Non tutti lo hanno capito…
Ma i fan del FaceApp stanno inconsapevolmente partecipando alla campagna pubblicitaria di massa del film «Terminator: Dark Fate»:
Oppure è il suddetto film a essere la pubblicità del FaceApp?
Boh, lo scopriremo nei migliori cinema del mondo a novembre.
L’archivio della rubrica «Internet»
Non so dire con precisione se il fatto dell’esistenza del sito Know Your Meme si era completamente cancellato dalla mia memoria, oppure non ci era mai stato. Ognuna delle ipotesi mi sembra molto, molto strana.
Di conseguenza, scrivo il presente post per due motivi: 1) per non dimenticarmi più di questo sito; 2) per informarvi della sua esistenza.
A tutti i lettori con dei vuoti di memoria simili ai miei ricordo che il Know Your Meme è una enciclopedia dei meme, abbastanza ricca e regolarmente aggiornata nei contenuti (mentre il design mi ricorda la fine degli anni ’90). È utilissima per scoprire l’origine, la storia, l’età reale e il contenuto reale di molte immagini (e non solo) che periodicamente vediamo su internet.
La mia (ri)scoperta del sito è avvenuta proprio grazie a questa gif.
È l’estate, quindi anche i ricercatori universitari passano allo studio degli argomenti particolarmente seri. Così, per esempio, tre ricercatori (mi sto trattenendo dalle battute) della Cornell University hanno analizzato 22.484 siti porno e hanno scoperto (meno male che non lo sto dettando) che il 93% di essi raccoglie le informazioni sui visitatori per poi trasmetterle ad altre aziende. Non si salvano nemmeno gli utenti che utilizzano la modalità anonima.
Il Google e le aziende da esso controllate acquisiscono le informazioni dal 74% dei siti porno utilizzati, il Facebook dal 10% dei siti e la Oracle dal 24% dei siti analizzati.
Solo il 17% dei siti analizzati protegge i dati degli utenti e fornisce le informazioni sul trattamento dei dati personali. Nella ricerca citata e in un articolo del New York Times si sostiene che i dati raccolti sarebbero anonimi, ma in base ad alcuni indicatori indiretti possono essere ricondotti ai profili degli utenti concreti. Quei dati verrebbero dunque utilizzati per migliorare il targeting pubblicitario.
I miei cari lettori, naturalmente, non rischiano alcunché: hanno letto questo posto solo come una testimonianza etnografica sul mondo universitario.
Buon finesettimana a tutti.
Passatelo nel mondo reale.
La settimana scorsa ho scoperto un bellissimo traduttore online: https://www.deepl.com/translator
La sua efficienza diventa particolarmente evidente quando si inserisce un testo lungo con delle frasi non semplicissime. Così, per esempio, nella traduzione ottenuta è possibile cliccare su una singola parola per scegliere un sinonimo più adatto e vedere autocorreggersi tutta la frase.
Molto più figo del Google Translate.
Ma le lingue vanno comunque studiate, almeno per controllare la qualità dei traduttori.
Di recente ho scoperto una comparazione molto dettagliata di Telegram, Viber e Whatsapp. Era abbastanza prevedibile la vittoria del Telegram secondo quasi tutti i parametri, mentre la vera grande sorpresa sono alcune interessanti funzionalità dei messenger in generale che non avrei mai potuto immaginare. Ora si potrebbe testarle.
La tabella comparative di cui sopra, però, non spiega uno dei misteri più grandi del mondo: perché quella m…da obsoleta di Whatsapp è ancora così popolare in Europa? E quella m…da inclassificabile di Viber perché è ancora utilizzata nel mondo? Boh…
Quando diventerò il Presidente del mondo, obbligherò tutti i miei amici e conoscenti europei a utilizzare il Telegram.
A distanza di un anno e mezzo dalla registrazione, ho finalmente pensato che sarebbe il caso di utilizzare in qualche modo il mio canale sul Telegram (da non confondere con il messenger che utilizzo con successo da tempo). Dal punto di vista tecnico, ho due opzioni:
– pubblicare gli stessi contenuti del blog,
– pubblicare i link degli articoli del blog.
Gli interessati possono partecipare al sondaggio pubblicato oggi.
Io, intanto, preciso di non considerare, almeno per ora, l’opzione di creare i contenuti diversi da quelli del blog: per tali scopi ho già il sito, l’instagram e, a volte, il facebook. Purtroppo, il mio tempo è limitato.
Buona navigazione a tutti.
Non avete molto da fare al lavoro? Vi annoiate? Solo la presenza dei colleghi nello stesso ufficio vi trattiene dal fare altro?
Ora c’è una soluzione.
L’azienda Mschf Internet Studios ha lanciato un nuovo prodotto pensato proprio per voi: Netflix Hangouts, una estensione per il browser Chrome. Tale programma permette di mascherare il Netflix per farlo sembrare una videochat del messenger Google Hangouts.
Ora, guardando le serie su Netflix e pronunciando, periodicamente, delle frasi a caso potete ingannare facilmente tutti facendo finta di discutere delle questioni lavorative con i colleghi degli altri uffici.
P.S.: in realtà spero che nessuno dei miei colleghi abbia la sfiga di avere un lavoro tanto noioso e povero di attività.
P.P.S.: ma se amate il rischio, testate pure il nuovo servizio.
Uno dei mali più grandi del mondo contemporaneo si chiama «messaggi vocali». Posso capire perché li amano tanto i cinesi (non hanno la voglia di digitare i pittogrammi), ma non capisco tutti gli altri.
Anzi, capisco che gli amanti dei messaggi vocali non hanno la voglia di fare lo sforzo di comporre una frase di senso compiuto e quindi inviano un minuto di audio che in realtà potrebbe essere riassunto in poche parole scritte. Ma se loro non sono disposti a fare tale sforzo, perché dovrei sforzarmi io ad attaccare gli auricolari oppure interrompere il lavoro per uscire dal luogo pubblico nel quale probabilmente mi trovo, per ascoltare tante frasi inutili?
Ci metterei molto meno, pochi secondi, a leggere e so che il mio tempo vale almeno quanto il tempo di chi mi sta contattando.
Inviatemi pure i messaggi vocali, ma sappiate che rinvierò il loro ascolto a un momento più comodo per me. E non si sa quando tale momento arriva (se proprio non mi dimentico).
In breve scriverò anche del mio odio verso le telefonate in entrata.
I creatori del servizio «Deep Nude» (una app che con l’aiuto della rete neurale artificiale svestiva le donne sulle foto) hanno deciso di chiuderlo. «Il mondo non è ancora pronto», hanno detto.
Boh, secondo me il mondo era pronto ad accogliere con gioia tale programma prima ancora che la fotografia fosse stata inventata. Non posso obbligare i miei lettori a dichiarare l’età nella quale avevano iniziato a immaginare come sarebbero senza i vestiti le donne incontrate nella vita quotidiana. Ma so tale sforzo di fantasia è stato già fatto in molteplici occasioni dalla maggioranza schiacciante del mio pubblico maschile (o forse non solo maschile?).
Ah, in queste giornate calde io sto facendo lo sforzo doppio: cerco anche di immaginare le ragazze incontrate con i vestiti addosso. Meno male che la temperatura dell’aria smorza alcuni altri pensieri.
I miei lettori dotati di una buona capacità di osservazione avranno già notato che nei giorni non lavorativi (sabati, domeniche, festivi) il traffico su internet si dimezza (o quasi). Si verificano meno visite, meno visualizzazioni, meno like e commenti, meno post e status, meno mail e messaggi vari. Insomma, c’è meno attività.
Perché succede questa cosa?
La spiegazione è semplice. La maggioranza delle persone cazzeggia su internet durante il viaggio verso il lavoro, al lavoro e durante il viaggio dal lavoro verso la casa. Nei giorni non feriali, invece, la gente si occupa degli impegni personali: quegli impegni che sono ritenuti molto più importanti del lavoro. Quindi la gente si distrae di meno.
Ecco, e tu perché stai leggendo questa roba? Vai a produrre!