L’archivio della rubrica «Internet»

Per gli amanti delle mappe militari

Ora che lo so, mi sembra una notizia logica e facilmente prevedibile, anche se prima non ci avevo proprio pensato a questo aspetto…
Il servizio Google Maps ha reso visualizzabili – nella massima risoluzione – le immagini satellitari delle strutture strategiche e militari situate sul territorio russo. Ora la risoluzione delle immagini raggiunge 0,5 metri per pixel, mentre prima la qualità era notevolmente più bassa (quando si poteva proprio parlare della qualità).
Tra una molteplicità di luoghi è possibile vedere, per esempio, le immagini satellitari dell’incrociatore portaerei «Admiral Kuznetsov» (non so se conoscete le sue avventure ridicole relativamente recenti, ahahaha), del caccia Su-57, della base aerea vicino a Kursk…
Le persone più interessate all’argomento appena sollevato possono dedicare questo weekend lungo alla ricerca dei luoghi più interessanti (se non sapete proprio da dove iniziare, pensate ai possibili luoghi di posizionamento delle navi militari), mentre io pubblico solo alcuni esempi concreti un po’ banali.
L’incrociatore portaerei «Admiral Kuznetsov»:

Una base di stoccaggio di munizioni nucleari vicino a Murmansk:
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Scaricare la Wikipedia (e non solo)

Da quasi due mesi in Russia si discute – tra le varie cose – anche dell’accesso libero all’internet. Sono in tanti coloro che temono la peggiore delle ipotesi possibili: la separazione fisica (la «rottura del cavo») del territorio russo dall’internet globale. Tale ipotesi nasce dalla osservazione dei continui tentativi del governo russo di limitare – fortunatamente per ora con dei scarsi risultati – l’accesso ai siti e ai social networks dove vengono diffuse le notizie / informazioni sgradite al governo stesso.
Proprio grazie alle discussioni su tali tematiche (che avevo già tentato di commentare) mi sono ricordato di un progetto interessante e utile che esiste e continua a essere sviluppato dal 2006: il Kiwix.
Nato in qualità di uno strumento per scaricare i contenuti della Wikipedia – singoli articoli o intere categorie tematiche – ora il Kiwix funziona con vari tipi dei siti web. Può essere utilizzato su un computer o su un dispositivo mobile: in ogni caso bisogna scaricare dal sito ufficiale il programma / l’app compatibile con il proprio sistema operativo (oppure l’estensione per il proprio browser preferito).
A questo punto un lettore medio potrebbe farmi una domanda assolutamente logica: perché dovrei scaricarmi i contenuti dei siti se posso consultarli online, senza perdermi gli aggiornamenti e occupare la memoria del computer o del telefono?
Ebbene, una cosa del genere potrebbe servire nelle situazioni particolari: per esempio, se dovete fare un viaggio in una zona con la connessione debole (o addirittura assente) o il roaming costoso. Vi preparate scaricando i contenuti potenzialmente utili per il lavoro, lo studio o le letture personali e viaggiate tranquilli!
Di conseguenza, le persone che non escludono l’eventualità di avere bisogno di una cosa del genere, possono serenamente prendere nota di quanto ho appena raccontato.


Calcolare le perdite

Le persone più interessate al «funzionamento tecnico» di una guerra possono dedicare una parte di questo finesettimana allo studio dell’interessante sito oryxspioenkop.com
Quel sito – che io ho scoperto «grazie» alla guerra di Putin contro l’Ucraina – è un classico esempio del giornalismo basato sul big data raccolto da una molteplicità di fonti molto diverse tra esse. Così, gli autori del suddetto sito si occupano del calcolo delle perdite militari basandosi sui dati arrivati dai social networks, video vari, pubblicazioni sui mass media, fotografia aerospaziale etc. etc.: la precisione del risultato finale pubblicato si rivela abbastanza alta per quanto riguarda le perdite dei vari mezzi militari (non solo carri armati, ma tutte le macchine in generale) e, inoltre, permette di fare una stima «scientificamente» sensata circa le perdite umane. Infatti, con ogni macchina militare distrutta (carro armato, camion, qualche mezzo blindato etc.) viene solitamente distrutto anche il rispettivo equipaggio: ucciso o fortemente ferito.
Leggendo, qualora interessati, i dati riportati sul sito scoprirete quante centinaia dei mezzi militari russi sono da considerare persi perché abbandonati o catturati (complessivamente sono già molti più di mille). Non so riuscireste a immaginarlo da soli, ma quei due dati hanno la stessa esatta spiegazione dell’avanzare lento dell’esercito russo sul territorio ucraino: la corruzione. Infatti, molti mezzi vengono abbandonati perché sono guasti (i soldi per la manutenzione o per i pezzi di ricambio sono stati rubati), con i pneumatici danneggiati (quelli di scorta esistono solo sulla carta) o rimasti senza il carburante (il carburante è magicamente «sparito»). Quei mezzi abbandonati che possono essere recuperati e utilizzati vengono quindi catturati dall’esercito ucraino (ma non sono gli unici a essere conquistati).
Ora potete andare sul sito e provare a fare uno studio attento delle perdite…


La sorte dell’internet russo

Qualcuno in Italia, avendo letto troppe notizie, mi ha chiesto se in Russia ci sia il rischio della creazione dell’"internet del tipo cinese«. L’isolazionismo / isolamento dell’internet cinese è in realtà un argomento non tanto semplice dal punto di vista tecnico e non si limita al solo «blocco» di certi siti occidentali (non so se abbia senso spiegare tutti i dettagli in questa sede), ma presumo che i miei amici e conoscenti italiani abbiano in mente proprio questo schema semplificato. Quindi il concetto sul quale mi concentro ora è: cosa succede se in Russia dovesse essere chiuso l’accesso a tutti i siti sgraditi ai vertici del regime?
Le cose fondamentali da sapere e capire sono due:
1. In Russia i vari siti seri (ma anche utili e interessanti) vengono bloccati ormai da più di dieci anni, non solo in questo periodo di guerra. Infatti, nel corso del tempo – molto tempo prima della guerra! – è stato bloccato l’accesso ai siti di alcuni media di opposizione, siti di condivisione dei file, alcuni social occidentali (per esempio, per qualche motivo non tanto chiaro è stato bloccato il poco usato in Russia LinkedIn) e messenger popolari.
2. I russi capaci di usare i computer e gli smartphone non solo per mettere i like sotto le foto continuano – come pure i cinesi! – a navigare serenamente su tutti i siti bloccati. Perché – come pure i cinesi – usano i vari VPN. Quindi la preoccupazione principale di questo periodo non è quella di rimanere senza il Facebook o il sito della BBC, ma quella di rimanere senza l’internet in generale. Infatti, più o meno tutti capiscono che in Russia il semplice blocco dei vari siti non ha molto senso pratico (abbiamo appena visto il perché), mentre l’elaborazione di un sistema di controllo tecnologicamente evoluto non è possibile (come non è stato possibile creare uno esercito potente: a causa della corruzione). Quindi il cosiddetto Governo russo attuale (l’insieme dei vari funzionari che servono Putin), infastidito dalla libera circolazione delle informazioni, potrebbe anche decidere di «scollegare» fisicamente l’internet russo da quello mondiale. Non sono sicuro che l’internet russo riesca a funzionare – intendo tecnicamente – nella modalità di una rete locale, ma le persone che prendono certe decisioni non si preoccupano di questi piccoli dettagli.
Insomma, finché l’internet funziona, non bisogna preoccuparsi per i russi interessati ai siti seri.
Io, personalmente, mi preoccupo vedendo molti miei amici e conoscenti europei (italiani e non solo) che ignorano proprio l’esistenza dei VPN. Non ne sanno nulla e quindi non capiscono perché io continui a condividere (a volte) le informazioni e le conoscenze scientifiche pubblicate su alcuni siti bloccati in vari Stati europei.
Ebbene, per navigare serenamente dove vi pare, potete scegliere tra gli innumerevoli VPN esistenti nella natura. Io, in base alla mia esperienza personale, posso consigliarvi queste varianti:
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La moderazione ridotta

Meta (ex Facebook) permetterà agli utenti di Facebook e Instagram residenti in alcuni Stati di pubblicare le minacce e gli inviti alla violenza contro l’esercito russo. Inoltre, Meta non rimuoverà gli auguri di morte ai presidenti russo e bielorusso Vladimir Putin e Alexander Lukashenko. Alcuni paesi sono Armenia, Azerbaijan, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina. La Bielorussia, per qualche motivo a me sconosciuto, non è presente sulla lista di «alcuni Stati». In ogni caso, nella situazione attuale quella della Meta è una decisione purtroppo comprensibile, probabilmente anche più di comprensibile. Mi pesa tantissimo scrivere una cosa del genere, ma allo stesso tempo so benissimo che le norme giuridiche e morali permettono a ogni singolo militare – indipendentemente dal suo grado – di rifiutarsi di eseguire gli ordini criminali.
Con molta più serenità, invece, posso scrivere che apprenderei non solo con comprensione, ma anche con gioia la notizia della eventuale cessazione di ogni forma di censura nel segmento russo di Facebook. Infatti, quella moderazione delle pubblicazioni su Facebook (ma in sostanza si tratta della censura) da anni avviene in una modalità perversa: un oppositore al regime di Putin pubblica qualcosa di serio e/o commentato in modo un po’ emotivo, qualche utente pagato appositamente dal Cremlino lo denuncia per «violenza», il Facebook banna l’oppositore per x giorni senza entrare nel merito del problema. I ban del genere avvengono con una buona regolarità da anni, non si è mai vista alcuna tendenza (anche minima) al miglioramento della situazione. Ma almeno ora Facebook potrebbe sfruttare l’occasione e introdurre una forma di sanzione contro la Russia: smettere di moderare (quindi censurare) il segmento russo del social. Per il governo russo sarebbe stata una misura in un certo senso sensibile, sicuramente sarebbe stato un elemento di disturbo.
Certo, a partire dal 4 marzo 2022 Facebook è formalmente bloccato sul territorio russo per il volere degli organi governativi, ma i russi continuano tranquillamente a usarlo con l’aiuto dei vari VPN. Certo, a partire dal 5 marzo 2022 in Russia si applica la legge sulla responsabilità penale per la diffusione pubblica di informazioni consapevolmente false sulle azioni dell’esercito russo (fino a 15 anni di reclusione se dici o scrivi che la Russia sta conducendo una guerra in Ucraina). Ma ci sono molti utenti di lingua russa che vivono fuori dalla Russia e che potrebbero dunque continuare a diffondere le informazioni veritiere.
Insomma, tutti i social della Meta hanno una buona occasione di contribuire alla lotta del bene contro il male.


Truth Social

Come avrete letto, il 21 febbraio su AppStore è (finalmente?) comparsa l’app del più volte annunciato social network di Donald Trump: si chiama Truth Social e, dicono, ha una alta quantità di problemi tecnici (compresi quelli di sicurezza). Io ero quasi pronto a sperimentarlo in prima persona – per la sola curiosità tecnica, ovviamente, – ma per qualche strano motivo riesco a trovare l’app solo dal computer.
Il mio computer ha il Windows e, soprattutto, non sono tanto voglioso di mettere a rischio il mio principale strumento di lavoro. L’iPhone (il mio telefono) ha invece un contenitore singolo per ogni app, quindi si rischierebbe molto meno.

Ma dato che al momento della scrittura di questo post il mio iPhone non trovava il nuovo social su AppStore (ho una ipotesi del perché, ma non ne sono certo), sono costretto a raccontarvi solo di una piccola curiosità legale. Il logo del nuovo social è molto simile a quello della azienda Trailar: una società britannica che installa pannelli solari sui camion e fornisce dati analitici sul trasporto su strada. Sulla immagine che segue potete vedere i logo quasi identici di Trailar (a sinistra) e Truth Social (a destra). L’azienda di logistica utilizza il proprio logo dal 2019 e, nei giorni scorsi, ha pure ringraziato Trump per aver promosso la sua attività (aggiungendo che è meglio chiedere il permesso di usarlo la prossima volta).

Allo stesso tempo, Trailar sta pensando di intraprendere un’azione legale contro Truth Social.


Le risposte senza domande

I giornalisti del 9to5Mac hanno analizzato i dati forniti dal sito StatCounter e hanno rilevato che il browser Safari sta perdendo la popolarità tra gli utenti dei desktop. Inoltre, hanno prognosticato che i ritmi attuali della perdita della popolarità potrebbero in pochi mesi far scendere il Safari dal secondo posto della classifica dei browser più utilizzati. Il Safari, però, funziona solo sui dispositivi della Apple (i quali non stanno, pare, diventando meno popolari di prima), quindi è interessante vedere anche la classifica generale dei browser. Ebbene, si può fare una interessantissima scoperta non menzionata in alcun modo dai giornalisti del 9to5Mac: un bel 9,54% degli utenti dell’internet naviga con il computer utilizzando il Microsoft Edge (uno dei due browser che stanno per superare il Safari), mentre l’1,06% sta ancora utilizzando l’Internet Explorer. In sostanza, le statistiche confermano che il 10,6% delle persone che navigano con il computer hanno l’Oscurità nelle loro menti. Questo dato spiega bene certi commenti, messaggi, mail, post (e altre pubblicazioni), like / dislike e molto altro ancora… In termini assoluti i 10,6 non sembrano una percentuale altissima, ma non dimentichiamoci che i personaggi strani sono solitamente quelli più attivi…

P.S.: io sono un utente sereno del Firefox (l’"iphone" tra i browser) e non sempre comprendo la grande popolarità del Chrome (l’"android" tra i browser). Ma capisco che non tutti hanno bisogno degli strumenti particolarmente evoluti per navigare pure con il computer (la versione mobile del Firefox fa invece un po’ paura).


Le statistiche del Sci-Hub

Periodicamente qualcuno dei colleghi mi chiede che fine abbia fatto il ben noto e caro a molti Sci-Hub. Effettivamente, il portale cambia spesso il dominio nazionale per sfuggire a un ennesimo blocco più o meno globale. Ma nella fase attuale della esistenza del Sci-Hub lo possiamo serenamente trovare nella zona .ru.
Bene, ora che ho anticipato l’ennesima porzione delle solite domande, posso passare alle novità. Il 12 febbraio sul Sci-Hub sono state pubblicate le statistiche, secondo le quali nel database del portale sarebbero ora contenute 88.343.822 pubblicazioni scientifiche. Tale database pesa circa 100 TB e include più del 95% delle pubblicazioni di tutte le principali case editrici. Sempre secondo le stesse statistiche, il 77% delle pubblicazioni disponibili nel database sono state pubblicate tra il 1980 e il 2020 e il 36% tra il 2010 e il 2020. La maggior parte delle pubblicazioni (circa 25 milioni) appartiene all’ambito medico, poi seguono chimica, biologia, scienze umane, fisica, ingegneria, matematica, ecologia, informatica, economia e geologia.
Gli interessati possono leggere da soli tutte le statistiche, mentre io sottolineo un aspetto che non deve sfuggire. Nei piani dichiarati della creatrice del Sci-Hub rientra aggiungere la possibilità di consultare direttamente il suo database e non cercare, quindi le pubblicazioni solo con l’URL. Tenete in mente questa cosa e controllate gli aggiornamenti del sito.

N.B. del Capitan Ovvio: il presente post è stato scritto a solo scopo informativo da una persona che conosce la reale popolarità del Sci-Hub e siti simili tra i ricercatori universitari (segue un ahahaha diabolico).


Google+ chiude del tutto

Probabilmente vi ricordate che all’inizio del 2020 Google aveva finalmente chiuso il proprio progetto malriuscito Google+. Ancora «più probabilmente» non ve ne eravate accorti: quel social network era talmente strano che le grandi masse non lo avevano mai apprezzato. La versione corporate del Google+ era comunque stata mantenuta, anche se rinominata in Google Currents.
Ebbene, nei giorni scorsi ho letto che i resti dell’ex Google+ verranno chiusi a partire dal 2023. Finalmente, direi: nemmeno le creature digitali possono essere vive a metà.

A questo punto, però, mi chiedo se qualcuno troverà mai la voglia e la capacità di creare uno strumento realmente bello e comodo per la condivisione dei contenuti seri e leggibili dal punto di vista grafico. Non mi aspetto molto da Google (che troppo spesso chiude anche i propri servizi migliori) o da Meta (che in quasi sedici anni non è riuscita a produrre qualcosa che sia almeno al livello tecnologico degli anni ’90), ma qualcuno dovrebbe anche imparare dagli errori altrui prima o poi…


Google Meet

Alla fine dell’anno scorso ho scoperto, con una certa sorpresa, che in qualità dello strumento per le video-chiamate e le video-conferenze è improvvisamente diventato popolare il Google Meet. E nell’ultimo mese mi è già capitato di utilizzarlo – su invito di altre persone – quasi una decina di volte.
È uno strumento gratuito (lo è da marzo del 2020) e, inoltre, accessibile per default a tutti coloro che hanno una casella postale Gmail (quindi a circa il 90% delle persone che usano seriamente una casella mail personale). In ogni caso, il Google Meet può essere anche installato sul computer e/o sullo smartphone.
Oltre al libero accesso, lo strumento ha anche altri vantaggi: una buona qualità dell’audio e del video, una connessione stabile, un menu abbastanza comprensibile e la possibilità di condividere facilmente lo schermo con gli interlocutori.
Tra i difetti ho notato la chat testuale un po’ scomoda, la durata massima di un’ora per conferenza e, soprattutto, un notevole consumo della batteria del dispositivo utilizzato (in un caso quest’ultima cosa stava per rendere ancora più pesante una figura di M che stavo già facendo di mio ahahaha).
In generale, direi che uno strumento consigliabile a tutti.
Ma non riesco a capire perché la sua popolarità mi sia rimasta totalmente sconosciuta fino alla fine del 2021.