L’archivio del tag «ucraina»

Qualcuno sta guarendo

Dmitry Peskov, il portavoce della presidenza russa, ha dichiarato che attualmente il Cremlino non vede la possibilità di porre fine alla guerra in Ucraina «con mezzi politici e diplomatici». A questo punto noi, di fronte a tale dichiarazione, non possiamo non gioire per un leggero miglioramento della salute psichica degli abitanti del Cremlino. Perché, effettivamente, con ogni giorno di guerra in Ucraina in più, la possibilità di uscirne con una trattativa diplomatica si riduce sempre più… Anzi, si è ormai ridotta quasi fino allo zero: l’Ucraina ha iniziato a invertire l’andamento dei combattimenti (ora sono gli ucraini ad avanzare in molte zone) e riceve – anche se ancora lentamente – sempre più armamenti moderni. Quindi alla grande motivazione di difendere la propria terra si è aggiunto anche l’entusiasmo per i primi risultati positivi visibili.
L’ipotetica resa dell’esercito russo è una fine diplomatica della guerra? Mi sembra di no: nella mia logica è un sinonimo della sconfitta. Prima o poi la resa smetterà di essere ipotetica e sarà seguita da lunghe trattative – a questo punto diplomatiche – sul risarcimento della Ucraina da parte della Russia. Ma quella sarà un’altra storia.
Per ora festeggiamo il fatto che Putin ha iniziato ad accettare la realtà.


La riconquista

Da oltre una settimana l’esercito ucraino sta riconquistando i territori occupati dall’esercito russo. È interessante notare che ci sta impiegando molto meno tempo di quello che è stato necessario all’esercito russo per conquistare gli stessi territori. Allo stesso tempo, bisogna ricordare che è solo l’inizio di una lunga strada (come ha detto pure Biden ahahaha).
Ma io, intanto, non potevo non pubblicare uno dei primi video sul ritorno dei militari ucraini. Molto probabilmente avete già visto alcune delle scene che ne fanno parte.


In guerra i rifiuti non esistono

Il presidente statunitense Joe Biden ha annunciato una nuova porzione di aiuti militari all’Ucraina, questa volta da 600 milioni di dollari. In particolare, all’esercito ucraino verranno forniti ulteriori munizioni per i lanciarazzi multipli HIMARS, 36 mila munizioni per l’artiglieria da 105 mm, mille proiettili d’artiglieria da 155 mm ad alta precisione e quattro radar anti-artiglieria, quattro camion, otto rimorchi per attrezzature pesanti, sistemi anti-droni, attrezzature per lo sminamento, mine antiuomo Claymore, cariche di demolizione, armi e munizioni di piccolo calibro e attrezzature per la visione notturna.
Ecco, l’ultimo punto della lista mi ha fatto ricordare un dettaglio curioso. Come probabilmente sapete, l’arma anticarro «Javelin» è monouso: secondo i suoi progettisti, un militare dovrebbe «sparare» un colpo, buttare via il tubo ormai inutile e scappare verso il riparo. Ma i militari ucraini, non essendo mai stati riccamente dotati di attrezzature militari moderne, hanno logicamente apprezzato il sistema di visione notturna incorporato in ogni «Javelin». Di conseguenza, non buttano mai gli esemplari usati, ma continuano a usarli nelle operazioni notturne per vedere bene il campo di battaglia.
La differenza tra gli eserciti che stanno combattendo in Ucraina sta nel fatto che in quello ucraino vengono favoriti l’ingegno e l’iniziativa, mentre in quello russo viene ancora adottato il sistema del rispetto rigoroso degli ordini arrivati dall’alto (in alto spesso stanno le persone non particolarmente intelligenti e/o informati). La differenza tra le due logiche è spesso evidente anche a noi, soprattuto negli ultimi giorni.


La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è arrivata a Kiev per la terza volta dall’inizio della guerra. Lo ha fatto con l’obbiettivo di discutere con il presidente Zelensky su «come avvicinare le nostre economie e i nostri popoli mentre l’Ucraina si avvia verso l’adesione all’UE».
Io non ho delle spie nei palazzi istituzionali di Kiev, ma so già benissimo come possono essere avvicinarsi le due economie e i due popoli: l’UE dovrebbe trovare il modo di fornire più armamenti seri all’esercito ucraino. Solo dopo tale azione tutti i discorsi sulla futura adesione ucraina all’UE potranno avere qualche senso pratico. Infatti, il primissimo requisito da rispettare per diventare, prima o poi, uno Stato-membro dell’UE è l’esistenza fisica del candidato stesso.
Vladimir Zelensky sta chiedendo — anche pubblicamente — più armamenti ormai da quasi sette mesi, ma, a quanto pare, Ursula von der Leyen non lo ha ancora sentito.


L’importante è come lo usi

Non so se tutti si rendono conto – tra i vertici dello Stato russo e tra i semplici cittadini europei – che l’esercito ucraino è arrivato alla situazione della graduale riconquista dei propri territori combattendo, trattenendo e poi cacciando il «secondo esercito del mondo» utilizzando, per la maggior parte del tempo, solo delle armi obsolete. Utilizzando le armi del millennio scorso.
Proviamo a fare un breve elenco. La prima categoria degli armamenti include quelli forniti dagli Stati dell’ex Patto di Varsavia:
– i vecchi carri armati sovietici T-72 (in uso dal 1973);
– gli elicotteri Mi-17 (in uso dal 1992);
– i missili di produzione sovietica.
La seconda categoria degli armamenti include quelli forniti della NATO:
– i lanciarazzi Carl Gustav del 1948;
– i lanciarazzi M72 LAW del 1963;
– i veicoli blindati M113 e Humvee degli anni ’60;
– i semoventi antiaerei Ghepardi tedeschi del 1976;
– i missili antinave Harpoon del 1977;
– i missili Stinger del 1981;
– i sistemi missilistici Mistral del 1987;
– i sistemi anti-carro Javelin del 1989;
– i missili ATACMS del 1991.
[gli armamenti elencati fino a questo punto sono stati sviluppati ancora ai tempi dell’URSS]
– le obici semoventi PzH 2000 del 1998;
– i missili MANPADS Starstreak del 1997;
– i missili Brimstone del 1999;
– le obici AHS Krab del 2000;
– i lanciarazzi multipli HIMARS in uso dal 2005;
– i missili aria-aria IRIS-T in uso dal 2005;
– le obici M777 in uso dal 2005;
– le obici CAESAR in produzione dal 2002.
Ora potete immaginare la correlazione tra l’arrivo degli armamenti più moderni e i recenti successi dell’esercito ucraino. Oppure, potete provare a immaginare cosa potrebbe succedere qualora dovessero essere forniti degli armamenti moderni ancora più seri: per esempio, i droni Reaper o i caccia F-35.
Nel frattempo, l’esercito russo – il quale sarebbe dotato, secondo Putin, degli armamenti super moderni dei quali che nessun altro nel mondo dispone – è messo in difficoltà dal piccolo esercito ucraino armato con dei rottami (e non aiutano nemmeno i rottami sovietici).


Tornare a scuola

A giugno mi era capitato di postare alcune foto-ricordo di una classe ucraina che proprio nel 2022 ha finito gli studi scolastici. Erano delle immagini molto particolari in vari sensi.
Questa volta, invece, vi faccio vedere le foto di altri scolari ucraini: quelli che il 1 settembre 2022 hanno iniziato un nuovo anno scolastico. Le immagini sono state realizzate in quello che resta – dopo i bombardamenti russi – di un edificio scolastico nella città di Chernihiv.

Tutte le foto sono del fotografo spagnolo Emilio Morenatti (AP).
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La rinincia ai “referendum”

Molti giornalisti non filogovernativi russi stanno cercando di indovinare, da due o tre mesi, la data dei «referendum» che dovrebbero formalizzare l’annessione alla Russia delle regioni ucraine occupate durante la guerra in corso. Inizialmente, il prognostico più popolare indicava la data dell’11 settembre 2022 perché è la data delle «elezioni» amministrative in diverse regioni russe. Ma, non vedendo alcun segno di preparativi ai «referendum» sul territorio ucraino, in molti hanno iniziato a pensare alla data simbolica del 4 novembre: la Giornata dell’unità nazionale in Russia (una festa federale in realtà priva di alcun senso, ma molto cara agli abitanti del Cremlino). Anche questa seconda data appare però poco realistica perché non si capisce ancora come, per esempio, possano essere inventate le liste degli elettori o come possa essere spiegato il fatto che il «referendum» sul passaggio alla Russia venga condotto solo tra le persone che per qualche motivo hanno deciso di non fuggire dalla invasione russa.
Ma ecco che, finalmente, iniziamo a vedere i primi segni di una soluzione favorevole al regime di Putin. Stamattina Serhiy Aksyonov – il governatore della Crimea nominato da Mosca – ha dichiarato che «nella situazione attuale» è «abbastanza logico e ragionevole» che i territori ucraini occupati si uniscano alla Russia senza alcun referendum. Secondo Aksyonov,

In Crimea c’è stato un referendum assolutamente legale e conforme a tutte le norme giuridiche, ma pochi lo hanno comunque riconosciuto. Il riconoscimento o il non riconoscimento da parte di alcuni Stati non dipende dal modo in cui questi territori saranno annessi. È una questione di volontà politica».

Ora, indipendentemente dalle fantasie di Serhiy Aksyonov sul diritto internazionale e sulla legalità del «referendum» organizzato nel 2014 in Crimea, potremmo presumere che le sue dichiarazioni sui nuovi territori ucraini occupati non arrivino dalla sua testa. Per me è altamente probabile che in questo specifico caso trasmetta in realtà l’idea del Cremlino. Il compito potrebbe essere stato affidatogli per osservare la reazione interna ed estera alla idea stessa.
Anche se, dopo quanto è successo a partire dal 24 febbraio, lo Stato russo non dovrebbe avere paura di oltrepassare qualche nuovo limite: quasi tutto il peggio è già stato fatto.


Molto probabilmente avete già letto qualcosa sull’argomento, ma io vorrei evidenziare – come spesso mi capita – la vera sostanza dell’accaduto.
Rafael Grossi, il direttore generale dell’AIEA, la settimana scorsa ha guidato la missione della Agenzia alla centrale nucleare di Zaporizhzhya per fare degli accertamenti sullo stato di cose attuale. Parlando con i giornalisti al termine della visita, ne ha riassunto i «risultati preliminari». E noi, leggendo bene quel riassunto, possiamo giungere alla conclusione che la visita si è rivelata una buffonata. Infatti, i risultati sarebbero questi:
1. La centrale nucleare di Zaporizhzhya è veramente una centrale nucleare.
2. Abbiamo visto alcuni buchi nell’involucro della pianta. Che siano stati fatti con le bombe, con i proiettili o con le forbici da manicure, chi lo sa.
3. Le truppe di occupazione russe sono gentili e cortesi, sono eccezionalmente amichevoli con il personale ucraino della centrale e condividono con esso il cibo.
4. Il territorio della centrale viene bombardato da qualcuno. A quanto pare, quei qualcuno siano gli ucraini che addirittura lo fanno di nascosto dai territori occupati dall’esercito russo.
5. La Russia sta facendo tutto il possibile per evitare che la sicurezza della stazione vada a puttane.
6. Secondo noi non andrà a puttane perché l’abbiamo visitata.
7. Dopo una ispezione condotta in un modo così brillante, i fondi dell’AIEA dovrebbero essere sensibilmente aumentati.
Ehm, se uno ha paura di fare delle dichiarazioni serie prima di mettersi fisicamente in salvo, farebbe meglio a non parlare proprio fino all’ipotetico momento più adatto. Mentre Rafael Grossi ha preferito partire subito con delle cretinate. Non potevo non «apprezzare» questa scelta.


I metodi testati nei secoli

Il Washington Post scrive di come l’esercito russo abbia sprecato in Ucraina almeno dieci costosi missili «Kalibr» per colpire dei simulacri fatti di legno che sono stati scambiati per dei sistemi missilistici statunitensi HIMARS. In particolare, i droni russi hanno trasmesso i dati sulla posizione delle «attrezzature militari» alle portamissili nel Mar Nero, le quali a loro volta hanno colpito i HIMARS finti. Ogni missile «Kalibr» costa circa sei milioni e mezzo di dollari e contiene l’elettronica che non può essere fornita alla Russia a causa delle sanzioni.

La notizia in questione mi fatto venire in mente delle immagini di oltre cento anni fa: Continuare la lettura di questo post »


Più di un tentativo

Tra gli alti funzionari russi c’è chi ammette che l’esercito ucraino «starebbe tentando» una controffensiva al sud. Sulla mappa del fronte tra Novovorontsovka e Kherson potete valutare l’entità del «tentativo» (non è necessario capire le scritte):

Purtroppo, non penso che sia l’inizio della fine di questa guerra, ma ho la strana sensazione di essere un «tifoso» che vede riaccendersi una partita (e non avrei mai voluto «tifare» in un modo simile).