Il 9 maggio nell’Unione Europea è la Festa dell’Europa. In Russia e in molti altri dell’ex URSS il 9 maggio è invece il Giorno della Vittoria (l’anno scorso avevo già spiegato il motivo storico di tale data). In Russia, in particolare, tale festa assume sempre più un carattere aggressive. Nei primi mesi di Maggio di ogni anno, infatti, la propaganda statale si impegna in un modo particolare nell’alimentare la militarizzazione della società e nel ricordare che il Paese sarebbe «circondato dai nemici che vogliono aggredirci e dividersi i nostri territori». La parata militare del 9 maggio sulla Piazza Rossa rappresenta sempre lo stesso messaggio: «siamo pronti a respingere gli attacchi».
La propaganda quotidiana, rafforzata a maggio, produce degli effetti particolarmente curiosi sulle menti deboli. Oggi faccio un esempio in formato video. A Irkutsk pure le foche festeggiano il Giorno della Vittoria:
L’archivio della rubrica «Feste»
In questo giorno di festa auguro a tutti i lavoratori di festeggiare moderatamente, rispettando rigorosamente gli orari (dalle 9:00 alle 18:00) e la pausa pranzo (varia in base al posto di festeggiamento). Gli straordinari non sono richiesti. Anche oggi ogni lavoratore onesto è invitato a mettersi in fila davanti al tornello di uscita 15 minuti prima della chiusura degli festeggiamenti (si riveda l’orario) per non perdere i secondi preziosi e avere pure oggi la possibilità di correre con successo lo sprint verso l’amatissimo divano di casa.
Da domani il lavoro non sarà di nuovo una festa. Chissà perché…
Il poster è stato creato da Art. Lebedev Studio.
Care lettrici, auguri a tutte voi.
Siate libere, almeno oggi (meglio se sempre), dalla applicazione degli steriotipi come questa:
Il 23 febbraio corrisponde a una delle festività russe più curiose. Ufficialmente essa si chiama la Giornata del Difensore della Patria (nel senso militare), ma nella prassi quotidiana popolare si è trasformata — ormai alcuni decenni fa — nella festa dell’uomo: allo stesso modo in cui l’8 marzo è diventato la festa della donna in tutto il mondo. Le date di entrambe le feste sono in Russia (e in alcune ex Repubbliche sovietiche, come Bielorussia, Kirghizistan o Tagikistan) dei giorni festivi accumunati dalla usanza di fare dei regali di basso costo e dubbia utilità ai festeggiati. Gli uomini, a differenza delle donne, non ricevono in regalo i fiori, ma in generale si potrebbe dire che almeno sul piano delle feste in Russia si verifica la parità dei generi assente nella maggior parte dell’Occidente.
Quest’anno, però, abbiamo un motivo storico per ricordarci l’origine della festa del 23 febbraio.
Il 28 gennaio 1918 (riporto le date ormai secondo il calendario gregoriano) il Consiglio dei commissari del popolo della Russia Sovietica (cioè il Governo) emanò il Decreto sulla istituzione della Armata Rossa degli operai e contadini (pubblicato il 2 febbraio sul giornale Izvestia). In base a tale Decreto l’esercito dovette essere composto dai volontari, quindi la popolazione venne invitata a presentarsi agli uffici di registrazione. Nella realtà dei fatti, però, il primo punto di registrazione fu aperto, a Pietrogrado, solo il 21 febbraio. E, soprattutto, fino alla nomina di Lev Trotsky a capo della Armata Rossa (13 marzo) ai punti di registrazione si osservò una affluenza dei volontari pressoché nulla.
Ma a noi interessa il legame tra la creazione della Armata Rossa e la data del 23 febbraio. Il 10 gennaio 1919 venne avanzata la proposta di festeggiare il primo compleanno della Armata Rossa. Tale proposta venne però presa in esame dal Governo troppo tardi: solamente il 23 febbraio. Di conseguenza, fu proposto di far coincidere la festa con la «Giornata del regalo rosso», una sorta di festa benefica già fissata per il 17 febbraio, nel corso della quale la popolazione avrebbe dovuto fare dei regali ai militari dell’Esercito sovietico. Ma il 17 febbraio 1919 fu un lunedì, quindi si pensò di posticipare il compleanno della Armata Rossa alla domenica più vicina, quindi il 23 febbraio 1919 (per non perdere una giornata lavorativa). Negli anni immediatamente successivi vennero fatti alcuni tentativi di giustificare la data del 23 febbraio ormai diventata ufficiale. Alla base di tutte le giustificazioni si riconobbe facilmente una grande fantasia storica.
Ma, comunque, proprio il 23 febbraio di ogni anno gli uomini russi, anche quelli che non hanno mai avuto alcun legame con le forze armate, vengono mitragliati di auguri e regali inutili.
Resta da aggiungere che nel 1949 il nome della festa del 23 febbraio fu cambiato in «Giorno dell’esercito e della marina militare sovietica», mentre il nome attuale è in uso dal 1993.
Questo palazzo con un balcone è tra i più noti al mondo (anche se non tutti lo hanno visto dal vivo):
Invece questo palazzo in mattoni, situato a poche decine di metri dal primo, è noto quasi quanto un palazzo qualsiasi situato in un punto qualsiasi del nostro pianeta (anche se sarebbe stato abitato da un personaggio noto quanto quello del palazzo precedente):
Il 99,99% delle persone che visitano la città nella quale si trovano i due palazzi va a vedere solo il primo (si osserva un affollamento costante). Il secondo sembra essere totalmente disprezzato dalla umanità (la via è quasi sempre deserta).
Conoscete il perché di questo fenomeno? Io sarei portato a ipotizzare la cosa più ovvia: il primo sarebbe stato abitato da una giovane donna, mentre il secondo da un giovane uomo. Perché debbano ancora essere solo le donne a stare sul balcone e aspettare le folle di ammiratori?
Ma noi non siamo più nel XVI secolo! Dobbiamo abbandonare le abitudini e le tendenze obsolete! Quindi propongo di fare una cosa molto semplice.
Ogni 14 febbraio (o qualche altra data?) bisogna raccogliere più gente possibile, andare a Verona, organizzare una grande adunata sotto la casa di Romeo e boicottare invece quella di Giulietta. Sperando di riuscire, almeno, a pareggiare con il proprio esempio la popolarità delle due abitazioni.
P.S.: ovviamente avete riconosciuto le due abitazioni anche senza il mio suggerimento, vero?
P.P.S.: il fotoracconto sul mio viaggio a Verona sarà scritto e pubblicato non prima della seconda metà di marzo perché per ora sto cercando di gestire un carico eccezionale di lavoro (un lavoro che mi permette, però, di avere un balcone sotto e sopra il quale passare dei bellissimi momenti).
Come da tradizione, il primo video domenicale dell’anno è quello del messaggio del presidente russo Vladimir Putin per l’anno nuovo. Non perché voglio sembrare un fan di questo funzionario (non lo sono!), ma perché il contenuto di un discorso del genere è un importantissimo elemento di analisi politica.
Come il 31 dicembre precedente, possiamo facilmente notare che Vladimira Putin ha preferito di parlare ai co-cittadini senza dire nulla. Nessun cenno ai problemi di fronte ai quali si è trovato il Paese e alle possibili soluzioni da tentare nel 2018. Nemmeno una parola sui risultati positivi – reali o presunti – raggiunti nel 2017. Insomma, nessun legame con la vita reale.
L’ignorare la realtà è la nostra realtà.
Con un po’ di anticipo (perché spero che tra qualche ora tutti avremo un passatempo migliore della lettura del mio sito) auguro a tutti i miei lettori un buon anno nuovo.
Si sta concludendo l’anno con un numero per alcuni poco fortunato. Sarebbe superstizione un certo qual modo confermata, per esempio, dal fatto che nel 2017 si è «celebrato» il centesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre. Spero, però, che nel corso dell’anno che ci sta per lasciare le vostre vite attuali siano state segnate dalle piccole e grandi rivoluzioni positive personali. Ancor di più spero che l’anno nuovo porti altre rivoluzioni positive alle persone che avrebbero bisogno.
Vi auguro quindi di non avere paura di dare una giusta spinta agli avvenimenti: di prendere le decisioni (sembrano difficili solo quando non sono ancora state prese) e di non avere paura a cambiare (la gente che si accontenta è noiosissima).
E, naturalmente, non lasciate agli altri la facoltà di decidere sulle vostre vite.
Stiate sereni.
Andrà tutto bene.
Un anno fa, raccontando la storia della figura del Babbo Natale, avevo specificato che in Russia il suo collega Ded Moroz mette i regali sott’albero la notte del Capodanno e non per il Natale. Tradizionalmente, infatti, il Capodanno è una grande festa familiare per la maggioranza dei russi (come il Natale in Occidente), mentre il Natale ortodosso si caratterizza da due aspetti importanti:
1) viene festeggiato solo dalle persone religiose (quindi gli altri non sono costretti a fingere di esserlo per non essere esclusi dalla grande festa invernale);
2) non è una festa «commercializzata» (quindi a differenza dell’Occidente in generale e dell’Italia in particolare, i religiosi non hanno un motivo per lamentarsi almeno della corsa ai regali), perché i regali, appunto, si fanno per il Capodanno.
Ebbene, quest’anno sono quasi riuscito a raggiungere lo zen: di tutti i regali che pianifico di fare per il Capodanno (ma anche di quelli che ho già fatto per il Natale in Italia), solo uno ne ho comprato in un negozio offline. Per il 2018 prometto di fare il bravo e portare al 100% la quota degli acquisti online.
In effetti, non capisco l’attaccamento di così tante persone ai negozi fisici: questi ultimi hanno i prezzi più alti, la scelta meno ampia e rubano un sacco di tempo all’acquirente (calcolate il tempo per gli spostamenti da un negozio fisico all’altro nella ricerca dell’oggetto giusto, per l’ascolto del comesso fastidioso che sta cercando di farvi comprare una cosa che non vi serve, per le file alla cassa e per il rispetto degli orari di apertura).
Abbastanza presto, già nel corso della nostra vita, i negozi fisici però moriranno, come stanno già morendo le agenzie di viaggio o i giornali cartacei, o come sono già morti i dizionari stampati.
Amen
Il 12 giugno è una festa nazionale in Russia: la Giornata della Russia, istituita nel 1991 in memoria dalla adozione della Dichiarazione di Sovranità Statale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR) il 12 giugno 1990. Il nome attuale è stato introdotto nel 2002, mentre negli anni precedenti esso fu proprio «il Giorno della Dichiarazione di Sovranità Statale della RSFSR».
In base a un sondaggio ripetuto periodicamente, nel 2012 il 36% dei russi era ancora convinto che il 12 giugno si festeggi «il giorno della indipendenza della Russia» (nel 2003 erano 65%). Si tratta di un errore curioso, ma non negativo perché è la memoria storica a farci spesso dei strani scherzi. Col tempo si perde un po’ la distinzione tra ciò che sembrava fondamentale all’epoca dei fatti e la sostanza degli avvenimenti (avevo già tentato di scriverne).
Formalmente il 12 giugno si festeggia la nascita istituzionale della nuova Russia. In sostanza si festeggia il giorno in cui la Russia è uscita dall’URSS.
Il 12 giugno 1990 la Russia si liberò dell’URSS.
L’URSS fu una sostanza politica incompatibile con la vita dignitosa delle persone, l’esempio unico a livello cosmico della discordanza tra le dichiarazioni di facciata e la realtà delle cose.
Il 12 giugno di ogni anno festeggiamo la liberazione dall’URSS.
P.S.: nessuno è immortale, dunque festeggeremo anche un’altra liberazione.