnalo questo sabato racconta di certe aziende europee che stanno aiutando lo Stato russo nel minimizzare i «danni» almeno dell’ultimo dei tre ostacoli elencati.
Purtroppo, suppongo (e, relativamente ad alcuni altri ambiti, so) che ci siano anche altre aziende che si stanno impegnando nella stessa missione.
Ieri, il 18 aprile, sono stati resi noti i nomi dei vincitori per l’anno 2023 del prestigioso premio annuale World Press Photo. Non tutte le foto e/o progetti fotografici premiati quest’anno mi piacciono (in alcuni casi aggiungerei ugualmente), ma non importa.
Come potete immaginare, volevo solo sottolineare che per il secondo anno consecutivo è stato premiato, assolutamente non a sorpresa, un progetto riguardante la guerra in Ucraina. Nella categoria «Open Format Award» (quella dove le foto possono essere integrate con altri effetti visuali, audio o testi) è stato premiato il progetto «War Is Personal» della fotografa ucraina Julia Kochetova. Trovo doveroso aggiungere che, in termini assoluti, non [solo] perché io sono contrario a questa guerra e sto «tifando» per l’Ucraina, si tratta di una premiazione meritatissima.
Di conseguenza, vi do pure il link diretto a quel progetto personale di Julia Kochetova, per il quale lei è stata premiata. Così, quando avete a disposizione abbastanza tempo e uno schermo adatto, potete andare a vederlo bene.
La rivista Time ha pubblicato la sua tradizionale lista delle «100 persone più influenti del 2024». Come al solito, riconosco senza sforzare particolarmente la memoria solo pochi personaggi menzionati. La maggioranza di questi si trova, almeno nella edizione 2024, nella categoria «leaders».
Ovviamente, la persona che conosco meglio (non personalmente!) e da più tempo è Yulia Navalnaya, la vedova di Alexey Navalny. La sua presenza nella lista – evidenziata dal Time in tutti i modi possibili – può essere vista in almeno due modi.
In primo luogo, è la chiara dimostrazione del fatto che Alexey Navalny, ucciso già due mesi fa e sepolto in un cimitero moscovita di minima importanza, continua a essere un politico influente in Russia e nel mondo. Influente per la sua visione del futuro di uno degli Stati più grandi e (in questo momento purtroppo) importanti al mondo, influente per i suoi metodi politici e per la capacità di comunicare con il mondo circostante. L’inserimento della sua vedova nella lista delle cento persone più influenti al mondo è, in questo momento storico, un omaggio soprattutto a lui.
In secondo luogo, si tratta di un «premio» anticipato: Yulia ha promesso, già il giorno della notizia della morte di Alexey, di continuare la missione del marito e sta facendo i primi passi importanti su questa strada. Non sappiamo ancora se e in quale misura ci riuscirà, ma pure il Time ha deciso di incoraggiarla. Come in relazione al primo punto, direi che ha fatto bene.
Auguri a Yulia Navalnaya. Auguri a Alexey Navalny.
Il presidente ucraino Vladimir Zelensky ha scritto ieri sul proprio telegram:
Difendendo Israele, il mondo libero ha dimostrato che una simile unità non solo è possibile, ma è anche efficace al 100%. Le azioni risolute degli alleati hanno impedito il successo del terrore e la perdita di infrastrutture e hanno costretto l’aggressore a calmarsi. Lo stesso è possibile nella difesa dal terrore dell’Ucraina, che, come Israele, non è un membro della NATO. E questo non richiede l’attivazione dell’Articolo quinto, basta la volontà politica.
Effettivamente, dal punto di vista puramente razionale non ha senso fissarsi con una formalità legale come l’applicabilità o meno dell’articolo 5 alla difesa della civiltà occidentale sul territorio ucraino: se un problema esiste, va risolto indipendentemente dal fatto che un accordo ci dica di farlo o no. Ma dal punto di vista pratico, purtroppo, il problema è identico a quello della fornitura del materiale bellico alla Ucraina: ci vogliono la volontà di fare, la comprensione della effettiva necessità di farlo, la ricerca del modo di superare tutti gli ostacoli che sono purtroppo imposti dai processi democratici contemporanei… Quello che sta chiedendo, poi, non è di fatto intervento singolo o di breve durata.
Ma almeno ci ha provato.
Ci sono delle piccole notizie che non vanno assolutamente trascurate. Per esempio: il tribunale del Land di Amburgo ha respinto la causa intentata dall’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder contro il quotidiano Bild per un’intervista ad Alexey Navalny. Si intende quella intervista del 2020 nella quale Navalny aveva definito l’ex cancelliere «il galoppino di Putin, che protegge gli assassini».
Ecco: è importante ricordare che la causa riguardava un fatto del 2020, ma la decisione del tribunale è stata presa dalle persone che vivono in un contesto di oggi. Il giudice, alla fine, è sempre una persona normale che non può ignorare completamente la realtà quotidiana. Sa, dunque, che Gerhard Schröder ha una lunga amicizia con Vladimir Putin e continua a essere un suo rappresentante diplomatico informale in Europa anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina (nonostante la riduzione dei propri incarichi nelle società controllate dallo Stato russo). Di conseguenza, continua ad avere la sua responsabilità in tutto quello è successo e sta succedendo per il volere di Putin…
Effettivamente, non è neanche necessario (anche se in sostanza sarebbe spesso giusto) definire ogni sostenitore occidentale di Putin con le parole come nazista, fascista, cretino o altri simili. Tutti sanno – almeno a partire dal 24 febbraio 2022 – chi è realmente Putin e, di conseguenza, capiscono chi sono i suoi sostenitori attivi e volontari.
P.S.: anche se da quei «tutti» andrebbero sottratti gli 11% composti dai malati mentali…
Dal punto di vista statistico, mi fanno un po’ ridere le ricerche sociologiche condotte su un campione palesemente ridicolo: come, per esempio, il sondaggio condotto dalla Ipsos per conto della Euronews tra i cittadini dell’UE. In 18 Stati-membri dell’UE hanno interrogato 26 mila persone su 448,4 milioni di abitanti, ahahaha
Ma l’idea della ricerca in questione è comunque interessante. In vista delle elezioni al Parlamento europeo, hanno cercato di scoprire qual è il leader più popolare tra gli europei.
Quasi la metà degli europei (47%) ha un’opinione positiva sul Presidente ucraino Vladimir Zelensky, ma questa opinione varia ampiamente tra gli Stati-membri dell’UE. Allo stesso tempo, il 32% ha un’opinione «negativa». Il 21%, poi, ha dichiarato di «non sapere abbastanza» sul presidente, che negli ultimi due anni ha fatto notizia e ha viaggiato molto in tutto il continente parlando a nome del suo Paese devastato dalla guerra. Nei Paesi nordici e nella Penisola iberica, Zelensky riceve le valutazioni più positive: 81% in Finlandia, 74% in Svezia, 72% in Danimarca e Portogallo e 64% in Spagna. Al contrario, più della metà degli intervistati in Ungheria (60%), Grecia (57%) e Bulgaria (56%) ha un’opinione «negativa» del presidente ucraino (per puro caso sono degli Stati con dei rapporti meno negativi con la Russia). Altri Paesi in cui i giudizi «negativi» superano quelli «positivi» sono la Slovacchia (50% contro 26%), l’Austria (47% contro 33%), l’Italia (41% contro 32%) e la Repubblica Ceca (37% contro 36%).
All’ultimo posto del sondaggio Euronews/Ipsos si si classifica il Presidente russo Vladimir Putin, che è ampiamente il leader più odiato: il 79% degli intervistati ha un’opinione «negativa» del personaggio ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra in Ucraina. Il 10% ne ha invece un’opinione «positiva», mentre l’11% «non ne sa abbastanza».
In particolare, l’opinione «negativa» prevale maggiormente in Finlandia (94% «negativo»), Svezia (91%), Danimarca (91%), Polonia (91%), Spagna (90%), Portogallo (89%), Paesi Bassi (88%) e Francia (80%). L’indicatore «negativo» scende sotto la soglia del 60% solo in quattro Paesi: Grecia (59%), Ungheria (57%), Slovacchia (56%) e Bulgaria (48% contro il 37% «positivo»).
Indovinate cosa mi sorprende di più in questi risultati…
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