Il semplice post di oggi è dedicato esclusivamente a una precisazione noiosa e inutile.
Molto probabilmente vi siete accorti anche voi che l’internet è da tempo invaso dalla pubblicità del film «Borat Subsequent Moviefilm» (il nome ufficiale di «Borat 2»). E, se siete stati attenti, avete notato i due modi di scrivere il nome del protagonista.
Il primo di questi modi è composto da caratteri che graficamente esistono sia nel cirillico russo che in quello kazako. In entrambi i casi si leggono come VOJADT.
Il secondo modo, invece, è caratterizzato da una lettera – quella centrale – che nel cirillico non esiste. Quindi si può leggere VORDT, VO[lettera inesistente]DT, oppure BORDT.
Non so perché ho scritto tutto questo, ma voi ora avete qualche informazione inutile in più. Utilizzatela come vi pare.
L’archivio della rubrica «Cultura»
Francesco Maria Veracini è stato un compositore e violinista italiano del XVIII secolo particolarmente apprezzato, ai suoi tempi, non solo in patria ma anche in Inghilterra. Oggi non è particolarmente noto alle larghe masse e questo è un motivo ulteriore per proporre qualche sua composizione nel mio tradizionale post del sabato sera.
Per esempio, potrei iniziare dalla Serenata in Fa maggiore per flauto e organo:
E poi aggiungere questa Sonata in Re maggiore:
Come si intuisce facilmente anche dal nome, il gruppo The Allman Brothers Band si è formato attorno ai due fratelli Allman: Gregg e Duane. Inizialmente, negli anni ’60, Gregg era visto potenzialmente più «vendibile» dai produttori musicali, mentre Duane era già un musicista-turnista molto richiesto dai «grandi» del blues, jazz e soul. Al giorno d’oggi, invece, il gruppo formato dai fratelli e alcuni loro amici è considerato uno dei creatori del southen-rock americano: un genere che include alcuni elementi del blues, jazz e country.
Da parte mia posso confermare che la musica dei The Allman Brothers Band è effettivamente interessante, soprattutto quella composta negli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80. Nel post musicale di oggi, pensavo di concentrarmi esclusivamente sui primi anni ’70: il periodo nel quale entrambi i fratelli erano ancora in vita (Duane è morto in un incidente con la moto nel 1971), ma poi ho cambiato idea.
Metto dunque due canzoni che rappresentano due epoche diverse del gruppo (sciolto e riunito più volte).
La prima canzone selezionata per oggi è «One Way Out» (dall’album «Eat a Peach» uscito nel 1972):
E la seconda è «Come On in My Kitchen» (dall’album «Shades of Two Worlds» uscito nel 1990):
Moltissimi libri di divulgazione scientifica contemporanei descrivono il cervello umano indicando, tra l’altro, la «specializzazione» di ogni zona del cervello stesso, l’età storica di ogni zona descritta, la sua provenienza da nostri antenati, i processi che si svolgono nella corteccia prefrontale etc.
Tutte queste informazioni sono molto interessanti e, allo stesso tempo, totalmente inutili. Una persona che non si occupa della neurochirurgia non è in grado di utilizzarli in alcun modo. Non è in grado di migliorare alcuna parte del cervello, nemmeno grattarsela.
Supponiamo di avere scoperto che la zona x determina un nostro comportamento y. Quali sono le nostre azioni? A quali conclusioni possiamo giungere? Al massimo potremmo somministrare a una certa zona del cervello una pillola di piombo, la quale, però, molto probabilmente avrà degli effetti sul funzionamento di tutto il cervello (e, di conseguenza, non solo del cervello).
Per noi, le persone comuni, il fatto più importante da sapere sul cervello è abbastanza semplice e banale: il cervello può essere migliorato solo nel senso metaforico. Si potrebbe iniziare dallo scartare tutte le informazioni inutili che ci circondano.
Non tutti (o non sempre) si ricordano che il famoso compositore Gaetano Donizetti – al quale avevo già dedicato un post – ebbe un fratello maggiore Giuseppe Donizetti, anche egli compositore: forse non grandissimo, ma sicuramente buono.
La vita da mercenario musicale nel senso stretto del termine aveva portato Giuseppe Donizetti a svolgere il ruolo del maestro della musica militare a corte di ben due sultani turchi nel periodo dal 1828 al 1856 (l’anno della morte di Giuseppe). Precedentemente, invece, aveva prestato il servizio militare-musicale nell’esercito napoleonico e poi in quello sabaudo.
Ma a noi oggi interessa il periodo turco di Giuseppe Donizetti. Perché i due inni nazionali turchi scritti dal nostro protagonista ci mostrano quanto erano importanti per la Turchia dell’epoca, nonostante le differenze estetiche, alcuni valori culturali occidentali. In una certa misura si potrebbe sostenere che oggi si manifesta un processo di direzione esattamente opposta.
Il primo inno nazionale scritto da Giuseppe Donizetti per l’Impero Ottomano è del 1829 e si chiama «La marcia di Mahmudiye» in onore dell’allora sultano Mahmud II:
Il secondo inno scritto da Giuseppe Donizetti per l’Impero Ottomano è del 1839 e si chiama «La marcia di Mecidiye» in onore del nuovo sultano Abdul Mejid I:
Avrei potuto provare a scrivere delle differenze tra i due inni, ma rischio di farlo troppo male pure del punto di vista dilettantistico. In ogni caso, alcune differenze fondamentali si sentono facilmente.
Il cantante statunitense Chubby Checker è stato probabilmente il più noto divulgatore del twist negli anni ’60 del secolo scorso. La popolarità del suddetto genere musicale, non per il merito di Chubby Checker, è durata relativamente poco (meno di un decennio), ma esso non è stato tra i peggiori fenomeni culturali della storia recente. Allo stesso tempo, anche Chubby Checker non ha saputo seguire l’evoluzione della musica e delle preferenze della gente, perdendo dunque la propria popolarità, ma è comunque rimasto nella storia della musica leggera come uno dei cantanti più interessanti della sua epoca. In un certo senso è anche meglio: sarebbe triste se tutti gli artisti facessero le stesse cose, cercando di soddisfare le preferenze della maggioranza.
Per il post musicale di oggi ho scelto le due canzoni più note di Chubby Checker.
La prima è «The Twist» (dall’album «Twist With Chubby Checker» del 1960, ma scritta e pubblicata già due anni prima da Hank Ballard):
E la seconda è «Let’s Twist Again» (dall’album «Let’s Twist Again» del 1961):
Forse ho iniziato a dedicarmi troppo alla musica «d’epoca»? Dovrei cercare a non farlo troppo spesso.
Tutta la biografia del compositore Gioachino Rossini sembra confermare quel strano stereotipo secondo il quale le persone apparentemente più allegre sarebbero in realtà fortemente depresse dentro. Così, Rossini scriveva la musica molto ritmica e quasi sempre allegra, non nascondeva il proprio amore verso la bella vita, ma allo stesso tempo manifestava spesso dei visibili sbalzi di umore nella vita quotidiana e ha sofferto sempre più la depressione negli ultimi anni della propria vita.
Però ancora oggi la sua musica fa stare bene gli altri (almeno io lo ringrazio e ascolto ahahaha).
La prima delle sue composizioni selezionate per il post di oggi è la Sonata I in Sol maggiore (la prima delle sei sonate scritte per due violini, un violoncello e un contrabasso nel 1804):
E la seconda è la Serenata (scritta nel 1823):
Non ne ho trovato una conferma ufficiale, ma per dei motivi abbastanza ovvi posso immaginarlo anche da solo: questo settembre a Milano non si svolgerà l’annuale «Missione culturale russa». Di conseguenza, non ci sarà nemmeno la tradizionale proiezione dei film russi di qualità usciti negli ultimi anni. Ma questo non significa che non posso consigliarvi, anche quest’anno, qualcosa di bello da vedere (in generale, è da un po’ che non lo faccio).
In primo luogo, ricorderei a tutti i due film di Kantemir Balagov: il bellissimo «Tesnota» del 2017 e il bel «La ragazza d’autunno» del 2019. So che sono stati proiettati nei cinema italiani, ma non vorrei che ai tempi qualcuno li abbia persi. Soprattutto il primo.
In secondo luogo, potrei consigliarvi il buon thriller del 2008 «The Ghost»: so di certo che è disponibile con i sottotitoli in inglese (cliccare sulla «rotella» in basso a destra del player di YouTube e scegliere l’opzione dei sottotitoli), ma potete anche provare a cercarlo doppiato.
In terzo luogo, aggiungerei la stranissima commedia «The Monk and the Demon» del 2016 (sempre con i sottotitoli in inglese). Questo film sembra essere fatto di due parti di qualità non uguale (in parte a causa di un budget molto ridotto), ma complessivamente è un film interessante.
Ecco, per questa volta è così. Spero che la situazione epidemiologica migliori notevolmente per l’autunno prossimo, permettendo dunque di doppiare e mostrare sullo grande schermo alcuni interessanti film più recenti.
Il cantante e musicista Little Richard appare oggi come un grande romanzo classico: tutti lo conoscono, ma quasi nessuno lo legge ascolta. Oppure lo dico solo perché non sono abbastanza anziano? Boh… In ogni caso, non è possibile negare che Little Richard sia stato uno dei primi rocker «praticanti» al mondo: sia dal punto di vista musicale che quello estetico rappresenta la versione canonica del rock l’n roll. Di quel rock l’n roll che all’ascoltatore di oggi potrebbe sembrare un po’ ingenuo e quasi primitivo.
Purtroppo, Little Richard non ha saputo tenere il passo della evoluzione della musica in generale e del suo genere preferito in particolare. Di conseguenza, viene prevalentemente ricordato come una leggenda degli anni ’50 del secolo scorso.
Ma tutto questo non significa che non dobbiamo conoscere le origini di uno dei generi musicali più fortunati della storia. Quindi per il post musicale di oggi ho scelto due canzoni abbastanza scontate.
La prima è la «Long Tall Sally» (dall’album «Here’s Little Richard» del 1957):
E la seconda è la «Keep A Knockin’» (dall’album «Little Richard» del 1958):
A volte si potrebbe mettere anche qualcosa di più leggero nel tradizionale post musicale del sabato. Per esempio, qualche composizione suonata dalla orchestra moscovita «Kush»…
Non so per quale motivo non abbiano tradotto il loro sito almeno in inglese (eppure sono giovani), ma le loro caratteristiche musicali non dipendono dalla lingua. Quindi scrivo solo che l’orchestra suona la musica propria e uno dei soliti suona la balalaika. Mi sorprendo ogni volta che sento produrre qualcosa di originale con questo strumento primitivo.
Un altro esempio della musica della stessa orchestra è una composizione che riprende in modo interessante i motivi spagnoli:
Proverò a seguirli.