Da oltre un anno i vari personaggi russi che hanno combattuto nella guerra in Ucraina e per qualche motivo sono già tornati vivi nelle proprie città, vengono regolarmente invitati nelle scuole locali per raccontare agli scolari delle proprie «imprese eroiche». Non ho ancora scelto le parole pubblicabili per scrivere in dettaglio di questa «tradizione», dunque oggi vi racconto solo di un recente episodio
La settimana scorsa alcuni ex mercenari della CMP «Wagner» e i veterani dell’organizzazione «Combat Brotherhood» hanno tenuto una «lezione di coraggio» nella scuola n. 31 di Ulan-Ude (una città nella regione siberiana Buriazia) per gli alunni di varie età. In qualità del materiale illustrativo, alcuni di quei personaggi non solo erano mascherati (anche questo in realtà succede spesso), ma hanno pure portato una bandiera con la scritta «Niente di personale, siamo stati pagati. Il Gruppo Wagner».
A questo punto io ho voluto diventare, almeno per qualche secondo, un grande ottimista e formulare una idea: si potrebbe organizzare una bella raccolta fondi per permettere a quei personaggi e i loro numerosi colleghi di esercitare la professione amata in casa. La storia russa degli ultimi 107 anni insegna che per raggiungere il successo politico sarebbe sufficiente esercitarla nei pressi di qualche muro in mattoni rossi e pochi altri palazzi.
L’archivio del tag «wagner»
Una settimana fa Alexander Lukashenko ha raccontato a Putin che egli (Lukashenko) era «in tensione» con i combattenti della PMC Wagner schierati in Bielorussia, perché quelli volevano «andare a fare un giro a Varsavia». Mentre ieri lo stesso Lukashenko ha definito la propria dichiarazione di prima come uno scherzo.
Perché all’improvviso, senza un apparente motivo, avrebbe deciso di rinunciare all’opportunità di continuare a presentarsi come un eroico «spartano» sulla strada dei «cattivi» (realmente cattivi)?
Naturalmente non lo so, ma posso supporre che qualcuno abbia fatto intendere a Lukashenko che si stava preparando un attacco a uno Stato membro della NATO dal territorio del suo Stato e addirittura nelle condizioni del pieno possesso delle informazioni necessarie da parte sua. Qualcuno gli ha ricordato cosa potrebbe accadere a un Paese che lascia passare o invia degli «escursionisti» armati a «fare un giro» sul territorio della NATO. Lukashenko ha dunque avuto paura: sa che il grande vicino orientale ha già abbastanza problemi militari, quindi potrebbe non essere in grado di proteggerlo.
Ha avuto paura e ha pubblicamente rovesciato il proprio discorso: «in realtà non sapevo nulla, stavo solo scherzando». Insomma, ha «salvato» la propria faccia ben nota e riconoscibile da tempo.
Non so se questo lo possa aiutare.
La lettura di approfondimento settimanale questa volta era ancora più facile da scegliere. Nell’articolo segnalato oggi si cerca di capire quale futuro aspetti tutta la CMP Wagner dopo la stranissima «rivolta» di Prigozhin del finesettimana scorso.
Effettivamente, la Wagner faceva un sacco di cose particolari, spesso le faceva con un successo più o meno rilevante e praticamente sempre le faceva con i soldi dello Stato (ricevuti direttamente per delle finalità precise o attraverso i vari contratti di Prigozhin con degli enti statali per la fornitura di cibo, servizi di propaganda, servizi militari etc.).
Sicuramente tutta quella macchina ben organizzata non verrà lasciata sparire inutilmente: è sempre una attività che potrebbe essere comoda a qualcuno, anche allo Stato russo.
Nella regione di Mogilev, vicino alla città di Osipovichi (in Belorussia), sarebbero iniziati degli importanti lavori edili sul territorio di una unità militare. Il canale Telegram «Bielorussia celebrale» pubblica le immagini satellitari in base alle quali il 14 giugno non c’era ancora alcuna costruzione nella zona, mentre le immagini scattate il 27 giugno mostrano già delle costruzioni. Si presume che nei pressi di Osipovichi si stia costruendo un campo per le unità della PMC Wagner che avrebbero lasciato la Russia dopo la fine della «rivolta» di Evgeny Prigozhin. Il campo sarebbe progettato per circa otto mila uomini.
L’avanzamento dei lavori di questa opera specifica potrebbero essere seguiti anche con l’aiuto di Google.
Con l’aiuto del cervello, invece, possiamo facilmente immaginare che nemmeno la costruzione del campo più bello al mondo più garantire una vita lunga a Evgeny Prigozhin o a[l regime di] Vladimir Putin. E, soprattutto, non abbiamo ancora visto alcuna traccia della emigrazione di massa dei membri della Wagner: se pensiamo infatti, che in un normale camion attrezzato al trasporto dei militari ci stanno circa trenta persone o che una tenda militare ci sta una quantità molto ridotta di persone, ci rendiamo conto di non avere visto alcuna immagine satellitare che testimonierebbe il reale spostamento di massa dei combattenti.
Quindi continuiamo a osservare la situazione con tanto scetticismo. E curiosità.
Leggere la stampa internazionale sui fatti accaduti nel proprio Paese è spesso utile e interessante: a volte (raramente) si scoprono dei fatti nuovi e a volte (in realtà spesso) si scoprono delle interpretazioni alle quali non avresti mai pensato perché troppo influenzato dalle fonti abituali.
Ma spesso capitano anche delle letture quasi divertenti. Per esempio: ho notato che alcuni giornalisti occidentali in generale e italiani in particolare definiscono il mercenario Dmitry Utkin con l’espressione «il numero due della Wagner». Ebbene, devo constatare che tutti quei giornalisti sono caduti in una trappola mentale che si sono creati da soli: pensano che Evgeny Prigozhin sia «il numero uno della Wagner» solo perché sono loro stessi a prestargli tanta attenzione. Ma in realtà Prigozhin è un personaggio mediatico facilmente «vendibile» e quindi «consumato» in Occidente perché è particolarmente attivo su internet. Mentre internet è una fonte tecnicamente più facilmente consultabile: sia dal punto di vista della semplice accessibilità a tutte le persone capaci di usare i devices elettronici, sia dal punto di vista linguistico (esistono tanti strumenti per poter leggere o ascoltare i contenuti originariamente creati in una lingua diversa dalla propria). Di conseguenza, i giornalisti vedono facilmente Prigozhin e pensano che sia una delle figure più importanti della Wagner e della Russia.
Mentre in realtà il ruolo principale di Prigozhin è quello di gestire i rapporti politici, tecnici e finanziari (spesso è la stessa cosa) con la classe dirigente russa. Dmitry Utkin, invece, è il dirigente della Wagner che opera direttamente sul campo militare, è più un uomo da trincea che da ufficio moscovita o sanpietroburghese.
Al massimo, potrei dire che la Wagner ha due numero uno: Prigozhin e Utkin. Un po’ come se fossero i due consoli di uno Stato nello Stato…
Il 22 maggio c’era stato il 210-esimo anniversario della nascita del compositore più sfortunato della storia: Richard Wagner. Egli fu un bravo compositore (già il solo fatto ci dovrebbe bastare oltre 150 anni dopo la sua morte), un antisemita a parole (sulla pratica collaborava tranquillamente con i musicisti ebrei) e uno di quei simboli culturali dei quali si era appropriato il Terzo Reich (senza alcuna scelta in merito del personaggio: morì cinquant’anni prima). Al giorno d’oggi non so proprio perché Wagner debba essere commentato – o addirittura criticato – negli aspetti diversi da quelli puramente musicali; anche se capisco che il fatto dell’esecuzione della sua musica potrebbe essere visto come una provocazione in alcune rare circostanze.
Il compleanno non è assolutamente una circostanza sbagliata, dunque oggi ricordo un bravo – anche se a volte un po’ difficile – compositore nella mia rubrica musicale. Come al solito, lo faccio selezionando due composizioni del protagonista.
La prima composizione di Wagner scelta per oggi è la Polen ouverture, composta nel 1832 e redatta nella sua versione definitiva nel 1836:
La seconda composizione di Wagner scelta per oggi è la Faust ouverture, composta nel 1840 e definitivamente pronta nel 1855:
Purtroppo, ogni regime politico distruttivo ci ruba tante cose belle, il cui reale valore può essere ripulito e recuperato solo col tempo: ogni volta, però, si rischia che quella cosa bella concreta invecchi troppo.