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L’ottimismo disperato

Il presidente ucraino Zelensky ha espresso, nel corso del vertice «Ucraina — Europa sud-orientale» tenutosi a Dubrovnik il 9 ottobre, un concetto nuovo e abbastanza particolare:

In October, November and December we have chance to move things toward peace and lasting stability. The situation on the battlefield creates an opportunity to make this choice — choice for decisive action to end the war no later than in 2025.

Ma non ha specificato cosa intendesse esattamente. Sa o pensa che gli Stati occidentali improvvisamente si svegliano e in un colpo inviano alla Ucraina tutti gli aiuti realmente necessari? O che qualcuno si sta finalmente preparando a eliminare la causa principale dell’inizio della guerra? O che tutte le risorse militari russe stanno per sparire nel nulla? Boh…
Realisticamente parlando, sembra che non sappia più in quale modo motivare i leader occidentali con i quali parla da quasi tre anni. Capisce che in questo preciso momento storico non ha molte probabilità di ottenere qualcosa di veramente importante, e, allo stesso tempo, non può smettere di chiedere. Per questo motivo la stranezza della sua affermazione di ieri si percepisce in un modo ancora più triste.


La diplomazia militare

In una intervista alla NBC il Presidente Zelenskyy ha dichiarato che l’Ucraina intende continuare a occupare i territori conquistati della regione russa di Kursk per un periodo di tempo indefinito, ma non intende annetterli. Allo stesso tempo, Zelensky si è rifiutato di rispondere alla domanda se l’esercito ucraino intenda occupare altri centri abitati sul territorio della Federazione Russa.
Entrambe le dichiarazioni sono così ovvie nel loro contenuto che non avrebbe nemmeno senso di scriverle. Zelensky avrebbe anche potuto non dirle (e il giornalista chiederle). Parlare dei piani per la conquista di altri centri abitati significherebbe avvisare il nemico. Ritirarsi dai territori già occupati significherebbe tornare alle precedenti posizioni di svantaggio in eventuali negoziati sulla cessazione delle ostilità e liberare l’esercito russo da un ulteriore impegno.
Teoricamente, però, questo argomento avrebbe potuto essere sviluppato in una direzione diplomatica con grande beneficio: trasmettere, attraverso l’intervista, a Putin la proposta di scambiarsi i territori attualmente occupati, smettere di sparare e iniziare a negoziare «pacificamente» su tutto il resto. Ma Zelensky non lo fa, perché sembra che abbia imparato a comprendere pienamente la psicologia di Putin: quello non fa le cose che gli vengono imposte dall’esterno, soprattutto in un modo pubblico. Quindi, è necessario mantenere una certa posizione finché Putin non giunge da solo a una conclusione logica di cui Zelensky ha bisogno.
Sembra che sia una forma della diplomazia militare.


Troppo spaventato?

Vladimir Zelensky non ha escluso, nella recente intervista, che Vladimir Putin possa essere invitato al prossimo vertice di pace organizzato dall’Ucraina. Secondo Zelensky, se la Russia e l’Ucraina riusciranno a trovare un modo per sedersi al tavolo dei negoziati, non egli si aspetta che Putin vi partecipi «nel prossimo futuro» perché ritiene che il presidente russo sia «troppo spaventato per venire».
Indipendentemente da quello che intende Zelensky con quanto appena riportato, sospetto che Putin potrebbe avere paura di presentarsi al summit di pace per il banale motivo della sicurezza personale. Infatti, non ha paura della guerra perché – purtroppo, non senza motivo pensa che l’Occidente non abbia il coraggio di entrare in conflitto serio con lui; non ha paura che le sue richieste territoriali folli (le cosiddette «condizioni di pace») non vengano soddisfatte perché tale negazione non incide in alcun modo sulle sue condizioni attuali; non ha paura di essere costretto a fare qualcosa perché, ripetiamo ancora una volta, vede che l’Occidente non fa alcun tentativo di serio di farlo nemmeno con la forza.
Invece il mandato di arresto internazionale non è considerato un scherzo. L’Occidente «debole» ha paura, per una serie di motivi, di usare la forza militare, ma potrebbe non avere paura a mandare dieci persone fisicamente preparate a immobilizzare le guardie del corpo di Putin.
C’è un modo di contrastare questa paura / non paura di Putin? È un altro argomento enorme.


In realtà, una decisione tipica

Vladimir Zelensky ha definito come «una decisione non tanto forte» il rifiuto di Joe Biden di partecipare al cosiddetto «vertice di pace» («June 2024 Ukraine peace summit», che si terrà il 15–16 giugno in Svizzera). Secondo Zelensky, Putin applaudirà all’assenza di Biden, molto probabilmente anche con una standing ovation.
Il fatto che Putin sarà felicissimo dell’assenza di Biden è, per me, un fatto scontato. Non perché ha paura di Biden (triplo ahahahaha), ma perché riceverà ancora una volta la conferma del fatto che Biden è realmente il presidente americano più conveniente per lui (Putin). Un presidente che non fa nulla di concreto affinché le cose, non si sa mai, non vadano male (e «speriamo che tutto si risolva da solo»). In generale, Putin si accontenta della propria ragionevolezza. Chi può, lo racconti a nonno Joe poiché si rallegri: se non agli elettori, almeno al «partner autorevole» d’oltreoceano il suo comportamento è piaciuto.
Mentre Zelensky ha dimostrato una maestria diplomatica notevole, non avendo ancora detto pubblicamente nulla di quanto scritto sopra. Capisco perché per ora si senta obbligato a fare i miracoli diplomatici del genere. E, allo stesso tempo, mi sembra sempre più evidente che già a novembre (o, al massimo, a dicembre) avrà l’opportunità diplomatica di dire tutto quello che pensa su Biden. Mi dispiace per il motivo di quella opportunità, ma non mi dispiace più per la sorte di Biden.


La lettura del sabato

Già da alcuni mesi i vertici dello Stato russo e la propaganda statale russa cercano di diffondere nel mondo l’opinione secondo la quale Vladimir Zelensky dovrebbe smettere di essere considerato il presidente legittimo dopo il 20 maggio 2024 (ieri, poi, lo ha dichiarato pubblicamente pure Vladimir Putin). Tale opinione viene giustificata con il fatto che i cinque anni di presidenza di Zelensky previsti dalla Costituzione ucraina sono terminati proprio nella data indicata, mentre le nuove elezioni non sono state fatte.
So che in Occidente – dunque anche in Italia – qualcuno, purtroppo, crede alla propaganda russa…
Mi è già capitato di scrivere che le elezioni presidenziali ucraine 2024 erano impossibili per tre motivi:
1) non sono consentite dallo stato di guerra che vige in base alla normativa ucraina;
2) la campagna elettorale e la votazione non sono possibili sul territorio controllato dall’esercito russo (perché gli ucraini ancora rimasti su quei territori dovrebbero essere esclusi dalle elezioni?);
3) la campagna elettorale comporta una inevitabile battaglia politica su tutti gli argomenti possibili (dunque addio l’unità nazionale durante una guerra contro l’aggressore).
Questi tre motivi mi sono sempre sembrati evidenti e sufficienti. Ma, allo stesso tempo, capisco che non sono mai troppi gli argomenti contro la propaganda statale russa. Ed ecco che, questo sabato, vi propongo una lettura un po’ più lunga e più argomentata sul tema della legittimità di Zelensky.
Perché per me è un tema importante.


Una logica c’era

Il presidente ucraino Vladimir Zelensky ha scritto ieri sul proprio telegram:

Difendendo Israele, il mondo libero ha dimostrato che una simile unità non solo è possibile, ma è anche efficace al 100%. Le azioni risolute degli alleati hanno impedito il successo del terrore e la perdita di infrastrutture e hanno costretto l’aggressore a calmarsi. Lo stesso è possibile nella difesa dal terrore dell’Ucraina, che, come Israele, non è un membro della NATO. E questo non richiede l’attivazione dell’Articolo quinto, basta la volontà politica.

Effettivamente, dal punto di vista puramente razionale non ha senso fissarsi con una formalità legale come l’applicabilità o meno dell’articolo 5 alla difesa della civiltà occidentale sul territorio ucraino: se un problema esiste, va risolto indipendentemente dal fatto che un accordo ci dica di farlo o no. Ma dal punto di vista pratico, purtroppo, il problema è identico a quello della fornitura del materiale bellico alla Ucraina: ci vogliono la volontà di fare, la comprensione della effettiva necessità di farlo, la ricerca del modo di superare tutti gli ostacoli che sono purtroppo imposti dai processi democratici contemporanei… Quello che sta chiedendo, poi, non è di fatto intervento singolo o di breve durata.
Ma almeno ci ha provato.


Ieri il presidente ucraino Vladimir Zelensky ha tenuto una conferenza stampa sui risultati di due anni di guerra e per la prima volta ha pronunciato il numero delle perdite ucraine (degli uccisi) sul fronte: 31 mila. In questo momento non ha senso cercare di interpretare quella dichiarazione o tentare di capire quanto sia precisa: finché la guerra è in corso, non possiamo sperare di avere da Zelensky i dati statistici precisi al posto della propaganda difensiva (ed è normale).
La cosa che mi incuriosito di più di tutta la conferenza è invece il fatto che Zelensky continui a non capire – o fare finta di non capire – la realtà quotidiana che vige sul territorio dello Stato-nemico. Dice che i cittadini russi non protestano contro l’uccisione dell’oppositore principale di Putin, che i cittadini russi andranno alle «elezioni» di Putin a marzo e che si conosce già il risultato di quelle «elezioni». Come se non avesse ancora capito – negli ultimi 25 anni o almeno durante i due anni della guerra – che non tutti i russi sognano di essere picchiati ed essere mandati per qualche anno in carcere, che in ogni Stato esiste una porzione degli ignoranti indifferenti a tutto, che l’affluenza alle «elezioni» russe è in un continuo calo e che i risultati ufficiali di quelle «elezioni» non dipendono in alcun modo da quello che i votanti fanno con le proprie schede elettorali.
Capisco che Zelensky si sente stanco, arrabbiato (anche più di arrabbiato) e sempre più solo. Ma nella politica continua a scegliere i nemici sbagliati. A volte include nell’insieme dei propri nemici anche dei vasti gruppi delle persone che in realtà fanno il possibile di sostenerlo nonostante tutti i pericoli derivanti dal governo del proprio Stato.


Nominato “eroe della Ucraina”

Zelensky e Zaluzhny si salutano, ma, secondo me, solo temporaneamente:

Ora Zaluzhny deve evitare (e spero che ci riesca) gli errori politici (tipo accettare qualche incarico che comporti l’attribuzione delle colpe varie) per essere eliminato del tutto.


Il piede centrato, quello proprio

La mia prima reazione al cambio del comandante in capo delle forze armate ucraine: in condizioni di impossibilità (sia effettiva che legale) di tenere elezioni presidenziali, Zelensky ha deciso di giocare un po’ alla politica interna e di rimuovere un uomo che molti consideravano il futuro rivale politico di Zelensky stesso.
Naturalmente, ammetto che una persona con il passaporto russo in tasca non dovrebbe criticare i politici ucraini, ma personalmente io, in primo luogo, sto augurando da sempre all’esercito ucraino e al popolo ucraino di vincere, e, in secondo luogo, vedo che Zaluzhny stava facendo tutto il possibile (con i mezzi forniti da Zelensky) per condurre con successo la guerra. Mentre il presidente ucraino un giorno si sveglia e decide di rischiare a diventare colpevole non solo di aver sprecato una persona preziosa, ma di avere pure cambiato negativamente la situazione militare. Semplicemente perché ha cambiato solo per cambiare, senza un motivo visibile e con degli obiettivi invisibili per le persone che augurano la vittoria.
Spero che tutto vada comunque bene.


La proroga della legge marziale

Il Parlamento ucraino (Verkhovna Rada) ha prorogato per altri 90 giorni – fino al 13 maggio – la legge marziale e la mobilitazione generale dichiarate dopo l’inizio dell’invasione russa del 24 febbraio 2022. Il relativo disegno di legge, presentato dal Presidente Vladimir Zelensky, è stato sostenuto da 335 deputati su 355, mentre altri 20 non hanno partecipato al voto.
Si tratta di una misura assolutamente logica, normale, purtroppo quotidiana per l’Ucraina di oggi e, di conseguenza, non particolarmente interessante. Io ne scrivo solo per sottolineare un piccolo dettaglio temporaneo: in base alla legislazione ucraina vigente, le elezioni presidenziali, parlamentari e quelle locali sono vietate in Ucraina durante il periodo del vigore della legge marziale. Dunque, ora abbiamo una conferma definitiva del fatto che durante la fase attiva della guerra le elezioni presidenziali ucraine (che avrebbero dovuto svolgersi a marzo) non si faranno. A me questa continua a sembrare l’opzione meno brutta: alle elezioni devono poter partecipare i residenti di tutto il territorio nazionale e scegliere non in base alle promesse populiste (anche quelle normali per le elezioni democratiche) elaborate anche sull’argomento di una guerra difensiva.